Eccidio di Nola

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Eccidio di Nola 

Ho scritto poesie e ho fatto tante altre cose nella mia vita.Ho incontrato tante persone lungo il mio percorso e molte ne ho perdute per strada.

Un crimine di guerra ha colpito la mia famiglia,

eccidio che è rimasto impunito e misconosciuto, come tanti altri. Quanti “processi di Norimberga” non si sono mai celebrati?
“Siamo uomini o caporali?” Diceva Totò e “’a morte è ‘na livella”. Ecco: non ci sono medaglie, non ci sono gradi nella Morte.
Dimenticare il “Male della Vita” non vuol dire affatto promuovere ed espandere il “Bene della Vita”, ma anzi promuovere e lasciar prosperare altro “Male della Vita”.
E poi ci sono le parole del soldato Ugo: “E’ questa la guerra? Mi domando. No, questo è un assassinio in massa.”
Ho scoperto, così, di non aver fatto nulla di diverso da ogni altro.
Tutto questo è nel mio libro “NOLA, cronaca dall’eccidio”, pubblicato da INFINITO Edizioni, caro lettore, che io affido a te, e avrò raggiunto lo scopo che mi ero prefisso se tu, in esso, avrai ritrovato un po’ di te stesso.
Alberto Liguoro (Eccidio di Nola)

Locandina Ischia 1

ANNO 1943 – ANNO 2013 – Eccidio di Nola

Sono trascorsi 70 anni, dalla ineluttabile svolta che prese la IIa Guerra Mondiale, in modo particolarmente significativo per l’Italia, passando attraverso funesti episodi che condussero al famoso (ma meglio sarebbe dire al “famigerato”) 8 settembre e poi proseguirono per tutto il ’43 e il ’44, fino alla LIBERAZIONE, il 25 aprile del 1945.

Eccidio di Nola

Questo è, quindi un anno di commemorazioni solenni: già il 2 febbraio, 70° anniversario della fine della battaglia di Stalingrado, decisiva per l’indebolimento irreversibile dell’esercito tedesco sul fronte orientale; 11 luglio, 70° anniversario dell’ultima grande battaglia, che vedeva contrapposte le alleate truppe italiane e tedesche contro gli Anglo-americani, da cui subirono una pesante sconfitta, la battaglia di Gela; che però, per il coraggio e la fierezza, riportò i contendenti ad un’altra grande battaglia, che, nel 405 a.C. fu combattuta tra i Greci e i Cartaginesi; è il 70° anniversario anche di grevi episodi non attribuibili ai Tedeschi, uno per tutti quello che il successivo 14 luglio, macchiò, anche qui in modo indelebile, l’onore delle truppe americane agli ordini del Generale Patton, che trucidarono immotivatamente 76 soldati italiani e 4 tedeschi catturati nella battaglia per la conquista dell’aeroporto di Santo Pietro a Biscari (oggi Acate), in due distinti episodi di barbarie. Solo il 14 luglio 2012 è stata apposta una targa di marmo in quella località, con i nomi di tutti i soldati trucidati, per interessamento del Presidente Giorgio Napolitano, su sollecitazione di uno dei sopravvissuti, l’aviere Giuseppe Giannola. Passando attraverso la messa in minoranza dal Gran Consiglio del Fascismo, di Benito Mussolini, e il suo arresto il 25 luglio, arriviamo all’8 settembre del ’43, dove, indipendentemente da quali siano le proprie idee politiche, o le proprie valutazioni sullo svolgersi degli eventi, non c’è da festeggiare, né da commemorare, ma, per come si svolsero i rapporti tra i “plenipotenziari” italiani e gli Anglo-americani, i rapporti dei Governanti italiani e delle Autorità Militari con i soldati e i cittadini, nonché con i Tedeschi, c’è solo da vestirsi a lutto e piangere per i nostri morti e per il nostro Paese, o chiudere quel giorno in un oscuro silenzio; nei successivi 9 e 10 settembre, per non farci mancare niente, si aggiunge il 70° anniversario della vergogna e del disonore, che grava anche sul popolo italiano, della Famiglia Regnante di Casa Savoia che fuggì, come tutti sanno, per mettere al sicuro ciò a cui più tenevano, la pelle.

Eccidio di Nola

E veniamo così all’11 settembre, il giorno di quell’episodio del quale, io, scrittore, poeta, saggista non ero mai riuscito a scrivere e mai, mi ero riproposto, avrei scritto; ma forse ero io che fuggivo, qui. Quell’episodio, ora noto come “l’eccidio di Nola”, cambiò la mia vita, e forse, proprio per questo era per me tabù.

Deve, evidentemente, averla cambiata tanto da farmi ritrovare, doppiata la boa o scavalcata la montagna, dall’altra parte, dove sono riuscito, dopo 70 anni circa, a trovare la forza e il necessario sangue freddo per parlarne serenamente e scrivere di esso.

Eccidio di Nola

Il 10 settembre a Nola, a seguito di tafferugli tra militari tedeschi e italiani, con la partecipazione anche di civili, conseguenti alla diffusione della notizia dell’armistizio di due giorni prima, restò ucciso un tenente tedesco il cui nome non è mai stato rivelato. Il giorno successivo per ritorsione, 10 ufficiali italiani furono messi al muro dai Tedeschi e fucilati, tra essi c’era mio padre, il tenente Alberto Pesce del I° Reggimento di Artiglieria Alpina, “Gruppo Susa” di Torino, distaccato al 48° Reggimento di Artiglieria “Taro” di Nola; molte trionfalistiche inutili parole chiudono il suo Stato di Servizio, con Medaglia di Bronzo al valor militare alla memoria. 6 mesi dopo io nacqui a San Marco dei Cavoti, un paese del Beneventano, dove mia madre era sfollata per motivi bellici, e un mese dopo la mia nascita, per complicazioni post parto, morì anche mia madre.

Di questo parlo nel mio libro “NOLA, CRONACA DALL’ECCIDIO”, un racconto di guerra, edito da Infinito Edizioni, che sarà nelle librerie dal 1 settembre prossimo e ufficialmente presentato in occasione di una solenne commemorazione per il 70° anniversario dell’”eccidio di Nola”, che si terrà, con la presenza del Vescovo di Nola, il sindaco, la municipalità e altre autorità civili e militari, nel grande salone del prestigioso Museo Archeologico di Nola, il pomeriggio dell’11 settembre prossimo.

Ma non parlo solo di questo.

Molti bombardamenti e cannoneggiamenti che radevano al suolo le città, dal Nord al Sud, “che non si sapeva neanche da che parte venissero” data la spaccatura del Paese in due o tre tronconi contrapposti, come dicono oggi gli Storici, ci furono in quell’anno, e anche di essi, quest’anno ricorre il 70° anniversario. E poi c’è il 13 settembre ’43 fucilazione di 14 carabinieri e 2 civili, a Teverola (Caserta), dopo che si erano arresi ai Tedeschi (l’”esperimento” di Nola aveva ormai aperto la strada ad innumerevoli altre nefandezze); tra il 22 e il 24 settembre a Cefalonia, dopo violenti combattimenti, si arresero e vennero trucidati 5035 militari italiani, tra cui 305 ufficiali, per ordine diretto di Hitler (episodio dimenticato per 37 anni; nel 1980 il Presidente Sandro Pertini fece sentire la sua voce contro quella che definì “la congiura del silenzio”; ci vollero ancora 21 anni perché nel 2001 il Presidente Carlo Azeglio Ciampi rendesse omaggio, con tutti gli onori ai caduti); e le 4 giornate di Napoli, direttamente gemellate con l’eccidio di Nola, come riconosciuto dal Governatore della Regione Campania, anche di esse celebriamo quest’anno il 70° anniversario dal 28 settembre al 1 ottobre.

E, prima dell’ancora più funesto 1944: Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzena, Marzabotto ed altri atroci bagni di sangue (più si stringe il cappio attorno al collo della belva più feroci e devastanti sono i suoi colpi di zanne ed artigli; più cieca è la sua rabbia, come dimostra il Processo di Verona), a parte gli esaltanti colpi inferti dall’avanzare della libertà e della democrazia al loro nemico, alla loro negazione, con l’entrata degli Alleati in Roma il 4 giugno ‘44 e lo sbarco in Normandia del successivo 6 giugno (non dimenticando la bestialità con la quale, il 19 maggio del ’44, il generale francese Alphonse Juin abbandonò allo sciacallaggio delle sue truppe maghrebine, i semplici e inermi abitanti dei villaggi della Ciociaria; un crimine di guerra riconosciuto e subito dimenticato dagli Alleati), c’è ancora Orta di Atella 30 settembre ’43, 25 civili trucidati per rappresaglia a seguito della sottrazione di un camion ad una pattuglia tedesca, durante una battaglia con i partigiani; 7 ottobre Bellona, 54 civili rastrellati, condotti in una cava di tufo dismessa e fucilati, per rappresaglia a seguito dell’uccisione di un soldato tedesco da parte del fratello di una ragazza che stava stuprando. Questi i più significativi episodi con i quali anche la Provincia di Caserta dava il suo tributo di sangue al Dio del Crimine di Guerra, il fratello perverso del Dio della Guerra.

Ora mi fermo, non vorrei mettere giù un altro romanzo.

Mi rivolgo soprattutto ai giovani ai quali dico: non dimenticate MAI il passato, tutto il passato, dove è compreso anche questo, che non trovo espressione migliore per definire, di il MALE della VITA, se volete avere un FUTURO MIGLIORE.

Alberto Liguoro

 

Prefazione

di Roberto Ormanni

Le frequenze dell’Eiar diffondono in un’Italia distrutta fisicamente e moralmente l’annuncio dell’armistizio concordato con le forze anglo-americane. È l’8 settembre 1943. Il messaggio radiofonico del maresciallo Badoglio è registrato perché lui, il maresciallo, sta già raccogliendo armi e bagagli. Soprattutto bagagli, perché le armi italiane non è che fossero di gran pregio. E poco prima anche il re Sciaboletta (così popolarmente soprannominato per la bassa statura) aveva fatto le valigie. Le clausole di quell’armistizio sono uno storico esempio di pasticcio all’italiana.

L’Italia si sfilava dalla guerra ma non si capiva quali fossero le regole da seguire nel rapporto con gli alleati tedeschi. Il nostro esercito si trova senza ordini e senza direttive. Una situazione tragica e grottesca splendidamente sintetizzata nella battuta di Alberto Sordi nel film Tutti a casa: quando la sua compagnia s’imbatte in un gruppo di tedeschi che per tutta risposta gli sparano contro, il sottotenente Sordi-Alberto Innocenzi si mette in contatto con il proprio comando e, allibito, comunica:

Signor Comandante! È successa una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gli americani!”.

La guerra volge al termine ma una nuova tragedia ha inizio: i tedeschi considerano gli italiani traditori da eliminare e, allo stesso tempo, hanno bisogno dell’accondiscendenza dell’esercito italiano per proteggersi la ritirata. Si avviano così trattative private tra ufficiali. A Napoli il comando italiano raggiunge con l’ex (forse) alleato un accordo: voi andatevene, noi non vi ostacoliamo e chi ha avuto, ha avuto e chi ha dato, ha dato. I tedeschi però pretendono che i soldati italiani restino fermi nelle loro caserme e a richiesta consegnino le armi. La risposta, di fatto, è alla napoletana: sì, sì, vabbè, facite comme vulite vuje, basta ca ve ne jate. E in realtà la truppa viene tenuta all’oscuro di questo… gentlemen agreement. Nella convinzione che la miglior soluzione fosse: ognuno per sé e Dio per tutti.

Ma per i tedeschi, ieri come oggi, non ci sono mezze misure. E, d’altro canto, i soldati italiani erano molto più rispettosi della disciplina  e del codice militare di quanto i comandanti pensassero: alle richieste dei tedeschi di consegnare le armi, rispondono picche. E qui sovviene un’altra celebre battuta del cinema, presa da I due colonnelli: Totò non vuole cedere all’ufficiale tedesco che, sprezzante, gli ribadisce: “Io ho carta bianca!”, inducendo Totò a replicare: “… E ci si pulisca il culo!”.

La realtà è assai più drammatica: il 10 settembre 1943 una colonna tedesca, a Nola, ingiunge agli ufficiali italiani di consegnare le armi. Loro rifiutano, ne nasce un litigio nel corso del quale un ufficiale tedesco, rimasto ignoto, viene ucciso. Basta a provocare la prima rappresaglia dell’isterico esercito di Hitler contro i propri alleati dopo il pasticciato armistizio. Il giorno seguente i tedeschi sparano a un ufficiale italiano che, sventolando bandiera bianca, è stato inviato a trattare un accordo e procedono a sceglierne altri dieci da fucilare seduta stante per vendicare la morte del loro soldato.

I pensieri e le parole, i sorrisi e le paure, le passioni e le amarezze, le speranze e le illusioni: le storie dei primi undici soldati italiani vittime non della guerra ma dell’armistizio per aver difeso la propria dignità e, insieme, quella di un’Italia che forse non lo meritava davvero, ci conducono per mano in questo libro di Alberto Liguoro che si rivela un viaggio in un mondo all’apparenza interiore  

Un mondo che, invece, è sorprendentemente comune a quanti, almeno una volta, hanno creduto di aver capito, guardando un film, un documentario o leggendo un saggio, cosa sia successo davvero nei giorni ordinari di quei mesi straordinari.

Alberto Liguoro porta il nome, ma non il cognome, del tenente Alberto Pesce, uno dei martiri fucilati nella piazza di Nola l’11 settembre 1943. Non sarò io, ora e qui, a spiegarvi perché. Alberto ha impiegato settant’anni per riuscire a raccontar(si) questa storia. E già fosse solo per questo, varrebbe la pena di leggerla e raccontarla ancora, in memoria di tutti gli Antonio, Vincenzo, Pasquale, Salvatore, Gennaro, Enrico, Giorgio, Aldo, Giuseppe, Luigi e dei tanti Alberto caduti in silenzio tra le rovine della ragione per consentire a noi di passeggiare distrattamente nella libertà.

Voltaire ha scritto: “Al vivo dobbiamo rispetto ma al morto dobbiamo solo la verità”. È forse ricordando Voltaire, dunque, che Winston Churchill disse: “Più si riesce a guardare indietro, più avanti si riuscirà a vedere”. Ma pensando ad Alberto, non si può che dar ragione a Cyril Connolly: “Meglio scrivere per se stessi e non avere pubblico, che scrivere per il pubblico e non avere se stessi”.

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Bruno Mancini