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Liga Sarah Lapinska intervista Jevgenija Sundejeva, una dalle vincitrici del Premio “Otto Milioni – 2023”

Seconda parte

Liga:- La tua famiglia? Anche i tuoi parenti sono artisti? Hai partecipato a molte mostre d’arte?

Jevgenija:- La mia famiglia è il mio rifugio, la mia salvezza in situazioni difficili e il mio orgoglio.

Il nome di mio marito è Oleg, abbiamo festeggiato il 51° anniversario di matrimonio questo luglio; abbiamo due figli, sua figlia Ksenia, che non solo dipinge magnificamente, ma è la solista del gruppo “Tribes of the City” nel quale di solito canta in inglese; il talentuoso Sergey Jaramishian suona la chitarra in questo gruppo e realizza video musicali per il gruppo. 

la specialità di Ksenia è la comunicazione visiva. 

Mio figlio Valery, invece, di professione avvocato, anche lui splendido pianista. Mi fece una indimenticabile sorpresa quando mi regalò un set di accessori per dipingere: dai colori ai tutti gli altri strumenti necessari. 

Così ho ricominciato a dipingere.

Ho subito chiamato la mia amica Nadezhda Kolesnikova, che ho conosciuto nelle lezioni tenute da Lūcija Janovna.

Nadezhda  ha condiviso con me i suoi segreti sulle tecniche, in particolare sull’arte dell’acquerello. 

Mi spinge a continue sperimentazioni e innovazioni.

Ho anche studiato dall’acquarellista Valery Makovsky e ho anche visitato lo studio “Fleur” di Galina Paragiene e le lezioni creative del grande maestro acrilico e meraviglioso insegnante Laimutis Šiurna, che mi ha ispirato a seguire il mio percorso nell’arte.

A novembre 2015, grazie al sostegno di miei parenti e amici, sono riuscita a tenere una mostra personale nella biblioteca intitolata a N. Zadornov, a Riga.

Il centro di integrazione ANKOL (l’Associazione delle società delle culture nazionali), diretta da Vladimir Vasilyevich Davidov e dal grande pianista e compositore armeno, residente in Lettonia, Raffi Ispirovich Kharadzanyan, ha apprezzato i miei dipinti e quando mi stavo preparando per andare in Germania, mi ha invitato a tenere un’altra mostra personale sul loro territorio nella casa ANKOL.

La proprietaria della galleria, la signora Irina, è stata disponibilissima, grazie mille anche a lei!

Mio marito Oleg ed io abbiamo viaggiato molto. 

Per un po’ abbiamo vissuto in Germania, a Berlino, dove lui ha lavorato come caposquadra. Ha le mani d’oro e, a mio parere, sa assolutamente tutto.

La Germania è  meravigliosa, ma noi eravamo un po’ annoiati e siamo stati contenti di tornare alla nostra Jūrmala dai nostri parenti e amici. 

Mio marito ed io abbiamo portato molte foto di viaggio dalla Germania e da tutto il mondo, Grecia, Italia, Creta, Spagna ed altri paesi.  

Tutto sommato, i due anni trascorsi a Berlino sono stati molto produttivi per me.

Ho portato da lì anche molti dipinti finiti e già pronti.

Liga:- Chi ha scelto il tuo bellissimo nome Jevgenija?

Jevgenija:- I miei genitori mi hanno chiamato così in onore della madre di mio padre. 

All’inizio non mi piaceva il nome, e sai perché?

Perché il nome femminile Jevgenia non è abbastanza diverso dal nome maschile Jevgeny.

Preferisco che i nomi femminili e maschili siano ben diversi.

Ma poi ho apprezzato il fatto che le forme spagnola, italiana, francese e inglese del nome Jevgenija suonano affascinanti: Eugenia in italiano e spagnolo, Eugenie in francese insomma, è un nome greco con il significativo “Nata in nobiltà, Perbene”.

A poco a poco mi sono abituata e alla fine mi è piaciuto.

Ma tu chiamami Zhenya, non Jevgenija, come mi chiamano i miei amici.

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Intervista con Jevgenija Sundejeva, una dalle vincitrici del Premio “Otto Milioni – 2023”

Il lavoro creativo

Questa è la prima parte dell’intervista a Jevgenija che ho presentato lo scorso lunedì su questa pagina.

Liga Sarah:  -Quali sono i tuoi più importanti ricordi?

Jevgenija:  -Il mio luogo di nascita è Riga.

Da bambina ero costantemente malata.

Mia madre era direttrice di una scuola serale e nel suo tempo libero prendeva lezioni private di pittura, mentre mio padre si dedicava alla musica. 

Aveva tre diplomi di studi superiori e padroneggiava tre lingue straniere.   

Da bambina e da adolescente amavo ascoltare mio padre suonare il piano, jazz strumentale e Frank Sinatra.

Ero orgogliosissima di lui. 

Sfortunatamente, ci ha lasciati quando avevo solo 17 anni.

Poi, da piccola, sono stata felice nella Casa dei Pionieri di Lūcija Janovna Klein a Riga (nell’Unione Sovietica e in diverse nazioni slave è consuetudine rivolgersi alle persone rispettabili, come gli educatori, con il loro nome e patronimico: ad esempio, il padre della signora Lūcija sì chiamava Jānis, così lei venne chiamata Janovna, quindi, “la figlia di Jānis”).

Noi, i suoi allievi, praticavamo l’arte del ritratto. 

Abbiamo disegnato molto e lavorato all’aperto, come si dice “pittori en plein air”.

Da allora, presto molta attenzione al gioco di luci e alle ombre mentre dipingo. 

Sono entrata all’Università della Lettonia, alla facoltà di filologia, lingua e letteratura inglese, e ho subito iniziato a lavorare, perché dopo la morte di mio padre, io e mia madre vivevamo in povertà. 

Dopo la laurea, ho avuto l’opportunità di trovare lavoro presso la nota “Jaguar” come manager nella filiale in Lettonia. 

È stato un lavoro entusiasmante e mi ha insegnato ad essere persuasiva.   

Durante questo periodo ho avuto modo di vedere il mondo, soprattutto l’Europa, perché le presentazioni delle auto si svolgevano in luoghi pittoreschi dove non mancavano i turisti: Saint-Tropez, Nizza, Cannes e simili luoghi.

Ho dedicato 10 anni della mia vita al settore della vendita di automobili e sono grata al mio destino per questa esperienza. 

Durante questo periodo, ho migliorato la mia capacità di trovare un approccio individuale con tutti. 

Ma poi, sia in Lettonia che nel resto del mondo, si è verificata una crisi nel settore della vendita di automobili. 

Gli acquirenti sceglievano costantemente i modelli più economici e modesti, quindi ho dovuto cercarmi un altro lavoro.

Mentre controllavo gli annunci sui giornali, ho letto l’informazione che il rifugio per animali di Riga “Dzīvnieku draugi” (gli amici degli animali) stava cercando un collaboratore. 

Ho fatto domanda perché ho sempre amato gli animali e li ho salvati da ogni tipo di pericolo e abbiamo sempre avuto gatti o cani in casa. 

Mi piace disegnare i ritratti degli animali, che piacciono molto ai miei clienti, soprattutto le composizioni più dettagliati con i cani.

In questo lavoro ho imparato di nuovo la pazienza e la perseveranza.

La gente mi ha chiamata spesso chiedendo di trovare un’opportunità per accogliere poveri gatti randagi. 

Non è mai troppo tardi per non “cancellare” né noi stessi, né altri.

Sono felice osservando come gli animali, gravemente mutilati, vengono riportati in vita, e rattristata, osservando che solo raramente gli animali malati o mutilati trovano persone per adottarli.

Nel rifugio avevamo un gatto di nome Barsik a cui mancavano la coda e una zampina. 

Per interi 7 anni non c’è stato nessuno che volesse accoglierlo, ma all’improvviso una coppia giovane e simpatica è venuta da me a prendere proprio Barsik, quindi il gatto ha vissuto nella loro famiglia accoglientissima per altri 10 anni.

Quando siamo sulla strada giusta e adempiamo alla nostra chiamata, allora siamo  fortunati.

 

Liga Sarah Lapinska: vi aspetto la prossima settimana.

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Intervista con Jevgenija Sundejeva, una dalle vincitrici del concorso “Otto Milioni – 2023”

Non abbiate paura di sognare ad occhi aperti, perché i sogni hanno la tendenza di materializzarsi

I nostri incontri nella vita non sono casuali, né il primo incontro nel mondo digitale, neanche il primo e i successivi incontri di persona.

Qualche tempo fa mi piaceva leggere e sfogliare i giornali e le riviste in lingua russa pubblicati sia in Lettonia che in Russia, per esempio “Вести” (Notizie) e “7 секретов” (7 segreti).

Ed ecco, in essi ho notato i paesaggi idilliaci, luminosi e soleggiati della pittrice Jevgenija Sundejeva – Itskeviča.

Lei, con la sua famiglia, abita nella città chiamata Jūrmala (prende il nome dalle parole lettoni “Jūra” – “Il mare” e “mala” – “il bordo”,  perché, splendida e verde città allungata proprio come il Cile, è situata verso il Golfo di Riga nel Mar Baltico).

In particolare, ho ricordato il suo paesaggio simbolico “La porta in una fiaba estiva” in cui si vede una porta aperta, di assi di legno, larga, con le stringhe quasi meridionali di epifite e con la presenza indescrivibile del mistero.

Ho ricordato il nome della pittrice, Jevgenija (in italiano – Eugenia), ma ho dimenticato il cognome finché non ho ritrovato il suo stile tipico, luminoso, radioso che riflette e fissa ottimamente sia colori che ombre, su “Facebook” e ho letto che lei e l’ex membro della Saeima di Lettonia (parlamento), che conosco da tanto tempo, Igors Pimenovs, un matematico promotore della cultura russa in Lettonia e uno dei fondatori dell’Associazione LAŠOR, cioè l’Associazione linguistica della scuola di Lettonia in russo, sono stati compagni della stessa classe.

Quando ho proposto a Jevgenia di partecipare al concorso “Otto milioni”, ideato dallo scrittore Bruno Mancini, Jevgenija ha accettato con entusiasmo.

Il suo dipinto “Le memorie italiane”, un paesaggio toscano ovattato e un po’ patinato, è  stato pubblicato in tale raccolta.

La Toscana è un luogo in cui Jevgenija vorrebbe tornare, un luogo che le sembra particolarmente vicino.

In corrispondenza con Jevgenija, ho appreso che Igors Pimenovs è stato suo compagno di classe e amico, Così abbiamo organizzato un incontro a Jūrmala, Bulduri, nel caffè “Zem burām” (in italiano significa “Sotto le vele”), il cui interno è decorato con tanti fiori e dove gli ospiti vengono serviti da simpatici giovanissimi camerieri – apprendisti.

Da lontano noto subito la Jevgenija: una donna non più giovane ma molto bella, fragile, dai capelli scuri, tipo Audrey Hepburn, dall’aspetto esotico.

Nel suo brillante vestito giallo limone, sembrava uscita dai suoi ritratti di persone solitamente sorridenti.

Nelle sue vene scorre sangue di ebrei, polacchi e di altri popoli.

I suoi antenati vennero in Lettonia da diversi paesi, proprio come i miei.

Jevgenija parla fluentemente l’inglese, poiché ha lavorato a Jūrmala come interprete della lingua dei segni in conferenze e in vari altri eventi importanti.

La sua lingua madre è il russo, ma le piace comunicare in lettone, inglese o altre lingue e attualmente lei sta imparando lo spagnolo, ancora come me.

La giornata del nostro incontro è soleggiata.

Continua la prossima settimana con la prima parte dell’intervista.

Liga Sarah Lapinska

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Igor Abramov: I giochi intellettuali d’avanguardia insieme con gli elementi naturali. 2

L’artista russo Igor Abramov è nato il 5 agosto 1962 ad Altai, in Siberia.

Il professore Dott. Azhar Dakhil, Accademia di Belle Arti c/o Università Al Bazar, Iran, così riflette:

«L’artista russo Igor Abramov rappresenta il centro tra l’Oriente e l’Occidente.  

 Pertanto, le sue opere in tutta la loro diversità sono come il luogo per l’interpretazione di un discorso diverso. 

Indubbiamente, un oceano innevato impone in un modo o nell’altro la sua autorità all’artista. 

Tuttavia, in due direzioni diverse.   

La prima costringe l’artista a utilizzare i colori caldi come equivalente oggettivo e compensazione emotiva, la seconda lo spinge a rimanere nel suo sistema di colori freddi, per poi utilizzarli così come li sente e li percepisce.

Igor sembra tornare alla prima direzione, utilizzando colori caldi nella maggior parte delle sue opere. 

Quindi, nelle sue opere predomina i colori  rosso e giallo, anche le sue linee sono nette, riflettendo il calore che l’artista crea per trasmettere un’ messaggio efficace alla sua società.

Come sappiamo, la Russia è diventata una delle culle dell’espressionismo realista dopo il crollo dell’Unione Sovietica, e i suoi artisti sono ancora immersi in questo campo di battaglia estetico che un tempo mobilitava l’ideologia socialista, ma questo artista si è notevolmente discostato dal percorso del realismo.  

Come artista riconosciuto a livello internazionale, Kandinsky deviò dall’ampia strada del realismo ideologico quando restrinse il suo percorso personale per sottomettersi a un sistema estetico ideologizzato o stereotipato e per dirigere la sua creatività al di fuori di questo contesto.

Si è avvicinato al lavoro espressionista astratto che gli artisti americani hanno creato dopo la seconda guerra mondiale, dal 1939 al 1945, e il suo padrino più famoso è l’artista di fama mondiale Jackson Pollock, con il lavoro tecnico e la scala delle differenze tra le opere di Pollock e Igor.»

Come ai maestri del Rinascimento italiano, anche a Igor piace la forma del tondo.

Come il re delle installazioni, Andrew Warhola, artista pop di vari generi, Igor gioca e gioca con le ripetizioni.

Penso che la presenza della pop art e del surrealismo nelle opere di Igor non farà altro che aumentare, così come la psicologia musicale e la capacità di dimostrare che i processi di movimento ed evoluzione delle cellule, degli occhi, delle onde binaurali cerebrali e della natura sono indissolubilmente legati.

Il primario espressionismo tedesco, ispirato dai Bruegel, padre e figlio, che già all’inizio era socialmente toccante, non gli è così vicino come l’estetica americana, dove tutti dobbiamo pensarci due volte, con gli occhi di un bambino e con gli occhi di un adulto.

Igor non caricatura nulla.

I suoi volti misteriosi, perfino tragici, espressivi come il norvegese Edgar Munch, con occhi enormi come nelle icone, emergono con una domanda dall’allegro carnevale di colori e trame.

Ha già ottenuto successi nei concorsi internazionali d’arte “In blu” e “Crochiano The Ancient Frescennum” organizzati dalla galleria Mega Art in Italia.

Le sue composizioni più patetiche di colori, ondulazioni e radiazioni, ricordano le canzoni del suo gruppo musicale preferito “Pink Floyd”, anche con forti cori; nella pittura – l’importanza dello sfondo e l’unità con il primo piano.

“I Queen” dalla Gran Bretagna, il compositore Vladimir Kuzmin dalla Russia, il viaggiatore Wolfgang Amadeus Mozart da Salisburgo e il quartetto, dopo il trio, un tempo ultra popolare in Unione Sovietica, ma più tardi il trio “Ricchi e Poveri”, la musica preferita di Igor, sembra incarnarsi nella sua arte e la rende ancora più diversa e più a colori.

Liga Sarah Lapinska

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Igor Abramov: Come il re delle installazioni, Andrew Warhola, artista pop di vari generi, Igor gioca e gioca con le ripetizioni.

L’artista russo Igor Abramov è nato il 5 agosto 1962 ad Altai, in Siberia.

Il professore Dott. Azhar Dakhil, Accademia di Belle Arti c/o Università Al Bazar, Iran, così riflette:

«L’artista russo Igor Abramov rappresenta il centro tra l’Oriente e l’Occidente.  

 Pertanto, le sue opere in tutta la loro diversità sono come il luogo per l’interpretazione di un discorso diverso. 

Indubbiamente, un oceano innevato impone in un modo o nell’altro la sua autorità all’artista. 

Tuttavia, in due direzioni diverse.   

La prima costringe l’artista a utilizzare i colori caldi come equivalente oggettivo e compensazione emotiva, la seconda lo spinge a rimanere nel suo sistema di colori freddi, per poi utilizzarli così come li sente e li percepisce.

Igor sembra tornare alla prima direzione, utilizzando colori caldi nella maggior parte delle sue opere. 

Quindi, nelle sue opere predomina i colori  rosso e giallo, anche le sue linee sono nette, riflettendo il calore che l’artista crea per trasmettere un’ messaggio efficace alla sua società.

Come sappiamo, la Russia è diventata una delle culle dell’espressionismo realista dopo il crollo dell’Unione Sovietica, e i suoi artisti sono ancora immersi in questo campo di battaglia estetico che un tempo mobilitava l’ideologia socialista, ma questo artista si è notevolmente discostato dal percorso del realismo.  

Come artista riconosciuto a livello internazionale, Kandinsky deviò dall’ampia strada del realismo ideologico quando restrinse il suo percorso personale per sottomettersi a un sistema estetico ideologizzato o stereotipato e per dirigere la sua creatività al di fuori di questo contesto.

Si è avvicinato al lavoro espressionista astratto che gli artisti americani hanno creato dopo la seconda guerra mondiale, dal 1939 al 1945, e il suo padrino più famoso è l’artista di fama mondiale Jackson Pollock, con il lavoro tecnico e la scala delle differenze tra le opere di Pollock e Igor.»

Come ai maestri del Rinascimento italiano, anche a Igor piace la forma del tondo.

Come il re delle installazioni, Andrew Warhola, artista pop di vari generi, Igor gioca e gioca con le ripetizioni.

Penso che la presenza della pop art e del surrealismo nelle opere di Igor non farà altro che aumentare, così come la psicologia musicale e la capacità di dimostrare che i processi di movimento ed evoluzione delle cellule, degli occhi, delle onde binaurali cerebrali e della natura sono indissolubilmente legati.

Il primario espressionismo tedesco, ispirato dai Bruegel, padre e figlio, che già all’inizio era socialmente toccante, non gli è così vicino come l’estetica americana, dove tutti dobbiamo pensarci due volte, con gli occhi di un bambino e con gli occhi di un adulto.

Igor non caricatura nulla.

I suoi volti misteriosi, perfino tragici, espressivi come il norvegese Edgar Munch, con occhi enormi come nelle icone, emergono con una domanda dall’allegro carnevale di colori e trame.

Ha già ottenuto successi nei concorsi internazionali d’arte “In blu” e “Crochiano The Ancient Frescennum” organizzati dalla galleria Mega Art in Italia.

Le sue composizioni più patetiche di colori, ondulazioni e radiazioni, ricordano le canzoni del suo gruppo musicale preferito “Pink Floyd”, anche con forti cori; nella pittura – l’importanza dello sfondo e l’unità con il primo piano.

“I Queen” dalla Gran Bretagna, il compositore Vladimir Kuzmin dalla Russia, il viaggiatore Wolfgang Amadeus Mozart da Salisburgo e il quartetto, dopo il trio, un tempo ultra popolare in Unione Sovietica, ma più tardi il trio “Ricchi e Poveri”, la musica preferita di Igor, sembra incarnarsi nella sua arte e la rende ancora più diversa e più a colori.

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Direttore Gaetano Di Meglio

Pagina a cura di Bruno Mancini

Capo Redattrice Angela Maria Tiberi

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LUCIANO SOMMA | I MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO 24

Nel salotto TOLINO di via Amato di Montecassino, nato nella metà degli anni 70, meglio denominato come GLI AMICI DELLA DOMENICA s’incontravano tutte le Domeniche mattine giornalisti, scrittori, pittori, cantanti, numerosi poeti con all’attivo pubblicazioni e comunque personaggi di chiara fama.

Io fui presentato da RINO VITTOZZI, ottimo poeta e bravissimo dicitore, e fui entusiasticamente accolto.

Del resto nel 1976 avevo vinto il Primo premio di poesia EDUARDO NICOLARDI con la poesia DIMANE titolo che utilizzai per la raccolta di poesie uscita in due edizioni, la prima nel 1977 in 1200 copie numerate e la seconda nel 1978 con la stessa tiratura, con le edizioni degli Artisti di Ciro Riemma anche lui poeta.

Tra i critici mi piace ricordare il Prof. Pasquale Pironti, il Dott. Mario Balzano e la Professoressa Ada Sibilio Murolo sempre presenti e sempre disponibili a scrivere sulle varie tematiche proposte nelle pubblicazioni.

Tornando a RINO VITTOZZI, col quale feci molte trasmissioni radiofoniche e diversi viaggi culturali, lesse alcune mie poesie nei convegni, una in particolare dal titolo PAURA fu ripetuta più volte a Massalubrense con richieste continue di bis.

Menzionare tutti i poeti che frequentavano GLI AMICI DELLA DOMENICA è assolutamente impossibile in un solo articolo, dunque ne citerò qualcuno riservandomi negli articoli successivi di parlare un po’ di tutti, almeno quelli più assidui.

Tra questi un bel ricordo di VINCENZO GIANDOMENICO col quale facemmo poi ad Ischia, dove anche lui aveva casa tutto l’anno, alcune trasmissioni nella rubrica DIAMOCI DEL TU NEL CUORE DELLA NOTTE di Beppe Banfi di RADIO ISCHIA.

Insieme a ROSETTA FIDORA RUIZ con la quale facemmo dei programmi radiofonici anche su varie radio napoletane, ed alcuni viaggi come a Caserta e a Procida col marito Ing. Vittorio Fidora.

Altri poeti: l’Avv. ALFREDO DE LUCIA- il Dott. GENNARO NOVI – GIISUEPPE CANGIANO -VINCENZO FASCIGLIONE – TINA FAELLA – IOLANDA NARCISO – MARIA PANTANO -ANTONIO DEL DEO – RAFFAELE DE NOVELLIS.

Un cenno a parte merita LELLO LUPOLI che tra l’altro conduceva una seguitissima rubrica a RADIO ANTENNA CAPRI dove spesso fui ospite.

Un poeta prevalentemente umoristico e simpaticissimo barzellettiere.

Tanti argomenti trattati che SALVATORE TOLINO seguiva con grande attenzione mentre la moglie Regina offriva in decine di tazze un ottimo ed incomparabile caffè.

Peccato che quelle riunioni Domenicali dovettero avere fine per la dipartita di Tolino e successivamente di donna Regina.

Uno dei figli tentò di farlo rivivere ma col tempo dovette demordere, anche perché ad uno ad uno volarono nel regno dei cieli anche tutti i frequentatori più grandi di me di moltissimi anni!

Alla  prossima!

LUCIANO SOMMA

 

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I MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO: FLAVIA STOICA

 

Conobbi la cantante FLAVIA STOICA tramite una radio abruzzese di proprietà dell’amico carissimo ENZO SPRECENERE.

M’innamorai subito della sua voce d’usignolo e la contattai proponendole alcune mie canzoni compatibili col suo genere pop-romantico.

Le piacquero subito moltissimo e preparammo l’album.

Ci conoscemmo da vicino qui a Napoli.

Fu un episodio veramente singolare, infatti Ia sorella di Flavia conobbe un mio amico ed ex cliente di San Giuseppe Vesuviano SERGIO JOVINO al mare, e parlando del più e del meno lei gli confidò che Flavia aveva espresso il desiderio di conoscermi ma economicamente non riusciva ad acquistare il biglietto d’aereo.

Molto generosamente il mio amico le pagò un biglietto di andata e ritorno da Bucarest a Napoli.

Flavia infatti è nata a Targoviste l’11 Novembre 1973.

Così venne a Napoli e con la sorella e mia moglie andammo al ristorante DA GIONA a Miseno. Furono felicissime, stemmo un’intera giornata insieme a girare nelle zone panoramiche di Napoli e nello stesso tempo ci organizzammo per l’album.

Il panorama della mia città fece da splendida cornice alla nostra neonata amicizia e collaborazione.

L’album si intitolò UN GRANDE AMORE NON FINISCE MAI, con musica di Antonio Altieri, conteneva 10 canzoni tutte con miei testi, editata dalla ITALIAN WAY MUSIC di Milano.

Il CD fu inviato a decine di radio di mia conoscenza, con le quali collaboravo, che lo trasmisero, e lo trasmettono ancora, nei loro canali.

I brani vanno ancora in onda in alcune radio e sono molto apprezzati.

L’album è presente un po’ ovunque specie in spotify, per trovarlo basta scrivere il titolo e la cantante e si possono ascoltare le canzoni.

Successivamente registrò un’altra mia canzone UNA PREGHIERA PER IL MONDO con testo mio e musica di Fabio e Luigi Mosello, anche questo brano è stato apprezzatissimo e trasmesso in molte radio, specialmente religiose.

Alcune canzoni sono state presentante nelle TV in Romania.

Una collaborazione molto intensa che probabilmente a breve vedrà un’altra nuova canzone incisa da lei.

Tra le compagne di viaggio anche questa mi è particolarmente cara, tra l’altro ha fatto amicizia con mia moglie Anna e la chiama “Bambolina…”

Spero, se Dio vorrà, d’incontrarla di nuovo per poterla riabbracciare.

LUCIANO SOMMA 

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LUCIANO SOMMA | I MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO

LUCIANO SOMMA | I MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO

Ho conosciuto Peter Ciani nome d’arte di Pietro Cicciari, classe 1934, nato a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) e che da tantissimi anni vive a Sidney in Australia, negli anni 2000 attraverso internet, e da allora è iniziata un’affettuosa collaborazione nello scrivere insieme sia brani per animazione baby dance che molti Napoletani.

Con questo moderno mezzo di comunicazione le distanze si sono avvicinate, l’Australia, così lontana con 21 ore circa di viaggio, sembra stare ad un passo da casa…

Il primo Cd inciso fu DARADA’, autoprodotto, che ebbe moltissimo successo.

Specie  in estate si ascoltavano canzoni del binomio Somma-Ciani cantate dallo stesso Peter.

Nel 2007 venne a Napoli e stemmo qualche giorno insieme.

Ci fu anche uno “storico” incontro con Taddeo Scalici- Mario Maglione e Stefano Artiaco all’hotel San Germano, oggi chiuso, ad Agnano.

GESU’ NASCETTE A NAPULE, con mio testo e musica sua, fu poi cantata da Mario Maglione e successivamente da Mila Siervo.

La mia poesia A TOTO’, vincitrice di primo premio a RADIO NUOVA di Macerata, fu musicata e cantata da PETER C IANI ed inserita in un documentario su TOTO’ come colonna sonora.

Pubblicammo con l’edizione ITALIAN WAY MUSIC di Milano un album con alcune canzoni Napoletane, tra le quali A TOTO’ che fu molto gradito dagli amanti del genere partenopeo.

Ciani ha un suo fan club in Australia, ha vinto in carriera diversi dischi d’oro, quando era in Italia ha frequentato gli studi radio di Via Teulada, con la Voce del Padrone ha vinto il disco d’oro EMI. Come attore ha lavorato in un film, facendo la parte d’un minatore, con Claudia Cardinale e Alberto Sordi.

Una carriera stupenda che lo vede ancora, alla sua età, spesso presente in alcune importanti manifestazioni internazionali.

E’ sicuramente tra  i miei compagni di viaggio più significativi.

Alcuni suoi collaboratori: Carla Rugger – Nino Bellinvia – Euro Mangelli – Melo Freni -Taddeo Scalici R. Patelli – G. Massano – G. Gagliano – G. Santamaria – Nat Zanardo – Pete Ross P. Bosi – Jack Aranda – Joe Halford.

Riconoscimenti alla Sua Carriera: due Dischi d’oro – EMI Australiana.

Pergamena da Radio Vaticana – Anno 2010.

Medaglia di zecca – dalla Camera del Senato Italiano -10 Dicembre 2010

Trofeo Leone d’oro di Venezia – indetto dalla fondazione Mario del Monaco.

Tutto il repertorio di Peter Ciani è disponibile online – www.peterciani.com-Itunes & affiliated.

UCIANO SOMMA

LUCIANO SOMMA | I MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO Peter Ciani

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Direttore Gaetano Di Meglio

Pagina a cura di Bruno Mancini

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Così o come

Un racconto di Bruno Mancini

inserito nel volume “Per Aurora volume terzo”

Ultima puntata

Parte terza

CAPITOLO PRIMO

Il nostro DNA assolutamente identico aveva richiamato nell’elaboratore, senza distinzione, le mie e le sue azioni!

Ecco la ragione della nostra chiamata simultanea.

Lo stesso fatto era stato assegnato sia a me sia a Lui, quindi, noi due, avevamo subito il carico del logorio non solo nostro proprio, cioè io della mia e lui della sua vita, ma io della mia più la sua e lui della sua più la mia.

Concorrendo quindi, essendo gemelli, ad esaurire entrambi nello stesso momento!

Eccitato e sollevato, non persi di vista Aurora neppure un istante, intanto che lei, la mia Amica immensa, nella riconfermata autorità di una «Signora», ancora più potente, ordinava di effettuare innumerevoli verifiche, controlli, prove e contro prove.

Fino a quando, accertato l’errore, la vidi giudicare i responsabili, licenziare, degradare, defenestrare.

Infatti, “L’efficiente tecnologia trasportata di là da nostre opportunistiche appendiciecc. ecc.” le cui caratteristiche operative mi era capitato di leggere nella schermata, quando quasi meccanicamente avevo attivato il clic sulla freccetta (non lampeggiante e non splendente) indicante “Continua”, affidata alla decrepita fossilizzata burocrazia onnipresente, “così o come” da sempre avviene a seguito di questo innaturale connubio, aveva elaborato, essa l’efficiente tecnica

spersonalizzata, decisioni certo indiscriminate, ma purtroppo prive della luce di una intelligente, umana, morale e sofferta, responsabile valutazione.

Basta così.

Gli insensibili mezze maniche avevano combinate “cose dell’altro mondo”.

20240805 DILA APS – IL DISPARI

CAPITOLO SECONDO

Miei cari amici, certamente avrete apprezzato il grande sforzo di chiarezza e perseverante puntigliosità che ho sfacciatamente articolato nella stesura di questo racconto.

“Lui diceva…”, “Lei faceva…”, “Loro pensavano…”, C’era scritto che…”, “Voglio dire…”, “Cioè…”, in una ininterrotta rilettura esplicativa… ma non è detta l’ultima parola, finché non è scritto l’ultimo rigo.

Se state cercando la sorpresa come quando rovistate nelle Balle di Pezze Americane ammassate su un banco di Resina, questa volta avete sbagliato indirizzo.

Ora, infatti, vi racconterò cosa accadde allorché la Signora, esaurito l’arduo compito di ristrutturare il fatiscente apparato burocratico, volle graziosamente dedicare a me la sua attenzione.

Nel catino d’Indianapolis la ferocia dei sorpassi e giustificata dagli stratosferici compensi economici.

Un metro avanti, può valere un miliardo di cose belle.

Io sapevo di non aver partecipato alla corsa per me stesso.

Sarei rimasto volentieri a bere birre popolari, nell’attesa dell’incaricato inviato a rendermi meno ostico il trasferimento.

Devo ancora chiarire che Egli, il traghettatore, non era mai giunto al mio indirizzo sempre a causa dello stesso errore.

Per l’uguaglianza tra i nostri DNA, lo avevano inviato alla residenza di Ignazio!

Dall’altra parte dell’Universo.

Dove comunque Ignazio non c’era più.

Ma ciò è irrilevante.

Continuando nel precedente ragionamento, mi pare di aver dimostrato con sufficiente evidenza, che io non avevo agito in preda ad alcuna ambizione personale, bensì solo con l’obiettivo di liberare Ignazio, l’umanizzazione della mia fantasia, dal timore dell’ignoto.

Petrus hic, nel frattempo, non aveva lesinato né birre né sigarette (neppure a se stesso).

Uno smoking bianco mi mostrava la sobria essenzialità dei movimenti che l’uomo dal fiore di ginestra all’occhiello del bavero, rendendo ogni volta più tormentosa la reiterata canzone dedicata al compiacimento dei miei desideri, eseguiva in pieno distacco dalla realtà, abbandonandosi alla musicalità dei suoi ricordi.

“INDIFFERENTEMENTE SI TU M’ACCIRE NUN T’DICO NIENTE”.

Il tratteggio, ordinato e ripetitivo, con cui la donna dalle mani ambrate muoveva le stecche di bambù del ventaglio giapponese procurava piacevole frescura alla mia placida serenità, ma fu troncato dall’avvicinarsi di Aurora, la donna guascona, “così o come” il canto mattutino del gallo, “così o come” la voglia senile di un figlio, “così o come” il dubbio “Io, chi sono?”.

Lei mi prese in disparte e disse:

-«Ignazio ritornerà ai suoi avventurosi accadimenti con la totale revisione del carico di azioni solo a lui imputabili.»

-«Ti ringrazio.»

-«Era semplicemente doveroso, con l’aggiunta delle nostre scuse.

Abbiamo eseguito miliardi e miliardi di controlli e, infine, siamo certi che non sono stati commessi altri errori.

Il tuo prezioso intervento è stato determinante per evitare che venisse azzerata la immacolata credibilità del nostro operato. Per questo, la Corte Suprema che ho l’onore di dirigere, ha deliberato di concederti il titolo e gli onori di: GRANDE SUPER GUIDA DELLE PRATERIE TRA L’ESSERE E IL NULLA.

In più, un contratto mille volte migliorativo rispetto a quanto percepivi con la professione di “Lettore di giornali in pubblico”.

Potrai mettere a punto i particolari con i nuovi, dinamici, giovani, funzionari, già nei prossimi giorni…»

-«Grazie ma non dovevi, non volevo che…»

-«Non io ho deciso.

Si tratta di delibera della Corte Suprema.

Non puoi rifiutare.

Poi, accettando di buon grado la proposta di Petrus, il Consiglio Direttivo ha il piacere di nominarti: CITTADINO ONORARIO CON LE CHIAVI DEL REGNO».

-«Accetto volentieri, per il piacere di potere incontrare ancora voi tutti.»

«Anche il Sindacato Generale vuole partecipare con un attestato di stima, e ti concede due tessere che potrai assegnare a tua completa discrezione.

I beneficiari saranno liberi da qualsiasi altro impegno che non sia la totale dedizione all’adempimento dei tuoi desideri. Per non permettere alla tua generosità di commettere inutili follie, e poiché sono anche un po’ “marpiona”, ho fatto i nomi dell’uomo dal fiore di ginestra e della donna dalle mani ambrate. Ho sbagliato?»

-«Oltre che marpiona, io trovo che tu sia di una sensibilità inaudita. Cosa potrei volere di più?

Ricongiungermi con la mia Anima e il mio Cervello!

Fantastico.

Hai ricostruito la triade della mia esistenza.

Temo solo di non meritare tanto, di non esserne degno.»

-«Di imbecilli ne ho incontrati a reggimenti, persone degne come te, davvero poche.

Quanto a me, nella disponibilità che mi conferisce il ruolo che esercito, io personalmente, la Signora, Donna Guascone, per te amica Aurora, ho decretato di assegnare al tuo DNA: UN BONUS, CIOÈ UN SUPPLEMENTO DI VITALITÀ.

Avrei voluto concedertelo di durata infinita, ma dalla nostra ortodossia intellettuale il termine non è accettato. Né infinito né eterno, così, con una lieve forzatura, da voi si dice una “furbata” l’ho modellato per non farlo esaurire prima che finisca la “Tua Eternità”. Per tutto il tempo che Essa vorrà, indefinitamente.»

-«Significa che…»

-«Hai già capito tutto.

Non aggiungere parole.

Ora, se vuoi, è l’ora di andare.

Infine ho accettato la richiesta unanime di tutto il mio popolo virtuoso di affidare a te questo cimelio.

UNA BACCHETTA DA DIRETTORE D’ORCHESTRA.

Con essa, Arturo Toscanini diresse per la prima volta a New York il 13 aprile 1913 la Nona Sinfonia di Beethoven.

Nel suo resoconto sulla rappresentazione, il “New York Herald” mise il titolo: “Il Signor Toscanini, la Bacchetta Magica della Sinfonia”.

Eccola.

è tua».

Non appena la mia mano destra strinse la sottile asticella, l’ode “Alla gioia” di Schiller si elevò nello splendore di una solenne coralità:

“Gioia, bella scintilla……

Colui al quale è toccata la grande ventura d’essere amico di un amico, colui che ha ottenuto una dolce donna, mescoli alla nostra la sua gioia!”.

Finché strumenti a fiato, piatti, grancassa, giunsero al tripudio popolare traboccante con le voci del coro e dell’orchestra.

L’uomo dal fiore di ginestra, con larghi respiri seguiva il tempo della mia passione.

Non appena la mia mano destra strinse la sottile asticella, il soffitto, nebulizzato, lasciò spazio al cielo stellato della notte di San Lorenzo, lo specchio, in una dissolvenza… svanì Ignazio.

La donna dal bel ventaglio giapponese, entrò sorridente nei miei occhi.

Aurora guardò noi tre piangere abbracciati.

Per giungerci accanto, mosse due passi con il movimento armonico di mia sorella.

Accarezzò le nostre teste con la mano affusolata di mia madre.

Disse: «Vi bacio» con la voce profonda di mio padre e con un commosso sospiro di sollievo bagnò le nostre lacrime con le sue.

E tutti, tranne i malvagi: Giuseppe, l’amante di Giuseppe, la sorella di Giuseppe, il marito avvocato della sorella di Giuseppe, i loro due figli maschi e la unica femmina, il figlio avuto da Giuseppe con l’amante, Luigi, Salvatore, Scisciò, Francesco d’Avellino, Violetta, la moglie del futuro ministro, Cecilia, un graduato dei carabinieri, un segretario di tribunale, il fratello di un consigliere comunale campano di un altro comune, con la moglie il figlio e la figlia, un funzionario di polizia, un parente, due parenti, tre parenti, un ufficiale sanitario, un addetto alle dogane, un proprietario di bar, un non ricordo bene, ah sì, un armatore falso spiluccato dalle alici nel mar baltico, un cane, un cavallaro, trentamila pipistrelli e tutte le stramaledette zanzare dell’isola d’Ischia, “così o come” avviene nelle più belle favole, continuiamo, tutti, a vivere felici e contenti.

 

CAPITOLO FINALE

……la porta era aperta, il telefono squillava come un pazzo, mi affrettai a rispondere.

-«Ahh… ahh… pronto ahh…»

-«Bruno!

Dov’eri?

è tutto il giorno che ti chiamo!»

-«No, niente.

Ero qui.

Dormivo.

Sognavo.»

-«Sognavi? Ma se ti sento affannare!

Confessa, sei stato un’altra volta da quella zoccola, è vero?»

-«No, Amo’ non è vero, sognavo.»

-«Come si chiama… Aurora, se la incontro la uccido.»

-«Lascia stare… …

Ceniamo insieme?

Stasera alle venti?

Da Petrus, alla Nuvola Bianca?»

 

fine

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IL DISPARI 20240722

IL DISPARI 20240722 DILA APS

Così o come

Un racconto di Bruno Mancini

inserito nel volume “Per Aurora volume terzo”

Dodicesima puntata

Parte terza

CAPITOLO PRIMO

Lo sfoglio quotidiano di giornali previsto dalla mia ultima relativa professione, tra tante baggianate e scempiaggini bazzecole e pettegolezzi di rado, ma a volte, mi aveva concesso l’opportunità di aggiungere un tassello alla collezione delle teorie preferite.

IL DISPARI 20240722 DILA APS

Un fedele scudiero dei miei pensieri mi aveva fornito una lancia.

Un’idea che avevo attinta dalla quinta pagina dell’organo di stampa nazionale utilizzato per il mio lavoro durante l’ultimo mese di agosto.

Pareva forgiata apposta!

Da quel concetto ero rimasto particolarmente colpito.

Per la sintesi e per il rigido schematismo, amalgamato ad un probabilismo assolutamente incontrollato, che esso avvalorava come imparziale strumento decisionale.

Un dotto estensore di cui non ricordo il nome, l’aveva espresso scrivendo (ed io avevo recepito il testo come la sfacciata seduzione di un tango argentino nello struggente abbandono di ogni illusione):

“…Ogni azione che compie ogni individuo, fisica mentale o di qualunque altro tipo, trasferita nel super elaboratore della natura, riduce, di una determinata percentuale, il carburante attivo (come nei video giochi) a svantaggio dello stato vitale complessivo.

In proporzione, ciò avviene anche per le parti, una o più di una, oppure infinite, che compongono il presente di chiunque (uomini, animali, vegetali, minerali ecc.).

Quindi il cuore, le ossa, no meglio, la sopravvivenza del cuore, delle ossa, insomma di ogni elemento, ad ogni azione che lo vede coinvolto, restituisce una porzione della vis vitale di sua pertinenza, fino al completo esaurimento.”

IL DISPARI 20240722 DILA APS

Due più due fa quattro.

Quattro più quattro fa otto.

Io volevo capire se un’analoga valutazione era alla base della nostra convocazione.

Ad ogni azione una diminuzione di carburante.

Ciò per ogni individuo identificato comparando il suo esclusivo DNA.

Il mio DNA identico a quello di Ignazio.

Perché coincideva l’anno il mese il giorno e l’ora delle nostre convocazioni?

Perché non supporre la…

Sììììì. Sììììì. è così. Sìììì è cosììììì.

-«Aurora. Auroraaaaaa… aiutami.

Rendi efficienti tutti i sistemi d’informazione, convoca i direttori dei reparti, i responsabili di zona, gli analisti, i tecnici e tutti i grandi burocrati.

FERMA IL TEMPO.

Ne resta poco.

Non può bastarmi.

Blocca i bip.

Fidati.

C’è un grosso sbaglio.»

E lei:-«Una sola volta ho deciso l’interruzione dello sviluppo naturale della evoluzione e, grazie a te, essa risultò provvidenziale.

Ripeterla, potrebbe significare per me l’angoscia di un irrimediabile errore.

è vero, anche i regni più antichi possono finire.

Sappi comunque che la mia decisione di dare credito alla tua sicurezza, ha origine dalla stima che ho per te, più che dal nostro affetto.

FERMATE IL TEMPO.

Per quindici minuti nessuno arrivi e nessuno parta.

Non ci siano bip.

FERMATE IL TEMPO.

Quindi, se non verificherete errori di funzionamento del nostro sistema… allora… allora nominerete un altro responsabile al mio posto.

I milioni d’anni della mia coscienza non accettano di deludere un amico.

A qualunque costo.

FERMATE IL TEMPO.

HO DETTO.»

 

Meno quindici:

 

Tornai sulla schermata che al mio arrivo avevo attivato, quasi meccanicamente, facendo clic sulla freccetta (non lampeggiante e non splendente) indicante “Continua”: e potei rileggere il messaggio allo scopo di controllare se ne risultava specificato il collaterale modello di attuazione: “L’efficiente tecnologia trasportata di là da nostre opportunistiche appendici…  ecc. ecc.”

Altro clic, ancora, altro clic e, proprio come avevo letto in quell’articolo nel mese di agosto, sullo schermo fu indicata la struttura operativa del progetto: “Ogni azione che compie ogni individuo, fisica mentale o di qualunque altro tipo, trasferita nel super elaboratore, riduce di una percentuale il carburante attivo (come nei video giochi) per una sua singola forma vitale; per una o più di una, od anche per tutte insieme.

Cioè il cuore, le ossa, no meglio, la sopravvivenza del cuore, delle ossa.

Insomma ogni elemento a seguito di ogni azione restituisce una parte della sua vis vitale, fino ad esaurimento ecc.”

 

Meno dodici:

-«Compariamo il mio DNA e quello di Ignazio.»

-«Comparazione in atto.

Comparazione eseguita.»

-«Risultato?»

-«Perfettamente identici.»

Aurora si accostò alla mia spalla.

Meno dieci:

-«Confrontiamo, i diagrammi di decremento energetico relativo a tutte le mie funzioni, con gli stessi assegnati ad Ignazio.»

-«Elaborazione in atto.

Diagrammi elaborati.»

-«Risultato?»

-«Le loro funzioni sono assolutamente identiche nello spazio, nel tempo, e nella quantità.»

Aurora, mi respirava nei capelli.

Meno otto:

-«Analizziamo il diario di Aurora.»

-«Impossibile, è segreto.»

Aurora, la Donna Guascona, non permise la mia sconfitta, puntò l’indice contro il Capo Burocrate:

-«Prima, fermando il tempo, ho detto di farlo a qualunque costo.

Eseguite.

Nessun segreto potrà impedirmi di rispettare l’impegno assunto.

Nessuno.

Distruggete il sigillo.

Aprite il mio diario»

Il tesoriere dei segreti, scattò sull’attenti, ed ubbidì impartendo il comando.

Meno sei:

Una voce disse:

-«Diario in rete.

Diario aperto.»

 

Meno quattro:

-«Aurora, ricordi la volta che venni a presentarti “L’Appuntamento” tra l’uomo dal fiore di ginestra e la donna dalle mani ambrate? Che giorno era?»

Meno cinque:

-«Cercatelo. Ditemi la data.»

Meno quattro:

–«Ricerca in corso.

Ricerca ultimata.»

-«Risultato?»

-«Ventiquattro marzo mille novecento novanta due, ore diciotto. Annotazione: ospite Bruno.»

-«Aurora, vuoi chiedere se c’era anche Ignazio?»

-«Controllate.»

Meno tre:

-«Controllo in corso.

Controllo effettuato.»

-«Risultato?»

-«No, non c’era.»

Meno due:

-«è certo?»

-«Confermato. Non c’era.»

-«Aurora hai inteso?

Non c’era Ignazio insieme con noi quando accompagnai da te l’uomo dal fiore di ginestra e la donna dalle mani ambrate che sai considero la mia Anima e il mio Cervello.

Giusto?

Chi potrà spiegarmi perché nel diagramma del suo DNA viene scaricato questo incontro?

Ed anche nel mio?

O lui o io!»

Meno uno:

-«In quanti eravamo, Aurora? Ricorda e decidi, manca un attimo.»

STOP.

Tutto fermo.

Tutti fermi.

Si faccia avanti il responsabile.

SUBITO!!!»

Non furono parole, furono imperativi categorici ed io pensai: «Si salvi chi può, è l’ora del giudizio universale».

Un suono di ciaramelle accompagnò la mia anima deliziosa che ancora prima del verdetto, senza indugio, iniziò a declamare i versi, dedicati un tempo al nostro “Arrivederci”:

… … …

Ed oggi ascoltare

venerdì di piazze

domeniche di folle

e il resto,

tutto rifatto

scotto:

segna nuovo equilibrio

per non staccare stampe

da muri di nuovo imbiancati.

Sedersi su un albero,

presso un’onda chiara, scura,

ai piedi del viale del nostro viaggio, nella poltrona di fronte al fuoco, su un angolo del letto a luci ancora spente,

non oltre,

noto:

lasciamo ad altri

tratteggi di scie di lumache storie di applausi e di avventure scolpite … per Uno.

Ora se vuoi è l’ora di andare.

IL DISPARI 20240722 DILA APS

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DILA

NUSIV

 

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Intervista con Jevgenija Sundejeva, una dalle vincitrici del Premio “Otto Milioni – 2023”

Il lavoro creativo

Questa è la prima parte dell’intervista a Jevgenija che ho presentato lo scorso lunedì su questa pagina.

Liga Sarah:  -Quali sono i tuoi più importanti ricordi?

Jevgenija:  -Il mio luogo di nascita è Riga.

Da bambina ero costantemente malata.

Mia madre era direttrice di una scuola serale e nel suo tempo libero prendeva lezioni private di pittura, mentre mio padre si dedicava alla musica. 

Aveva tre diplomi di studi superiori e padroneggiava tre lingue straniere.   

Da bambina e da adolescente amavo ascoltare mio padre suonare il piano, jazz strumentale e Frank Sinatra.

Ero orgogliosissima di lui. 

Sfortunatamente, ci ha lasciati quando avevo solo 17 anni.

Poi, da piccola, sono stata felice nella Casa dei Pionieri di Lūcija Janovna Klein a Riga (nell’Unione Sovietica e in diverse nazioni slave è consuetudine rivolgersi alle persone rispettabili, come gli educatori, con il loro nome e patronimico: ad esempio, il padre della signora Lūcija sì chiamava Jānis, così lei venne chiamata Janovna, quindi, “la figlia di Jānis”).

Noi, i suoi allievi, praticavamo l’arte del ritratto. 

Abbiamo disegnato molto e lavorato all’aperto, come si dice “pittori en plein air”.

Da allora, presto molta attenzione al gioco di luci e alle ombre mentre dipingo. 

Sono entrata all’Università della Lettonia, alla facoltà di filologia, lingua e letteratura inglese, e ho subito iniziato a lavorare, perché dopo la morte di mio padre, io e mia madre vivevamo in povertà. 

Dopo la laurea, ho avuto l’opportunità di trovare lavoro presso la nota “Jaguar” come manager nella filiale in Lettonia. 

È stato un lavoro entusiasmante e mi ha insegnato ad essere persuasiva.   

Durante questo periodo ho avuto modo di vedere il mondo, soprattutto l’Europa, perché le presentazioni delle auto si svolgevano in luoghi pittoreschi dove non mancavano i turisti: Saint-Tropez, Nizza, Cannes e simili luoghi.

Ho dedicato 10 anni della mia vita al settore della vendita di automobili e sono grata al mio destino per questa esperienza. 

Durante questo periodo, ho migliorato la mia capacità di trovare un approccio individuale con tutti. 

Ma poi, sia in Lettonia che nel resto del mondo, si è verificata una crisi nel settore della vendita di automobili. 

Gli acquirenti sceglievano costantemente i modelli più economici e modesti, quindi ho dovuto cercarmi un altro lavoro.

Mentre controllavo gli annunci sui giornali, ho letto l’informazione che il rifugio per animali di Riga “Dzīvnieku draugi” (gli amici degli animali) stava cercando un collaboratore. 

Ho fatto domanda perché ho sempre amato gli animali e li ho salvati da ogni tipo di pericolo e abbiamo sempre avuto gatti o cani in casa. 

Mi piace disegnare i ritratti degli animali, che piacciono molto ai miei clienti, soprattutto le composizioni più dettagliati con i cani.

In questo lavoro ho imparato di nuovo la pazienza e la perseveranza.

La gente mi ha chiamata spesso chiedendo di trovare un’opportunità per accogliere poveri gatti randagi. 

Non è mai troppo tardi per non “cancellare” né noi stessi, né altri.

Sono felice osservando come gli animali, gravemente mutilati, vengono riportati in vita, e rattristata, osservando che solo raramente gli animali malati o mutilati trovano persone per adottarli.

Nel rifugio avevamo un gatto di nome Barsik a cui mancavano la coda e una zampina. 

Per interi 7 anni non c’è stato nessuno che volesse accoglierlo, ma all’improvviso una coppia giovane e simpatica è venuta da me a prendere proprio Barsik, quindi il gatto ha vissuto nella loro famiglia accoglientissima per altri 10 anni.

Quando siamo sulla strada giusta e adempiamo alla nostra chiamata, allora siamo  fortunati.

 

Liga Sarah Lapinska: vi aspetto la prossima settimana.

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Intervista con Jevgenija Sundejeva, una dalle vincitrici del concorso “Otto Milioni – 2023”

Non abbiate paura di sognare ad occhi aperti, perché i sogni hanno la tendenza di materializzarsi

I nostri incontri nella vita non sono casuali, né il primo incontro nel mondo digitale, neanche il primo e i successivi incontri di persona.

Qualche tempo fa mi piaceva leggere e sfogliare i giornali e le riviste in lingua russa pubblicati sia in Lettonia che in Russia, per esempio “Вести” (Notizie) e “7 секретов” (7 segreti).

Ed ecco, in essi ho notato i paesaggi idilliaci, luminosi e soleggiati della pittrice Jevgenija Sundejeva – Itskeviča.

Lei, con la sua famiglia, abita nella città chiamata Jūrmala (prende il nome dalle parole lettoni “Jūra” – “Il mare” e “mala” – “il bordo”,  perché, splendida e verde città allungata proprio come il Cile, è situata verso il Golfo di Riga nel Mar Baltico).

In particolare, ho ricordato il suo paesaggio simbolico “La porta in una fiaba estiva” in cui si vede una porta aperta, di assi di legno, larga, con le stringhe quasi meridionali di epifite e con la presenza indescrivibile del mistero.

Ho ricordato il nome della pittrice, Jevgenija (in italiano – Eugenia), ma ho dimenticato il cognome finché non ho ritrovato il suo stile tipico, luminoso, radioso che riflette e fissa ottimamente sia colori che ombre, su “Facebook” e ho letto che lei e l’ex membro della Saeima di Lettonia (parlamento), che conosco da tanto tempo, Igors Pimenovs, un matematico promotore della cultura russa in Lettonia e uno dei fondatori dell’Associazione LAŠOR, cioè l’Associazione linguistica della scuola di Lettonia in russo, sono stati compagni della stessa classe.

Quando ho proposto a Jevgenia di partecipare al concorso “Otto milioni”, ideato dallo scrittore Bruno Mancini, Jevgenija ha accettato con entusiasmo.

Il suo dipinto “Le memorie italiane”, un paesaggio toscano ovattato e un po’ patinato, è  stato pubblicato in tale raccolta.

La Toscana è un luogo in cui Jevgenija vorrebbe tornare, un luogo che le sembra particolarmente vicino.

In corrispondenza con Jevgenija, ho appreso che Igors Pimenovs è stato suo compagno di classe e amico, Così abbiamo organizzato un incontro a Jūrmala, Bulduri, nel caffè “Zem burām” (in italiano significa “Sotto le vele”), il cui interno è decorato con tanti fiori e dove gli ospiti vengono serviti da simpatici giovanissimi camerieri – apprendisti.

Da lontano noto subito la Jevgenija: una donna non più giovane ma molto bella, fragile, dai capelli scuri, tipo Audrey Hepburn, dall’aspetto esotico.

Nel suo brillante vestito giallo limone, sembrava uscita dai suoi ritratti di persone solitamente sorridenti.

Nelle sue vene scorre sangue di ebrei, polacchi e di altri popoli.

I suoi antenati vennero in Lettonia da diversi paesi, proprio come i miei.

Jevgenija parla fluentemente l’inglese, poiché ha lavorato a Jūrmala come interprete della lingua dei segni in conferenze e in vari altri eventi importanti.

La sua lingua madre è il russo, ma le piace comunicare in lettone, inglese o altre lingue e attualmente lei sta imparando lo spagnolo, ancora come me.

La giornata del nostro incontro è soleggiata.

Continua la prossima settimana con la prima parte dell’intervista.

Liga Sarah Lapinska

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Igor Abramov: I giochi intellettuali d’avanguardia insieme con gli elementi naturali. 2

L’artista russo Igor Abramov è nato il 5 agosto 1962 ad Altai, in Siberia.

Il professore Dott. Azhar Dakhil, Accademia di Belle Arti c/o Università Al Bazar, Iran, così riflette:

«L’artista russo Igor Abramov rappresenta il centro tra l’Oriente e l’Occidente.  

 Pertanto, le sue opere in tutta la loro diversità sono come il luogo per l’interpretazione di un discorso diverso. 

Indubbiamente, un oceano innevato impone in un modo o nell’altro la sua autorità all’artista. 

Tuttavia, in due direzioni diverse.   

La prima costringe l’artista a utilizzare i colori caldi come equivalente oggettivo e compensazione emotiva, la seconda lo spinge a rimanere nel suo sistema di colori freddi, per poi utilizzarli così come li sente e li percepisce.

Igor sembra tornare alla prima direzione, utilizzando colori caldi nella maggior parte delle sue opere. 

Quindi, nelle sue opere predomina i colori  rosso e giallo, anche le sue linee sono nette, riflettendo il calore che l’artista crea per trasmettere un’ messaggio efficace alla sua società.

Come sappiamo, la Russia è diventata una delle culle dell’espressionismo realista dopo il crollo dell’Unione Sovietica, e i suoi artisti sono ancora immersi in questo campo di battaglia estetico che un tempo mobilitava l’ideologia socialista, ma questo artista si è notevolmente discostato dal percorso del realismo.  

Come artista riconosciuto a livello internazionale, Kandinsky deviò dall’ampia strada del realismo ideologico quando restrinse il suo percorso personale per sottomettersi a un sistema estetico ideologizzato o stereotipato e per dirigere la sua creatività al di fuori di questo contesto.

Si è avvicinato al lavoro espressionista astratto che gli artisti americani hanno creato dopo la seconda guerra mondiale, dal 1939 al 1945, e il suo padrino più famoso è l’artista di fama mondiale Jackson Pollock, con il lavoro tecnico e la scala delle differenze tra le opere di Pollock e Igor.»

Come ai maestri del Rinascimento italiano, anche a Igor piace la forma del tondo.

Come il re delle installazioni, Andrew Warhola, artista pop di vari generi, Igor gioca e gioca con le ripetizioni.

Penso che la presenza della pop art e del surrealismo nelle opere di Igor non farà altro che aumentare, così come la psicologia musicale e la capacità di dimostrare che i processi di movimento ed evoluzione delle cellule, degli occhi, delle onde binaurali cerebrali e della natura sono indissolubilmente legati.

Il primario espressionismo tedesco, ispirato dai Bruegel, padre e figlio, che già all’inizio era socialmente toccante, non gli è così vicino come l’estetica americana, dove tutti dobbiamo pensarci due volte, con gli occhi di un bambino e con gli occhi di un adulto.

Igor non caricatura nulla.

I suoi volti misteriosi, perfino tragici, espressivi come il norvegese Edgar Munch, con occhi enormi come nelle icone, emergono con una domanda dall’allegro carnevale di colori e trame.

Ha già ottenuto successi nei concorsi internazionali d’arte “In blu” e “Crochiano The Ancient Frescennum” organizzati dalla galleria Mega Art in Italia.

Le sue composizioni più patetiche di colori, ondulazioni e radiazioni, ricordano le canzoni del suo gruppo musicale preferito “Pink Floyd”, anche con forti cori; nella pittura – l’importanza dello sfondo e l’unità con il primo piano.

“I Queen” dalla Gran Bretagna, il compositore Vladimir Kuzmin dalla Russia, il viaggiatore Wolfgang Amadeus Mozart da Salisburgo e il quartetto, dopo il trio, un tempo ultra popolare in Unione Sovietica, ma più tardi il trio “Ricchi e Poveri”, la musica preferita di Igor, sembra incarnarsi nella sua arte e la rende ancora più diversa e più a colori.

Liga Sarah Lapinska

20240614 DILA ASP IL DISPARI professionisti

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20240607 DILA ASP

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Igor Abramov: Come il re delle installazioni, Andrew Warhola, artista pop di vari generi, Igor gioca e gioca con le ripetizioni.

L’artista russo Igor Abramov è nato il 5 agosto 1962 ad Altai, in Siberia.

Il professore Dott. Azhar Dakhil, Accademia di Belle Arti c/o Università Al Bazar, Iran, così riflette:

«L’artista russo Igor Abramov rappresenta il centro tra l’Oriente e l’Occidente.  

 Pertanto, le sue opere in tutta la loro diversità sono come il luogo per l’interpretazione di un discorso diverso. 

Indubbiamente, un oceano innevato impone in un modo o nell’altro la sua autorità all’artista. 

Tuttavia, in due direzioni diverse.   

La prima costringe l’artista a utilizzare i colori caldi come equivalente oggettivo e compensazione emotiva, la seconda lo spinge a rimanere nel suo sistema di colori freddi, per poi utilizzarli così come li sente e li percepisce.

Igor sembra tornare alla prima direzione, utilizzando colori caldi nella maggior parte delle sue opere. 

Quindi, nelle sue opere predomina i colori  rosso e giallo, anche le sue linee sono nette, riflettendo il calore che l’artista crea per trasmettere un’ messaggio efficace alla sua società.

Come sappiamo, la Russia è diventata una delle culle dell’espressionismo realista dopo il crollo dell’Unione Sovietica, e i suoi artisti sono ancora immersi in questo campo di battaglia estetico che un tempo mobilitava l’ideologia socialista, ma questo artista si è notevolmente discostato dal percorso del realismo.  

Come artista riconosciuto a livello internazionale, Kandinsky deviò dall’ampia strada del realismo ideologico quando restrinse il suo percorso personale per sottomettersi a un sistema estetico ideologizzato o stereotipato e per dirigere la sua creatività al di fuori di questo contesto.

Si è avvicinato al lavoro espressionista astratto che gli artisti americani hanno creato dopo la seconda guerra mondiale, dal 1939 al 1945, e il suo padrino più famoso è l’artista di fama mondiale Jackson Pollock, con il lavoro tecnico e la scala delle differenze tra le opere di Pollock e Igor.»

Come ai maestri del Rinascimento italiano, anche a Igor piace la forma del tondo.

Come il re delle installazioni, Andrew Warhola, artista pop di vari generi, Igor gioca e gioca con le ripetizioni.

Penso che la presenza della pop art e del surrealismo nelle opere di Igor non farà altro che aumentare, così come la psicologia musicale e la capacità di dimostrare che i processi di movimento ed evoluzione delle cellule, degli occhi, delle onde binaurali cerebrali e della natura sono indissolubilmente legati.

Il primario espressionismo tedesco, ispirato dai Bruegel, padre e figlio, che già all’inizio era socialmente toccante, non gli è così vicino come l’estetica americana, dove tutti dobbiamo pensarci due volte, con gli occhi di un bambino e con gli occhi di un adulto.

Igor non caricatura nulla.

I suoi volti misteriosi, perfino tragici, espressivi come il norvegese Edgar Munch, con occhi enormi come nelle icone, emergono con una domanda dall’allegro carnevale di colori e trame.

Ha già ottenuto successi nei concorsi internazionali d’arte “In blu” e “Crochiano The Ancient Frescennum” organizzati dalla galleria Mega Art in Italia.

Le sue composizioni più patetiche di colori, ondulazioni e radiazioni, ricordano le canzoni del suo gruppo musicale preferito “Pink Floyd”, anche con forti cori; nella pittura – l’importanza dello sfondo e l’unità con il primo piano.

“I Queen” dalla Gran Bretagna, il compositore Vladimir Kuzmin dalla Russia, il viaggiatore Wolfgang Amadeus Mozart da Salisburgo e il quartetto, dopo il trio, un tempo ultra popolare in Unione Sovietica, ma più tardi il trio “Ricchi e Poveri”, la musica preferita di Igor, sembra incarnarsi nella sua arte e la rende ancora più diversa e più a colori.

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Capo Redattrice Angela Maria Tiberi

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I MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO: FLAVIA STOICA

 

Conobbi la cantante FLAVIA STOICA tramite una radio abruzzese di proprietà dell’amico carissimo ENZO SPRECENERE.

M’innamorai subito della sua voce d’usignolo e la contattai proponendole alcune mie canzoni compatibili col suo genere pop-romantico.

Le piacquero subito moltissimo e preparammo l’album.

Ci conoscemmo da vicino qui a Napoli.

Fu un episodio veramente singolare, infatti Ia sorella di Flavia conobbe un mio amico ed ex cliente di San Giuseppe Vesuviano SERGIO JOVINO al mare, e parlando del più e del meno lei gli confidò che Flavia aveva espresso il desiderio di conoscermi ma economicamente non riusciva ad acquistare il biglietto d’aereo.

Molto generosamente il mio amico le pagò un biglietto di andata e ritorno da Bucarest a Napoli.

Flavia infatti è nata a Targoviste l’11 Novembre 1973.

Così venne a Napoli e con la sorella e mia moglie andammo al ristorante DA GIONA a Miseno. Furono felicissime, stemmo un’intera giornata insieme a girare nelle zone panoramiche di Napoli e nello stesso tempo ci organizzammo per l’album.

Il panorama della mia città fece da splendida cornice alla nostra neonata amicizia e collaborazione.

L’album si intitolò UN GRANDE AMORE NON FINISCE MAI, con musica di Antonio Altieri, conteneva 10 canzoni tutte con miei testi, editata dalla ITALIAN WAY MUSIC di Milano.

Il CD fu inviato a decine di radio di mia conoscenza, con le quali collaboravo, che lo trasmisero, e lo trasmettono ancora, nei loro canali.

I brani vanno ancora in onda in alcune radio e sono molto apprezzati.

L’album è presente un po’ ovunque specie in spotify, per trovarlo basta scrivere il titolo e la cantante e si possono ascoltare le canzoni.

Successivamente registrò un’altra mia canzone UNA PREGHIERA PER IL MONDO con testo mio e musica di Fabio e Luigi Mosello, anche questo brano è stato apprezzatissimo e trasmesso in molte radio, specialmente religiose.

Alcune canzoni sono state presentante nelle TV in Romania.

Una collaborazione molto intensa che probabilmente a breve vedrà un’altra nuova canzone incisa da lei.

Tra le compagne di viaggio anche questa mi è particolarmente cara, tra l’altro ha fatto amicizia con mia moglie Anna e la chiama “Bambolina…”

Spero, se Dio vorrà, d’incontrarla di nuovo per poterla riabbracciare.

LUCIANO SOMMA 

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LUCIANO SOMMA | I MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO

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Ho conosciuto Peter Ciani nome d’arte di Pietro Cicciari, classe 1934, nato a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) e che da tantissimi anni vive a Sidney in Australia, negli anni 2000 attraverso internet, e da allora è iniziata un’affettuosa collaborazione nello scrivere insieme sia brani per animazione baby dance che molti Napoletani.

Con questo moderno mezzo di comunicazione le distanze si sono avvicinate, l’Australia, così lontana con 21 ore circa di viaggio, sembra stare ad un passo da casa…

Il primo Cd inciso fu DARADA’, autoprodotto, che ebbe moltissimo successo.

Specie  in estate si ascoltavano canzoni del binomio Somma-Ciani cantate dallo stesso Peter.

Nel 2007 venne a Napoli e stemmo qualche giorno insieme.

Ci fu anche uno “storico” incontro con Taddeo Scalici- Mario Maglione e Stefano Artiaco all’hotel San Germano, oggi chiuso, ad Agnano.

GESU’ NASCETTE A NAPULE, con mio testo e musica sua, fu poi cantata da Mario Maglione e successivamente da Mila Siervo.

La mia poesia A TOTO’, vincitrice di primo premio a RADIO NUOVA di Macerata, fu musicata e cantata da PETER C IANI ed inserita in un documentario su TOTO’ come colonna sonora.

Pubblicammo con l’edizione ITALIAN WAY MUSIC di Milano un album con alcune canzoni Napoletane, tra le quali A TOTO’ che fu molto gradito dagli amanti del genere partenopeo.

Ciani ha un suo fan club in Australia, ha vinto in carriera diversi dischi d’oro, quando era in Italia ha frequentato gli studi radio di Via Teulada, con la Voce del Padrone ha vinto il disco d’oro EMI. Come attore ha lavorato in un film, facendo la parte d’un minatore, con Claudia Cardinale e Alberto Sordi.

Una carriera stupenda che lo vede ancora, alla sua età, spesso presente in alcune importanti manifestazioni internazionali.

E’ sicuramente tra  i miei compagni di viaggio più significativi.

Alcuni suoi collaboratori: Carla Rugger – Nino Bellinvia – Euro Mangelli – Melo Freni -Taddeo Scalici R. Patelli – G. Massano – G. Gagliano – G. Santamaria – Nat Zanardo – Pete Ross P. Bosi – Jack Aranda – Joe Halford.

Riconoscimenti alla Sua Carriera: due Dischi d’oro – EMI Australiana.

Pergamena da Radio Vaticana – Anno 2010.

Medaglia di zecca – dalla Camera del Senato Italiano -10 Dicembre 2010

Trofeo Leone d’oro di Venezia – indetto dalla fondazione Mario del Monaco.

Tutto il repertorio di Peter Ciani è disponibile online – www.peterciani.com-Itunes & affiliated.

UCIANO SOMMA

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