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Come i cinesi – volume secondo – Ambiguità capitolo 3
Ambiguità capitolo 3
Capitolo 3°
Forse Clara in quella notte del 24 Ottobre aveva scoperto che io non ignoravo (per averla già letto a sua insaputa), la prima parte della lettera che mi aveva promesso più volte durante i nostri dialoghi dei giorni precedenti, e che aveva appena abbozzata durante una delle mie ultime lontananze per una ulteriore “pausa di riflessione”.
Forse lei, formulando una giusta interpretazione per le forzature con le quali avevo spinto la sua riluttanza, poteva anche essere pervenuta al convincimento che non erano stati frutti del caso i temi su cui ci eravamo confrontati con assiduità durante lunghe ore di certezze sbiadite.
Né era improbabile che avesse assegnando, in particolare, un significato preciso al silenzio totale che avevo utilizzato per circondarla, mentre poco per volta ma con decisione e precisione, lei aveva snocciolato, in antitesi a me, l’immagine, il carattere, la forza, le paure, del suo mitico uomo vero.
Le poche frasi della lettera solo abbozzata ne ribadivano i concetti:
“…un vero uomo con la forza di ammettere le sue debolezze, i propri errori, le cadute, accantonando la stupidaggine di restare per orgoglio, sapendolo, confinato troppo a lungo nel limbo del quotidiano amorfo.
Un uomo vero è leale.
Un uomo vero è spavaldo nei suoi principi.
Un uomo vero quando ama non procura palpiti piuttosto ecc. ecc.”.
Le continuava a sfuggire, purtroppo, la conclusione che ne avevo tratto.
Convinto della validità di quelle teorie, convinto che per lei non lo ero stato prima, non ero apparso durante né lo sarei stato mai, mi chiedevo perché quest’uomo, io, egoista possessivo a tratti cattivo, molto cattivo, superbo, solo, subdolo, schiavo di sesso finanche, e poi ancora prepotente, vile, borioso, incostante, infine, ma solo per non risultare eccessivamente prolisso, infine la ciliegina: incapace di amare in quanto aduso a prendere e “poi” forse dare, incapace di un amore disinteressato, “unico” (nel senso di pulsante solo per quanto ha in se stesso), questo uomo -io- accanto ad una donna che ne conosceva i limiti, i difetti, i guasti fino all’ultima piega; questo uomo -io- accanto ad una donna bella libera sincera innamorata pulita tradita offesa maltrattata uccisa, che non aveva remore, arroccata alla sua cima, nell’indicare, ripetere, rimpiangere, amare, (questo uomo -io- accanto a lei), perché?
Percorrendo quale sentiero, si giunge ad una risposta eloquente e descrittiva per la domanda che in fondo è semplicemente banale?
“Verificare non quanto mi ami, ma quanto mi vuoi” erano le parole di Clara che maggiormente mi apparivano significative e sulle quali continuamente mi soffermavo a pensare, permettendo, inconsciamente, che assumessero proporzioni crescenti, una volta private del contesto
generale in cui lei le aveva inserite con quello scritto
provvisorio ed incompleto.
Fino ad apparirmi esse stesse come la chiave per
distruggere le coperture faticosamente montate dalla mia Clara.
Non conta convincere, mi ripetevo, basta vincere, e poi subito e continuamente “Verificare non quanto mi ami, ma quanto mi vuoi” in un’altalena ossessionante.
Fingiamoli coriandoli
questi brandelli di giorni
queste illusioni di vano.
Poi l’ombra assorbe.
è semplicemente banale chiedermi “Quanto mi vuoi“, e risulta tutto confuso.
Quanto, di che?
Voglio, per cosa?
Per amica, compagna, amante, moglie?
Quanto di che?
Con quanta lealtà la voglio amica?
Con quanta possessione per amante?
Con quanta reciprocità la voglio compagna?
Con quanto affetto per moglie?
“Quanto mi vuoi?”, mentre temo di non volerla più nell’unico modo che mi ha sempre interessato: “amare e diventare scemo”, simile a “mia senza provocazioni”, fino ad identificarci.
Una strada diversa che ci conduca verso la storia qualsiasi di persone comuni, con baci e abbracci e tenerezze se vuoi, a me non interessa, è veramente un fatto suo.
Peggio, anche se lo volessi, e lo vorrò, non potrei.
Non posso.
Agli angoli degli occhi
sotto pigrizie amiche
prepara a morte
nostalgia.
Passa più parti
lampo di tempo indietro
indietro secoli
e sempre come sempre.
Cambia
se non adesso
a morte.
Alla viola nasce il pensiero
e posso ancora muovermi,
venirti accanto
e senti la corteccia
vecchia e inutile.
Clara quella notte del 24 ottobre non si consentiva azioni che potessero distogliermi dal putiferio delle tempeste di domande, attese, ricordi, immagini e sentimenti, per me amiche ma che senza alcun dubbio e con molta evidenza mi possedevano non solo mentalmente.
Il tempo della mia attesa veniva avanti con incollato ad ogni attimo un dubbio, lo stesso dubbio, sempre lo stesso dubbio, che simile ad un galoppo, avvicinandosi l’ora, attecchiva con percussioni più rapide e sonore alla radice del mio sistema nervoso.
Seduto, le gambe, per propria scelta, vibravano con moto in continua accelerazione.
La vista della porzione di strada affollata che per anni mi aveva affascinato nella varietà e nella moltitudine di abbigliamenti, personaggi, situazioni, sembrava come
stamparsi, fotografata, ad ogni ritorno del dubbio.
Se c’era il dubbio non c’era altro, solo fissità ed i miei arti vibranti. Lo stesso dubbio osava pretendere la propria esistenza, dileguandosi dopo comparse che nonostante fossero sempre più brevi, s’imponevano giungendo con maggiore frequenza.
Troppo brevi per consentirmi di prendere una decisione, troppo frequenti per liberarmene.
“È tutto un bluff: aspetto che crolli.”
“E se arrivo tardi?”
“È tutto un bluff, aspetto che crolli; le consegno le pagine che ho elaborato, e che mi ha visto scrivere dicendole: «Vedi, sapevo già tutto, non hai segreti.”
“E se arrivo tardi?”
“Se tardando a prendere l’iniziativa me la trovo davanti con un saluto di circostanza per una lontananza ormai scontata?”
Il dubbio, lo stesso dubbio, sempre lo stesso dubbio, è chiaro, era l’altro.
Era la sostanza, l’identità, l’anima.
-«Vuoi che ti fermi?
Anche tu vuoi verificare?
Rispondi, perché possa decidere.»
«Troppo comodo, troppo elementare, servito.
Hai già deciso (quella volta) anche per me (privo d’assenso) di noi, devi, voglio che ti ripeta.»
Dialogo immaginario e monotono sul filo di una lancetta che s’avvicinava ad un’ora.
Sappiamo di essere antichi
sappiamo l’azzurro
sappiamo lo scacco
sappiamo il consiglio.
Quadri, parole, poesie.
Chi più, chi meno.
TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA
Dedica – Introduzione
Ambiguità
Capitolo 1Capitolo 2Capitolo 3Capitolo 4Capitolo 5Capitolo 6Capitolo 7Capitolo 8Capitolo 9Capitolo 10
Il nodo
Il nodoCosì e cosìIl premioLa coda
Il chioccolo del fringuello
Come i cinesi volume secondo
Come i cinesi volume secondo di Bruno Mancini
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Come i cinesi volume secondo
seconda edizione
ID 29z5vq
ISBN 978-1-4710-5423-5
Bruno Mancini
ISBN 978-1-4710-5423-5
Versione 4 | ID 29z5vq
Creato: 13 settembre 2022
Modificato: 14 settembre 2022
Libro, 98 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm)
Standard Bianco e nero, 60# Bianco
Libro a copertina morbida
Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00
Titolo Per Aurora volume quarto
Sottotitolo Il Libro di Sonia – Il Nodo
Collaboratori Bruno Mancini
ISBN 978-1-4710-5423-5
Marchio editoriale Lulu.com
Edizione Nuova edizione
Edizione ampliata
Licenza Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini
Anno del copyright 2022
Dialoghi, intimità, ragionamenti, passioni, le irrazionali note, cadute, catarsi, sdegni, i vari volti di un atto, gli equivoci, i nodi, le sfide, i sensi dei vinti, i come, perché, dove, se, che abbiamo macinato più contro di noi per dare che non verso di noi per avere, più sciocchi per idoli che lucidi d’esperienze, sempre senza pause catalizzatrici.
Per Aurora volume secondo
TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA
Come i cinesi – volume secondo
seconda edizione
Racconti
Ambiguità
Il nodo
Il chioccolo del fringuello
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