NA10 – Angela Maria Tiberi – Debutto in teatro

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Debutto in teatro

Nino avvertì il padre di essersi sposato e si recò in Sicilia con la sua bella Gianna.

Gianna e Nino ritornarono a Roma e nel 1952 nasce una bella bimba, Carmen, dal nome della mamma di Nino, in una clinica di Monte Verde.

Da Enza conobbero una bella famiglia torinese e la signora aiutava Gianna a crescere la bambina visto che loro non avevano figli.

Nino continuava a lavorare nei campi e prendeva lezioni di canto dal maestro Ennio Marcantoni, per la dizione da Antonella Rinaldi, e dal regista Sheroff, così si perfezionò alla scuola di Santa Cecilia.
Nel 1953, Nino partecipò al “Concorso di Spoleto”.

Le audizioni si davano al teatro dell’opera di Roma e fra i membri di giuria c’era il grande maestro Beniamino Gigli che aveva una grande stima di Nino.

Durante il concorso Nino interpretò: “Che gelida manina, Recondite armonie, Celeste AIDA, L’addio alla mamma della cavalleria rusticana, L’aria dai Pagliacci, Vesti la

giubba” e fu un vero trionfo.

Il maestro era presente e si commosse per l’esito di Nino.

“Nel campo della lirica, il maestro conosceva tutte le regole per educare la voce.
La voce è un dono di DIO!
Poi sta all’uomo saperla giostrare, rendendola gradevole, dolce ed espressiva all’ascolto degli altri.
Questo si ottiene con anni di studio, guidato da un buon maestro come Ennio Marcantoni, un settantenne, ex direttore d’orchestra”,

raccontava Nino nel suo libro.

Nino vinse e cantò al teatro di Spoleto insieme ad un cast di artisti affermati tra cui la Renata Tebaldi.

Il teatro era stracolmo e si sentì in prima fila la voce della sua bambina che lo chiamò: “Papà, papà!” e tutti applaudirono lei e la bella Carmen che era lì presente, emozionata.

A Nino l’immagine di quella serata era ancora impressa nella mente e, chiudendo gli occhi, mi raccontava che la sua bambina era una bella bambola bionda con il vestitino di organza e stava in piedi su una sedia a vedere il suo papà cantare.

Nino ricordava la voce possente della Tebaldi che, unita alla sua e all’acustica del teatro, faceva tremare il lampadario del teatro di Spoleto.

C’erano applausi e strilli.

“Alzavo gli occhi e vedevo la mia bimba Carmen che applaudiva con le sue mani e diceva: Pà! Pà! Pà!”,

grandi emozioni che mi raccontava Nino quando lo ascoltavo a casa sua, anziano, seduto sulla sedia con gli occhi lucidi per l’emozione.

Ora, cari lettori lo dico a voi, ascoltate la sua voce possente, perché non è giusto dimenticarla.

Nino aveva successo, ma pochi soldi, perché gli impresari sono dei mercanti usura.

Fra tanta gente che entrava nel suo camerino desiderava la sua Gianna che faceva i suoi ultimi ritocchi, un bacino ed in bocca al lupo e poi sul palco.

Trasmetteva al suo uomo forza e sicurezza.
Il pubblico era diviso in due parti il pubblico mondano occupato al suo sfarzo e il loggione “popolano” che si occupava di come era andato lo spettacolo.

Nino dentro il suo cuore cantava per il loggione costituito da uomini semplici come lui.
Nino raccontava che più alti erano i ranghi e più c’era un sottofondo odoroso come una puzzola infuriata.

Era la fine del 1954 e Nino fu contattato per il Rigoletto al teatro San Carlo di Napoli, accettò la parte del Duca di Mantova, personaggio simile al suo carattere: bello, possente e bizzarro.

Lo spettacolo si concluse in grande trionfo.
Durante la stagione furono fatte sei rappresentazioni, per ognuna delle quali già due settimane prima era tutto esaurito.
Tutto andò alla perfezione.

“Da buon siciliano quell’opera la vivevo ovunque la rappresentassi, passavo alla storia, peccato che allora non esisteva la diffusione della televisione, ne Rai, solo giornali.

Non posso documentare niente perché in un attimo di sconforto e di follia distrussi tutto.

Testimoni sono io, Gianna e DIO.

Questo periodo durò un anno e mezzo, ma rimpiangevo Sferro, la mia gente umile e semplice.
Mi sembrava di vivere in una foresta in mezzo alla ferocia umana, tutti cercavano di sfruttare le situazioni, nessuno faceva niente senza una propria convenienza.”

Nino, raccontava sconvolto, nonostante fossero passati molti anni da quel brutto episodio che lo convinse ad abbandonare il mondo dello spettacolo per rimanere integro ai suoi eccelsi valori di vita.

“Mi fece una grande accoglienza e, rimasti soli, ci siamo seduti vicini e mi disse: Adesso sei contento? allungando una mano dove non doveva, io, di rimando veloce, gli affibbiai un bello schiaffone.
Di colpo mi alzai e gli dissi: Polpo! Fituso! Finocchio e Cornuto! e scappai via e così finì il cinema”.

Nino ricordava che anche i grandi come Di Stefano, Corelli, Antinori subirono questi ricatti e si ritirarono a vivere di lezione di canto.

Angela Maria Tiberi

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Bruno Mancini

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