Miramare 24 Luglio 2010

Benvenuti

Locandina Miramare 2010 OK
Progetto culturale “La nostra isola”
Presentazione antologia poetica
“Ischia, un’isola di…”
Il testo dell’intervento con il quale ieri, sabato 24 Luglio, la curatrice dell’opera, la professoressa trentina Roberta Panizza, ha dato inizio alla serata.

Gentili ospiti dell’isola d’Ischia, gentili Signore e signori, amici,
proseguendo nella carrellata dei ringraziamenti che abbiamo iniziato lunedì, quando abbiamo ricordato Domenico per il suo determinante apporto in favore dello sviluppo del progetto culturale “La mia isola” ideato da Bruno Mancini, e proseguita nei giorni seguenti mediante l’omaggio a Katia Massaro, Valerio Binacardi, Gaetano Colella, Umberto Maselli, e Giovanni Monti in rappresentanza degli Alberghi Miramare e Castello e Mareblù che ci ospitano per il secondo anno consecutivo e con il nostro saluto e ringraziamento a tutto lo staff di tele Ischia a partire dal titolare Enrico Buono e poi a Mirna Mancini e Carmen Cuomo, ora il nostro ringraziamento va agli autori, poeti e artisti dell’immagine, che hanno prestato la loro arte e hanno quindi permesso di realizzare questa e la precedenti antologie prodotte nell’ambito del progetto “La mia isola”.
Invitiamo questi ultimi e tutti coloro che desiderano diffondere il prodotto della loro capacità artistica a proseguire o unirsi a noi nel cammino intrapreso.
Un nostro particolare ringraziamento –sempre- va a tutti gli amici del quotidiano “Il Golfo” e del settimanale “Il corriere dell’isola” che seguono con assiduità ogni progetto che proponiamo.
Per chi non era presente alle precedenti serate ricordiamo che il progetto culturale “La mia isola”, motore di questa manifestazione, ha come obiettivo primario la diffusione della poesia, dell’arte e della cultura in generale e si avvale, data la frequente latitanza delle istituzioni che spesso lasciano la cultura in balia di sé stessa e dei propri mezzi, del supporto di sponsor e della loro pubblicità in generale.
Idea forse ardita, ma perseguita con decisione data l’importanza dei finii che ci prefiggiamo.
Un cenno ora alla struttura della serata che, come le altre della manifestazione, è divisa in due parti: nella prima parte si procederà alla lettura delle poesie di alcuni autori inseriti nell’antologia che presentiamo “Ischia, un’isola di…” ed a seguire Antonio Mencarini ci intratterrà con una sua sorpresa. Nella seconda parte, un nuovo illustre rappresentate della cultura e della società aggiungerà al suo saluto di buon auspicio per i nostri progetti, l’invito alla cooperazione da parte di tutte le realtà culturali, turistiche, sociali e perché no, anche politiche operanti sul territorio.
Infine, dopo un altro piacevole stacco musicale, chiuderemo sperando di offrire ancora emozioni mediante i particolari allestimenti con cui Antonio Mencarini presenterà alcune poesie mie e di Bruno Mancini.
Presentazione antologia poetica
“Ischia, un’isola di…” a cura di
Roberta Panizza e di Bruno Mancini
Meeting Hotel Miramare e Castello

24 Luglio 2010 PRIMA PARTE
Nunzia Binetti
è nata e vive in Puglia. Il suo incontro con la poesia è avvenuto assai presto, durante l’infanzia ed è proseguito e prosegue, nonostante si sia dedicata agli studi di Medicina, prima e poi di Lettere.
Si interessa ed è appassionata di critica letteraria.
La poesia della Binetti è una poesia dell’anima, i cui moti, attraverso una metodica e approfondita introspezione, vengono scomposti, analizzati e riproposti in un multistrato ricco di significati come solo chi ha una buona dimestichezza con le potenzialità della poesia può e sa fare, e come ha scritto Italo Zingoni: “Nella poesia di Nunzia è altissimo il valore della parola legata alla quotidianità, al disaccordo troppe volte sperimentato, al vuoto che riempie i tempi dell’essere e del non-essere, alla semplicità della ricerca e della sperimentazione del linguaggio, mai fine a se stesso che muta la normalità di ogni oggetto, di ogni gesto, di ogni sentimento, di ogni emozione fino a farli complemento, soggetto-oggetto di una narrazione dell’ io che diventa, come deve essere in poesia, il tutto che ci circonda, l’universalizzazione del pensiero”.

Anelito

E noi corrispondenze madide, fiori imprecisi
da un solo tubero spiccati
in predisposizioni effrenate
siamo dicotomie di steli
distanze.
Andiamo
assecondando la direzione imposta.
Maldestro un nostro tentativo
di rivolta a ricongiungerci nel punto
di fusione
in ricomposizioni e mutazioni
se alla memoria assorta
di un Dna, conchiuso, elicoidale
fu ascritto per noi tutto
questo destino, un canto
nostra eco in lontananza
-comunemente detta solitudine-
e avvolta tristemente su se stessa
come gomitolo che non si srotola.

Ignota stagione

Pulito è il mio tronco
né fiori, né foglie.
Tovaglie sul prato, e caddero
i frutti allappanti di loto.
Mi attende ora altra stagione
che io non conosco.
Coloro l’azzurro del cielo
di bruno, corteccia indurita.
Resisto ai pennelli di sole
macchiati di giallo
e stillo ogni goccia dell’ultima linfa
da acute beanze
tra rughe scomposte, nascoste.
Ancora mi offro nodosa, mi estendo per rami.
Non sento i miei piedi
radici.

Di maggio

Sale il campo a incontrarmi.
A me viene
in verdi perverse arroganze
e veste primavere.
Assenso di viole mi preme.

Hanno perso già i petali i ciliegi
figli del sole,frutti a breve.
Ha fretta il tempo
di giungere ai telai di mercato.
Ed io corolla tradita
da breve stagione ho sottili sospiri
e gli steli recisi
che posai in trasparenze di vetro
trapassato da lune in barbagli.

Sopra me
questa sera di maggio
gronda elfi di leggenda.
Un po’oltre, il nulla
fiata.

Me clochard

Scorro nella musica del tempo
nota fragile.
Schizzi d’acqua
mare
su strisce di pelle
– in cerchi la corrente chiude -.
Arrotolo pensieri in lacci di scarpe
e stringo nodi.
E’ balsamo il tramonto
sulle punte degli alberi
– unzione ultima -.
Io vado e non mi volto.
Prenderò le distanze da me.
Non ho moneta per comprare il mondo.
E tu, non mi fermare.

Pietro Massaro
“Pietro Massaro è nato nel 1952 ad Ariano Irpino (AV) dove vive e lavora in qualità di capo servizio nell’azienda pubblica di trasporti della provincia di Avellino.
Il Massaro si qualifica poeta autobiografico, verista e realista, un abile rimatore.
Racconta di sé, traccia il diario dell’esistenza, caratterizzata da sogni frustrati, da vocazioni sbagliate, da inquietudine e insofferenza morale.
Volgendosi intorno trova le occasioni del canto nell’osservazione della realtà quotidiana, della vita sociale paesana e nazionale così ricca di vizi e debolezze, ipocrisia e corruzione.
Di fronte a questo spettacolo morale politico e sociale e anche culturale, il poeta avverte un grande disagio e, spinto da disgusto e indignazione, esprime le punture ironiche, graffianti, l’istinto satirico, controllato da lucida ragione, che imbriglia gli scatti irosi…”
Pasquale Martiniello

Casa mia

Sto in questa terra di frontiera
zeppa di caos, fabbriche, lavoro
con i polmoni di progresso e fumi
tra nubi che nascondono il sole.

Scappo dal filare di formiche
che s’affannano in un mare di cemento
api in celle attigue d’alveare
che delle altre ignorano anche il nome.

Alla collina verde me ne torno
lavoro non offre la mia terra
ma è piena di fragranze e fiori
aria pulita, spezie, antichi aromi.

Donano ogni anno il proprio frutto
alberi secolari e sempreverdi
tutti saluto e ognuno mi conosce
vivo di stenti e di calore umano.

Il tarlo

Il pensiero della morte mi tormenta
m’alletta affascinato la sua corte
e stanco degli inganni della vita
m’avvio alla speranza che m’invita.

Pronto oramai per il grande salto
un tarlo la mente mi rosicchia:
“Le insidie dall’altra parte son finite?
M’affranco di sicuro dai tormenti?”

D’allora invano ho atteso una certezza
per porre fine a tutte le mie ambasce
e… il dubbio ancora
non sono riuscito a sciogliere.

Chi sei?

Chi sei?
L’albero è spoglio
ingiallite le sue foglie
cadute secche
il vento spazza via
e poi raccoglie

come lui ti senti
nudo impotente
e sempre con quel vuoto
che hai dentro.
Le tue stagioni
passano veloci
insieme alle attese
le illusioni

sei solo…
un inutile ingranaggio
ti senti nullità
e trovi Dio!

Desiderio

Vorrei
con la nascita dei fiori
in un giorno azzurro
denso di colori
tornare essenza
goccia di profumo
che all’aria
svanisce come fumo

essere apparso
arcobaleno
e poi disciolto
al sole in un baleno
senza rimpianti
mentre tutto tace
andarmene là
dove troverò la pace

Sacha Savastano
nasce a Napoli nel 1984, e si trasferisce a Ischia fin dell’adolescenza.
Pur trovandosi catapultato in una realtà del tutto diversa, riesce quasi subito a tradurre le sue molte passioni artistiche e sociali in iniziative concrete, specialmente inerenti l’aggregazione giovanile (privilegiando l’allora neonato medium di Internet), figurando tra i fondatori di quell’embrionale agorà telematica che fu Ischianet.org, tra i primi esempi in Campania di Community Online.
Riesce anche ad assecondare la sua passione per la musica, divenendo apprezzato cantante di diversi gruppi rock locali di buon successo.
Al momento della scelta del corso di studio, è stato naturale dare seguito all’amore verso il comunicare iscrivendosi al corso di laurea in “Scienze della Comunicazione” a Napoli, che completerà a breve. Nel frattempo, ha intrapreso la carriera giornalistica scrivendo per alcune free press locali e curando la rubrica culturale di alcuni siti Internet di divulgazione scientifica.
Ovviamente, l’approccio alla Poesia dell’Autore non poteva non risentire di interessi tanto variegati.
Savastano si muove controcorrente nel grande fiume della poesia contemporanea che il più delle volte vede i propri versi farsi voce unicamente per idilliache espressioni sentimentali o lamento straziato di cuori romanticamente infranti.
Anche quando si fa sognante, questo autore mantiene il senso pieno della realtà dell’esistere e del soffrire e ci fa partecipe di toccanti pur se implacabili stati interiori noti certo a molti e che poco hanno a che vedere col languido e quasi compiaciuto male d’amore.
Sacha Savastano è un autore che lascerà tracce evidenti di innovazione e di spregiudicatezza.

Prigioniero

E chiamami prigioniero del mio male,
dolce, ineffabile, infinito terrore,
tienimi stretto in una morsa esiziale:
non scapperò, non fuggirò dal dolore.
E urlami invincibile la condanna infinita
dileggiami, mangiami, ridi sguaiato.
Dal profondo del labirinto della vita
il vagito solenne di un uomo mai nato.
E guardami bruciare nel tuo inferno incoerente
consumami, prendimi, godine ancora.
E provo mille morti ad ogni istante
il pianto ridente di un’incolore aurora.
E ricordami dunque, essenza dell’oblio,
sparuto, triste, di me stesso prigioniero.
Non tenermi serrato nella stretta dell’addio
e sarò sempre e solo un sogno in bianco e nero.

Sognante

E’ il mio sguardo che cerchi, tra mille e altri cento
Sognante.
Incantata.
Vicina.
Il mio terrore intuisci, spirito di vento.
Trionfante.
Appagata.
Regina.
Tra miraggi e illusioni ti chiamo, ti cerco
Illuso.
Arginato.
Lontano.
Dall’abisso di maschere zuppe di sterco.
Perdente.
Frustrato.
Insano.
Non capisci che è il nulla che credi di vedere?
Infinita.
Invincibile.
Speranza.
La tua luce è troppa, cosa credi di capire?
Accanita.
Adorabile.
Eleganza.
E lascia che pianga, che urli, che bestemmi.
Morente.
Sconfitto.
Annientato.
Che il tuo volto insegua in mille e cento donne.
Ridente.
Distrutto.
Abbandonato.
Perché se tu sei il Sole, la Vita, il futuro.
Semplice.
Amorevole.
Terrificante.
In me avrai solo il ricordo di un sogno.
Infelice.
Terribile.
Sognante.

Mirrors are mores fun than television

Tornai ennesima volta allo specchio.
(Divertente…).
Riflesso di sogno e tormento.
Lo specchio.
Si agitano mostri sacrileghi e bestie dannate
(… la carne degli angeli…),
oltre la cortina di stelle lontane.
Mirror.
Gioco perverso di un dio tascabile,
(… l’approssimazione…),
assurdo dipinto di un pittore cieco.
Lo specchio.
Mi guarda dal mondo al contrario: lacerando,
(… nostra forma più vera.)
sconvolge percezioni, deflagra tempo e buchi neri.
Mirror.
E’ più divertente (Chi siamo?) della vita reale.
(NON GUARDARMI.)

E sputo

Aspetto.
Nudo modello sulla tela del mondo.

Attendo.
Un cadere di stelle e l’orrore profondo.

Ammiro.
Risate eterne di pochi istanti.

Respiro.
Disgustoso vomitare di tanti altri pianti.

E sputo.
Incerto viaggiatore di luoghi inospitali.

Mi perdo
Le maschere, la gente, come candidi pitali.

Non vedi?
Assassino feroce di sogni insensati.

Non senti?
La puzza di morto, i vermi saziati.

Aspetto.
Feto morente di aborti tardivi.

Ti attendo.
Dalla putrida luce dei tuoi occhi fuggivi.

ROBERTA PANIZZA

PER SEMPRE MIO

Scolpisce amore
la pietra dei ricordi.
Al tuo volto anela
smarrito sentimento.

Ti incontrerò
nella piega del tuo tempo
dove immobili cuori
dilatano secondi.

Berrò il tuo viso
nel luccichio
di lacrime senza dolore.

E sarai mio.

Nel brevissimo per sempre
dove l’ora scioglie
i quando e i come.

BRUNO MANCINI

DAVANTI AL TEMPO

Vanire in dolcezza di forma,
sospesa apparenza,
nel gorgo di volute fughe
è l’ultimo ponte.

E tutto si genera nuovo
sparso tra fossili addii.

Poi l’ombra assorbe.
“Ora che odi
lo schiudersi del labbro
stimoli palpiti inganni”.

Acuminata nullità
passione senza pensiero.

ALBERTO LIGUORO

ANNI ‘20

Noi due, due vite fra le tante
che un fiume veloce porta in una valle,
mentre noi vinti dalla corrente
siamo preda di questa corsa folle.

Fermiamoci a guardare lontano
e all’orizzonte noi vedremo il mare,
io prenderò fra le mie la tua mano
e lente, silenziose, dolci, passeran le ore.

Se tu ascoltassi ora udresti il canto
di uccelli variopinti intorno a noi,
mentre la notte e delle stelle il manto
fanno sembrare ancor più belli gli occhi tuoi.

Ed ora, nel silenzio della notte tutto tace,
ti stringo, tesoro, forte al mio cuore;
nel nostro segreto mondo c’è tanta pace,
questo, o incanto, è il nostro vero amore.

SECONDA PARTE

ROBERTA PANIZZA

PER SEMPRE

In soliloquio d’orbite
ci cattura il nostro sole
e vaghiamo
nella profonda quiete del noi.

Altri pianeti percorrono
il grande cielo mascherato d’eterno
e silenzioso
ma noi disconosciamo il tempo
intrecciando nel rotondo danzare
le nostre aritmiche melodie.

Pulviscoli di solitudine
-orfani di proprie gravità-
ci superano accanto bisbigliando
le loro scandalose profezie.

PROFEZIE

Lo dice l’aria
se porta venti dal calore greve
scivolati da un futuro umido di gelo
sulle braci forti di ieri
se pesante nebbia agli occhi cade
e non ti vedo.

Lontananza
è un sentimento di invalicabili perché
-orogenesi tra noi-
che svuota di universi il cuore.

BRUNO MANCINI

Nel buio, donna.

Stregone e mago
come nei giochi di me bambino
-di notte-
preparo ampolle
-con i ricordi-
di fogli strani
-abbandonati-.

Nel sole, donna:
sul filo un colpo
di telefono,
sul libro un velo
di colori,
al cuore un laccio.

Le bambole sul letto
le foto alle pareti
i ciondoli
non temono distacchi.

Nel buio, donna:
sul labbro un colpo
di rossetto,
sul corpo un velo
opaco,
ai piedi un laccio.

Le bambole sul letto
le foto alle pareti
i ciondoli
non vedono distacchi.

Uno scrigno per te,
profumo intenso di malizia.

Come l’acqua

L’ultima rivista in voga
patinata
impazza i consensi
ai deserti colli delle modelle
in mostra.

La mia vamp scatena uno schianto
appariscente.

I cani barboni randagi
meticci
sguazzano musi annusanti
tra frasche e frattaglie
nei prati.

La mia fata maliarda mi segue
condiscendente.

Una fonte zampilla in rivoli lenti
limpidi
nel fresco profumo di mare
e pertiche e rocce
sui miei sensi.

La mia maga è avvolta in torrida estate
interamente.

Tu mostri ed appari
come il tempo dei sogni.
Tu scruti ed annusi
come ingenua preda.
Tu scorri e rimani
come l’acqua e la vita

PREMIO POESIA PED- IL GOLFO

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Nuovo amico del progetto culturale “La mia isola” ideato da Bruno Mancini

 


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Bruno Mancini

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