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Sant’Angelo a Fasanella
perla segreta del Cilento tra storia millenaria, arte e paesaggi incantati

Nel cuore del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni, sorge Sant’Angelo a Fasanella, piccolo borgo della provincia di Salerno che incanta per la sua atmosfera sospesa nel tempo.

Qui, dove la natura regna sovrana e la storia si respira ad ogni passo, la vita scorre lenta tra vicoli acciottolati, case in pietra e panorami mozzafiato sulla valle sottostante.
Il toponimo Sant’Angelo a Fasanella nasce dall’unione di due centri storici: Fasanella, distrutta da Federico II di Svevia nel 1246 durante le lotte contro i baroni ribelli, e Sant’Angelo, piccolo casale sopravvissuto alla devastazione.

Il nome Fasanella, secondo la tradizione, deriverebbe da “Phasis”, antica città greca e nome di un fiume al confine tra l’Asia Minore e la Colchide, mentre lo stemma comunale raffigura un fagiano, simbolo di prosperità e rinascita.

Fu feudo delle potenti famiglie Sanseverino e Capece-Galeota, e nel XIX secolo la cittadina si distinse per il suo ruolo attivo nei moti risorgimentali, diventando un simbolo di coraggio e desiderio di libertà per tutto il salernitano.

La festa patronale di San Michele Arcangelo, evento che porta con sé secoli di tradizione e devozionesi celebra l’8 maggio e il 29 settembre con processioni, musiche e riti che coinvolgono l’intera comunità.

Immerso tra boschi di faggio secolari come quelli di “Terra Forte” e “Vallone dei Lupi”, Sant’Angelo a Fasanella è attraversato dal limpido fiume Fasanella e custodisce la suggestiva cascata dell’Auso.

Uno spettacolo naturale straordinario quello della Risorgenza dell’Auso, dove le acque sotterranee emergendo da una grotta confluiscono in un laghetto artificiale per poi dare origine ad una cascata alta circa 8 metri continuando il percorso verso valle tra rupi e salti.

Una meta ideale per escursionisti e amanti della fotografia naturalistica.
Ricco è il suo patrimonio storico e artistico: basti pensare al Convento di San Francesco e dell’Annunziata fondato dai francescani dove sono conservate statue, tele e dipinti di grande valore artistico tra cui la Statua di Sant’Antonio da Padova; o alla Chiesa di Santa Maria Maggiore risalente al XIV secolo con un raffinato portale in marmo e al cui interno spiccano preziosi dipinti tra cui quello raffigurante la Gloria di Maria insieme alle quattro Virtù Cardinali.

A dominare il borgo dall’alto con la massiccia torre angolare è il Castello Baronale, edificato nel XV secolo che conserva due segrete sotterranee, anticamente usate come prigioni e camminamenti a testimoniare storie di assedi e intrighi.

Patrimonio Mondiale UNESCO la Grotta di San Michele Arcangelo simbolo della Religiosità Cristiana dei Monti Alburni e situata ai piedi di una parete rocciosa, fu sede nell’XI secolo di una comunità benedettina.

Superato il portale all’interno si trovano resti i dell’abate Francesco Caracciolo, una cappella, affreschi trecenteschi e sculture tra cui la statua marmorea di San Michele Arcangelo attribuita a Giovanni da Nola.

Sulla vicina Costa Palomba vi è una delle testimonianze più affascinanti dell’arte rupestre pre-romana: l’Antece scultura neolitica del IV secolo a.C. scolpita nella roccia, raffigurante un antico guerriero armato di spada e scudo.

Avvolto da misteri e leggende esso, rappresenta uno dei più antichi esempi di arte italica e richiama studiosi e appassionati da ogni parte d’Italia.

Dalila Boukhalfa e Silvana Lazzarino

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Piaggine, la spiaggia antica del Cilento.

Il nome deriva dall’appellativo dialettale “piaggia” o “playa”, cioè lido che scende fino al mare. Il borgo, detto Piaggine Soprane (per distinguerlo da Piaggine Sottane, l’odierna Val dell’Angelo), dal 1811 al 1860 faceva parte del comprensorio di Laurino.

Piaggine nacque come un villaggio di pastori, le cui greggi salivano e scendevano dal ponte dell’asinello in continue transumanze.

A 630m di altitudine, il paesino, è proprio nel cuore del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni, un territorio caratterizzato da monti, in particolare il Monte Cervati il più alto della Campania con una vetta che sfiora i 1898 metri, boschi tra cui le faggete, e i boschi misti, fiumi e canyon.

Siamo nell’entroterra dove domina una grande varietà di flora tra piante officinali, erbe aromatiche e orchidee selvatiche; come anche di specie animali: accanto ai lupi e alle aquile reali vi sono cervi, caprioli, tassi, ma anche rapaci come il falco pellegrino e lo sparviero e una specie di coleottero raro,  Rosalia alpina della famiglia Cerambycidae, caratterizzato da una colorazione nera e blu.

Camminando lungo le strade acciottolate e gli antichi palazzi, si resta incantati da tanta bellezza: tra i luoghi più interessanti dell’entroterra cilentano le Gole del Calore profonde incisioni scavate nella roccia dalle acque del fiume Calore con escavazioni e pareti rocciose che piombano a picco. La gola più suggestiva è quella tra Felitto e Magliano, ma tutte insieme restituiscono uno spettacolo indimenticabile lungo un sentiero dagli ambienti incontaminati e dalla vegetazione selvaggia, per offrire una scenografia ricca di colori e profumi con sullo sfondo il rumore delle acque.

Da menzionare l’Affondatore di Vallivona una grotta di attraversamento lunga circa 500m. a 1100 metri di altitudine, tra i comuni di Sanza, Piaggine e Monte San Giacomo e la Sorgente del Sammaro.

Un’atmosfera di mistero avvolge Roscigno Vecchia: borgo fantasma ormai disabitato.

In pieno centro storico è la Cascata Piaggine che s’immerge nelle acque del fiume Calore, scorre fragorosa.

Una bellezza che ci offre uno spettacolo inedito e eccezionale.

Tra le sagre citiamo quella del fungo porcino accompagnata da musica folcloristica dal vivo, danze popolari, stand artigianali e mercati con i prodotti locali.

È tradizione ogni anno per la vigilia di Natale in ciascun rione del paese accendere un falò, detto in dialetto locale “focara”: la tradizione vuole che per la sua realizzazione gli abitanti debbano donare della legna come segno di unità.

In quella sera, viaggiando attraverso il paese, si viene accolti calorosamente da ogni vicinato per vivere insieme lo spirito del Natale.

Tra i piatti tipici di Piaggine ricordiamo: il cavolfiore dello zingaro, il cosciotto di agnello farcito, i fusilli conditi con sugo di cinghiale, il caciocavallo podolico e olio extravergine di oliva di primissima qualità, senza dimenticare il piatto di zucchine e carote alla scapece.

Detti e modi di dire della tradizione del Cilento, sono presenti anche tra i piagginesi. Ne citiamo alcuni: “Abbi fortuna e dduormi” tradotto “Chi ha fortuna può dormire sonni tranquilli”; “Canta che te fai canonico”si riferisce a chi parla troppo e non ottiene niente; ”Chi sape fila’ fila lo spruocco” si riferisce a chi conoscendo bene il mestiere può lavorare anche con mezzi rudimentali e inadeguati.

La bellezza del dialetto, la simpatia della gente fa di Piaggine un borgo radicato nelle tradizioni, ma in continuo cambiamento.

Dalila Boukhalfa e Silvana Lazzarino

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