Al fianco della sua Violetta

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Sunrise

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La nostra isola

ideato da

Bruno Mancini

– Alcune sue pagine
Notte

Lucciole

La scelta

Al fianco della sua Violetta

Al fianco della sua Violetta

Era l’alba del giorno di neve quando il primo essere che creava i sogni fece la sua comparsa nel mondo.
Era una neonato. Poi crebbe e si fermò. Ora è un bambino.
E’ un avvenimento raro la nascita di un figlio della neve.
Gentili e fragili creature sono capaci di piccoli gesti. Di piccole parole.
Sanno creare i sogni, per le anime.
Generalmente vengono definiti come “matti” o “esseri anormali”, ma, chi pensa ciò, è solo ingannato dai suoi falsi occhi.
Ogni notte un’anima, mentre dormiva, sussurrava al bimbo i suoi sogni, i suoi desideri. Gli confidava ciò che non riusciva a vedere. La luce in cui aveva smesso di credere.
Il bimbo fatato non faceva altro che prendere per mano il suo sogno e il giorno dopo l’anima ne avrebbe conservato il ricordo. Condiviso con altri, se voleva, realizzarlo.
Ogni anima ne cerca uno, il suo bambino preferito, e una volta trovato resta con lui fino al suo ultimo sogno.
Questi Bambini venivano chiamati figli della neve.
Proprio come il candore della neve separa la terra dal cielo loro sapevano separare i mostri dalla natura gioiosa e delicata dell’anima. Davano luce a quel cielo che loro non sapevano osservare, non sapevano creare.
Proprio dalla neve loro ricevevano un dono: ognuno con una sua particolarità, dato che essa non ne sagomava mai due volte con la stessa caratteristica.
Mai un figlio della neve divenne uomo. Non fino a Nate.
Arrivò il tempo in cui questi bambini incominciarono a scomparire.
Nessuna anima aveva più la voglia d’osservare quel cielo interiore e si lasciava scivolare fra le acque torbide del mare.
Nuotare lì sotto è la cosa migliore che esista al mondo, ma anche il più esperto si smarrirebbe fra il buio delle acque se non avesse una mano a guidarlo. Ma alle volte alcune fra le più bizzarre anime scendevano così in profondità che il bambino non riusciva più a tener la loro mano e si smarrivano, entrambi, in quel mare d’inganni.
Uno alla volta lasciavano questo mondo.
La neve li cercò. Non riuscì a ritrovarli.
Mai.
Ora ogni anima era persa fra i suoi sogni. Ora ogni persona non viveva più.
Capitò che un bimbo col dono del sorriso incontrò un anima dal colore viola.
Con essa cadde in un mare blu.
Nuotava nell’acqua più soffice che avesse mai sentito, la sua mano era ben salda a quella della sua anima. Della sua amica.
Violetta riusciva ad arrivare da sola dove altre anime necessitavano del loro piccolo aiuto fatato.
La notte un pesciolino l’aveva spinta oltre il limite valicabile dei sogni.
Un piccolo sogno ad occhi aperti lascia un segno molto profondo dentro, soprattutto in quelle persone più fragili. Che vivono fra le favole incantate.
E quel piccolo pesce azzurro le aveva lasciato il sospiro di un bacio. Nel cuore. E lì fra i suoi sogni voleva incontrarlo. Voleva riscoprire quel sapore pulito di un incontro casuale
Si ritrovarono in un mare dipinto di crema celeste
Arrivarono a toccare con i piedi le conchiglie e i rossi coralli di cui era formato il fondale e la luna limpida arrivava a rischiarare anche quel luogo
Camminarono insieme in quel mondo incantato, fatto di pesci ballerini e di squali pagliacci. Trascorsero ore avvolti dalla morbidezza. Giorni. Settimane. Tutto nella speranza e testardaggine dell’anima nel suo tentativo d’incontrare il suo pesciolino azzurro.
Ogni cosa era capovolta li sotto e la realtà appariva come uno specchio rotto dove i frammenti laceravano gli occhi.
Si seguivano i delfini di giorno e i pesciolini argentati di notte, finché non si trovarono in un mare d’inganni dal colore grigio e senza luci, dove la piccola Violetta s’intestardì ad entrare e lasciò la sua mano.
Rimase solo il piccolo Sorriso.
Si credeva perso e affascinato da quel mondo tanto diverso dal solito, e preso dalla concreta idea di realizzare un suo sogno s’avvio lungo il sentiero grigio, dove le alghe erano marce e i contorni sfumati dal petrolio.
Cercò la sua anima preferita. S’imbatte in mille esseri deformi e spaventosi ma l’unica cosa spaventosa per lui era un’idea. Un’idea che lacerava il suo essere.
Come può un figlio della neve cercare quest’ idea bizzarra e volerla concretizzare?
Si stava perdendo nel suo mare d’inganni.
Ogni decisione sembrava sbagliata. Ogni ora era come se fosse un macigno sotto il quale lui si trovava. Ogni cuore che aveva aiutato a sognare si trasformava in un ricordo di una vita vissuta per gli altri e mai per se stesso. Ma lui non poteva pensare questo. Lui non poteva essere diverso dal modello che sua madre aveva creato, pensato per lui: guidare le anime per un mondo in cui la magia esista. Ma quando l’anima si spezza non esiste nulla per poterla aggiustare, e quand’essa s’intestardisce non esiste freno per poterla fermare. E lui, essendo un bambino, ne possedeva una, di anima. Solo che non l’aveva scoperto prima.
Mentre camminava si domandava del modo in cui a volte le cose avvengono.
Forse il caso resta li fermo, sulla porta del tempo, aspettando che il destino gli dia la sua mano e con esso saltare nel tempo degli avvenimenti.
Si ritrovava a crede d’essere lui l’anima e la Violetta il suo Bimbo. Tutto appare diverso quando manca quello che fino al giorno prima non esisteva e ci si ritrova a domandarsi: cosa mi ha portato fino a qui? Cosa devo fare ora? L’unica cosa che realmente si conosce e comprende è di non voler ritornare indietro. Quindi il nostro abitante di sogni continua la sua attraversata e quando è stanco nuota.
Continua a camminare finché un’idea gli affiora alla mente: posso. Io posso.
In quel preciso istante le onde presero il loro colore e la luna illuminava quel fondale dove al centro esisteva una conchiglia. Aperta.
Vi si avvicinò. Bianca risplendeva di una luce. Viola.
Era sdraiata a occhi chiusi. Come se stesse dormendo.
A realizzare il sogno del piccolo bimbo che sapeva sorridere: un bacio.
Egli le diede un bacio ed ella disse: mi dovevo perdere nel tuo mare per poterti ritrovare, per potermi ritrovare.
Il bimbo si svegliò grande e umano al fianco della sua Violetta. La toccò e fu un vero bacio. Senza paura che stesse sognando egli riaprì gli occhi e le disse: da oggi chiamami Nate.
Nate fu l’unico figlio della neve che ritornò da un suo sogno. Fu anche l’unico che la neve ebbe il piacere di rivedere. Che cieca era stata a non aver voluto che anche i suoi figli sognassero. Ma s’impara sempre, sai, propri errori. E lei aveva imparato che bisogna lasciare la fortuna d’incontrare un’altra anima e di avere la forma pura per concretizzare il proprio sogno.

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Bruno Mancini

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