Notte

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Sunrise

è il nick di un/una nuovo/a amico/a del progetto culturale

La nostra isola

ideato da

Bruno Mancini

– Alcune sue pagine
Notte

Lucciole

La scelta

Tulipano

Al fianco della sua Violetta

NOTTE

Notte. Profonda e buia. Notte di nuvole che attraversano il cielo e non lasciano respirare nemmeno la sua regina.
Notte.
Semplicemente come tante altre.
Notte.
Li fra la gelida superficie regna indiscusso un minuscolo pezzo di legno. Galleggia sereno, come la mente di chi veglia fra le nebbie di quella notte.
Occhi vissuti, come il buio, osservano placidi il lento cadere delle lenze. Delle reti.
E poi nulla più.
Li, seduto in mezzo al nulla osserva.
Troppa nebbia ricopriva quella notte l’oceano e, troppi sguardi per rimirarla, per apprezzarne i contorni. Poi silenzio. Non si udì nulla più del respiro calmo. Finche un drastico suono accarezzò l’acqua.
E’ fredda.
E’ gelata.
Suono freddo, suono gelato, suono che penetra nelle ossa… e poi non fu più buio ma solo luce e desiderio.
Desiderio di toccarla.
Quella scintilla limpida, sorella al cielo.
Coraggio e forza, li fra le onde del mare. Un braccio, poi l’altro e il piccolo pescatore arriva li, esattamente dove voleva essere: nel suo sogno preferito. Non crede ai suoi scuri occhi e d’istinto intrappola la sua linfa vitale fra le labbra. Poi s’immerge. Scende. Veloce e lento come è stato abituato a fare da ragazzo. Scende. Vorrebbe toccarla.
Vorrebbe accarezzare anche quel semplice pensiero che nasceva. Timido e folle nasceva.
Una mano.
La sua.
Trema e sobbalza la luce. Quella luce. Luce che rimirava da notti perenni. Da quando aveva memoria. Coraggiosa la sua mano trema, e tremando s’impadronisce di quel suo piccolo e folle desiderio: il suo sogno. È troppo bella per osservarla, perché, si domandò il perché, il fato, ponesse a lui la facoltà d’osservarla, ma il tempo beffardo non concedeva mai troppe dilazioni ad un sogno sognato e quindi d’istinto la sua mano si chiuse sopra di essa, e salì.
Ritornò al mondo. Al suo mondo che conosceva bene. Nuotò più veloce di prima. Più veloce di quanto avesse mai fatto nella sua lunga vita. Riconquistò il suo ponte di libertà e vi stese la limpida e chiara. Remò. Regolare ma veloce. Non sapeva cosa pensare ma remò. Sembrava l’unica cosa realmente sensata da fare. L’istinto glielo suggeriva.
Terra.
Di soliti i vecchi corsari in una notte come quella avrebbero baciato quella terra, ma lui no. Si tolse la maglia e vi adagiò piano la sua preda. Ora poteva rimirarla senza il fastidio del sale. Li stesa sotto il cielo nebuloso solo lui poteva rimirarla. Lucente e distante si domandava cosa fosse e cosa dovesse fare. Un suono usci fra le ruvide labbra: cosa sei? Ma nemmeno lui si riconosceva fra i suoi mille pensieri. Un sibilo. No, forse, una carezza del vento o forse un gemito d’altri tempi:
“Salve figlio d’Adamo”.
No. Effettivamente quello che aveva ascoltato non assomigliava affatto ad un sibilo del vento ma ad un saluto.
Poi pensò, la luce parla!
Meravigliato si dimenticò persino le buone maniere, quelle che la madre, da ragazzo aveva faticato ad insegnarli. Sbiascicò:
“Salve”
“Grazie per avermi salvata alla morsa crudele dell’acqua, giovane figlio d’Adamo” ringraziò la luce col suo canto dolce.
“Piacere mio..ma cos’è?”, impertinente si pentì subito della sua domanda posta più per istinto che per curiosità, e, mordendosi il labbro inferiore, desiderò non averla mai posta: notava un piccolo cambiamento nella luce, forse dettato dell’irritazione che una domanda impertinente alcune volte riesce a scaturire.
“Coraggioso figlio d’Adamo, il mio nome è Siria, e nel mio mondo sono una portatrice di luce, da come puoi notare. Anche se adesso sono fredda, un tempo non lo ero: è stato il lungo abbraccio del dio bagnato a freddarmi, qui che anche io, sono posta sotto le tue medesime regole. Sotto questa volta prendo io, il nome di Stella. Luce della notte.
Portatrice di sogni.
Figlio d’Adamo erano ormai cento anni che la mia luce era accarezzata solamente dalle pinne e dai tentacoli, li immersa. Aspettando. Aspettando che occhi diversi riuscissero a vedere le mia luce.”
Ascoltava con occhi meravigliati: chi avrebbe mai immaginato che sotto la scura presa dell’acqua, li fra i pesci vi fosse una stella, una principessa del cielo notturno!
“Graziosa Stella, ma com’è finita a gelarsi li, sotto e non fra il cielo?”
“Curioso essere, tempo fa cadevo, morivo, cambiavo forma e mentre m’imbattevo nella mia corsa di vita, un folle e alquanto raro avvenimento mi trafisse.
Fu un dolore e un piacere allo stesso modo.
Solo il pensiero mi da ancora quel qualcosa che da queste parti prende il nome di brivido.
Li nel firmamento un’altra luce invase la mia rotta e mi gettò qui, sotto di questa notte.”
“Ma, graziosa stella, ti prego dimmi come potrei mai aiutarti? Come potrei riportarti li fra le tue graziose amiche?”
“Grazie figlio d’Adamo, questo non è affatto un compito che spetta a te. Grazie per esserti preoccupato grazioso essere, ma fra le mie regole anche questo è contemplato.
Piccola luce d’altro modo è giunto il momento di rivelarti il tuo ruolo.
Aver salvato una stella caduta comporta una responsabilità da parte mia e una gioia da parte tua, difatti è concesso a te un desiderio. Piccola gemma lontana dal mio essere ora puoi domandarmi quello che vuoi a patto che riguardi te e nessun altro. Dunque poni la tua richiesta. Io attendo.”
D’istinto il vecchio pescatore
“Mia lucente amica, non per gloria o per bramosità ti presi dalla morsa delle acque ma solo per istinto e per nessun altro motivo e quindi non ho voglia di possedere simile dono da parte tua. Usalo tu per andare dove vorresti.”
Meravigliata non aveva mai udito una simile risposta, ma ammettendo che talvolta questi essere sono solo finti virtuosi ridisse e quindi ripose la domanda ma la risposta fu alquanto singolare:
“Cara viaggiatrice, la tua proposta è molto allettante per alcuni esseri, ma abituato ad ottenere col sudore della fronte e abituato ad essere uomo di poche pretese, non esiste alche al mondo o nell’universo che tu, mia fatata amica che potresti donarmi. Io sono felice e soddisfatto della mia barca e della mia vita e continuerò ad esserlo finche i miei occhi riusciranno ad osservare la luce del mattino e le mie reti piene o vuote che siano. Sarò felice anche se una notte incontrerò una luce fatata e domandandomi un desio io ricorderò che esistono vite perse e a loro indirizzerei il mio piccolo cuore. Quindi mia cara stella di nome Siria vola da loro a sollevare la loro anima, io resto qui dove sono. Infinitamente grazie.”
Sconcertata la stella voleva ribattere, ma i suoi ferventi occhi la fermarono e sussurrò
“Mio carissimo amico, i tuoi occhi sono l’unica cosa che a questo mondo varrebbe la pena incontrare e sono lieta che sia stato tu a salvarmi da quella morsa eterna che mi opprimeva, ma piccolo amico esiste sempre un ma. Le mie regole m’impongono un comportamento e anche se tu non mi riveli una tua richiesta questo non toglie che io non debba esserti grata. Mio cuore impavido creerò io un desiderio per te e lo accontenterò così tu appagherai la tua vita ed io la mia promessa coi miei fratelli e sorelle. Piccolo figlio d’Adamo, con la tua risposta hai ottenuto la mia ammirazione e quindi ti regalerò la mia luce. scinderò la mia fiamma fino a crearne una uguale e a donarla a te. Sarà soggetta alle tue medesime leggi ed una volta completato il suo ciclo ritornerà a me per parlarmi di te. La porrò sotto il tuo stesso cielo e tu, piccolo e caro amico trattala come si conviene: è pur sempre parte di me ed essendo una stella! Spero che ti donerà la dolcezza di un sorriso visto che un desio non lo concepisci concepirò io per te. Grazie per avermi salvata dalla morsa della gelida acqua. Io ritornerò dove devo. Addio mio amico.”
Una grande luce. il cielo s’accese. Il vecchio pensò che nulla di simile potesse mai essere paragonato alla pretesa d’avere un desiderio. Restò muto ad osservare il segreto di quella notte. Poi nulla più. Ritornò il buio. Ritornò la nebbia. Ritornò il silenzio. La stella aveva esaurito la sua luce. buia e nascosta si spense fra la sabbia sotto un cielo che non le apparteneva. Il pescatore pensò: magari avrebbe continuato a risplendere fra le acque del mare e a portare la sua luce ai mille pesci colorati se non avessi avuto la pretesa di toccarla.

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Bruno Mancini

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