18ar25f opera finalista premio articoli otto milioni 2025

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18ar25f opera finalista premio articoli otto milioni 2025

18ar25f

18ar25f Valeria Paukova
Le avventure a bordo

Le Zhuzhe sono piccole creature, brave e gentili, però a volte durante i giochi dimenticano le regole e, guidate dalla fantasia, non ascoltano più i loro genitori.
Questo è quello che è successo oggi.
Svegliandosi, la mamma, come sempre, andò in cucina per preparare la colazione per tutti.
Papà era già seduto alla scrivania e stava scrivendo qualcosa per guadagnare soldi per una casa più grande con giardino, mentre entrambi le bambine giocavano.
Sul pavimento si trovò una grande coperta blu: un vero oceano.
I cuscini sparsi ovunque erano gli squali pericolosi.
Così il lettino di Melissa si trasformò in una nave.
Il tulle, legato al bordo del letto fungeva da vela, mentre il telo di plastica gialla diventava un volante.
Le bambine misero le perline di plastica, braccialetti e anelli giocattoli in un piccolo scrigno rosa: questo prezioso carico doveva essere consegnato all’isola.
Costruivano dei telescopi di carta e il loro insolito viaggio poté avere l ‘inizio.
-Vedo arrivare una tempesta! – Alice disse, guardando nel tubo di carta.
-Cosa faremo?- Melissa chiese.
-Tieni più stretto il volante!- ordinò la sorella maggiore.
Melissa strinse più forte la tavola e cominciò a muoversi tra le onde alte.
Ma fallì: la nave si inclinò bruscamente verso sinistra e lo scrigno del tesoro cadde dritto nell’oceano, dove brulicavano gli squali.
-Lo prendo io!- annunciò Alice e si gettò in acqua.
Lo squalo affamato sentì subito l’odore del cibo e cercò di attaccare Alice, mostrando i suoi denti affilati.
Tuttavia, Alice si rivelò non solo una ragazza coraggiosa, ma anche forte.
Afferrò lo squalo per la coda e lo gettò via, dall’altra parte dell’oceano.
Gli altri predatori, vedendo tutto ciò, si allontanarono spaventati e nessuno di loro osò più mostrare nemmeno i denti ad Alice.
Dopo aver preso lo scrigno del tesoro, le Zhuzhe sentivano che le forze le abbandonavano.
La tempesta diventò così forte che non fu più possibile affrontare la furia delle onde e raggiungere a nuoto la nave.
-Aiuto!- gridò Alice -Sto annegando!-
Melissa lasciò il volante sul ponte e si chiese come salvare la sorella, dato che non sapeva nuotare. Allora Melissa ebbe un’idea geniale: prese la cintura del vestito della madre, che serviva da cima per fissare l’ancora, e la gettò in acqua.
-Tieniti stretta alla corda, Alice!- urlò Melissa -Ti tiro fuori!-
Alice afferrò la corda e fu salvata.
Il mare si calmò subito, apparve il sole e le fanciulle nuotarono tranquille verso l’isola.
-Dobbiamo immortalare la nostra avventura e scattare una foto di come, tutte sane e salve, abbiamo consegnato lo scrigno!-
Detto questo, Alice prese la macchina fotografica della loro madre dal ripiano più alto dell’armadio.
Le bambine erano così assorte nel gioco che dimenticarono una delle regole principale della loro casa: non toccare la telecamera!
In nessuna circostanza!
Ma ora le piccole si trovavano su un’isola in mezzo a un oceano vasto, dimenticando le regole fondamentali.
-Sarò io a scattare la foto!- Melissa disse e tirò la tracolla della macchina fotografica.
-Perché proprio tu?- Alice diventò furiosa –Sono stata io a buttarmi in acqua e combattere contro gli squali!-
-Ma ti ho salvato!-
Le fanciulle puntarono ciascuna la telecamera verso il proprio lato.
Nessuna voleva arrendersi.
Le sorelle si arrabbiarono e non si accorsero che si stavano alzando lentamente.
Quando le loro teste quasi toccarono il soffitto, la telecamera scivolò loro dalle mani e cadde. Piccoli pezzi di plastica sparsi per la camera.
-Cosa sta succedendo qui?– La mamma entrò nella camera.
Osservò la camera delle bambine, ma non le vide.
-Alice! Melissa! Dove siete?-
Sia i frammenti di telecamera sparsi sul pavimento, sia l’assenza delle figlie indicavano che si stava profilando un conflitto spiacevole.
Le fanciulle, trattenendo il respiro e premendo la testa contro il soffitto, fissarono con orrore prima la macchina fotografica rotta, poi la madre, poi di nuovo i frammenti dell’apparecchio…
-Siamo qui- disse timidamente Alice.
La madre alzò lo sguardo e vide le sue due figlie sospese in aria.
-Avete rotto la mia macchina fotografica?- la mamma non riusciva a controllare il fastidio nella sua voce, però i suoi piedi toccavano ancora il pavimento.
-No- rispose Melissa -È caduta e si è rotta. La riparerai?-
La mamma raccolse la macchina fotografica rotta, i suoi pezzi e cercò di rimetterli insieme come i pezzi di un mosaico.
-Non potrò più aggiustarla- sospirò la mamma e cominciò ad arrampicarsi verso le sue bambine.
Prese in braccio entrambe e le strinse a sé.
-Questo mese non vi compreremo né giocattoli né dolciumi- affermò la mamma, rimettendo indietro a terra entrambe le figlie.
-Compreremo una nuova macchina fotografica per me.-
-Perdonaci. Non faremo più così- dissero entrambe, abbracciarono la madre e si librarono in aria insieme a lei, fino al soffitto.

 

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17ar25f

17ar25f Valeria Paukova
Libertà per una vecchietta

Le fatine-bamboline sono, sicuramente, verdi, con le teste ovali e gli occhi enormi e buoni.
Ogni fatina ha le guance rosee che iniziano a brillare nei momenti di gioia.
Quando una fatina si sente eccitata o si sente arrabbiata, allora si solleva nell’aria, proprio come un palloncino.
Queste piccole fatine ascoltano letteralmente tutto.
D’altro canto, le fate adulte, intenzionalmente o per dimenticanza, ripetono lo stesso errore più e più volte.
-Ma guarda sotto i tuoi piedi!- loro spesso dicono.
Ogni obbediente bambolina allora comincia subito a camminare con la testa bassa e osservando attenta cosa succede sotto i suoi piedi.
-Guarda avanti!- una fata adulta non riesce a calmarsi.
La bimba, ormai già completamente confusa, guarda adesso sempre e solo avanti in quel modo, che non riesce a vedere niente sotto i propri piedi, ed inizia a piangere -Come si possono capire gli adulti? Guardare sotto i piedi e poi andare avanti! Ma davanti non ci sono le gambe!-
Un altro esempio: le fate adulte spesso si esprimono in questo modo: -Mangia, però a bocca chiusa!”
Una piccola fatina la rese in tal modo di nuovo confusa: come mai è possibile mangiare quel delizioso panino senza aprire la bocca?
È quello che è successo a Melissa, perché anche lei ha preso tutto alla lettera.
La sua mamma, per esempio, dice così: -La nonna verrà quest’estate-.
Melissa subito vede con gli occhi dello spirito la Nonna che tiene nelle mani le valigie, sbattendo le sue grandi ali e volando attraverso l’oceano per andare a trovare i suoi amati nipoti.
Quando incontrò la nonna all’aeroporto, Melissa rimase delusa nello scoprire che la nonna non aveva né ali né valigie.
Quando Melissa faceva degli scherzi, la mamma diceva con il tono severo: -Prendi la nota per i tuoi baffi e ripeti a te stessa che questo non si permette!
Melissa si preoccupò subito e si sollevò da terra, perché i baffi a lei non crescevano.
Come avrebbe potuto nascondere qualcosa dietro di essi?
Tuttavia, dallo sguardo e dal tono della sua Mamma, era chiaro che dietro i suoi baffi si nascondeva qualcosa.
È successo oggi, ha causato esattamente questa situazione: quello che la Mamma ha detto, Melissa ha preso tutto letteralmente.
Tutto cominciò al mattino.
Melissa si alzò dal suo morbido lettino e preso a galoppare per la camera.
-Per favore, non galoppare così- rimproverò la Mamma –Ad una simpatica Vecchietta che abita sotto di noi e non piace che tu la prenda a calci.
Melissa smise di saltare e il rossore acceso sulle sue guance divenne se più scuro. Guardando la Mamma con sorpresa, le chiese:- È lì, sotto di noi?-
-Di sotto- cercò di spiegare la Mamma.
-Piano inferiore? Sotto il pavimento?-
-Beh, sì- rispose la Mamma, già indifferente, non sapendo la sorpresa della bimba.
-E da quanto tempo vive lì?- Melissa continuò a chiederle.
-Lei abita sotto da quando ci siamo trasferiti in questo appartamento.-
-Mamma- Melissa si preoccupò -ma l’appartamento non è stato venduto senza la Vecchietta? Perché avete deciso di trasferirvi qui, insomma?-
-Non lo so- rispose la Mamma pensierosa -Ma perché questa nostra vicina ti dà fastidio? Dovresti solo stare più zitta.-
Detto così, la Mamma andò a preparare la colazione.
Rimasta sola, Melissa mise il suo orecchio verde sul pavimento, ma non udì nulla.
Poi cercò di vedere qualcosa negli spazi tra le assi del pavimento. Ma erano così stretti che era impossibile vedere qualcosa di chiaro.
-Mamma- Melissa corse in cucina – ma non si fa male la Vecchietta, quando noi camminiamo sul pavimento?-
-No. Perché dovrebbe soffrire?- la Mamma non capiva.
Melissa tornò nella camera dei bambini e riguardò intensamente il pavimento.
“Chissà come sia situata qui la Vecchietta? Dev’essere davvero minuscola?”, rifletté la bambina.
“Chissà se lì ha il letto, l’armadio, la scrivania e che cosa lei sta facendo adesso? E se in questo momento fosse preoccupata perché è incastrata in una crepa del pavimento e non riesce a liberarsi?”.
-La Vecchietta, incastrata nel pavimento, deve essere liberata immediatamente!- si ordinò la piccola.
Trovò una forcina di metallo nel suo portagioie e cominciò ad allargare il buco tra le assi di legno. Ben presto si formò un piccolo buco.
-Lavate le mani e venite alla colazione!- la Mamma chiamava tutti.
Melissa si sporse sotto il buco, sussurrando -Ora mangerò e nel frattempo tu scappa via.-
Durante la colazione, la fatina verde sorrise misteriosamente e le sue guance si illuminarono.
Si sentì una eroina, perché liberava la Vecchietta, non più bloccata nel pavimento!
Non vi racconterò di come la Mamma scoprì il piccolo buco tra le assi e di come Melissa le raccontò come aveva salvato la Vecchietta.
Lasciamo che questa storia si concluda con la buona azione della piccola fatina e la sua convinzione di aver effettivamente salvato la Vecchietta in miniatura che era rimasta incastrata del pavimento.

 

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16ar25f

16ar25 Pēteris Rivža
La principessa e il figlio del contadino

Una volta, in una piccola ma soleggiata e ricca terra, hanno vissuto una principessa e un figlio di contadino.
La principessa era splendidamente bella e saggissima.
Invece, il figlio del contadino era agile e onestissimo.
La fata di nome Fortuna insieme con il Babbo del Destino avevano, insieme, deciso di rendere entrambi loro felici.
La strega malvagia, invece, aveva deciso di distruggere la loro felicità.
Fece una stregoneria sulla principessa solare e sul figlio del contadino, trasformandoli in due poveri studenti.
In seguito entrambi hanno cominciato a tormentarsi, per colpa di tutti i tipi di mostri che la strega mandava contro entrambi, poverini .
Si sono sostenuti con bravura, superando integrali, equazioni fattoriali, moduli e altre simili malvagità
Nonostante tutti i fastidi, la principessa incontrò il figlio del contadino a una festa studentesca.
Il figlio del contadino fu affezionatissimo alla principessa, e anche lei si sentì felicissima insieme con questo bel giovane, però loro due erano predestinati a non incontrarsi mai più, perché la strega li aveva separati.
Così, loro due hanno vagando per i cespugli della scienza vicini uno all’altro, comunque mai accanto.
Talvolta, egli poteva vedere da distanza la figura snella della principessa ed ella poteva udire, attraverso i cespugli, come cadevano gli alberi sotto i colpi d’ascia del figlio del contadino.
La principessa apparve in un sogno al figlio del contadino, il quale desiderò ardentemente vedere la sua bellezza ,almeno per un istante.
La strega decise di cancellare completamente i sogni solari di ragazzo.
Lei mandò i suoi servi neri dal figlio del contadino, quindi egli divenne sempre più introverso e più cupo, ma non smettendo a mai di sperare di incontrare una volta la principessina.
La strega odiava i giovani che non si lasciavano abbattersi dalle difficoltà ed erano pieni di ottimismo.
Decise di intrappolare la principessa nel modo più terribile: in una scuola post-laurea (questa orribile istituzione per torture fu inventata dal marito della strega, detto il Cervo Rosso, un diavolo, per tormentare il figlio del contadino completamente.
Da quel momento iniziarono i giorni bui per la nostra principessa.
Era costretta a lavorare dalla mattina presto fino alla notte tarda.
Quante volte ha setacciato il sacco dei fatti diversi per trovare le perle della verità.
Doveva combattere contro i fantasmi che assumevano la forma di equazioni di correlazione e di regressione, monogrammi e classificazioni.
La strega ordinò al figlio del contadino di insegnare ai figli del suo Diavolo, ma il ragazzo sopravvisse, comunque.
Allora lei lo mandò da suo marito, il Diavolo Cervo Rosso, per far uccidere il ragazzo.
Il Diavolo ripensò a lungo su come farlo e trovò la soluzione.
Sollevò il figlio del contadino sopra le nuvole e lo gettò giù, ma il ragazzo sopravvisse perché aveva portato con sé una borsa di nylon che usò come paracadute.
Sentendo ciò, la strega diventò blu per la rabbia e temette terribilmente di perdere il suo potere su entrambi i giovani innamorati.
Sapeva che se il figlio del contadino avesse baciato la principessa, tutta la sua magia sarebbe subito scomparsa.
Una mattina di inizio estate, la principessa corse sulla riva del fiume per aspettare l’alba.
Migliaia di fiori splendevano nel prato lungo il fiume.
Ogni mattina anche il figlio del contadino correva al fiume, lui a nuotare.
La strega trasformò la principessa in una cavalletta.
Dopo aver fatto il bagno, il figlio del contadino stava per tornare a casa, quando senti nell’ erba: “Oh, bellissimo ragazzo, sollevami fino al sole!”
Lui raccolse la cavalletta dall’erba rugiadosa, la posò sul suo palmo ampio, caldo e pieno di vesciche e tese la mano verso il sole nascente.
Così loro, il gran figlio del contadino e la piccola cavalletta, si diedero il benvenuto insieme alla prima alba comune.
Quando spuntò il sole, il figlio del contadino stava per mettere la cavalletta nell’erba, ma questa gridò lamentosamente: “Non mettermi nell’erba rugiadosa, figlio del popolo, ho freddo!”
“Cosa io dovrei fare con te?”
“Metti le tue labbra sulle mie e soffiami un respiro caldo! Baciami! Io sono una principessa, ma la strega mi ha trasformato in una cavalletta. Se mi bacerei, tutto l’incantesimo scomparirà.”
Lui, dopo aver riflettuto per un attimo, baciò la cavalletta, finché lei si trasformò in una simpaticissima principessa.
Egli rimase lì come pietrificato.
Ben presto vennero celebrate le nozze.
Gli antichi dei pagani lettoni più particolari, la Madre della Fortuna e il Babbo del Destino, furono invitati come ospiti d’onore.
Si gridarono tanti auguri di felicità: “Amore, amore!”
Anch’io mangiai, bevvi, mi scorrevano le bevande sulle labbra, ma non entrava dentro niente.
Si diceva che lei e lui vissero per sempre felici.

 

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15ar25f

15ar25f Baiba Rivža
La vita è oggi

Ogni vita e ogni giorno della vita valgono la pena di essere vissuti.
Ho scritto, con l’aiuto della mia amica letterata Rasma Urtāne, la monografia biografica, intitolata “Baiba”.
Mia mamma Vilma durante tutta la vita ha scritto diari.
Ho ereditato questa abitudine da lei.
Le radici della mia famiglia sono note fin dai tempi in cui Juris Grasbergs, il mio trisnonno, nacque nel 1797 nella parrocchia di Sēlpils.
Nella famiglia di questi proprietari terrieri, i Grasbergi, si è sposata una povera serva, la mia bisnonna Anna, che come una guaritrice popolana ha aiutato a nascere circa 300 bambini.
Sua figlia, anche lei si chiamava Anna, la mia bisnonna, incontrò un zatteriere Jēkabs Smeķis e lo sposò, contrariamente al divieto dei suoi genitori.
In occasione della Seconda Guerra Mondiale, dopo l’occupazione della Lettonia nel 1940 lei sfuggì dalla deportazione grazie ad essere stata avvertita dai vicini, tutte le basi materiali andarono perdute.
Mia mamma è fuggita a Ventspils con il mio unico fratello, maggiore di me Ainis, in braccio .
Queste avventure furono predette da una zingara, che raccontò alla piccola Vilma il suo futuro. Vilma allora non sapeva nulla.
–Il tuo marito ritornerà dalla guerra alla mattinata. Sarai felice, ma non con il tuo marito, ti innamorerai dopo di un uomo più giovane, avrai con lui una figlia (cioè, io, Baiba).
La zingara raccontò tutta la vita di mia mamma, come Vilma scoprirà più tardi.
Lei, insieme a mio padre Arvīds, il previsto dalla zingara, costruì una casa familiare a Jelgava.
Io, da piccolina, portavo le pietre nel mio grembiule per aiutare a costruirla.
Sono nata a Ventspils, ma Jelgava è la città della mia vita, con la mia Alma mater -l’Università della Lettonia di Bioscienze e Tecnologie- dove ho vissuto come studentessa e poi professoressa, così come con le mie attività nel club “Zonta” di Jelgava e con la partecipazione a tante altre attività sociali.
Sono una sincera abitante dì Jelgava.
Mi piaceva arrampicarmi sul tetto e, sognando di volare come fanno gli uccelli, saltare giù.
I vicini lo dicevano alla mia mamma, la quale, per punirmi, un giorno mi ordinò di estirpare due solchi di fragole.
Sono sempre stata una scolara eccellente.
“L’economia è la stessa matematica, solo più pratica”, la mamma ripeteva e papà aggiunse: “Quando si va all’università, ogni ragazza ha due compiti: laurearsi è trovare un buon marito”.
Nel 1975 mio marito Pēteris Rivža ed io, Baiba Gūtmane, ci siamo scambiato gli anelli matrimoniali mentre eravamo due giovani docenti.
Abbiamo scritto le nostre tesi di dottorato contemporaneamente e, a turno, abbiamo fatto da babysitter alle nostre due figliolette.
Sono orgogliosa di miei 28 dottorati.
Anche entrambe le nostre figlie sono dottoresse in economia.
Una delle qualità di cui uno scienziato ha bisogno è la capacità di lavorare in gruppo.
Pēteris si distingue per la profondità di pensiero, quindi ogni sua parola ha un peso importante.
Mi ammira per la mia energia.
La vita accademica e scientifica è simile alla vita familiare: l’equilibrio nasce dalla dall’interazione del femminile e del maschile.
Riguardo al mio orario di lavoro di ministra presso il Ministero dell’Istruzione e della Scienza, scrivo nel mio diario: “Dopo il ministro Greiškalns, che ha lasciato le bandiere sui pennoni delle scuole, io ho, per la prima volta, aumentato gli investimenti in denaro per la scienza, con i soldi provenienti dai fondi europei per le borse di dottorato”.
Ai miei tempi ero anche la deputata del Saeima, cioè, del Parlamento di Lettonia.
Da diversi anni Pēteris si diverte, trasformando il Babbo Natale con un sacco di regali.
Appena ha bussato con un bastone alla nostra veranda, le figlie, i generi, i nipoti buttano, invece, da parte i loro cellulari e si preparano con l’ansia toccante a recitare poesie.
La missione più particolare delle “Zontas”, invece, è la nostra lotta contro la violenza.
Penso che abbiamo gestito un’eccellente campagna con le bambole gonfiabili di paglia nel centro di Jelgava, con il significativo: “La bambola non si fa male, ma la donna si.”
I grafologi Ingrīda Punka ed Arvīds Plaudis hanno incluso e analizzato la mia calligrafia.
Secondo loro, nella mia calligrafia tutte le lettere sono arrotondate, non ci sono linee nette che indichino un litigio; significa che preferisco convincere le persone, non forzarle; infine, concludono con: “Baiba Rivža non fa niente d’altro che vivere per la società”.
Per realizzarli i nostri scopi non è necessario creare uno scenario scrupoloso.
Basta sfruttare le opportunità.
Nel dubbio dobbiamo fare un passo avanti.
Se qualsiasi relazione deve rimanere segreta, allora non dovremmo farla.
Anche se la vita non è legata con un bel nastro, è pur sempre un dono.

 

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14ar25f

14ar25f Liga Sarah Lapinska
I tempi terreni, i tempi cosmici

Evelyn diede un’occhiata pigra al calendario.
Sua mamma, Lilya, le chiese al telefono quale fosse la fase lunare attuale.
Durante la luna piena, desiderava andare dal parrucchiere.
Il papà di Evelyn, Mikhail, divorziato dalla madre di Evelyn, manteneva il rapporto regolare sia con la sua unica figlia che con la sua ex moglie, Lilya.
Disse ad Evelina che vuole fare una passeggiata.
L’unico figlio maschio di Mikhail, un giovane atletico di nome Nathan, alla fine del 2023, quando, dopo il culmine della festività di Simhat Torah il 7 ottobre, dei terroristi della Striscia di Gaza attaccarono gli ebrei e iniziarono ad ucciderli, riuscì ad andare in Israele e ad arruolarsi nell’esercito, diventando un israeliano.
Evelyn non aveva un boyfriend.
L’unico ragazzo che avesse mai amato Max, caduto dalla sua motocicletta, morì sulle Alpi.
Evelyn non cercava nessun’ altro.
Dopo il lavoro non guardava i fotoromanzi di TV, ma preferiva i documentari sui pianeti del sistema Solare.
Chiamò il papà e rispose “fuori zona, assente”.
Lei non poteva correre subito al suo appartamento a causa del suo orario.
Chiamò il suo fratellastro, Nathan e gli disse che egli avrebbe dovuto affrettarsi per una visita, al massimo 90 giornate, in Lettonia.
Nathan, si stava riprendendo da una ferita di guerra e si annoiava, così fu felice che la sua sorellastra avesse bisogno di lui.
Le promise di raggiungerla dopo sette giorni.
Lei incontra Armands, con il quale Mikhail era solito discutere sull’apocalisse impossibile, mentre il Sole è nella sua mezza età, ma le risorse idriche sulla Madre Terra sono sufficienti, se eruttano i vulcani risvegliati.
Armands racconta che Mikhail andò sulla Daugava per vedere l’arcobaleno e non è più tornato.
– Ti mostrerò, dove abbiamo trascorso alcune sere, – Armands invitò.
La incontravano un vecchio dalla barba candida.
– Non ha visto il mio amico Mikhail qui ieri? – Armands chiese – Ha barba nera.
Il Mendicante mostro i mucchi di pesci che l’arcobaleno impazzito aveva rubato ieri dalle acque calme per gettarli dappertutto.
Continuavano a gorgogliare.
-L’arcobaleno non è un segno di pace dopo le alluvioni.
Questi pesci sono stati rubati dall’arcobaleno in acque diverse e gettati qui a morire.
La natura è crudele finché umani non la addomesticano con le loro centrali idroelettriche, i loro reattori nucleari e i loro programmi alimentari.
Sono un Angelo. Se vuoi trovare Mikhail, affrettati verso mio padre il Sole, al suo Palazzo Dorato, dove lui e il suo figliastro Giove bevono nettare e idromele prima della caccia per i coccodrilli.
Gli Angeli o rispondono a tutte le domande o restano silenziosi come i partigiani.
A proposito, un giorno su Giove dista 12 anni terrestri.
– Devo aspettare mio fratellastro , che verrà tra una settimana.
– Io non andrò , – protestò Armands.
Nathan arrivò a Riga con un volo economico di Ryanai, abbracciò la sorella e le chiese di andare da Angelo subito.
L’Angelo ci aspettava, impaziente.
– Siete in orario! Altrimenti, il Sole, di notte si dirigerebbe verso un altro dei suoi figliastri, Nettuno. Un giorno su questo pianeta azzurro dura 165 anni. Per voi che non avete assaggiato il nettare dell’immortalità, potrebbe rivelarsi fatale. Non ho pure io completato l’intero corso. Quindi vivrò per altri 248 anni circa, ovvero quanto un giorno su Plutone, su cui vive il tuo Max.
Il sentiero conduce al Castello Dorato attraverso una foresta oscura, dove i fulmini brillano .Un boscaiolo li accompagna al Castello.
Qui c’era molto oro, più si quanto ce ne sia in Messico o in Alaska.
I cronisti registravano tutto.
Uno dei cronisti è Mikhail.
Mikhail aveva già iniziato un percorso di immortalità con iniezioni e nettare degli dei.
Sulla via del ritorno, lungo una strada meno pericolosa, per i tre viaggiatori trascorse il tempo appena dodici anni terrestri.
Nathan dopo andò in Polonia e divenne uno specialista militare. I piccoli stati del confine Orientale resistettero, perché non abbandonarono il blocco di NATO.
Gli Stati Uniti furono divisi in piccoli pezzi, come una pizza di mais.
Evelyn perse il suo lavoro, essendo in ritardo, quindi suo papà fu costretto a procurarsi un nuovo passaporto.
All’ultimo mercatino del popolo acquista un permesso di lavoro in cambio dei suoi panni dorati, regalati da Sole e iniziò a lavorare presso l’Archivio di Stato.
Sposò seconda volta la Lilya.
Evelyn andò negli Stati Uniti ancora esistenti, dove divenne, nonostante la sua pessima dizione americana, una commentatrice sportiva.
Incontrò un automobilista brasiliano, David, quindi non fu più tentata di viaggiare su Plutone. Chiameranno il loro figlio di Max.
Povero Angelo ha bevuto una volta l’alcol di pessima qualità e morì già di settanta anni.
Dicono le fiabe, tutto è prevedibile, invece la vita sulla Terra rende più colorata come ogni arcobaleno e più forti come ogni erba verde.

 

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12ar25f

12ar25f Dagnija Jankovska
Tre storie del campo di Salaspils

Appena arrivata a Kuldīga, notai uno mio zio, magrissimo e nervoso.
Aveva sempre una tesa larga in testa, sia in estate sia in inverno.
Questo uomo, chiamato Tesalarga, durante la Seconda Guerra Mondiale era prigioniero nel campo di Salaspils.
Non era questo campo un campo di lavoro obbligotorio, ma proprio di sterminio.
Nel campo fu costretto ad indossare sempre la scritta “Ladro”, appesa al collo.
In tedesco.
È stato variamente umiliato dalle guardie.
Quando è stato detenuto, il suo numero di serie gli venne bruciato in mano con un ferro ardente, come per gli schiavi.
Armands, un mio vecchio amico, conosceva bene questo uomo.
Le cicatrici sul corpo guariscono con il tempo, ma le ferite dell’anima e il senso di umiliazione – raramente.
Forse Fiancatina ha rubato qualche pezzo di pane o un portafoglio, chissà?!

***
Nora Gailāne, detta la signora Nora, mi ha raccontato un’altra storia su due testimoni oculari degli eventi vicino al campo di Salaspils.
Un’insegnante ebrea, la signora Nora, non sapeva il suo nome e cognome, era poliglotta.
Fu imprigionata nel campo di Salaspils.
Dato che parlava molte lingue, compreso tedesco, le fu ordinato di tradurre le testimonianze degli interrogati polacchi, russi, bielorussi e lettoni dai funzionari del campo.
Tuttavia, la traduzione non era l’unico suo compito.
Lei e un altro detenuto hanno dovuto guidare verso la stazione una carrozzina a mano, quando venivano portata la gente da vari paesi, più spesso ebrei.
I pianificatori del genocidio, temendo le rivolte, hanno consigliato loro di raccogliere i propri oggetti di valore, metterli tutti nelle valigie ed affrettarsi a raggiungere la Lettonia come verso una Terra Promessa.
I bambini piccoli, le loro madri, i loro padri, le nonne, i nonni, poveri ingannati.
Una volta, loro due hanno accompagnato un piccolo gruppo dalla stazione attraverso la foresta verso il campo.
L’insegnante e il suo compagno furono testimoni oculari di come un piccolo ragazzino, uno di questi pellegrini all’inferno, vedendo le fragoline selvatiche rosse, gridò “Voglio le fragole!”, ma sua nonna disse “Aspetta! Ci sistemeremo con tutta la calma qui, lì vicino, e poi raccogliamo le bacche “.
“Dai, sbrigati, presto avrai tutte le bacche!”, gridò sgarbatamente un uomo armato al ragazzino.
Uno di quelli che sapevano già che invece delle bacche gli sarebbero arrivati proiettili.
A tutti i nuovi arrivati, compresi il bambino e sua nonna, fu ordinato di spogliarsi e di mettere ordinatamente i loro panni in una pila vicino al fosso.
Poi tutti, appena arrivati, s’alzarono, nudi e diritti.
Furono tutti fucilati e spinti in diverse pose nel fosso.
Bambini piccoli, giovani fiorenti e pieni di speranza, anziani stanchi nella loro via dolorosa. L’insegnante e il suo compagno dovevano ammucchiare su un carro i panni e gli altri averi delle vittime, portando tutto al campo di Salaspils per i tedeschi, che poi divisero tra loro questo bottino. Chi ottenne l’oro, chi l’argento, chi ha ricevuto reliquie familiari delle vittime, chi ottenne i loro abiti più lussuosi.
Il compagno del suo lavoro non è giunto alla fine della guerra, ma l’insegnante, successivamente, ha spesso ripetuto di essere stata salvata grazie al suo talento poliglotta.

***
I prigionieri di Salaspils lavoravano in una cava, in una fornace di calce e in torbiera.
Contava che il campo di sterminio fosse destinato a, dapprima, “elementi asociali” e criminali, ma in esso morirono sia bambini piccoli dalla Bielorussia, che prigionieri di guerra dell’esercito sovietico.
Gli editorialisti lettoni Pēteris Ēteris, pseudonimo Žanis Ezītis e Kārlis Sausnītis erano tra i detenuti nel campo.
A volte, accade di soffrire per l’umorismo sarcastico.
Loro sono sopravvissuti.
Anche la gioia di vivere li ha aiutato.
Adesso all’ex campo di Salaspils governa l’odore fresco e amaro dei pini.
Salaspils è situata a 15 kilometri da Riga.
Non distante, nei boschi di Rumbula, tantissime vittime morirono anonimi.
Inutilmente le Società Ebraiche di Lettonia e gli altri entusiasti cercano di identificare le loro tombe anonime.
Nel gennaio 1945 a Salaspils fu aperto un campo di prigionia per i soldati dell’esercito tedesco. Una commissione speciale ha indagato sulle loro attività durante la guerra.
Loro hanno lavorato nella ricostruzione della strada in direzione Riga – Daugavpils preso la costruzione dell’aeroporto di Rumbula.
Il campo fu chiuso nel 1946 e i suoi ultimi prigionieri rilasciati.
Il totalitarismo ha sempre la stessa faccia.
Tutte le vittime meritano almeno dei fiori, così come i vivi.
Nelle guerre e nelle epoche di repressione, una sola vita perde valore, purtroppo.
Il metronomo installato nel complesso commemorativo del Salaspils come un cuore enorme, conta i momenti della nostra vita e del nostro Tempo comune.

 

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11ar25f

11ar25f Astra Dauvarte
UNA STORIA DELLA FORMICA DILIGENTE

LA FORMICA arrivò al lavoro ogni mattina prima degli altri, diligente e allegra.
L’azienda funzionava, successivamente, però, il direttore generale dell’azienda IL BOMBO decise che LA FORMICA non poteva lavorare da sola, quindi fu creata la posizione di supervisore per la quale fu assunto lo SCARABEO.
Il suo compito era organizzare il lavoro della FORMICA.
Lo SCARABEO le ordinava di scrivere ogni giorno i resoconti sul lavoro svolto.
Ben presto ci fu bisogno anche di una segretaria che aiutasse lo SCARABEO a leggere e registrare i resoconti delle FORMICA.
E hanno assunto un RAGNO per classificare i documenti e rispondere alle telefonate.
Intanto LA FORMICA ha lavorato, lavorato, lavorato.
IL BOMBO si sentiva soddisfatto dei resoconti sullo SCARABEO, quindi ha richiesto ulteriori resoconti, previsioni e calcoli.
Per questo motivo venne assunto anche un assistente, nonché acquistato un computer, una stampante a colori e altre attrezzature per ufficio.
LA FORMICA, fino ad allora felice, iniziò a lamentarsi dei resoconti che doveva presentare sempre in tempo.
Divenne sempre più delusa.
Il direttore generale LO BOMBO capì che occorreva cambiare qualcosa, per questo fu creato un dipartimento completamente nuovo in cui lavorava LA FORMICA .
LA CAVALLETTA divenne il suo leader.
Dapprima, lei ha decorato contemporaneamente il suo personale gabinetto.
Il nuovo capo del dipartimento aveva bisogno di un assistente che lo aiutasse a sviluppare i piani strategici e il bilancio del dipartimento.
La FORMICA non cantava più e diventava adesso facile infastidirla.
Lei, ormai stanca e triste, cominciava ad ammalarsi sempre più spesso.
Il direttore generale, vedendo i resoconti , decide che il dipartimento non guadagna più sufficienti profitti,come prima.
Nominò il GUFO come consulente per raccomandare la soluzione ottimale.
Il GUFO ha vissuto in azienda tre mesi, ha analizzata la situazione e ha concluso nel modo seguente “Il dipartimento è sovraffollato.”
Secondo la raccomandazione di questo specialista, i dipendenti furono licenziati.
LA FORMICA fu la prima della lista, perché si sentiva costantemente insoddisfatta.
LA MORALE È LA SEGUENTE: Non è il caso d’essere una FORMICA felice e laboriosa.
È meglio essere un dipendente incompetente ed inutile.
Non hanno bisogno di supervisori.
In nessun caso dovresti mostrare di sentirti contento e soddisfatto.
Non te lo perdonerò mai.
Ma se tu sei testardo come la FORMICA, allora lavora e cura per te stesso e non trasportare sulla sua schiena bombi, scarafaggi, scarabei, ragni e gufi.

 

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10ar25f

10ar25f Ester Aleksandrovsky
Kaddish per il mio papà

Quando ho visto il mio papà per l’ultima volta, mi disse: “Lo sai, se un maschio non ha un figlio, allora la sua figlia maggiore può leggere il Kaddish”.
Il suo unico figliolo, di due anni, è rimasto per sempre al bosco di Rumbula.
Ecco, il mio Kaddish per te, mio amatissim e indimenticabile papà!
Poco prima della Seconda Guerra Mondiale mio papà, di nome Mendel Max Vulfovich, lavorava come responsabile tecnico, nei tempi sovietici chiamato, in breve, “technoruk”, in una fabbrica di pelletteria .
Doveva evacuare da Rīga insieme a sua moglie Rahil e al suo piccolo figlio Simon.
Però, da poco egli aveva avuto un attacco di colecisti, così la sua famiglia non poteva andarsene in tempo.
Vennero condotti al Grande Ghetto di Riga.
Non rimasero insieme a lungo.
Gli uomini giovani e forti furono mobilitati per lavorare nella vicina torbiera, mentre le donne, gli anziani e i bambini rimasero nel Ghetto fino alla sua liquidazione amministrativa.
Questi eventi erano stati pianificati in anticipo, abituando alcuni a condizioni disumane ed altri alla ottusa indifferenza.
Max, mio padre, rimase seduto, con le lacrime che gli correvano giù dagli occhi, tutta la notte accanto al lettino di suo figlio.
Il bambino si svegliò e gli chiese: – Pape, farvos veinst du? Vein nit, Ich vel sein alle mol a guter ingele, nor vein nit! (Papà, perché tu piangi? Non piangere, e io sarò sempre un bravo ragazzo; non piangere!)
Loro due mai più si rivedranno.
Max sopravvisse a suo figlio Simon di 40 anni e ogni volta che lo rivedeva nel sogno, come lui era durante la sua ultima notte, si svegliava urlando.
Quando mio padre morì, il medico ci disse che, dal punto fisiologico, quest’uomo non aveva avuto cuore da molto tempo.
Il suo cuore ardeva sia per la perdita del suo figlio, che per il ripetuto pericolo di morte.
Già dalla sua fondazione, nel Ghetto di Riga si era sviluppato un movimento di resistenza e Max ne fu uno dei suoi partecipanti.
Il suo soprannome clandestino era Koh, che significa in yiddish e in tedesco “Cuoco”.
Max e i suoi amici, Isak Adler, Isser Russ, Israel Hajtov e anche un certo V. M., trovarono una cantina segreta sotto una casa al numero 43 di via Ludzas, nel territorio del Ghetto.
Qui, al secondo piano, le cose e le robe personali degli ebrei venivano disinfettati con l’aiuto del gas.
Lavoravano tutti nella sala di smistamento, quindi sapevano dove e quando aprire le finestre per evitare l’avvelenamento da gas.
Decisero di preparare questo seminterrato per la loro fuga dal Ghetto.
Quando tutto fu pronto, Max incontrò V. M. per strada e gli raccontò che i tedeschi avevano trovato questo nascondiglio.
In seguito, mio padre non spiegò mai a mia madre Dora, figlia di David, nome da nubile Levina, perché trattava sempre V. M. con sospetto.
Max si rivolse per chiedere aiuto a un suo vecchio conoscente, di nome Ananiya Seljushkinsky, che. qualche tempo prima. lui aveva salvato dalla deportazione in Siberia.
Questa rispettabile famiglia, i Seljushkinski, abitava quel tempo in via Marijas 21 e accolse Max sotto la propria ala protettrice, nella propria casa, come un cugino (falso) della moglie di Ananiya, Evdokia, che i figli dei Selyushkinski chiamavano zio Kolya.
Così Max visse con loro per sei mesi.
Un bel giorno i tedeschi perquisirono la casa, stavano seriamente cercando qualcuno.
Max si nascose dietro la porta dell’appartamento dei Seljushkinski con una pistola in mano; aveva solo tre cartucce; quest’ultima tenuta per sé.
I tedeschi perquisirono tutti gli appartamenti del quartiere, escluso quello dei Seljushkinski. Passarono oltre senza cercare, però Max capì che non poteva più esporre quella famiglia al pericolo e al rischio.
I Seljushkinski iniziarono a cercare una nuova dimora anche per se stessi, perché in quel periodo i tedeschi avevano iniziato a mobilitare giovani per portarli ai lavori in Germania.
Selyushkinsky incontrò casualmente per strada Isaac Adler, il quale gli chiede se sapesse dove fosse scomparso Max Mendel Wulfovich, perché loro, gli altri compagni del destino di Max, erano di nuovo “sul viale”, dal 1° ottobre 1942, in uno stretto, ma sicuro bunker.
– Tu dirai a Max che lo stiamo aspettando, che avrà sempre il suo posto da noi.
Però, chi era quel traditore, V. M. oltre a un’altra persona dei pochi che erano sufficiente informati?
Vissero insieme in un bunker in via Ludzas 43 fino al 13 ottobre 1944, quando Riga fu liberata e loro furono, tra i pochi ebrei, i primi ad apparire nell’unica sinagoga realmente sopravvissuta a Riga.
Israel Hajtov e Isser Russ hanno avuto la fortuna di ritrovare le loro famiglie, scomparse durante la guerra, mentre Isaac Adler e mio padre hanno fondato nuove famiglie e hanno avuto ancora i figli, come me.
Ogni 13 ottobre loro, sopravvissuti, si incontravano per celebrare insieme quella che si potrebbe chiamare la loro rinascita.

 

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09ar25f

09ar25f Viesturs Āboliņš
Di Donald Trump e suoi sostenitori
Riflessioni, scritte durante la sua prima presidenza

La mia carissima sorella, che vive da tanto tempo in Occidente, mi ha espresso la sua gioia per i risultati delle elezioni statunitensi.
Grazie a suoi conoscenti, lei sa che in Russia ci sono migliaia di persone che bevono champagne in onore del nuovo presidente statunitense.
Comunque considera Trump come l’unica speranza per l’America, convinta che l’Europa riceva informazioni distorte a causa di traduzioni imprecise delle dichiarazioni di Trump e anche per commenti di giornalisti che non sono mai stati in America.
Pertanto, la mia idea di Trump come di un leader stancamente aggressivo, brutale e pericoloso è infondata.
Un mio vecchio amico, ex ufficiale della milizia sovietica e oggi piccolo agricoltore lettone, si sente soddisfattissimo della scelta degli americani.
Sottolinea la capacità di Trump di esprimere i suoi pensieri in modo chiaro.
Rimane un po’ turbato dalla mia osservazione secondo cui le chiare dichiarazioni di Trump risultano incomprensibili agli analisti professionisti.
Il rappresentante privilegiato dell’intelligenza lettone, l’artista Juris Dimiters nella sua intervista con un giornale lettone nazionale “Latvijas Avīze” (” Il giornale di Lettonia) dice: “Sono orgoglioso di Trump. Lui è il mio uomo. Un proprietario, una persona self made. Credo che prenderà qualche bottiglia di vodka, andrà a Mosca da Putin e, finalmente, tutta questa terribile rissa finirà”.
Il tema delle recenti elezioni del Presidente degli Stati Uniti mi ha portato a divergenze con le persone che mi circondano.
Perché Trump è “straordinario” per alcuni, mentre invece, per gli altri, è addirittura “pericoloso”?
Cosa si aspettavano e cosa hanno già ottenuto coloro che lo amavano?
Nel flusso delle recensioni di Trump, due notizie mi hanno colpito particolarmente.
In primo luogo, la deputata della Verkhovna Rada (la Rada Alta) dell’Ucraina, Nadezhda Savchenko, si è rivolta a Donald Trump chiedendogli di “mantenere e persino rafforzare le sanzioni contro la Federazione Russa, perché questo Paese comprende solo la forza e la determinazione che voi non avete”.
In secondo luogo, il bolscevico – nazionale russo Eduard Limonov ha subito riconosciuto in Trump un’anima affine: «I cuori di molti giornalisti russi sono solidali con la bugiarda, malvagia sorridente, Hillary Clinton. Trump per loro è un teppista, un estremista, come i nazionali americani di football».
Più opposti apprezzano Trump proprio per la sua manifestazione di sua audace determinazione.
Trump si è guadagnato la fama mondiale per aver umiliato di fronte all’intero mondo l’autorità dell’élite dominante, che si definisce una minoranza progressista.
La logica è: le persone intelligenti ma difficili da comprendere non dovrebbero avere troppo potere, ossia è meglio che il potere sia nelle mani di persone decise, così che una persona media normale riconoscerebbe facilmente nel leader il Padrone principale (Zar, Segretario Generale, Comandante Fuhrer, Duce , ecc.).
Ovvio che Trump non ha né inventato, né creato tutto questo.
Vi ricordo che la precedente situazione rivoluzionaria mondiale fu descritta in modo chiaro da Vladimir Ilyich Lenin nel 1913, quando le classi inferiori non volevano più vivere come prima, invece le classi superiori non riuscivano più vivere come prima.
Da dove e perché, all’improvviso, Trump ha così tanti sostenitori?
Immagineremo la società mondiale come un’aula scolastica, in cui si tiene una lezione su qualcosa complicato da capire (ad esempio, matematica, un corso di economia o di nozioni politiche).
In seguito, la nostra classe scolastica si divide in tre parti: i posti davanti occupati da coloro che decidono di proseguire gli studi dopo la scuola e di avere successo nel campo prescelto, i disadattati della scuola che non volevano caricarsi di pesi e, quindi, sono sistemati nei sedili posteriori, e infine, al centro, si trovano tutti gli altri bravi ragazzi.
Tre parti rappresentano tre diversi circoli di comunicazione.
Quelli nella parte anteriore sono motivati ad acquisire conoscenze, quelli nella parte posteriore fanno rumore per il proprio piacere, ma quelli nel mezzo si divertono, secondo la situazione.
L’effetto più pericoloso è l’irresponsabilità della maggioranza nei confronti del governo scelto durante la crisi rivoluzionaria.
Ecco perché la gente perbene di ogni tempo e di ogni cultura così ferocemente conda i critici dei Leader autoritari e non vogliono sapere nulla di arresti, torture, campi, camere a gas, bombardamenti atomici, uso di armi batteriologiche e chimiche, missili antiaerei e da crociera, capsule di polonio e attacchi informatici: dicono che non c’entrano assolutamente nulla, perché tutto è stato già deciso da un solo, da un maledetto, un Proprietario.

 

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07ar25f

07ar25f Ingrīda Zaķe
Una pipa fatta d’ambra.
Acqua. Tu.

Tuo nonno era, proprio, immerso nel mito.
Là, in questa America lontana.
Ecco perché io non l’ho mai incontrato.
Si dice che lui desiderava compiere grandi imprese, come dovrebbe fare un uomo forte.
Si sputò sulle sue mani e salpò per l’America.
La mia nonna l’ha aspettato.
Come la pioggia di ghiande a novembre, i giorni sono cambiati, e lei ha aspettato così, a lungo.

Infine, quando, nel terzo anno consecutivo, le chiome dei larici si stagliarono, proprio come le barbe dei vecchietti, frusciando nel vento, la nonna smise di aspettare.

Appassita come una dalia dopo la mattinata gelida.
E se n’è andata via… completamente…
Hai terso con mano la pipa di tuo nonno, che egli aveva affidato a tua nonna, perché desiderava che lei la conservasse quando sarebbe già morto.
Questa pipa ha la trasparenza di una goccia di resina, pura e gialla.
È fatta tutta di ambra.
Esposta alla luce del sole, l’ambra brilla e luccica.
Qualche tempo fa l’ambra era liquida.
Si tratta delle resine indurite, ricavate dai pini.
Da bambino credevi che fosse una pipa magica.
Ti è stato raccontato che, se le avessi dato fuoco, l’ambra si sarebbe sciolta e sarebbe tornata alla resina liquida, sarebbe fluita di nuovo al suo pino, lì, sul fondo del mare, dove le acque del fiume Eridano l’avrebbero trasportata fino al delta, in tempi antichi.
Nel delta, la resina si trasformò in ambra, nel corso di milioni degli anni.
Chiunque la fumasse porterebbe con sé la resina nelle profondità.
Forse, per questa ragione la pipa è nuova di zecca, mai usata.
È per la paura di precipitare nel fondo.
Adesso, essa è la tua.
Ti trovi davanti alla vetrina di un grande negozio e i tuoi occhi sono come incollati alla stessa cosa, mille volte leggendo lo stesso: “Stiamo comprando ambra. A prezzo costoso”.
Fai oscillare la pipa tra le tue mani.
La luce brillante del pomeriggio fende il cannello della pipa e disperde il riflesso del fuoco nel vento.
Talvolta sembrano come gli occhi di lupo, a volte come i capelli d’oro, angelici.
Vendere o non vendere?
Se ti giri indietro e torni a casa, sulla porta troverai un uomo in giacca con cravatta, arrotolato nella coscienza del potere come un secchio d’acqua.
Con una motosega in mano e con una maschera da hockey sul volto.
Non entri più in casa.
Non hai più la casa.
Entrando nel negozio, si respira l’aria polverosa degli oggetti d’antiquariato e si rimane sopraffatti dal forte fascino del passato.
Passeggerai tra scricchiolanti orologi a cucù, sedie antiche e sgabelli riccamente decorati. Inciamperai sui grammofoni e sui pouf.
E dovrai rispondere alla domanda: qual è il tuo prezzo?
Quanto costa la vita?
Quanto costano tua moglie e i tuoi figli, quanto costa la tua vita?
Eri intrappolato nel tuo cespuglio di lillà, nella tua cuccia, nel tuo melo storto.
Senza renderti conto che non sono più nemmeno tuoi.
L’altra gente ti ha aperto gli occhi, finché hai capito cosa stava succedendo e hai lottato.
Hai afferrato l’ascia e hai scagliato una pesante pietra al confine, facendo schizzare scintille.
Ogni tuo colpo risuonava in tutte le direzioni.
Ma l’eco tornò sempre indietro con la forza sette volte superiore e ti fece cadere a terra.
Ti aggrappi al telaio della finestra di casa e non lasci che questo uomo, vestito in giacca e cravatta si avvicini a te.
Ma lui sta aspettando lì.
Aspetterà e non se ne andrà più.
Il nonno saprebbe meglio cosa fare.
Devo andare subito da mio nonno.
Dobbiamo attraversare insieme l’oceano.
Sopra il suo fondo.
Su, prendi i fiammiferi e accendi la pipa.
Le fiamme blu e fumose sciolgono gradualmente l’ambra e con essa anche te.
Anche il tuo corpo si scioglie e viene trascinato nel mare insieme alla resina.
L’acqua è fresca e rinfrescante.
La carezza impetuosa del mare ti attira sempre più nell’abisso.
Gradualmente unisci con la materia liquida, le piccole lumache, le luccicanti scaglie dei pesci.
Diventi acqua.
Le tue mani finalmente lasciano andare il telaio della finestra che ti teneva legato alla vita.

 

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Otto Milioni 2025 Cerimonia premiazione

DIPLOMI primi 5 classificati delle 4 sezioni Premio OTTO MILIONI 2025

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Premio internazionale Otto milioni

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