Il Dispari 20200629 La lapide affranta – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20200629 La lapide affranta – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20200629 La lapide affranta 

Il Dispari 20200629 – Redazione culturale DILA

La lapide affranta – Per la serie “Esopo news”

La lapide affranta

Esiste una morale che regola le gerarchie tra le lapidi?

Questa è la domanda che mi sono posto al cospetto della lapide del più importante Comune dell’isola d’Ischia.

Il Comune di Ischia noto in tutto io mondo per le sue bellezze naturalistiche non meno che per i suoi trascorsi storici.

Ricordare gli illustrissimi e innumerevoli personaggi, positivi negativi e neutri, che vi hanno almeno soggiornato per qualche giorno se non governato per lunghi periodi, diventerebbe un improbo lavoro da topo di biblioteca che non ho alcuna intenzione di effettuare, così che mi accontento di dare per scontato che lo sciame dei lettori se ne faccia un personalissimo sommario elenco.

Indubbiamente, alle lapidi poste a memoria e a postuma gratificazione di coloro che hanno immolata la propria vita in azioni di estrema difesa del bene comune (penso ai caduti nelle guerre di liberazione dalle tirannidi) spetta una posizione di privilegio rispetto alle lapide commemorative di episodi di stretto stampo politico (e mi riferisco, ad esempio, a quelle che ricordano la data di qualche avvenimento importante per l’assetto amministrativo nazionale come potrebbe essere la proclamazione della Repubblica).

Se in questa piramidale gerarchia l’ultimo posto è occupato dalle targhe decise dalle commissioni  per l’odonomastica cittadina, non si può non tenere conto dell’esistenza di situazioni intermedie che spopolano sui muri di tutte le località italiane.

Come, ad esempio, i marmi posti nel corso di varie epoche, antiche e moderne, per informare e definire i limiti e le attribuzioni di ciascun borgo.

Insomma un classico biglietto da visita, inchiavardato sulla parte più trafficata ed evidente di ciascuna entità territoriale.

Ischia, la perla del Mediterraneo, l’isola dagli innumerevoli pregi, l’isola dei sogni e delle speranze, Ischia ha la sua carta d’identità nazionale scalpellata in una lapide di marmo scuro posta sul centralissimo Corso Vittoria Colonna.

La lapide della vergogna per l’incuria in cui è tenuta.

Ma Esopo fa notare che la lapide affranta è stata consolata dalla “natura” che si è preso il compito di adornarla con un cespuglio di vegetazione perenne.

Dove l’uomo abbruttisce per egoismo pubblico e privato la sua permanenza sulla terra, la natura attiva i suoi poteri per ribadire la sua supremazia non solo fisicamente totale ma anche moralmente ineccepibile.

COMUNE D’ISCHIA

CAPOLUOGO DI CIRCONDARIO

COLLEGIO ELETTORALE DI POZZUOLI

DISTRETTO DI POZZUOLI

PROVINCIA DI…

Bruno Mancini

Esopo news

Il Dispari 20200629

Editoriale |NICK x TUTTI!

Dico subito che, pubblicando questa intervista graziosamente rilasciata da Nicola Pantalone alla scrittrice, giornalista e Ambasciatrice DILA, Liliana Manetti, parto dal presupposto che non esista un ischitano amante della musica che non abbia avuto modo di ascoltare la sua melodia o non abbia partecipato in qualche maniera alla sua vita artistica.

Però sono anche convinto che non tutti conoscano alcuni “particolari” della sua umanità, ed è su questo che scriverò qualche breve considerazione.

In una foto che pubblichiamo a compendio di questo editoriale, Nicola suona con Mina; in un’altra foto è sul palco con Pippo Baudo e, scavando nel suo archivio fotografico, potremmo riempire diverse pagine di questo giornale con testimonianze di partecipazioni con artisti di chiara fama, non soltanto italiani.

Però Nicola, nonostante il suo blasonato curriculum, ogni volta che è stato sollecitato a rendere magicamente armonico un incontro culturale organizzato senza scopo di lucro, non ha mai messo il naso all’insù fregiandosi dei successi ottenuti per ottenere un qualsiasi beneficio economico o anche solo di immagine.

Nicola ha sempre risposto “Pronto! Dove e quando?”.

L’abbiamo visto nelle piazze in occasioni di feste locali e patronali; come l’abbiamo visto nell’incomparabile scenario del Palazzo Reale o nella suggestiva Villa La Colombaia che fu residenza prediletta di Luchino Visconti; nella Biblioteca comunale Antoniana; sul palco Telethon; per la celebrazione di numerose Shoah; così come per la presentazione di molteplici antologie Made in Ischia pubblicate dall’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA” per i tipi della Casa editrice IL SEXTANTE di Mariapia Ciaghi; e, in particolare, per l’anteprima dell’antologia “Adotta una poesia” contenente le opere finaliste del premio omonimo voluto dalla testata giornalistica IL DISPARI di Gaetano Di Meglio; nei salotti e sulle piscine di alberghi con più stelle di quelle presenti sulle bandiere della Slovenia e della Gagauzia messe insieme; ecc ecc.

Gratis, sempre e solamente gratis.

Nicola ha tanto talento e tanta professionalità e tanta capacità di ammaliare il pubblico fortunato di poterlo ascoltare, quanta è la modestia che lo trattiene dal compiere imprese a lui congeniali pur essendo proibitive per tanti Artisti.

Nicola Pantalone è mio amico da sempre, oltre ogni circostanza e al di sopra di ogni stucchevole compiacimento; Nicola, come ho già scritto, è un talento musicale che potrebbe reinventare “La Marsigliese” o “Stranger in the night”; Nicola non manca un’occasione per “laudarmi” (bontà sua, ed evidente corollario della nostra amicizia) come “grande poeta” e non ho motivo di dubitare che lo creda davvero…  eppure queste tre qualità messe insieme non sono sufficienti per smuovere la sua modestia fino ad indurlo di accontentare il mio desiderio di vedere musicate da lui alcune mie poesie.

L’ha fatto una volta sola e l’incomprensibile è che lui, pur avendo ritenuto positivo il risultato ottenuto, si senta ancora bloccato dalla difficoltà di una nuova simile impresa!

“Il brivido più lungo”, musica e canto di Nicola Pantalone e testo di Bruno Mancini, presentato in anteprima al MUDEC di Milano in occasione di un evento DILA per il Bookcity 2018 e poi nell’aula magna della SIAM, sempre a Milano e sempre per un evento Bookcity del 2019,  lo potrete ascoltare aprendo il link

 

 

Ciò detto (come si usa oggigiorno chiosare quando si vuole introdurre un altro discorso) passiamo a leggere l’intervista rilasciata a Liliana Manetti, per poi concludere l’articolo con qualche breve nota sulla sua attività artistica.

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D: A quale età è iniziata la sua passione per la musica?

-R: Non esiste un’età per stabilire l’inizio della passione per la musica.

è la Musica che ti viene a cercare, perché sa che tu l’hai nel tuo dna da quando sei nato.

-D: All’inizio quale strumento suonava?

-R: Sembrerà strano, ma all’inizio suonavo la sedia.

Ero talmente portato al ritmo che la sedia mi dava l’idea di una batteria.

Quando poi è arrivato il momento di poter acquistare lo strumento, sono diventato un discreto

batterista.

-D: Al principio della sua carriera di quali gruppo ha fatto parte?

-R: Il Complesso iniziale (così si chiamava allora un gruppo musicale) era quello de “I Diavoli” o “The four Devils“ a seconda di come ci volevamo atteggiare cantando canzoni di Peppino di Capri repertorio italiano) o di Paul Anka e Neil Sedaka (American style).

Poi sono venuti “I Bluemoon“ e “I Sailors di Procida“.

-D: Nel corso della sua vita lei ha viaggiato molto a volte anche trasferendosi. 

In quale luogo le è piaciuto di più vivere? E in quale le è piaciuto di più esibirsi?

-R: Sono stato così felice di fare musica, che ogni luogo che ho frequentato, in Italia, Svizzera e Germania, mi ha regalato umanamente la sua dose di successo e di affetto da parte del pubblico.

-D: Nel momento attuale dove vive? Quali sono le sue ultime esperienze musicali?

-R: Vivo, circondato da una bella famiglia, tanti amici, tanta stima e considerazione, in questa meravigliosa isola che è Ischia.

E qui, durante tantissime serate, ho raccontato agli ospiti delle strutture alberghiere dell’isola, con dovizia di particolari di aneddoti e di belle canzoni, la storia della canzone napoletana.

Quella classica, che affascina le generazioni nel tempo.

-D: Ci vuole parlare dei suoi dischi?

-R: Un mio disco, per quanto ne abbia registrati tanti, non è mai stato commercializzato.

Però ho raccolto in un CD molte canzoni scritte da me e l’ho chiamato NOSTOS (dal greco: il ritorno) poiché con quelle canzoni ritorno a momenti, ricordi, affetti e pensieri che riguardano esperienze della mia vita.

-D: Quali sono state le sue collaborazioni che lei ha amato di più?

-R: Tutte! Non c’è stata condivisione che non mi abbia permesso di imparare qualcosa in più e di divertirmi lavorando.

-D: Quali sono i suoi progetti per il futuro?

-R: Più che progetti ho desideri: continuare, per quel poco tempo che mi rimane, e in modo un po’ pigro, a crogiolarmi nel meraviglioso rapporto con i miei cari, sempre disponibile a dare loro una mano se serve, agli amici e a chiunque mi aiuti a crescere, nonostante l’età.

-D: Lei ama molto Ischia?

-R: Amo Ischia, come amo la mia città natale, Napoli, con tutto me stesso, tanto da godere per ciò che mi piace di queste città o da giustificare i loro errori o le cadute di stile, come potrei fare per dei figli.

L’amore, spesso, tralascia l’obiettività.

-D: Come ha conosciuto l’Associazione Internazionale DILA di Bruno Mancini?

-R: Sono fraterno amico di Bruno Mancini da quando eravamo compagni di scuola, ho partecipato con entusiasmo alla nascita della Associazione, frutto del grande impegno e dedizione del mio Grande Amico.

Ho anche composto le musiche delle sigle dei programmi della DILA

.

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Fin qui l’intervista, e ora concludiamo con qualche breve nota sulla sua carriera artistica.

Nick Pantalone nasce il 15/08/1943, sotto il segno zodiacale del leone e sotto le bombe americane, che scendevano copiose dall’azzurro cielo napoletano. A 10 anni canta per la prima volta in pubblico, al ristorante Di Massa, davanti a tutta la sua famiglia riunita.

Gli comprano una chitarra con la quale si esercita per 5 o 6 ore al giorno, abitudine che gli valse l’appellativo di “monaco” da parte del padre.

Spesso si “imbuca” nei locali più “in”, tipo Rancho Fellone e Monchey Bar, dove le orchestre provano per gli spettacoli serali ed è accolto quasi sempre con simpatia per la sua giovane età e per quanto si dimostrava attento e desideroso d’imparare, soprattutto la chitarra.

La vera svolta musicale di Nicola Pantalone inizia nel 1959 quando, nel locale più alla moda di Ischia “‘A Cambusa”, un cantante chitarrista molto bravo, Franco Di Costanzo, si ammalò e vi fu l’esigenza di sostituirlo. Si pensò che per poco tempo non fosse opportuno scomodare il grande Ugo Calise, ed a qualcuno venne fuori il nome di un sedicenne che spesso s’intratteneva, strimpellando la chitarra, a cantare con gli amici sul mitico muretto del Box Bar, in Via Vittoria Colonna: Nicola Pantalone, detto in seguito Nick.Tale breve, ma splendida e impegnativa esperienza, lo convinse a continuare con un vasto repertorio spaziante dalle classiche canzoni napoletane fino alla musica leggera italiana ed internazionale e alla musica brasiliana, con un occhio strizzato al jazz.

Lo paragonano a Paolo Conte, a Luigi Tenco, a De Andrè… ma lui ribatte dicendo ” tutta la musica, è la somma delle musiche che ho ascoltato”.

Un forte desiderio di suonare con altri amici, spinsero il giovane Nick a trasformarsi, per circa sette anni, in cantante batterista.

Suonò due anni con “I Diavoli”.Il gruppo ischitano formato insieme agli amici Enrico Roja, Saverio Toma e Gino Pinto ebbe un’estate artistica indimenticabile suonando al night “Hi Fi Club” in Via Enea, regno della mitica Christine.

Fu lì che incontrò Mina.

Sì, la Mina nazionale, con la quale ebbe modo di intrattenersi in diverse occasioni.Dal 1961 Nick fece parte di un altro gruppo, questa volta composto da musicisti napoletani, “I Blue Moon”.

Insieme suonarono fino al 1965: “Bikini Club”, “Flamenco Club”, circoli esclusivi, feste cittadine.

Poi, per tutta l’estate del 1965, ragazzi e giovani villeggianti fecero carte false pur di prenotare un ingresso al “Ruk Ruk”.

Suonava dal vivo insieme a Enrico Roja, Saverio Toma, Mimmo Paciello, Katia Massaro e altri amici, con gli altoparlanti e gli strumenti musicali arrangiati intorno ad un albero di pino centenario.

Nick ed i suoi amici nel locale che avevo inventato insieme a un gruppo di ragazzi della mia età, tra i quali ricordo Gianni Di Meglio e Jo Scaglione!

Fu un esplosione, un ineguagliato successo che gli valse la successiva partecipazione al “Primo festival della canzone”, tuttora ricordato come pietra miliare della rinascita musicale dell’Isola.

L’esperienza da batterista terminò allorché da Procida gli giunse l’invito di far parte come chitarrista e naturalmente voce solista, dell’ormai mitico gruppo de “I Sailors”.

Dal 1968 decise, più che mai forte di una pregevole esperienza, di suonare da solo.

Dal 1970 al 1973, alla fine di estati ischitane piene di soddisfazioni (tra cui la partecipazione – con l’armonica a bocca, luglio 1971 – alla registrazione della colonna sonora del film di Billy Wilder  “Che cosa è successo tra tuo padre e mia madre”, interpretato da un simpaticissimo Jack Lemmon), passava gli inverni suonando in locali alla moda di Monaco di Baviera, ed effettuando registrazioni alla Bayerischer Rundfunk, – la radio tedesca -, con la grande orchestra, diretta dal Maestro Bert Grund.

In Germania tra il 1977 e il 1979 scrive “Pensieri”, canzone che propone l’immagine di un uomo che esprime, malinconicamente ma dolcemente, la sua “laicità”.

Nel 1973 si trasferì a Como, sulle cui sponde – italiana e svizzera -, fino al 1987, non mancarono successi di pubblico e di critica alle esibizioni della sua musicalità meridionale nei piano bar e nei migliori locali alla moda.

Proprio in Svizzera, e precisamente a Lugano, venne ingaggiato dalla “Lugano Modern Band”: grande orchestra jazz della quale fu chitarrista e cantante per tutti i concerti, fino alla fine del 1980.

Tutto questo, gli consentiva di mantenere un costante contatto estivo con la sua isola, di cui rimaneva innamorato, suonando ogni anno, nei mesi di luglio ed agosto, in locali come lo “Chalet Primavera”, il “Ciao Mare” ed altre strutture che allietavano i più esigenti turisti di tutta l’isola.

Dal 1987 è tornato a vivere nella sua isola d’Ischia, felice di aver realizzato il desiderio che lo calamitava allo “scoglio”.

In quegli anni il criterio del piano bar andava cambindo: non più musica d’ascolto ma musica da ballo, e lui si diede velocemente alle tastiere che permettevano, con l’aiuto di una ritmica pressante, di accontentare il pubblico ballerino, pur continuando la sua magica e straordinaria  avventura musicale.

Eccolo suonare anche ad Amburgo, Montreux, Lugano, Zurigo, Losanna…

Durante il 2000, nella fase finale delle manifestazioni in occasione del Giubileo, Nick venne invitato dall’associazione “Rinascita” al Palafiuggi e lì, con la sua chitarra, riuscì ad entusiasmare più di duemila persone convenute da 39 paesi di tutto il mondo, fino a coinvolgere gli spettatori euforici in un enorme gioioso girotondo intorno alla platea.

A settembre del 2004, nell’ambito delle celebrazioni per la nascita del Patrono d’Ischia, San Giovan Giuseppe Della Croce, ha tenuto per circa due ore un recital di canzoni napoletane molto calorosamente apprezzato, non solo dal pubblico, ma principalmente da tutte le autorità civili e religiosi giunte sull’isola da quasi tutto il mondo.

A novembre dello stesso anno è stato invitato a partecipare, unico artista isolano, ad un importante spettacolo organizzato e presentato da Pippo Baudo.

Nel 2005 altre serie di performance nelle splendide località ischitane ogni volta gremite di turisti incollati alle sedie, felici di apprezzare le sue doti di cantante chitarrista affabulatore e narratore di una napoletanità che, almeno per la sua musica, è da sempre vincente nel mondo.

Ne è venuto fuori un prodotto televisivo, trasmesso e ritrasmesso per un lungo periodo di tempo.

Ultimamente ha prodotto un cd (con 12 canzoni tutte di sua composizione) del quale, parlandone, si schermisce con pudore dicendo che: “… non ho inciso questo disco per raggiungere un successo che non ho mai inseguito.”

S’intitola “Nostos”, dal greco “ritorno”.

Bravo il nostro Nick.

Scrivere musica, cantare, essere artista, per donare, soprattutto, un bel ricordo agli affetti, agli amici, al pubblico, senza altre particolari aspettative.

E allora, diamoci il piacere di ascoltarlo questo regalo, per apprezzare maggiormente la sensibilità di Nicola Pantalone, per noi, da sempre, amico Nick.

Napoletano per nascita, Ischitano per amore.

 

Bruno Mancini

 

 



 

 

Il Dispari 20200622 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20200622

EDITORIALE |Mariapia Ciaghi a “Striscia la notizia”

Diamo per scontato che tutti voi sappiate che Mariapia Ciaghi è una delle più determinate sostenitrici dei progetti Made in Ischia promossi dall’associazione culturale “Da Ischia l’Arte – DILA” e validati da questa testata giornalistica IL DISPARI di Gaetano Di Meglio.

Infatti, da molti anni Mariapia Ciaghi, con la sua casa editrice IL SEXTANTE e il magazine trimestrale EUDONNA, non solo pubblica tutte le antologie contenenti le opere finaliste del premio “Otto milioni”, non solo mette a disposizione una collana poetica per artisti emergenti proposti da DILA, non solo pubblica articoli e inserisce informazioni nelle sue pagine web e nella rivista, ma promuove ed organizza importanti eventi internazionali nei quali il Made in Ischia di DILA ha sempre una posizione di primo piano insieme alla Redazione di questo giornale..

Considerando il rigido duopolio editoriale televisivo (e non solo) che è in mano a due multinazionali – in stridente contrasto con la pluralità voluta dal sistema democratico italiano che ormai tutti sappiamo essere stata calpestato oltre ogni peggiore previsione- , sembra quasi un miracolo che Canale 5, durante una delle sue trasmissioni di punta, come è certamente “Striscia la notizia”, abbia promosso il libro “Le labbra sullo specchio“ scritto da Giuseppe Strazzi e edito da Mariapia Ciaghi con il marchio della sua casa editrice “Il Sextante”.

Infatti, Gerry Scotti con Michelle Hunziker hanno duettato così:

-Lui, tranquillo: «Vi voglio parlare del romanzo “Le labbra sullo specchio“»

-Lei, sensuale: «Sììì, sìììì»

-Lui, entusiasta: «In questo raffinato romanzo l’autore tratta con penna raffinata il tema dell’amore tra un uomo e una donna.

Nella ricerca della bellezza di Giuseppe Strazzi troviamo quella spinta che fece dire Dostoevskij la famosa frase “La bellezza salverà il mondo“»

-Lei maliarda: “Come l’hai detto tu viene voglia di prenderlo per solo come l’hai detto tu!»

Era il giorno 13 giugno 2020 e il video potrete guardarlo da

Mariapia Ciaghi ci ha rilasciata questa breve presentazione di Giuseppe Strazzi

«Di lui la critica dice che nella sua ricerca esistenziale affida alla parola la fatica di comunicare ciò che diviene novità nello spirito umano”, poeta e scrittore di pensiero fine ed elegante, da alle stampe con Il Sextante il volume “I poeti italiani ci tweettano” e “Le labbra sullo specchio“.

L’autore ha vinto nel 1990 il Premio nazionale di narrativa LA PRIMOGENITA, Città di Piacenza e nel 2008 il Premio nazionale di poesia ADA NEGRI, Lodi.

Ha tenuto conferenze di Logopoietica basata sulla storia della parola dentro la creatività del fare poesia.

Con il primo lavoro, “I poeti italiani ci tweettano“, l’autore, in un’epoca di globalizzazione economica, afferma ancora una volta, come da sempre la Poesia sia espressione globale dello Spirito che si è storicizzata nelle diverse civiltà e, sulla scia di Heidegger, ripropone il linguaggio poetico come dimora dell’Essere.

Leggendo il volume è possibile sentire il canto vissuto dell’uomo che, con la memoria del passato, attualizza un presente di eterno futuro.

Il “solo e pensoso per li deserti campi…” di Petrarca, è ancora nell’hic et nunc presente nello spirito dell’uomo di oggi che forse lo può percepire come un tweet, dal sibilo della civetta.

Si chiede l’autore: “Non siamo forse, anche noi spesso soli e pensosi?“.

Nel romanzo “Le labbra sullo specchio“, Giuseppe Strazzi tratta “con penna sensibile e affilata il tema dell’amore tra uomo e donna (come ha chiosato Gerry Scotti in Striscia la notizia).

Il protagonista è Arturo Scacchi.

La vicenda, in una città senza nessuna denominazione geografica perché il desiderio d’amore non conosce luoghi, si svolge nell’arco di un solo giorno: dal mattino alla notte.

L’incipit del romanzo è “Era bella”. E la chiusura del romanzo è “Era bella”.

Nella ricerca della bellezza di Giuseppe Strazzi ritroviamo quella spinta che fece dire a Dostoevskij la famosa frase “La bellezza salverà il mondo” (sempre riportando le parole di Gerry Scotti in Striscia la notizia).

La bellezza è un valore in se stesso.

Non è utilitarista.

È come un fiore che sorride gratuitamente all’universo!

Così possiamo ritrovare e vivere la bellezza in mezzo a un mondo di interessi, scambi e mercanzie. 

Quando il bene vince, erompe la bellezza espressiva, soave, naturale e irradiante. 

Brilla dappertutto e fa brillare anche noi con il bello.»

Concludiamo questo omaggio alla professionalità e alla determinazione di Mariapia Ciaghi, ringraziandola per l’esclusiva che ci ha riservata,  con l’introduzione al libro scritta da Niccolò Lucarelli.

«Racconto lungo o romanzo breve, poco importa.

A contare in quest’opera di Giuseppe Strazzi, sono le emozioni, l’indagine dell’interiorità, l’eleganza di un linguaggio non aulico ma puntuale ed espressivo.

Caratteristiche non scontate, in tempi grami anche per la letteratura, in cui persino le pagine sembrano aver assorbito un po’ del rumore che affligge la vita quotidiana.

Ma cercando con attenzione sugli scaffali delle librerie, accade invece d’imbattersi in queste riflessioni che stanno a metà fra la poesia e la letteratura, dove il silenzio e la speculazione, il coraggio della ricerca e la voglia di togliersi la maschera prevalgono sulla tronfia vanagloria, su quell’inutile sentenziare che crea soltanto fastidio in chi ascolta.

Le labbra sullo specchio, un titolo dal sapore narcisistico ma rovesciato, come vedrà chi vorrà leggere, è una vicenda all’apparenza banale, una vicenda contemporanea che però racchiude quasi tre millenni di storia dell’umanità, la storia fatta dalla poesia, dalla letteratura, dalla filosofia, dalla psicologia, quella storia che pur non avendo le mani sporche di sangue riesce comunque a incidere in profondità la linea del tempo.

Lasciandosi accompagnare dai personaggi immaginati da Strazzi (che avrebbero potuto uscire da un carme di Catullo), si compie infatti un viaggio mentale nelle vicissitudini dell’amore, quel fuoco che da millenni arde nel cuore degli individui; un romanzo breve denso e colto, che in un numero contenuto di pagine riesce a esprimere molto, a scardinare quei muri emotivi e psicologici che riesce a innalzare un tema vasto e complesso come l’amore, di cui tanto si parla ma di cui si è forse dimenticato la magia e il significato.

Le labbra sullo specchio è un’opera caleidoscopica, dai mille volti da scoprire pagina dopo pagina: un po’ romanzo simbolico, una sorta di moderno mito, un po’ racconto neorealista, anche in virtù di un registro linguistico che indulge su parole o espressioni d’altri tempi, a tratti garbatamente dimesso con il sapore di un racconto popolare, e che rivela costruzioni grammaticali da cui si comprende come Strazzi abbia trascorsi poetici di lunga data.

E ancora, un po’ romanzo di formazione, un po’ riflessione sul passato, in ogni momento improntato alla conoscenza di sé e dell’altro.

Per questo è un’opera di pensiero e “di pancia”, dove la speculazione su (passato) e il vagabondaggio dell’anima di sapore pavesiano si affiancano alla (violenza delle emozioni);  un’atmosfera sentimentale e a tratti onirica che ricorda quella che si respira nei racconti di Arthur Schnitzler, si affianca a una dolcezza pascoliana che si attaglia con garbo allo scorrere di una vicenda senza forzature o inutili colpi di scena, che si lascia portare semplicemente dal desiderio di scoperta e dalla volubilità dell’animo umano.

A voler fare un paragone con il mondo del cinema, agli occhi del lettore si presenta una storia enigmatica, dolce e sensuale, densa di immagini sfumate che ricordano la fotografia di certi film di Jean Renoir.

In conclusione, un romanzo breve raffinato e sommesso nei toni, che parla a chiunque abbia voglia di guardarsi dentro, di ascoltarsi, di riscoprire quella “fatica” di conoscere l’altro che è insita nel vero amore.»

Bruno Mancini

 

DILA

OTTO MILIONI

VIRUSISCHIA

 

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Presentazione dei libri di Liliana Manetti al mercato Borghetto Flaminio

Domenica 5 luglio ore 11.30 nel mercato vintage “Borghetto Flaminio”di piazza della Marina n° 32 a Roma vicino piazzale Flaminio si terrà la presentazione congiunta dei due libri della giornalista e scrittrice Liliana Manetti: sia di “Colore di donna. La forza di una nuova rinascita” , silloge di poesie (Santelli dicembre 2019) , che del suo romanzo in seconda edizione “La donna che venne da lontano. La storia di Shabnam” (febbraio 2020) , illustrati entrambi dai preziosi acquerelli in bianco e nero della pittrice quotata polacca Anna Novak.
Presentera’ l’evento il direttore del quotidiano romano PaeseRoma Corriere del Popolo il giornalista Michelangelo Letizia. Sara’ presente l’autrice per il firmacopie e per la vendita dei libri in uno stand apposito e allestito dal tema il cuore degli angeli.
Al termine della presentazione si terrà una performance della nota attrice, modella, coreografa e ballerina Chiara Pavoni che reciterà le poesie dell’autrice coinvolgendo il pubblico dei presenti e verrà offerto un piccolo aperitivo dall’autrice.
Sara’ possibile inoltre ricevere le copie di PaeseRoma Corriere del Popolo in omaggio per l’evento e chi vorrà potrà sottoscrivere un abbonamento al quotidiano direttamente
sul luogo.
 
By Liliana Manetti
 
L'immagine può contenere: Liliana Manetti, primo piano

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Il mio Amico albero. (Poesia di Liliana Manetti)

 

E presi forza
E presi energia
dall’abbraccio di un albero…

Così per caso con la gioia negli occhi e tanta speranza nelle mani…
Strinsi forte un suo ramo ma senza violenza…
volevo solo accarezzarlo
e trasmettergli la mia forza:
volevo che lui potesse far fluire la sua energia nelle mie carni…

E fu il miracolo…
Fu come se la sua linfa penetrasse nelle mie vene…
e confluisse insieme al mio sangue nel ballo sacro dell’amore…

Una carica eccezionale nelle mie ossa…

Mi liberai dall’inerzia e dal malumore come per magia…
E Danzai liberamente il mio canto di gioia per la Vita!

Inedito@tuttiidirittiriservati

Liliana Manetti🌴🌴🌴🌅🌅🌅🌻💙💙💙

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Profumo di menta e d’estate (Poesia di Liliana Manetti).

Profumo di menta e d’estate. 💙☀️

Hai riportato il mare
Il sole
nella mia vita…
Ora la mia esistenza
profumera’ di menta e d’estate per sempre…
Sei preziosa amica mia migliore:
piccola anima gemella
il tuo cuore felice è un dono per me
e per l’umanità!

Inedito@tuttiidirittiriservati

Alla mia migliore amica Guanita  per sempre….

Liliana Manetti💙💙💙☀️☀️☀️🌅🌅🌅🌴🍀🌹🌿🍉🌻

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Il Dispari 20200629 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20200629 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20200629

Editoriale |NICK x TUTTI!

Dico subito che, pubblicando questa intervista graziosamente rilasciata da Nicola Pantalone alla scrittrice, giornalista e Ambasciatrice DILA, Liliana Manetti, parto dal presupposto che non esista un ischitano amante della musica che non abbia avuto modo di ascoltare la sua melodia o non abbia partecipato in qualche maniera alla sua vita artistica.

Però sono anche convinto che non tutti conoscano alcuni “particolari” della sua umanità, ed è su questo che scriverò qualche breve considerazione.

In una foto che pubblichiamo a compendio di questo editoriale, Nicola suona con Mina; in un’altra foto è sul palco con Pippo Baudo e, scavando nel suo archivio fotografico, potremmo riempire diverse pagine di questo giornale con testimonianze di partecipazioni con artisti di chiara fama, non soltanto italiani.

Però Nicola, nonostante il suo blasonato curriculum, ogni volta che è stato sollecitato a rendere magicamente armonico un incontro culturale organizzato senza scopo di lucro, non ha mai messo il naso all’insù fregiandosi dei successi ottenuti per ottenere un qualsiasi beneficio economico o anche solo di immagine.

Nicola ha sempre risposto “Pronto! Dove e quando?”.

L’abbiamo visto nelle piazze in occasioni di feste locali e patronali; come l’abbiamo visto nell’incomparabile scenario del Palazzo Reale o nella suggestiva Villa La Colombaia che fu residenza prediletta di Luchino Visconti; nella Biblioteca comunale Antoniana; sul palco Telethon; per la celebrazione di numerose Shoah; così come per la presentazione di molteplici antologie Made in Ischia pubblicate dall’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA” per i tipi della Casa editrice IL SEXTANTE di Mariapia Ciaghi; e, in particolare, per l’anteprima dell’antologia “Adotta una poesia” contenente le opere finaliste del premio omonimo voluto dalla testata giornalistica IL DISPARI di Gaetano Di Meglio; nei salotti e sulle piscine di alberghi con più stelle di quelle presenti sulle bandiere della Slovenia e della Gagauzia messe insieme; ecc ecc.

Gratis, sempre e solamente gratis.

Nicola ha tanto talento e tanta professionalità e tanta capacità di ammaliare il pubblico fortunato di poterlo ascoltare, quanta è la modestia che lo trattiene dal compiere imprese a lui congeniali pur essendo proibitive per tanti Artisti.

Nicola Pantalone è mio amico da sempre, oltre ogni circostanza e al di sopra di ogni stucchevole compiacimento; Nicola, come ho già scritto, è un talento musicale che potrebbe reinventare “La Marsigliese” o “Stranger in the night”; Nicola non manca un’occasione per “laudarmi” (bontà sua, ed evidente corollario della nostra amicizia) come “grande poeta” e non ho motivo di dubitare che lo creda davvero…  eppure queste tre qualità messe insieme non sono sufficienti per smuovere la sua modestia fino ad indurlo di accontentare il mio desiderio di vedere musicate da lui alcune mie poesie.

L’ha fatto una volta sola e l’incomprensibile è che lui, pur avendo ritenuto positivo il risultato ottenuto, si senta ancora bloccato dalla difficoltà di una nuova simile impresa!

“Il brivido più lungo”, musica e canto di Nicola Pantalone e testo di Bruno Mancini, presentato in anteprima al MUDEC di Milano in occasione di un evento DILA per il Bookcity 2018 e poi nell’aula magna della SIAM, sempre a Milano e sempre per un evento Bookcity del 2019,  lo potrete ascoltare aprendo il link

 

 

Ciò detto (come si usa oggigiorno chiosare quando si vuole introdurre un altro discorso) passiamo a leggere l’intervista rilasciata a Liliana Manetti, per poi concludere l’articolo con qualche breve nota sulla sua attività artistica.

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D: A quale età è iniziata la sua passione per la musica?

-R: Non esiste un’età per stabilire l’inizio della passione per la musica.

è la Musica che ti viene a cercare, perché sa che tu l’hai nel tuo dna da quando sei nato.

-D: All’inizio quale strumento suonava?

-R: Sembrerà strano, ma all’inizio suonavo la sedia.

Ero talmente portato al ritmo che la sedia mi dava l’idea di una batteria.

Quando poi è arrivato il momento di poter acquistare lo strumento, sono diventato un discreto

batterista.

-D: Al principio della sua carriera di quali gruppo ha fatto parte?

-R: Il Complesso iniziale (così si chiamava allora un gruppo musicale) era quello de “I Diavoli” o “The four Devils“ a seconda di come ci volevamo atteggiare cantando canzoni di Peppino di Capri repertorio italiano) o di Paul Anka e Neil Sedaka (American style).

Poi sono venuti “I Bluemoon“ e “I Sailors di Procida“.

-D: Nel corso della sua vita lei ha viaggiato molto a volte anche trasferendosi. 

In quale luogo le è piaciuto di più vivere? E in quale le è piaciuto di più esibirsi?

-R: Sono stato così felice di fare musica, che ogni luogo che ho frequentato, in Italia, Svizzera e Germania, mi ha regalato umanamente la sua dose di successo e di affetto da parte del pubblico.

-D: Nel momento attuale dove vive? Quali sono le sue ultime esperienze musicali?

-R: Vivo, circondato da una bella famiglia, tanti amici, tanta stima e considerazione, in questa meravigliosa isola che è Ischia.

E qui, durante tantissime serate, ho raccontato agli ospiti delle strutture alberghiere dell’isola, con dovizia di particolari di aneddoti e di belle canzoni, la storia della canzone napoletana.

Quella classica, che affascina le generazioni nel tempo.

-D: Ci vuole parlare dei suoi dischi?

-R: Un mio disco, per quanto ne abbia registrati tanti, non è mai stato commercializzato.

Però ho raccolto in un CD molte canzoni scritte da me e l’ho chiamato NOSTOS (dal greco: il ritorno) poiché con quelle canzoni ritorno a momenti, ricordi, affetti e pensieri che riguardano esperienze della mia vita.

-D: Quali sono state le sue collaborazioni che lei ha amato di più?

-R: Tutte! Non c’è stata condivisione che non mi abbia permesso di imparare qualcosa in più e di divertirmi lavorando.

-D: Quali sono i suoi progetti per il futuro?

-R: Più che progetti ho desideri: continuare, per quel poco tempo che mi rimane, e in modo un po’ pigro, a crogiolarmi nel meraviglioso rapporto con i miei cari, sempre disponibile a dare loro una mano se serve, agli amici e a chiunque mi aiuti a crescere, nonostante l’età.

-D: Lei ama molto Ischia?

-R: Amo Ischia, come amo la mia città natale, Napoli, con tutto me stesso, tanto da godere per ciò che mi piace di queste città o da giustificare i loro errori o le cadute di stile, come potrei fare per dei figli.

L’amore, spesso, tralascia l’obiettività.

-D: Come ha conosciuto l’Associazione Internazionale DILA di Bruno Mancini?

-R: Sono fraterno amico di Bruno Mancini da quando eravamo compagni di scuola, ho partecipato con entusiasmo alla nascita della Associazione, frutto del grande impegno e dedizione del mio Grande Amico.

Ho anche composto le musiche delle sigle dei programmi della DILA

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Fin qui l’intervista, e ora concludiamo con qualche breve nota sulla sua carriera artistica.

Nick Pantalone nasce il 15/08/1943, sotto il segno zodiacale del leone e sotto le bombe americane, che scendevano copiose dall’azzurro cielo napoletano. A 10 anni canta per la prima volta in pubblico, al ristorante Di Massa, davanti a tutta la sua famiglia riunita.

Gli comprano una chitarra con la quale si esercita per 5 o 6 ore al giorno, abitudine che gli valse l’appellativo di “monaco” da parte del padre.

Spesso si “imbuca” nei locali più “in”, tipo Rancho Fellone e Monchey Bar, dove le orchestre provano per gli spettacoli serali ed è accolto quasi sempre con simpatia per la sua giovane età e per quanto si dimostrava attento e desideroso d’imparare, soprattutto la chitarra.

La vera svolta musicale di Nicola Pantalone inizia nel 1959 quando, nel locale più alla moda di Ischia “‘A Cambusa”, un cantante chitarrista molto bravo, Franco Di Costanzo, si ammalò e vi fu l’esigenza di sostituirlo. Si pensò che per poco tempo non fosse opportuno scomodare il grande Ugo Calise, ed a qualcuno venne fuori il nome di un sedicenne che spesso s’intratteneva, strimpellando la chitarra, a cantare con gli amici sul mitico muretto del Box Bar, in Via Vittoria Colonna: Nicola Pantalone, detto in seguito Nick.Tale breve, ma splendida e impegnativa esperienza, lo convinse a continuare con un vasto repertorio spaziante dalle classiche canzoni napoletane fino alla musica leggera italiana ed internazionale e alla musica brasiliana, con un occhio strizzato al jazz.

Lo paragonano a Paolo Conte, a Luigi Tenco, a De Andrè… ma lui ribatte dicendo ” tutta la musica, è la somma delle musiche che ho ascoltato”.

Un forte desiderio di suonare con altri amici, spinsero il giovane Nick a trasformarsi, per circa sette anni, in cantante batterista.

Suonò due anni con “I Diavoli”.Il gruppo ischitano formato insieme agli amici Enrico Roja, Saverio Toma e Gino Pinto ebbe un’estate artistica indimenticabile suonando al night “Hi Fi Club” in Via Enea, regno della mitica Christine.

Fu lì che incontrò Mina.

Sì, la Mina nazionale, con la quale ebbe modo di intrattenersi in diverse occasioni.Dal 1961 Nick fece parte di un altro gruppo, questa volta composto da musicisti napoletani, “I Blue Moon”.

Insieme suonarono fino al 1965: “Bikini Club”, “Flamenco Club”, circoli esclusivi, feste cittadine.

Poi, per tutta l’estate del 1965, ragazzi e giovani villeggianti fecero carte false pur di prenotare un ingresso al “Ruk Ruk”.

Suonava dal vivo insieme a Enrico Roja, Saverio Toma, Mimmo Paciello, Katia Massaro e altri amici, con gli altoparlanti e gli strumenti musicali arrangiati intorno ad un albero di pino centenario.

Nick ed i suoi amici nel locale che avevo inventato insieme a un gruppo di ragazzi della mia età, tra i quali ricordo Gianni Di Meglio e Jo Scaglione!

Fu un esplosione, un ineguagliato successo che gli valse la successiva partecipazione al “Primo festival della canzone”, tuttora ricordato come pietra miliare della rinascita musicale dell’Isola.

L’esperienza da batterista terminò allorché da Procida gli giunse l’invito di far parte come chitarrista e naturalmente voce solista, dell’ormai mitico gruppo de “I Sailors”.

Dal 1968 decise, più che mai forte di una pregevole esperienza, di suonare da solo.

Dal 1970 al 1973, alla fine di estati ischitane piene di soddisfazioni (tra cui la partecipazione – con l’armonica a bocca, luglio 1971 – alla registrazione della colonna sonora del film di Billy Wilder  “Che cosa è successo tra tuo padre e mia madre”, interpretato da un simpaticissimo Jack Lemmon), passava gli inverni suonando in locali alla moda di Monaco di Baviera, ed effettuando registrazioni alla Bayerischer Rundfunk, – la radio tedesca -, con la grande orchestra, diretta dal Maestro Bert Grund.

In Germania tra il 1977 e il 1979 scrive “Pensieri”, canzone che propone l’immagine di un uomo che esprime, malinconicamente ma dolcemente, la sua “laicità”.

Nel 1973 si trasferì a Como, sulle cui sponde – italiana e svizzera -, fino al 1987, non mancarono successi di pubblico e di critica alle esibizioni della sua musicalità meridionale nei piano bar e nei migliori locali alla moda.

Proprio in Svizzera, e precisamente a Lugano, venne ingaggiato dalla “Lugano Modern Band”: grande orchestra jazz della quale fu chitarrista e cantante per tutti i concerti, fino alla fine del 1980.

Tutto questo, gli consentiva di mantenere un costante contatto estivo con la sua isola, di cui rimaneva innamorato, suonando ogni anno, nei mesi di luglio ed agosto, in locali come lo “Chalet Primavera”, il “Ciao Mare” ed altre strutture che allietavano i più esigenti turisti di tutta l’isola.

Dal 1987 è tornato a vivere nella sua isola d’Ischia, felice di aver realizzato il desiderio che lo calamitava allo “scoglio”.

In quegli anni il criterio del piano bar andava cambindo: non più musica d’ascolto ma musica da ballo, e lui si diede velocemente alle tastiere che permettevano, con l’aiuto di una ritmica pressante, di accontentare il pubblico ballerino, pur continuando la sua magica e straordinaria  avventura musicale.

Eccolo suonare anche ad Amburgo, Montreux, Lugano, Zurigo, Losanna…

Durante il 2000, nella fase finale delle manifestazioni in occasione del Giubileo, Nick venne invitato dall’associazione “Rinascita” al Palafiuggi e lì, con la sua chitarra, riuscì ad entusiasmare più di duemila persone convenute da 39 paesi di tutto il mondo, fino a coinvolgere gli spettatori euforici in un enorme gioioso girotondo intorno alla platea.

A settembre del 2004, nell’ambito delle celebrazioni per la nascita del Patrono d’Ischia, San Giovan Giuseppe Della Croce, ha tenuto per circa due ore un recital di canzoni napoletane molto calorosamente apprezzato, non solo dal pubblico, ma principalmente da tutte le autorità civili e religiosi giunte sull’isola da quasi tutto il mondo.

A novembre dello stesso anno è stato invitato a partecipare, unico artista isolano, ad un importante spettacolo organizzato e presentato da Pippo Baudo.

Nel 2005 altre serie di performance nelle splendide località ischitane ogni volta gremite di turisti incollati alle sedie, felici di apprezzare le sue doti di cantante chitarrista affabulatore e narratore di una napoletanità che, almeno per la sua musica, è da sempre vincente nel mondo.

Ne è venuto fuori un prodotto televisivo, trasmesso e ritrasmesso per un lungo periodo di tempo.

Ultimamente ha prodotto un cd (con 12 canzoni tutte di sua composizione) del quale, parlandone, si schermisce con pudore dicendo che: “… non ho inciso questo disco per raggiungere un successo che non ho mai inseguito.”

S’intitola “Nostos”, dal greco “ritorno”.

Bravo il nostro Nick.

Scrivere musica, cantare, essere artista, per donare, soprattutto, un bel ricordo agli affetti, agli amici, al pubblico, senza altre particolari aspettative.

E allora, diamoci il piacere di ascoltarlo questo regalo, per apprezzare maggiormente la sensibilità di Nicola Pantalone, per noi, da sempre, amico Nick.

Napoletano per nascita, Ischitano per amore.

 

Bruno Mancini

 

 



 

 

Il Dispari 20200622 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20200622

EDITORIALE |Mariapia Ciaghi a “Striscia la notizia”

Diamo per scontato che tutti voi sappiate che Mariapia Ciaghi è una delle più determinate sostenitrici dei progetti Made in Ischia promossi dall’associazione culturale “Da Ischia l’Arte – DILA” e validati da questa testata giornalistica IL DISPARI di Gaetano Di Meglio.

Infatti, da molti anni Mariapia Ciaghi, con la sua casa editrice IL SEXTANTE e il magazine trimestrale EUDONNA, non solo pubblica tutte le antologie contenenti le opere finaliste del premio “Otto milioni”, non solo mette a disposizione una collana poetica per artisti emergenti proposti da DILA, non solo pubblica articoli e inserisce informazioni nelle sue pagine web e nella rivista, ma promuove ed organizza importanti eventi internazionali nei quali il Made in Ischia di DILA ha sempre una posizione di primo piano insieme alla Redazione di questo giornale..

Considerando il rigido duopolio editoriale televisivo (e non solo) che è in mano a due multinazionali – in stridente contrasto con la pluralità voluta dal sistema democratico italiano che ormai tutti sappiamo essere stata calpestato oltre ogni peggiore previsione- , sembra quasi un miracolo che Canale 5, durante una delle sue trasmissioni di punta, come è certamente “Striscia la notizia”, abbia promosso il libro “Le labbra sullo specchio“ scritto da Giuseppe Strazzi e edito da Mariapia Ciaghi con il marchio della sua casa editrice “Il Sextante”.

Infatti, Gerry Scotti con Michelle Hunziker hanno duettato così:

-Lui, tranquillo: «Vi voglio parlare del romanzo “Le labbra sullo specchio“»

-Lei, sensuale: «Sììì, sìììì»

-Lui, entusiasta: «In questo raffinato romanzo l’autore tratta con penna raffinata il tema dell’amore tra un uomo e una donna.

Nella ricerca della bellezza di Giuseppe Strazzi troviamo quella spinta che fece dire Dostoevskij la famosa frase “La bellezza salverà il mondo“»

-Lei maliarda: “Come l’hai detto tu viene voglia di prenderlo per solo come l’hai detto tu!»

Era il giorno 13 giugno 2020 e il video potrete guardarlo da

Mariapia Ciaghi ci ha rilasciata questa breve presentazione di Giuseppe Strazzi

«Di lui la critica dice che nella sua ricerca esistenziale affida alla parola la fatica di comunicare ciò che diviene novità nello spirito umano”, poeta e scrittore di pensiero fine ed elegante, da alle stampe con Il Sextante il volume “I poeti italiani ci tweettano” e “Le labbra sullo specchio“.

L’autore ha vinto nel 1990 il Premio nazionale di narrativa LA PRIMOGENITA, Città di Piacenza e nel 2008 il Premio nazionale di poesia ADA NEGRI, Lodi.

Ha tenuto conferenze di Logopoietica basata sulla storia della parola dentro la creatività del fare poesia.

Con il primo lavoro, “I poeti italiani ci tweettano“, l’autore, in un’epoca di globalizzazione economica, afferma ancora una volta, come da sempre la Poesia sia espressione globale dello Spirito che si è storicizzata nelle diverse civiltà e, sulla scia di Heidegger, ripropone il linguaggio poetico come dimora dell’Essere.

Leggendo il volume è possibile sentire il canto vissuto dell’uomo che, con la memoria del passato, attualizza un presente di eterno futuro.

Il “solo e pensoso per li deserti campi…” di Petrarca, è ancora nell’hic et nunc presente nello spirito dell’uomo di oggi che forse lo può percepire come un tweet, dal sibilo della civetta.

Si chiede l’autore: “Non siamo forse, anche noi spesso soli e pensosi?“.

Nel romanzo “Le labbra sullo specchio“, Giuseppe Strazzi tratta “con penna sensibile e affilata il tema dell’amore tra uomo e donna (come ha chiosato Gerry Scotti in Striscia la notizia).

Il protagonista è Arturo Scacchi.

La vicenda, in una città senza nessuna denominazione geografica perché il desiderio d’amore non conosce luoghi, si svolge nell’arco di un solo giorno: dal mattino alla notte.

L’incipit del romanzo è “Era bella”. E la chiusura del romanzo è “Era bella”.

Nella ricerca della bellezza di Giuseppe Strazzi ritroviamo quella spinta che fece dire a Dostoevskij la famosa frase “La bellezza salverà il mondo” (sempre riportando le parole di Gerry Scotti in Striscia la notizia).

La bellezza è un valore in se stesso.

Non è utilitarista.

È come un fiore che sorride gratuitamente all’universo!

Così possiamo ritrovare e vivere la bellezza in mezzo a un mondo di interessi, scambi e mercanzie. 

Quando il bene vince, erompe la bellezza espressiva, soave, naturale e irradiante. 

Brilla dappertutto e fa brillare anche noi con il bello.»

Concludiamo questo omaggio alla professionalità e alla determinazione di Mariapia Ciaghi, ringraziandola per l’esclusiva che ci ha riservata,  con l’introduzione al libro scritta da Niccolò Lucarelli.

«Racconto lungo o romanzo breve, poco importa.

A contare in quest’opera di Giuseppe Strazzi, sono le emozioni, l’indagine dell’interiorità, l’eleganza di un linguaggio non aulico ma puntuale ed espressivo.

Caratteristiche non scontate, in tempi grami anche per la letteratura, in cui persino le pagine sembrano aver assorbito un po’ del rumore che affligge la vita quotidiana.

Ma cercando con attenzione sugli scaffali delle librerie, accade invece d’imbattersi in queste riflessioni che stanno a metà fra la poesia e la letteratura, dove il silenzio e la speculazione, il coraggio della ricerca e la voglia di togliersi la maschera prevalgono sulla tronfia vanagloria, su quell’inutile sentenziare che crea soltanto fastidio in chi ascolta.

Le labbra sullo specchio, un titolo dal sapore narcisistico ma rovesciato, come vedrà chi vorrà leggere, è una vicenda all’apparenza banale, una vicenda contemporanea che però racchiude quasi tre millenni di storia dell’umanità, la storia fatta dalla poesia, dalla letteratura, dalla filosofia, dalla psicologia, quella storia che pur non avendo le mani sporche di sangue riesce comunque a incidere in profondità la linea del tempo.

Lasciandosi accompagnare dai personaggi immaginati da Strazzi (che avrebbero potuto uscire da un carme di Catullo), si compie infatti un viaggio mentale nelle vicissitudini dell’amore, quel fuoco che da millenni arde nel cuore degli individui; un romanzo breve denso e colto, che in un numero contenuto di pagine riesce a esprimere molto, a scardinare quei muri emotivi e psicologici che riesce a innalzare un tema vasto e complesso come l’amore, di cui tanto si parla ma di cui si è forse dimenticato la magia e il significato.

Le labbra sullo specchio è un’opera caleidoscopica, dai mille volti da scoprire pagina dopo pagina: un po’ romanzo simbolico, una sorta di moderno mito, un po’ racconto neorealista, anche in virtù di un registro linguistico che indulge su parole o espressioni d’altri tempi, a tratti garbatamente dimesso con il sapore di un racconto popolare, e che rivela costruzioni grammaticali da cui si comprende come Strazzi abbia trascorsi poetici di lunga data.

E ancora, un po’ romanzo di formazione, un po’ riflessione sul passato, in ogni momento improntato alla conoscenza di sé e dell’altro.

Per questo è un’opera di pensiero e “di pancia”, dove la speculazione su (passato) e il vagabondaggio dell’anima di sapore pavesiano si affiancano alla (violenza delle emozioni);  un’atmosfera sentimentale e a tratti onirica che ricorda quella che si respira nei racconti di Arthur Schnitzler, si affianca a una dolcezza pascoliana che si attaglia con garbo allo scorrere di una vicenda senza forzature o inutili colpi di scena, che si lascia portare semplicemente dal desiderio di scoperta e dalla volubilità dell’animo umano.

A voler fare un paragone con il mondo del cinema, agli occhi del lettore si presenta una storia enigmatica, dolce e sensuale, densa di immagini sfumate che ricordano la fotografia di certi film di Jean Renoir.

In conclusione, un romanzo breve raffinato e sommesso nei toni, che parla a chiunque abbia voglia di guardarsi dentro, di ascoltarsi, di riscoprire quella “fatica” di conoscere l’altro che è insita nel vero amore.»

Bruno Mancini

 

Il Dispari 20200615 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20200615

Dalla raccolta di racconti “Per Aurora volume secondo”

LA CONDANNA

Capitolo 1

 Non avevo ancora completamente realizzato cosa fare, se accettare da Aurora il nuovo attestato di amicizia, salutare ed abbandonare il suo regno pur essendo a conoscenza degli eventi pronti ad investirla con nuova e più grande pericolosità, oppure, rimettendo in moto la narrazione (con Edoardo, Tom ed Edith sul palco), lasciare che i miei timori balenassero nella sua psiche se non come certezza, almeno come sospetto.

Così agendo, ne ero consapevole, poteva tuttavia accadere che lei, Aurora, interpretasse in maniera non assolutamente conforme ai miei intenti i risvolti delle azioni e dei convincimenti insiti nella narrazione della parte del racconto che avrei dovuto proporre.

Non muovevo, né in un senso, né nell’altro la mia determinazione, quasi imbambolato, sognante, ad occhi aperti immobili, con a fianco la mia Anima e il mio Cervello tutti magicamente adagiati nelle oblianti attenzioni della nostra amica.

Nessuna altra idea.

L’uomo vestito di bianco riprese il suo posto al pianoforte suonando in nostro onore le più belle melodie napoletane del suo immenso repertorio.

Una indubbia corrente di pensieri gli consentiva di percepire i miei desideri, tramutandoli in musicalità prima che io li esprimessi.

“Indifferentemente” ritornava ad ogni mio impulso, sempre con maggiore intensità.

Una volta intonata da trombe parlanti, ed era lui vestito di bianco a farlo, la successiva, come se cime di palme e di eucalipti, ondeggiando, rumoreggiassero più simili a violoncelli e contrabbassi che ad alberi tra venti tropicali in foreste dense di pioggia.

“E nuie pe’ recità l’urtima scena…” La donna dalle mani ambrate e con un ventaglio di seta giapponese a colori sgargianti e stecche di bambù, non smetteva di coccolarlo.
La calma giornata di primavera copriva, con un silenzio innaturale di tutto quanto intorno a noi era realtà fisica dell’esistenza, la nostra stessa voglia di agire, ammantandoci di soddisfatta pigrizia.
L’uomo della ginestra (ginestra, fiore amato dalla mia donna) all’occhiello del bavero, l’indimenticabile protagonista del mio primo incontro con Aurora, era stato da lei invitato ad allietare il nostro gruppo suonando il pianoforte.
Fuggita dal mondo per incontrarlo nel loro ultimo appuntamento, la sua anima gli teneva una mano poggiata sulla spalla.

Edoardo sfogliava e leggeva in silenzio il mio racconto dal punto in cui era stato interrotto, Edith, vorrei dire, usignuoleggiava (ma non credo che l’insensibile correttore delle bozze mi consentirà questa astrusità) antiche canzoni in un inconfondibile accompagnamento.

Aurora, Aurora non lo dimostrava, ma era commossa, intensamente felice e turbata dalla prima sensazione umana della sua esistenza:
-«Petrus, beviamo con il nostro amico che da ora in poi chiameremo Ignazio.

Consigliaci.
Stappa quanto di meglio abbiamo.»

-«Davvero?
Davvero anche per Voi, Signora?»

-«è al loro onore che spetta questo mio brindisi.
Meritano che io beva con loro.
Avanti, Petrus.»

-«Valpolicella e gassosa?»

-«Non chiedere, mesci.»

-«La Signora adesso è veramente Aurora.»

Fu una frase a scuotere il mio torpore e ad impormi la decisione che rifiutavo di assumere.

Aurora aveva detto: “è al loro onore che spetta questo mio brindisi”. Il mio onore decise che non poteva assistere senza partecipare.

Cercai il raggiungimento dello scopo evitando di intaccare il sacrale concetto dell’individualità che ho sempre coltivato.

Lei avrebbe dovuto comprendere attraverso i fatti.

I figli di puttana insinuano.
La Vita no, la Vita mostra.

Dissi…

Il Made in Ischia di DILA è sempre più internazionale

 

L’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA” accentua la sua vocazione internazionale nel proiettarsi sulla scena editoriale di IL MAGGIO DEI LIBRI.

 

Infatti, dopo l’acclamata sesta puntata, proposta mercoledì scorso e della quale vi abbiamo riferito in questa pagina lunedì 3 giugno, dedicata all’amicizia che eminenti personaggi delle due più autorevoli Università algerine hanno voluto, tramite l’Associazione ADA di Dalila Boukhalfa (Presidente DILA per la nazione algerina), far pervenire in video alla nostra DILA affinché fosse inserita in un progetto Made in Ischia, ora ci apprestiamo a mettere in rete la settima puntata che  più internazionale di così non potrebbe presentarsi sulla scena della rassegna nazionale IL MAGGIO DEI LIBRI.

In un video di circa un’ora. mercoledì prossimo con inizio alle ore 22.00 nella home del gruppo LENOIS di facebbok, scorreranno opere musicali, pittoriche, letterarie degli artisti che fanno parte del seguente elenco.

Avrei voluto (dovuto?) completare l’informazione aggiungendo accanto a ciascun nome la provenienza geografica, però ho accolto di buon grado una ben articolata osservazione con la quale Dalila Boukhalfa mi ha fatto notare la contraddizione insita in qualsivoglia tipo di etichettatura attribuita alle opere dell’ingegno e dell’arte.

“Loro sono Artisti (con la A maiuscola), non sono artisti (con la a minuscola) ai quali sia necessario dare lustro mediante qualche aggettivo qualificativo o qualche etichetta di genere, siano pure essi ed esse aggiunti in totale buona fede e con animi scevri da qualunque tipo di razzismo” così ha concluso la sua bonaria osservazione Dalila Boukhalfa in risposta alla mia richiesta di specificare le provenienze geografiche degli Artisti partecipanti alla settima puntata del Made in Ischia.

Giusta osservazione?

Per me lo è stata e quindi completo l’informazione dicendo che gli Artisti presenti in questa prossima puntata rappresentano tutti i continenti del nostro mondo fisico e appassionano tutte le sfere delle nostre emozioni umane.

In ordine sparso, ecco i tag della puntata:Adam Ilyasov; Ajub Ibragimov; Aleem Uddin Arts; Antonio Molina Vasconcelos; Arif Azad Painter; Art Linh; Astra Empele; Chijia He; Daniel Hooper; Ēriks Bāris; Fatima Daudova; Frank W. Tansey; German Vizulis; Guna Oškalna Vējiņa; Heino Blum; Herminia Mesquita; Ismail Akinc; Janis Drozdovs; Kārlis Īle; Kheyrollah Asghari; Lela Geleishvili; Liga Sarah Lapinska; Marcos Robson Mota; Maurizio Pedace; Mehtap Guler; Melinda Horvath; Migel Piñero; Milena Petrarca; Milo Shor; Mirjana Milanovic; Nancy Avellina; Nunzia Zambardi; Olga Ivanova; Onofre P.P. Pinheiro; Osama Salama; Roalds Dobrovenskis; Rubik Kocharian; Safa Bn; Sasho Kostov; Sayed A. Irfan; Sebastiano Grasso; Sergey Kyrychenko; Soledad Llamas Gonsalez; Spasa Maksimovic; Thamer M. Alhiti; Tomas Fernandez; Valdis Jaunskungs; Valerien Bressy; Vera Roķe; Vilis Vizulis; Yuri Serebryakov; Zara Ilyasova, Nicola Pantalone, Bruno Mancini, Gaetano Di Meglio, Mariapia Ciaghi, Dalila Boukhalfa, Antonio Mencarini, Roberto Prandin, Valentina Gavrish, Domenico Umbro, Raffaele Pagliaruli, Maria Luisa Neri, Alessandra Albo, Maddalena Foschetti, Eleonora Corti, Michele Benvenisti, Sveva Corallo, Alessandro Rosace, Federico Casazza, Lucia Fusco.

 

Tutto ciò, sempre con le costanti e determinanti collaborazioni dell’Associazione ADA di Dalila Boukhalfa, del quotidiano IL DISPARI di Gaetano Di Meglio, della Casa editrice IL SEXTANTE e il magazine EUDONNA di Mariapia Ciaghi, e di tutti i Presidenti delle sedi operative DILA.

Pietro-Sciandra, il Tigre della trasmissione “Avanti un altro” di Paolo Bonolis legge l’antologia “Magari un’emozione”.

Tania Urizar Guatemala – Istituto italiano di cultura – con una nostra antologia

DILA

OTTO MILIONI

VIRUSISCHIA

 

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