L’AMORE, PER ESSERE

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L’AMORE, PER ESSERE

La sagra del peccato

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Ischia 1957 – 2003
Poesie

La sagra del peccato

PARTE PRIMA

LA MIA PRIMA POESIA
LAMENTO PLEBEO
ALBORE
AMICO
PIU FINE CHE AMORE
GARANZA ROSA
PER ELENA
NESSUNO HA INFRANTO
CONOSCO UNA STORIA
NELLA FORESTA
NEL BUIO DONNA
QUALCOSA
LA MIA ULTIMA POESIA

PARTE SECONDA

SUL PALCO SI INIZIA
LEI BRUNA SEDEVA
SE NON HAI SCRITTO MAI
LE MUMMIE E LE VESTALI
ANCORA HAI VOGLIA
NEBBIA
LA MASCHERA E IL CAPPELLO
DOMENICHE DI FOLLE
LA CARTA E LA PALLINA
DIO BUROCRAZIA L’ARTISTA
VOLAVA IN VIET NAM
STORDIAMO ANCORA
IL FATTO E LA PASSIONE

PARTE TERZA

MENTRE ANDAVAMO IN PRIMO PIANO
C’E’ UN PATTO
A SALVATORE QUASIMODO
DISSI
SOGGIORNO PER UOMINI STANCHI
LA PENNA PER NASCERE
ADONE STANCO
IO, FORSE LADRO
LE OMBRE, PER VIVERE 1,2,3
MI DANZI INTORNO
CI FOSSE ANCORA

L’AMORE, PER ESSERE

Cantate, cantate
ragazzi del Borgo
sui cordoli
sui giunti
– Fratelli dell’ultima speranza –
sugli alti tralicci
sulle creste dei vulcani
cantate

un nuovo pallore
mi comprime il viso
eietto
fili bianchi
vene varicose
passioni represse
al miele dei suoi peluzzi.

Suonate, suonate
ragazzi dell’Arso
quasi fosse domenica
senza fine e senza sonno
– Fratelli di madri diverse –
nelle serre
che mutano fiori
suonate

un nuovo tremito
mi sconquassa le braccia
distillo liquidi salati
occhi annebbiati
il mio
senso di colpa
contro l’audacia dei suoi capezzoli.

Ballate, ballate
ragazzi del Porto
sulle spolette
di bombe Afgane
– Fratelli di anni di provette –
come serpenti
nei boschi inceneriti
ballate

un nuovo affanno
mi smaneggia il petto
azzanno
lingua profonda
freddezza immensa
il mio orgasmo invadente
tra le sue dita attorcigliate al fungo.

Fuggite, fuggite
dal Borgo, dall’Arso, dal Porto
mosche insaccate
nei carburi
– Fratelli di Ignazio –
dal carnevale
antico, falso e bigotto
fuggite

un nuovo grido
mi scatena l’anima
senza prudenza
“Andiamo”

come rinato nudo e puro
nella sagra del peccato
al fuoco del tuo sguardo
“Andiamo”

oltre i velluti
verso un diario della follia
spingendo insieme gli anni
“Andiamo”

acconcio in gabbia
il polline che resta
d’illimitate perversioni
“Andiamo”

sfiorandoti, per essere
l’uomo che scaglia
la prima pietra
“Andiamo”

stringendoti, per essere
l’uomo che punta
senza paure il dito
“Andiamo”

amandoti, per essere
infine
uomo
“Andiamo”

e punto il dito.

E BRUNO STAPPA IL CHIANTI

Bruno Mancini scrittore

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Bruno Mancini

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