Il Dispari 20211101 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211101 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211101

Il Dispari 20211101 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211101 – Redazione culturale DILA

Dal libro di Bruno Mancini “Per Aurora volume terzo”
La sesta firma

Prima puntata

Capitolo primo

«Quand’ero piccolo andavo in bicicletta e non sapevo andarci.
I pedalini mi scivolavano e cascavo.
E qualcuno mi raccattava

Ora sono grande vado in bicicletta e so andarci.
Le ruote veloci slittano e casco.
E non voglio essere raccattato.

Capitolo secondo

Respiravo ancora gli odori senza nomi, fluttuanti, sottili e sgargianti, che disordinatamente si erano accavallati negli squarci di porte lasciate socchiuse dal barcollante Petrus durante le ore di grande intensità emotiva da poco terminate.
La splendida serie di riconoscimenti con i quali la sera prima, il tre agosto, “La Signora” (per me amica Aurora), aveva voluto premiare la mia scoperta del gravissimo errore gestionale (che se non fosse stato corretto in tempo sarebbe risultato oltremodo nocivo alla reputazione di cui lei era fiera, nonché pericoloso per le attività connesse alle delicate funzioni dirigenziali del suo ruolo), e mi riferisco al titolo di

“Grande Super Guida Delle Praterie Tra L’Essere E Il Nulla”,

alla nomina di

“Cittadino Onorario Con Le Chiavi Del Regno”,

all’assegnazione di

“Un Bonus, Cioè Un Supplemento Di Vitalità”,

al dono di

“Una Bacchetta Da Direttore D’Orchestra”,

aveva impresso un sigillo determinate, non solo sul mio presente, ma anche sulla mia vita futura.

Trucidi plebei (moscoviti, marocchini, del mio quartiere, o forse di terre sconosciute), avevano profuso, nel lontano palazzo dal quale ero tornato, accordi olfattivi disarmonici rispetto ai composti insiemi di ricercate essenze vaporizzate con isterica altezzosità da nobili decaduti lì presenti.

Dico trucido, e penso al bagnino ischitano diventato famoso per essere stato, negli anni cinquanta, la controfigura di un super eroe della cinematografia americana.
Dico nobile, e vedo tre ricchissime baronesse in un angolo appartato della pasticceria Italia, una bionda una bruna ed una di bassa statura, contendersi, per tirchieria, briciole di torta alla crema vaniglia e cioccolato.

Non solo l’olfatto impregnava la tollerante attenzione che aveva seguito guardinga i miei passi nel regno d’Aurora, ma anche tutti gli altri sensori della mia macchina corporale conservavano frammenti decisamente significativi di quelle atmosfere che potrei definire profetiche.
Donne dalla grande bocca, ed altre con capelli rosso fuoco, il servitore indecente, un principino del forellino, bambocci dai nasi moccolosi, la bella statuina, mani di fata, ectoplasmi frignanti “Lei non sa chi sono io”, bonazze umane siliconate, uomini in camici neri, figure femminili ricoperte da bianchi teli, tanti altri invocanti “Fratelli, pregate!”, il mostro in mostra, la mostra, e poi passerelle di star siliconate e parate silenziose di coppole siciliane… tutti presenti in una bagarre senza fine.

Chiamatemi l’uomo dell’eccesso, oppure, se volete, l’ultimo kamikaze della libidine mentale infinita.

Quando solleverò la bocca dal fiero pasto…
Il culo non entra nel pugno.
Il pugno non entra nel culo.

Non si sfugge alle regole di convivenza esistenti in qualsiasi aggregato formato da elementi viventi.
Formiche, uomini, o marziani, poco cambia, in quanto essi stabiliscono la liceità di particolari comportamenti, imponendoli ai membri aderenti ad ognuna delle loro formazioni associative. Senza distinzioni.

Nonostante siano rappresentate mediante varie configurazioni, tutte le scelte d’aggregazione proteggono e tutelano i delicati meccanismi di autodifesa strutturati, nel tempo, da innumerevoli generazioni.
Nei loro quartieri i turchi, negli alveari le api, i microbi i vermi i lunatici, i senza pettegolezzi, gli automobilisti, i medici, i sorci verdi, le marpione, i narratori, i narrati, i Renato pittore barbiere, i venditori di gelati patatine sandali magliette cinesi africane indonesiane, i ridicoli ipse dixit, le tigri del Bengala, i bengalesi, i costruttori di bengala, i cacciatori di tesori, i predicatori, le amebe i sarcodini i flagellati, le religiose le odalische le sacerdotesse le soldatesse le oratrici le professoresse le leonesse le mogli, le “Io sono”, le pulci del letto del cane del gatto dell’orto del lago del porto.

Cioè.

Qualsiasi stratificazione di un insieme composto da esseri viventi gestisce se stesso con un codice di comportamento collettivo.
Ad un simile calderone di forme sensoriali passivamente recepite, si aggiungeva, con poca opportunità, una malcelata insopportabile percezione di sentirmi condizionato dall’invasione del super elettromagnetismo.
Intorno ad ogni singolo palazzo che frequentiamo, i confini fisici delle pareti, pur variamente delineati, non regolano il traffico enorme di onde emesse da strutture diffuse su gran parte del pianeta che ci ospita.

Né, tanto meno, a flussi intercontinentali di elettroni, oppure a segnali provenienti da fonti collocate in differenti galassie, è mai in alcun modo impedito l’accesso agli ambienti della nostra quotidianità; quantunque essi siano, nella stragrande maggioranza, rilevabili con immediatezza da sistemi ed apparecchiature d’intercettazione quasi elementari.
Da quanti regolamenti era saturato, in quell’attimo – ora – giorno, il mini cosmo della stanza – botte – cisterna – serbatoio inesauribile per le mie bevute di birre popolari?

Da una parte ero conscio di potere assumere i connotati di un soggetto attivo, ed utilizzare la facoltà di spedire i miei sms al tropico di tutti i cancri e capricorni quando solo lo avessi voluto, ma poi subito dopo, senza concedermi una tregua, la certezza di essere lì a ricevere serie stratosferiche di bip invisibili (non udibili -intoccabili – esistenti, ma che un attimo dopo, nell’identico luogo, sarebbero risultati assenti, pur essendo ancora presenti sotto un’altra forma), mi confondeva in maniera ossessiva.
Sbalordito dalla certa consapevolezza che i medesimi bip erano, nello stesso tempo, anche in altri luoghi!

Già queste si configuravano come situazioni di palese impotenza.
Inoltre, in quelle prime ore di calma apparente, successiva al mio arrivo sull’isola, anche altri intrighi, ingorghi ed inquietanti paradossi, osarono inseguirmi, strisciando come bisce ondeggianti ed ondulanti tra ombre del vero e del falso, fino nel bunker silenzioso delle indescrivibili e mai descritte mattanze di fredde birre gialle super popolari.

Erano lì a sfidarmi.

Li avevo davanti alle palpebre semichiuse per il travaglio del viaggio, pronti alla lotta ed agevolati dalla stanchezza mentale che mi aveva oppresso per la precedente notte quasi insonne.
Il divertimento di schizzarne le ipotetiche simbologie, con la fresca lacca acetonica che stava accomodando sulle mie unghie la professionista bolognese giunta a ritemprarmi con massaggi e trattamenti vari, era una forte tentazione: è vero, mi tentava.
Come puntare sul trentasei rosso al tavolo di Venezia San Remo Montecarlo Montevico Montecitorio Montecristo Montevergine.

Non sempre è possibile adagiarsi negli eccessi, abbandonarsi alle lusinghe della semplicità, non sempre dovevo fare ciò che volevo, né mai avrei voluto fare ciò che dovevo.
Scodellavo il tempo tra il rosso e il nero, il dispari e il pari di una scelta assurda tra libertà e ragione, sbattute entrambe sul tavolo, come “fiero pasto”, da parte dei padroni mentali che mi squarciavano sbudellavano seviziavano sezionavano.

La ragazza bolognese, portò un ultimo ritocco al lavoro di ripristino delle rughe che invecchiavano i miei occhi, raccolse i pochi suoi attrezzi, ci augurò buon proseguimento con un sorriso a tutta bocca, ed uscì accostando la porta delicatamente.
Geltrude, con molta discrezione, provvide a controllare la chiusura degli infissi.

Tolse la biancheria dalla lavatrice. La stese, formando una meticolosa ragnatela multicolore, pluriforme, sgocciolante ed odorosa per i fiori e gli oli peruviani che componevano le scaglie di sapone grezzo usato nel lavaggio.
Geltrude, nata nella Sardegna isola mondo universo.
Geltrude: due gambe di venti soli centimetri, arcuate verso l’esterno delle caviglie oltre ogni soluzione proponibile dalla scienza che si occupa della deambulazione umana.

La sua odissea l’aveva voluta sbarcare un giorno senza data, sconfitta ed affranta, tra le quattro mansioni di cui necessitavano i lenti giri della mia ruota quotidiana.

Il Dispari 20211101 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211101 – Redazione culturale DILA

“Per Aurora volume terzo”: Language‎ Italian, Paperback ‎ 166 pages, ISBN-10 =‎ 1409282015. ISBN-13 =‎ 978-1409282013,Item Weight 308 g, Dimensions‎ 15.24 x 1.07 x 22.86 cm. in una nuova edizione con tutte le copie numerate e firmate dall’autore, è prenotabile al prezzo di 16 euro, comprese spese di spedizione in Italia, scrivendo a dila@emmegiischia.com

Il Dispari 20211101 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211101 – Redazione culturale DILA

Per Aurora volume terzo di Bruno Mancini

Il Dispari 20211101 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211101 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211025 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211025

Cerimonia di premiazione decima edizione del
Premio di Arti varie “Otto milioni” 2021

La cerimonia di premiazione della decima edizione del Premio internazionale di arti varie “Otto Milioni”, si terrà a Roma, sabato 20 novembre 2021 alle ore 18 nello spazio magico “Interno 4″ di Chiara Pavoni in via Della Lungara 44.

In tale occasione saranno presentate le due antologie collegate al premio.
La prima, dal titolo”XEdizione”, contiene tutte le opere di arti grafiche e tutti i testi delle poesie finaliste delle rispettive due sezioni del Premio, oltre a contributi culturali proposti da Artisti di varie discipline; la seconda, dal titolo “Sinfonia con l’Africa due”, realizzata in sinergia con l’Associazione algerina “ADA” di Dalila Boukhalfa, presenta una raccolta di Artisti internazionali i cui testi sono stati tradotti in diverse lingue: arabo, francese, inglese, lettone e russo.

Durante la premiazione saranno consegnati gli attestati artisticamente decorati in oro dalla pittrice Milena Petrarca già vincitrice della sezione Arti grafiche del Premio in oggetto.

Come è facilmente comprensibile, perdurando l’incertezza sulle restrizioni imposte per il contenimento della pandemia COVID, e in considerazione dello spazio disponibile, la partecipazione all’incontro potrà avvenire solo previa prenotazione che dovrà essere approvata da Chiara Pavoni nella sua qualità di organizzatrice dell’evento, e che dovrà essere richiesta (anche tramite e-mail a dila@emmegiischia.com) entro il 15 novembre.

I primi cinque classificati delle due sezioni, saranno avvisato in privato e, se decideranno di essere presenti alla cerimonia, otterranno l’accesso garantito per due persone.
L’evento avrà, comunque, un interessante sviluppo on-line con trasmissione in streaming delle fasi salienti consistenti nelle premiazioni, in interviste e in letture di testi.

Un caloroso ringraziamento va riservato, fin da ora, alla attrice Chiara Pavoni che, non solo metterà a disposizione il suo spazio magico “Interno 4” con tutta la sua organizzazione in una situazione piuttosto problematica, ma svolgerà anche funzioni di Madrina speciale della cerimonia in nome e per conto della nostra Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA”.

La decima edizione del Premio “Otto milioni” articolato in due sezioni, poesia e arti grafiche, è stato, anche questa volta, organizzata dall’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA” con la collaborazione della testata giornalistica IL DISPARI di Gaetano Di Meglio, dell’Associazione algerina ADA di Dalila Boukhalfa, del magazine EUDONNA e della casa editrice IL SEXTANTE di Mariapia Ciaghi,

Convinti che tutti i premiati saranno in prima linea per diffondere i progetti culturali Made in Ischia e che ne vorranno far parte ancora per il futuro, concludiamo questa decima edizione del Premio “Otto milioni” complimentandoci con i finalisti.

SEZIONE POESIA:

Angela Maria Tiberi, Anita Ķēķe, Anita Zvaigzne, Anna Rancāne, Broņislava Dzene, Eduards Aivars, Elīna Zālīte, Elita Viškere, Emanuela Eleonora Di Stefano, Eva Mārtuža,
Flora Rucco, Ināra Gaile, Ingrīda Zaķe, Invar El-Voron, Janis Jan Zarins, Liga Sarah Lapinska,
Ligija Kovaļevska, Luciana Capece, Lucio Rinaldini, Mairita Ķērpe-Dūze, Maria Francesca Mosca, Milena Petrarca, Modris Andžāns, Natalina Stefi, Orietta Bellomo, Rosaria Zizzo, Vera Roķe, Viesturs Āboliņš, Virginio Sannino.

SEZIONE ARTI GRAFICHE

Abu Pahaev, Adam Ilyasov, Ajub Ibragimov, Alessia Gaveglia, Art Linh, Astra Empele, Chijia He, Daniel Hooper, Dita Dīķe, Ēriks Bāris, Frank W. Tansey, German Vizulis, Gianfranco Cilento, Guillermo Lopez Alonso De Linaje, Guna Oškalna-Vējiņa, Heino Blum, Herminia Mesquita, Ingvar El Raven, Jeanfilip, Jelena Plotnikova, Kārlis Īle, Liene Liepiņa, Liga Lapinska, Makka Ilyasova, Miguel Pinero, Milena Petrarca, Miriana Milanovic, Nunzia Zambardi, Osama Salama, Safa Bn, Sebastiano Grasso, Sergey Kyrychenko, Sigal Bali, Simasilver Konya, Thamer M. Alhiti, Tomas Fernandez, Valerien Bressy, Vera Roķe, Vilis Vizulis, Yair Aharon, Yuri Serebryakov, Zara Ilyasova.

IO FUI MORTALE
Poesie sessuate di Bruno Mancini (2005 – 2009)

Si potrebbe agevolmente iniziare e concludere la presentazione di questo volume aggiungendo a poesia l’aggettivo “vera”, peraltro di difficile collocazione nella moltitudine di voci che si muovono incontrollate attraverso la quasi infinita prateria contenuta nel recinto della Poesia.

Oppure si potrebbe equiparare la discontinua plasticità dei toni espressi nelle liriche proposte, con le note a volte quasi imperative ma anche effimere, fragili e fuggevoli, dei migliori spartiti di George Gershwin, oppure amalgamare le parole con le quali lo scrittore c’induce a godere per il peso di continue emozioni, con i decisi colpi di pennello con cui un grande sognatore ad occhi aperti come Paul Cézanne immortalava scorci in apparenza anonimi di borghi e di esistenze.

È il tempo il suo sospiro.

Il sospiro poetico di Bruno Mancini è il tempo, che pur non mostrandosi con battiti d’ali improvvisi, s’incunea nella sua vita come un turbine entro il quale la sua anima si trova a fissare volti indefiniti, in antitesi ed in lotta contro ignoti mausolei, mentre, in assoluta autonomia, sentimenti irrefrenabili proseguono nella loro essenza, precisi e chiari, attenti a riempire ogni minimo attimo, quasi fossero regolati da un orologio svizzero.

Mancini è in una quotidiana altalena tra il suo “sono” ed il suo “voglio”, intanto che, appena un palmo sotto di lui, l’erba delle vicissitudini che sfuggono al controllo continua a muoversi pur senza trasmettergli segnali di certezze.

La turbolenta semplicità del suo porgersi in una dimensione umana e per niente fittizia nell’elaborazione culturale induce, chi lo conosce personalmente, a spostare sempre con maggiore evidenza l’attenzione verso l’essenza della realtà esistenziale che egli esprime, piuttosto che andare incontro solo alla proiezione fantastica realizzata dai suoi scritti.

Così, infine, è la sua immagine “reale” – più che la lettura delle sue poesie, più che la serie dei volumi pubblicati o degli attestati di stima ricevuti, più che tanti ricordi delle incantevoli seducenti malie proposte dalle recitazioni dei suoi versi -, l’accattivante essenza che lascia affermare la convinzione con la quale ho iniziato ad elaborare questo articolo scrivendo di essere in presenza di un volume di “vera” poesia.

Macroscopiche assoluzioni
per chiodi infissi nella mia coscienza,
Padre,
con benna estirpo ad una ad una
tra scricchiolanti cantilene,
e strascico avvolti
in folti fogli fitti di poesie,
Madre, nel nostro tempo d’inutili menzogne.

Né sia truce in questi occhi non più asprigni
lo sguardo austero dei tuoi decreti,
Padre, nel banno affisso sul muro di gomma
impiastricciato dalle mie storie fascinose,
dov’io m’illudo
in voglie e volti in veglie,
Madre,
fra dolci inganni che non sono tradimenti.

Ci sia indulgenza se non perdono
per la mano che respinge i miei sorrisi
per la mano che raccoglie le mie lacrime.

Io fui mortale.

Ignazio di Frigeria

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

                   Pubblicazione antologia Arti Varie “X Edizione”

Desidero comunicarvi che, anche in questo tribolato anno 2021, l’antologia made in Ischia abbinata al premio internazionale “Otto milioni” è disponibile per la diffusione con ISBN 9781291252408
su
https://www.lulu.com/it/shop/bruno-mancini/decima-edizione/paperback/product-d48dzn.html?page=1&pageSize=4

Già sapete che è intitolata XEdizione.
Nella presentazione del libro è scritto che:

Accingendomi a scrivere questo breve testo di presentazione del volume che raccoglie, o meglio, fa da sponda alle opere di arti grafiche e alle poesie finaliste della decima edizione del Premio internazionale “Otto milioni” 2021, mi sono immediatamente trovato ad essere arbitro impegnato ad assegnare un primato tra la qualità del contenuto del libro e la storia, complessa ed innovativa che è alla base del Premio e, di rimando, della serie antologica ad esso collegata.

Nel dubbio, esprimo sinteticamente entrambe le riflessioni.

Questa antologia “XEdizione” ricalca il solco ben delineato da tutte quelle che l’hanno preceduta, essendo stata impostata con la determinazione di chi crede che l’Arte non sia appannaggio di pochi adepti e che ciò valga sia rispetto agli Artisti “produttori” e sia nei confronti dei beneficiati “clienti”, comprendendo in questa seconda categoria i critici professionisti, i giornalisti, gli accademici e tutti gli altri addetti ai lavori.

Vi troverete, quindi, opere dalle più svariate caratteristiche tecniche, di ogni livello culturale, e di differenziati impulsi emotivi.

In nessun caso abbiamo apportato modifiche, seppure atte a correggere imperfezioni linguistiche piuttosto evidenti ed elementari, molte delle quali, comunque, sono addebitabili alle traduzioni effettuate da lingue non comuni e alcune delle quali, invece, rappresentano simboliche alterazioni tese all’adeguamento della lingua scritta con quella parlata.

Per noi vale come legge il concetto per il quale nelle antologie troveranno sempre posto sia le opere che ricevano i segni del nostro più alto gradimento, sia tante altre opere che appartengano a sfere non perfettamente il linea con i nostri canoni di piacevolezza artistica.

Il premio “Otto milioni”, da sempre ad iscrizione assolutamente gratuita, suddiviso in sei sezioni (poesia, narrativa, musica, arti grafiche, recitazione, giornalismo) ha attraversato l’ultimo decennio in un crescendo di adesioni che sono state generate da molte centinaia di Artisti, cittadini di numerosissime Nazioni ubicate non solo in Europa ma in quasi tutti i continenti.

Le antologie, nelle quali ogni anno abbiamo pubblicati i florilegi delle opere finaliste, hanno ottenuto notevoli consensi e riconoscimenti, tanto da essere pubblicate, in alcuni anni, in oltre 5000 copie, e tanto da essere esposte nel book store del Castello Sforzesco di Milano in occasione delle ultime edizioni del BookCity.

Per questi e per altri simili motivi siamo ottimisti nel ritenere che, terminata la lettura, potrete compiacervi di averla iniziata!”

Questo è l’elenco, in ordine alfabetico, degli Artisti partecipanti

Abu Pahaev, ADA, Adam Ilyasov, Adriana Vitali Veronese, Ajub Ibragimov, Alessia Gaveglia, Angela Maria Tiberi, Angelo Malandruccolo, Anita Ķēķe, Anita Zvaigzne, Art Linh, Astra Empele, Broņislava Dzene, Bruno Mancini, Chiara Pavoni, Chijia He, Dalila Boukhalfa, Daniel Hooper, Dita Dīķe, Domenico Umbro, Eduards Aivars, Elīna Zālīte, Elita Viškere, Emanuela Di Stefano, Ēriks Bāris, Eudonna, Eva Mārtuža, Flora Rucco, Frank W. Tansey, German Vizulis, Gianfranco Cilento, Gianluigi Filippini – Jeanfilip, Giovanna Santoro, Guillermo L. De Linaje, Guna Oškalna-Vējiņa, Heino Blum, Herminia Mesquita, Il Dispari, Il Sextante, Ināra Gaile, Ingrīda Zaķe, Ingvar El Raven, Janis Jan Zarins, Jelena Plotnikova, Kārlis Īle, Liene Liepiņa, Liga Sarah Lapinska, Ligija Kovaļevska, Lorena Sarra, Lucia Fusco, Luciana Capece, Lucio Rinaldini, M. L. De Berardinis, Mairita Ķērpe-Dūze, Makka Ilyasova, Maria Francesca Mosca, Maria Luisa Neri, Miguel Pinero, Milena Petrarca, Miriana Milanovic, Modris Andžāns, Natalina Stefi, Nunzia Zambardi, Orietta Bellomo, Osama Salama, Paola Occhi, Rachid Marif, Raffaele Pagliaruli, Rezarta Dyrmyshi, Roberto Prandin, Rosaria Zizzo, Safa Bn, Santina Amici, SE.RA.DA., Sebastiano Grasso, Senouci Bereksi, Sergey Kyrychenko, Sigal Bali, Simasilver Konya, Stefano Degli Abbati, Thamer M. Alhiti, Tina Bruno, Tomas Fernandez, Valerien Bressy, Vera Roķe, Viesturs Āboliņš, Vilis Vizulis, Virginio Sannino, Yair Aharon, Yuri Serebryakov, Zara Ilyasova.

Potrete guardarne le copertine e leggerne le caratteristiche di stampa accedendo a
https://www.emmegiischia.com/wordpress/xedizione/

Scrivendo a dila@emmegiischia.com potrete acquistarne una copie al prezzo di copertina, ossia 22€, usufruendo della spedizione gratuita in Italia.

Questa promozione è valida fino ad esaurimento delle copie stampate per la prima edizione.

Grazie per la vostra attenta partecipazione ai progetti culturali dell’Associazione “Da Ischia L’Arte – DILA”.

Bruno Mancini                
Presidente DILA

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

CS |DILA rinuncia al BOOKCITY 2021

Cari amici,
nonostante tanta buona volontà e tanta disponibilità a sacrifici economici ed organizzativi, devo comunicarvi che non parteciperemo alla già programmata edizione 2021 di Bookcity, a causa di una serie di circostanze che, messe insieme, hanno fortemente sfavorita la nostra iniziativa.

Mi riferisco a tutte le obbligazioni e a tutte le limitazioni imposte dalle norme anti covid, penalizzanti in rapida successione sia noi stessi, sia la nostra Associazione DILA e sia la stessa struttura organizzativa di Bookcity.

Non vi tedio con il loro elenco ma, per completezza di informazione, trascrivo qui di seguito il testo della e-mail con la quale ho comunicato a BCM21 la definitiva rinuncia alla nostra partecipazione.

Con un forte augurio del rapido superamento di questo infausto periodo di crisi sanitaria, sociale ed economica, sarà mia cura fornirvi, non appena possibile, tutte le informazioni relative al luogo, alla data e alle modalità di partecipazione dell’evento che ci accingiamo ad organizzare, in sostituzione dell’annullato Bookcity, per effettuare la cerimonia di premiazione dei vincitori delle due sezioni (arti grafiche e poesia) della decima edizione del premio internazionale “Otto milioni”, e per la presentazione della annessa antologia “Xedizione”.

Conto sulla vostra comprensione.

Cari saluti.

Ischia 15 ottobre 2021
Bruno Mancini Presidente DILA

—————–°°°°°°°°°°°°°———————–

Gentilissima Dottoressa […] buongiorno.

Riscontro la sua pregiata e-mail con la quale, dando seguito alle richieste di adesione alla manifestazione Bookcity 2021 proposte dalla nostra Associazione DILA identificabili in

1) “Premio OTTO MILIONI”, giunto alla sesta presenza in BookCity

3) “L’ECO PERMANENTE”, giunto alla terza presenza in BookCity

2) “SINFONIA CON L’AFRICA”, giunto alla seconda presenza  in BookCity

ci comunica la collocazione del Premio Otto Milioni nel Centro Commerciale Bonola in data 2021-11-19 alle ore 11:00 (sezione NARRATIVA E POESIA Narrativa, Premi letterari), aggiungendo che potrebbero ancora avvenire delle variazioni perché le sedi possono chiedervi qualche modifica di rilievo.

Desidero innanzitutto ringraziare Lei in particolare per la buona considerazione con la quale ha accolta anche quest’anno la nostra Associazione DILA, e per l’inserimento nel palinsesto BCM21 di almeno uno dei nostri tre progetti, nonostante le indubbie limitazioni alle quale deve adeguarsi anche BookCity, ma subito dopo, con molto rammarico, devo chiederle di volere annullare l’evento in oggetto a causa di una sopravvenuta serie di circostanze le quali, messe insieme, hanno fortemente sfavorita tale nostra iniziativa.

Nella prospettiva di un rapido superamento di questo infausto periodo di crisi sanitaria, sociale ed economica, formulo l’auspicio di potere riprendere la collaborazione già a partire dalla prossima edizione 2022.

Ringraziando Le porgo i più cordiali saluti.

Bruno Mancini
Presidente DILA

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

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Il Dispari 20211013 – Redazione culturale DILA – ASL Vergogna

Il Dispari 20211013

Il Dispari 20211013 – Redazione culturale DILA - ASL Vergogna  

Il Dispari 20211013 – Redazione culturale DILA – ASL Vergogna

Cittadini anziani e malati costretti ad inenarrabili odissee

VERGOGNA ASL, 126 GIORNI DI

ATTESA CON I POLMONI IN MANO

Ugo De Rosa

ISCHIA

Che l’Asl Napoli 2 Nord mostri chiari segnali di inefficienza era già palese. Che i vertici della sanità se ne freghino delle esigenze dei pazienti e dei loro familiari anche. Ma i due casi che riportiamo certamente fanno restare allibiti e dimostrano che siamo di fronte ad una vera “perversione” amministrativa o burocratica che sia.

Comportamenti che non tengono in alcun conto delle patologie da cui sono affetti i pazienti, dall’età. dei disagi a cui sono costretti per affrontare vere e proprie peripezie, anzi odissee.

Veniamo al caso di un signore di 78 anni con certificazione di invalidità totale e in fase di controllo per un tumore curato con chemioterapia, radio eccetera. Dopo circa un anno di assenza da qualsiasi controllo, evidentemente causa pandemia, ha ritenuto necessario interpellare il suo medico di base affinché gli indicasse il percorso sanitario da effettuare.

Un controllo dopo un anno è assolutamente necessario, ma vediamo in ordine cronologico cosa ha dovuto affrontare il cittadino (e il suo purtroppo non è di certo l’unico caso…)

Una vera odissea, come detto, come emerge dalle sue parole:

1) Visita del medico di famiglia che mi rilascia ricetta per “Visita oncologica”

2) Accedo al CUP per ottenere la data dell’impegnativa della visita

3) Accedo all’ambulatorio adibito alla “Visita Oncologia”, dal quale mi viene prescritta un serie di analisi e una tac

4) Ritorno dal medico di famiglia per tramutare in ricette le prescrizioni derivate dalla “Visita Oncologica”

5) Con le ricette del medico di famiglia, accedo al centro adibito alle analisi e alla tac che mi comunica che per le analisi le prestazioni in convenzione sono sospese a tempo indeterminato, mentre per la tac è necessario presentare “Modello informativo e consenso ad esecuzione di esame radiologico con mezzo di contrasto (MDC) per via iniettiva” debitamente compilato e firmato dal medico curante, oltre ai seguenti accertamenti da portare il giorno dell’esame: azotemia, glicemia, creatinemia eGFR, QPE ed esame elettrocardiografico.

6) Quindi dovrò tornare dal medico di famiglia per acquisire il modello e le ricette per gli esami richiesti

7) Poi dovrò tornare all’ambulatorio per prenotare le analisi e la tac

8) Poi, dopo avere ottenuto per intero le analisi di azotemia, glicemia, creatinemia eGFR, QPE e l’esame elettrocardiografico, potrò effettuare le analisi richieste per la tac

9) Infine, forse, potrò effettuare la tac… restando in attesa che vengano rifinanziate le analisi attualmente sospese per completare le richieste della “visita oncologica”.

10) Ovviamente, poiché la validità delle ricette è di un mese, è molto probabile che, nel momento in cui verranno riprese le attività in convenzione, io debba rifare tutta la precedente procedura…”

Tutto questo, lo ribadiamo, a danno di un paiente oncologico di 7 anni. Ma anche ne avesse avuti 90 e fosse stato in fin di vita, per i vertici della nostra sanità non sarebbe cambiato nulla.

QUATTRO MESI DI

ATTESA

E che dire di un altro caso, sempre relativo a una visita pneumologica?

Che le prestazioni sanitarie erogate dalla ASL della Campania siano un motivo di sommo discredito verso le Istituzioni nazionali e una sciagura per i cittadini è ormai un dato di fatto. Certamente confermato dai numerosi episodi di cui un po’ tutti siamo vittime e testimoni, diretti o indiretti. Questa è la sanità di De Luca. Ed infatti non è cambiato nulla rispetto al passato, compreso il budget peer le analisi in convenzione che si esaurisce ben prima del termine dell’anno solare.

Se qualcuno nutrisse ancora dubbi, ecco cosa è accaduto proprio in questi giorni: una semplice visita pneumologica resa disponibile ad oltre quattro mesi di distanza dalla prenotazione. La visita prenotata l’11 ottobre 2021, è stata fissata per il 14 febbraio 2022, ossia dopo126 giorni!

Se questo non è modo per dire a cittadini che senza i soldi necessari per accedere alla medicina privata (tanti soldi!) possono anche morire, certamente è un sistema infame di discriminazione assolutamente contrario ad ogni norma di civiltà ed alla stessa Costituzione italiana.

Perché così il diritto alla salute, tanto sbandierato in tempi di pandemia, viene calpestato. E non ci si trinceri sempre dietro la comoda scusa del Covid che ha allungato i tempi per giustificare disfunzioni che registravamo anche prima dell’emergenza sanitaria, Siamo sempre stati in emergenza…

E poi dobbiamo anche sopportare il vergognoso spettacolo di presidenti, sceriffi, (governatori), e direttori più o meno generali che si pavoneggiano in TV per i risultati ottenuti con, a loro dire, enormi sforzi ed impegni personali.

Se questi sono i risultati dovrebbero andarsene tutti a casa oggi stesso.

Il Dispari 20211013 – Redazione culturale DILA - ASL Vergogna  

Il Dispari 20211013 – Redazione culturale DILA – ASL Vergogna

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DILA

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Il Dispari 20211025 – Redazione culturale DILA

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Il Dispari 20211025

Cerimonia di premiazione decima edizione del
Premio di Arti varie “Otto milioni” 2021

La cerimonia di premiazione della decima edizione del Premio internazionale di arti varie “Otto Milioni”, si terrà a Roma, sabato 20 novembre 2021 alle ore 18 nello spazio magico “Interno 4″ di Chiara Pavoni in via Della Lungara 44.

In tale occasione saranno presentate le due antologie collegate al premio.
La prima, dal titolo”XEdizione”, contiene tutte le opere di arti grafiche e tutti i testi delle poesie finaliste delle rispettive due sezioni del Premio, oltre a contributi culturali proposti da Artisti di varie discipline; la seconda, dal titolo “Sinfonia con l’Africa due”, realizzata in sinergia con l’Associazione algerina “ADA” di Dalila Boukhalfa, presenta una raccolta di Artisti internazionali i cui testi sono stati tradotti in diverse lingue: arabo, francese, inglese, lettone e russo.

Durante la premiazione saranno consegnati gli attestati artisticamente decorati in oro dalla pittrice Milena Petrarca già vincitrice della sezione Arti grafiche del Premio in oggetto.

Come è facilmente comprensibile, perdurando l’incertezza sulle restrizioni imposte per il contenimento della pandemia COVID, e in considerazione dello spazio disponibile, la partecipazione all’incontro potrà avvenire solo previa prenotazione che dovrà essere approvata da Chiara Pavoni nella sua qualità di organizzatrice dell’evento, e che dovrà essere richiesta (anche tramite e-mail a dila@emmegiischia.com) entro il 15 novembre.

I primi cinque classificati delle due sezioni, saranno avvisato in privato e, se decideranno di essere presenti alla cerimonia, otterranno l’accesso garantito per due persone.
L’evento avrà, comunque, un interessante sviluppo on-line con trasmissione in streaming delle fasi salienti consistenti nelle premiazioni, in interviste e in letture di testi.

Un caloroso ringraziamento va riservato, fin da ora, alla attrice Chiara Pavoni che, non solo metterà a disposizione il suo spazio magico “Interno 4” con tutta la sua organizzazione in una situazione piuttosto problematica, ma svolgerà anche funzioni di Madrina speciale della cerimonia in nome e per conto della nostra Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA”.

La decima edizione del Premio “Otto milioni” articolato in due sezioni, poesia e arti grafiche, è stato, anche questa volta, organizzata dall’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA” con la collaborazione della testata giornalistica IL DISPARI di Gaetano Di Meglio, dell’Associazione algerina ADA di Dalila Boukhalfa, del magazine EUDONNA e della casa editrice IL SEXTANTE di Mariapia Ciaghi,

Convinti che tutti i premiati saranno in prima linea per diffondere i progetti culturali Made in Ischia e che ne vorranno far parte ancora per il futuro, concludiamo questa decima edizione del Premio “Otto milioni” complimentandoci con i finalisti.

SEZIONE POESIA:

Angela Maria Tiberi, Anita Ķēķe, Anita Zvaigzne, Anna Rancāne, Broņislava Dzene, Eduards Aivars, Elīna Zālīte, Elita Viškere, Emanuela Eleonora Di Stefano, Eva Mārtuža,
Flora Rucco, Ināra Gaile, Ingrīda Zaķe, Invar El-Voron, Janis Jan Zarins, Liga Sarah Lapinska,
Ligija Kovaļevska, Luciana Capece, Lucio Rinaldini, Mairita Ķērpe-Dūze, Maria Francesca Mosca, Milena Petrarca, Modris Andžāns, Natalina Stefi, Orietta Bellomo, Rosaria Zizzo, Vera Roķe, Viesturs Āboliņš, Virginio Sannino.

SEZIONE ARTI GRAFICHE

Abu Pahaev, Adam Ilyasov, Ajub Ibragimov, Alessia Gaveglia, Art Linh, Astra Empele, Chijia He, Daniel Hooper, Dita Dīķe, Ēriks Bāris, Frank W. Tansey, German Vizulis, Gianfranco Cilento, Guillermo Lopez Alonso De Linaje, Guna Oškalna-Vējiņa, Heino Blum, Herminia Mesquita, Ingvar El Raven, Jeanfilip, Jelena Plotnikova, Kārlis Īle, Liene Liepiņa, Liga Lapinska, Makka Ilyasova, Miguel Pinero, Milena Petrarca, Miriana Milanovic, Nunzia Zambardi, Osama Salama, Safa Bn, Sebastiano Grasso, Sergey Kyrychenko, Sigal Bali, Simasilver Konya, Thamer M. Alhiti, Tomas Fernandez, Valerien Bressy, Vera Roķe, Vilis Vizulis, Yair Aharon, Yuri Serebryakov, Zara Ilyasova.

IO FUI MORTALE
Poesie sessuate di Bruno Mancini (2005 – 2009)

Si potrebbe agevolmente iniziare e concludere la presentazione di questo volume aggiungendo a poesia l’aggettivo “vera”, peraltro di difficile collocazione nella moltitudine di voci che si muovono incontrollate attraverso la quasi infinita prateria contenuta nel recinto della Poesia.

Oppure si potrebbe equiparare la discontinua plasticità dei toni espressi nelle liriche proposte, con le note a volte quasi imperative ma anche effimere, fragili e fuggevoli, dei migliori spartiti di George Gershwin, oppure amalgamare le parole con le quali lo scrittore c’induce a godere per il peso di continue emozioni, con i decisi colpi di pennello con cui un grande sognatore ad occhi aperti come Paul Cézanne immortalava scorci in apparenza anonimi di borghi e di esistenze.

È il tempo il suo sospiro.

Il sospiro poetico di Bruno Mancini è il tempo, che pur non mostrandosi con battiti d’ali improvvisi, s’incunea nella sua vita come un turbine entro il quale la sua anima si trova a fissare volti indefiniti, in antitesi ed in lotta contro ignoti mausolei, mentre, in assoluta autonomia, sentimenti irrefrenabili proseguono nella loro essenza, precisi e chiari, attenti a riempire ogni minimo attimo, quasi fossero regolati da un orologio svizzero.

Mancini è in una quotidiana altalena tra il suo “sono” ed il suo “voglio”, intanto che, appena un palmo sotto di lui, l’erba delle vicissitudini che sfuggono al controllo continua a muoversi pur senza trasmettergli segnali di certezze.

La turbolenta semplicità del suo porgersi in una dimensione umana e per niente fittizia nell’elaborazione culturale induce, chi lo conosce personalmente, a spostare sempre con maggiore evidenza l’attenzione verso l’essenza della realtà esistenziale che egli esprime, piuttosto che andare incontro solo alla proiezione fantastica realizzata dai suoi scritti.

Così, infine, è la sua immagine “reale” – più che la lettura delle sue poesie, più che la serie dei volumi pubblicati o degli attestati di stima ricevuti, più che tanti ricordi delle incantevoli seducenti malie proposte dalle recitazioni dei suoi versi -, l’accattivante essenza che lascia affermare la convinzione con la quale ho iniziato ad elaborare questo articolo scrivendo di essere in presenza di un volume di “vera” poesia.

Macroscopiche assoluzioni
per chiodi infissi nella mia coscienza,
Padre,
con benna estirpo ad una ad una
tra scricchiolanti cantilene,
e strascico avvolti
in folti fogli fitti di poesie,
Madre, nel nostro tempo d’inutili menzogne.

Né sia truce in questi occhi non più asprigni
lo sguardo austero dei tuoi decreti,
Padre, nel banno affisso sul muro di gomma
impiastricciato dalle mie storie fascinose,
dov’io m’illudo
in voglie e volti in veglie,
Madre,
fra dolci inganni che non sono tradimenti.

Ci sia indulgenza se non perdono
per la mano che respinge i miei sorrisi
per la mano che raccoglie le mie lacrime.

Io fui mortale.

Ignazio di Frigeria

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

                   Pubblicazione antologia Arti Varie “X Edizione”

Desidero comunicarvi che, anche in questo tribolato anno 2021, l’antologia made in Ischia abbinata al premio internazionale “Otto milioni” è disponibile per la diffusione con ISBN 9781291252408
su
https://www.lulu.com/it/shop/bruno-mancini/decima-edizione/paperback/product-d48dzn.html?page=1&pageSize=4

Già sapete che è intitolata XEdizione.
Nella presentazione del libro è scritto che:

Accingendomi a scrivere questo breve testo di presentazione del volume che raccoglie, o meglio, fa da sponda alle opere di arti grafiche e alle poesie finaliste della decima edizione del Premio internazionale “Otto milioni” 2021, mi sono immediatamente trovato ad essere arbitro impegnato ad assegnare un primato tra la qualità del contenuto del libro e la storia, complessa ed innovativa che è alla base del Premio e, di rimando, della serie antologica ad esso collegata.

Nel dubbio, esprimo sinteticamente entrambe le riflessioni.

Questa antologia “XEdizione” ricalca il solco ben delineato da tutte quelle che l’hanno preceduta, essendo stata impostata con la determinazione di chi crede che l’Arte non sia appannaggio di pochi adepti e che ciò valga sia rispetto agli Artisti “produttori” e sia nei confronti dei beneficiati “clienti”, comprendendo in questa seconda categoria i critici professionisti, i giornalisti, gli accademici e tutti gli altri addetti ai lavori.

Vi troverete, quindi, opere dalle più svariate caratteristiche tecniche, di ogni livello culturale, e di differenziati impulsi emotivi.

In nessun caso abbiamo apportato modifiche, seppure atte a correggere imperfezioni linguistiche piuttosto evidenti ed elementari, molte delle quali, comunque, sono addebitabili alle traduzioni effettuate da lingue non comuni e alcune delle quali, invece, rappresentano simboliche alterazioni tese all’adeguamento della lingua scritta con quella parlata.

Per noi vale come legge il concetto per il quale nelle antologie troveranno sempre posto sia le opere che ricevano i segni del nostro più alto gradimento, sia tante altre opere che appartengano a sfere non perfettamente il linea con i nostri canoni di piacevolezza artistica.

Il premio “Otto milioni”, da sempre ad iscrizione assolutamente gratuita, suddiviso in sei sezioni (poesia, narrativa, musica, arti grafiche, recitazione, giornalismo) ha attraversato l’ultimo decennio in un crescendo di adesioni che sono state generate da molte centinaia di Artisti, cittadini di numerosissime Nazioni ubicate non solo in Europa ma in quasi tutti i continenti.

Le antologie, nelle quali ogni anno abbiamo pubblicati i florilegi delle opere finaliste, hanno ottenuto notevoli consensi e riconoscimenti, tanto da essere pubblicate, in alcuni anni, in oltre 5000 copie, e tanto da essere esposte nel book store del Castello Sforzesco di Milano in occasione delle ultime edizioni del BookCity.

Per questi e per altri simili motivi siamo ottimisti nel ritenere che, terminata la lettura, potrete compiacervi di averla iniziata!”

Questo è l’elenco, in ordine alfabetico, degli Artisti partecipanti

Abu Pahaev, ADA, Adam Ilyasov, Adriana Vitali Veronese, Ajub Ibragimov, Alessia Gaveglia, Angela Maria Tiberi, Angelo Malandruccolo, Anita Ķēķe, Anita Zvaigzne, Art Linh, Astra Empele, Broņislava Dzene, Bruno Mancini, Chiara Pavoni, Chijia He, Dalila Boukhalfa, Daniel Hooper, Dita Dīķe, Domenico Umbro, Eduards Aivars, Elīna Zālīte, Elita Viškere, Emanuela Di Stefano, Ēriks Bāris, Eudonna, Eva Mārtuža, Flora Rucco, Frank W. Tansey, German Vizulis, Gianfranco Cilento, Gianluigi Filippini – Jeanfilip, Giovanna Santoro, Guillermo L. De Linaje, Guna Oškalna-Vējiņa, Heino Blum, Herminia Mesquita, Il Dispari, Il Sextante, Ināra Gaile, Ingrīda Zaķe, Ingvar El Raven, Janis Jan Zarins, Jelena Plotnikova, Kārlis Īle, Liene Liepiņa, Liga Sarah Lapinska, Ligija Kovaļevska, Lorena Sarra, Lucia Fusco, Luciana Capece, Lucio Rinaldini, M. L. De Berardinis, Mairita Ķērpe-Dūze, Makka Ilyasova, Maria Francesca Mosca, Maria Luisa Neri, Miguel Pinero, Milena Petrarca, Miriana Milanovic, Modris Andžāns, Natalina Stefi, Nunzia Zambardi, Orietta Bellomo, Osama Salama, Paola Occhi, Rachid Marif, Raffaele Pagliaruli, Rezarta Dyrmyshi, Roberto Prandin, Rosaria Zizzo, Safa Bn, Santina Amici, SE.RA.DA., Sebastiano Grasso, Senouci Bereksi, Sergey Kyrychenko, Sigal Bali, Simasilver Konya, Stefano Degli Abbati, Thamer M. Alhiti, Tina Bruno, Tomas Fernandez, Valerien Bressy, Vera Roķe, Viesturs Āboliņš, Vilis Vizulis, Virginio Sannino, Yair Aharon, Yuri Serebryakov, Zara Ilyasova.

Potrete guardarne le copertine e leggerne le caratteristiche di stampa accedendo a
https://www.emmegiischia.com/wordpress/xedizione/

Scrivendo a dila@emmegiischia.com potrete acquistarne una copie al prezzo di copertina, ossia 22€, usufruendo della spedizione gratuita in Italia.

Questa promozione è valida fino ad esaurimento delle copie stampate per la prima edizione.

Grazie per la vostra attenta partecipazione ai progetti culturali dell’Associazione “Da Ischia L’Arte – DILA”.

Bruno Mancini                
Presidente DILA

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

CS |DILA rinuncia al BOOKCITY 2021

Cari amici,
nonostante tanta buona volontà e tanta disponibilità a sacrifici economici ed organizzativi, devo comunicarvi che non parteciperemo alla già programmata edizione 2021 di Bookcity, a causa di una serie di circostanze che, messe insieme, hanno fortemente sfavorita la nostra iniziativa.

Mi riferisco a tutte le obbligazioni e a tutte le limitazioni imposte dalle norme anti covid, penalizzanti in rapida successione sia noi stessi, sia la nostra Associazione DILA e sia la stessa struttura organizzativa di Bookcity.

Non vi tedio con il loro elenco ma, per completezza di informazione, trascrivo qui di seguito il testo della e-mail con la quale ho comunicato a BCM21 la definitiva rinuncia alla nostra partecipazione.

Con un forte augurio del rapido superamento di questo infausto periodo di crisi sanitaria, sociale ed economica, sarà mia cura fornirvi, non appena possibile, tutte le informazioni relative al luogo, alla data e alle modalità di partecipazione dell’evento che ci accingiamo ad organizzare, in sostituzione dell’annullato Bookcity, per effettuare la cerimonia di premiazione dei vincitori delle due sezioni (arti grafiche e poesia) della decima edizione del premio internazionale “Otto milioni”, e per la presentazione della annessa antologia “Xedizione”.

Conto sulla vostra comprensione.

Cari saluti.

Ischia 15 ottobre 2021
Bruno Mancini Presidente DILA

—————–°°°°°°°°°°°°°———————–

Gentilissima Dottoressa […] buongiorno.

Riscontro la sua pregiata e-mail con la quale, dando seguito alle richieste di adesione alla manifestazione Bookcity 2021 proposte dalla nostra Associazione DILA identificabili in

1) “Premio OTTO MILIONI”, giunto alla sesta presenza in BookCity

3) “L’ECO PERMANENTE”, giunto alla terza presenza in BookCity

2) “SINFONIA CON L’AFRICA”, giunto alla seconda presenza  in BookCity

ci comunica la collocazione del Premio Otto Milioni nel Centro Commerciale Bonola in data 2021-11-19 alle ore 11:00 (sezione NARRATIVA E POESIA Narrativa, Premi letterari), aggiungendo che potrebbero ancora avvenire delle variazioni perché le sedi possono chiedervi qualche modifica di rilievo.

Desidero innanzitutto ringraziare Lei in particolare per la buona considerazione con la quale ha accolta anche quest’anno la nostra Associazione DILA, e per l’inserimento nel palinsesto BCM21 di almeno uno dei nostri tre progetti, nonostante le indubbie limitazioni alle quale deve adeguarsi anche BookCity, ma subito dopo, con molto rammarico, devo chiederle di volere annullare l’evento in oggetto a causa di una sopravvenuta serie di circostanze le quali, messe insieme, hanno fortemente sfavorita tale nostra iniziativa.

Nella prospettiva di un rapido superamento di questo infausto periodo di crisi sanitaria, sociale ed economica, formulo l’auspicio di potere riprendere la collaborazione già a partire dalla prossima edizione 2022.

Ringraziando Le porgo i più cordiali saluti.

Bruno Mancini
Presidente DILA

Il Dispari 20211018 – Redazione culturale DILA

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Il Dispari 20211013 – Redazione culturale DILA – ASL Vergogna

Il Dispari 20211013

Il Dispari 20211013 – Redazione culturale DILA - ASL Vergogna  

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Cittadini anziani e malati costretti ad inenarrabili odissee

VERGOGNA ASL, 126 GIORNI DI

ATTESA CON I POLMONI IN MANO

Ugo De Rosa

ISCHIA

Che l’Asl Napoli 2 Nord mostri chiari segnali di inefficienza era già palese. Che i vertici della sanità se ne freghino delle esigenze dei pazienti e dei loro familiari anche. Ma i due casi che riportiamo certamente fanno restare allibiti e dimostrano che siamo di fronte ad una vera “perversione” amministrativa o burocratica che sia.

Comportamenti che non tengono in alcun conto delle patologie da cui sono affetti i pazienti, dall’età. dei disagi a cui sono costretti per affrontare vere e proprie peripezie, anzi odissee.

Veniamo al caso di un signore di 78 anni con certificazione di invalidità totale e in fase di controllo per un tumore curato con chemioterapia, radio eccetera. Dopo circa un anno di assenza da qualsiasi controllo, evidentemente causa pandemia, ha ritenuto necessario interpellare il suo medico di base affinché gli indicasse il percorso sanitario da effettuare.

Un controllo dopo un anno è assolutamente necessario, ma vediamo in ordine cronologico cosa ha dovuto affrontare il cittadino (e il suo purtroppo non è di certo l’unico caso…)

Una vera odissea, come detto, come emerge dalle sue parole:

1) Visita del medico di famiglia che mi rilascia ricetta per “Visita oncologica”

2) Accedo al CUP per ottenere la data dell’impegnativa della visita

3) Accedo all’ambulatorio adibito alla “Visita Oncologia”, dal quale mi viene prescritta un serie di analisi e una tac

4) Ritorno dal medico di famiglia per tramutare in ricette le prescrizioni derivate dalla “Visita Oncologica”

5) Con le ricette del medico di famiglia, accedo al centro adibito alle analisi e alla tac che mi comunica che per le analisi le prestazioni in convenzione sono sospese a tempo indeterminato, mentre per la tac è necessario presentare “Modello informativo e consenso ad esecuzione di esame radiologico con mezzo di contrasto (MDC) per via iniettiva” debitamente compilato e firmato dal medico curante, oltre ai seguenti accertamenti da portare il giorno dell’esame: azotemia, glicemia, creatinemia eGFR, QPE ed esame elettrocardiografico.

6) Quindi dovrò tornare dal medico di famiglia per acquisire il modello e le ricette per gli esami richiesti

7) Poi dovrò tornare all’ambulatorio per prenotare le analisi e la tac

8) Poi, dopo avere ottenuto per intero le analisi di azotemia, glicemia, creatinemia eGFR, QPE e l’esame elettrocardiografico, potrò effettuare le analisi richieste per la tac

9) Infine, forse, potrò effettuare la tac… restando in attesa che vengano rifinanziate le analisi attualmente sospese per completare le richieste della “visita oncologica”.

10) Ovviamente, poiché la validità delle ricette è di un mese, è molto probabile che, nel momento in cui verranno riprese le attività in convenzione, io debba rifare tutta la precedente procedura…”

Tutto questo, lo ribadiamo, a danno di un paiente oncologico di 7 anni. Ma anche ne avesse avuti 90 e fosse stato in fin di vita, per i vertici della nostra sanità non sarebbe cambiato nulla.

QUATTRO MESI DI

ATTESA

E che dire di un altro caso, sempre relativo a una visita pneumologica?

Che le prestazioni sanitarie erogate dalla ASL della Campania siano un motivo di sommo discredito verso le Istituzioni nazionali e una sciagura per i cittadini è ormai un dato di fatto. Certamente confermato dai numerosi episodi di cui un po’ tutti siamo vittime e testimoni, diretti o indiretti. Questa è la sanità di De Luca. Ed infatti non è cambiato nulla rispetto al passato, compreso il budget peer le analisi in convenzione che si esaurisce ben prima del termine dell’anno solare.

Se qualcuno nutrisse ancora dubbi, ecco cosa è accaduto proprio in questi giorni: una semplice visita pneumologica resa disponibile ad oltre quattro mesi di distanza dalla prenotazione. La visita prenotata l’11 ottobre 2021, è stata fissata per il 14 febbraio 2022, ossia dopo126 giorni!

Se questo non è modo per dire a cittadini che senza i soldi necessari per accedere alla medicina privata (tanti soldi!) possono anche morire, certamente è un sistema infame di discriminazione assolutamente contrario ad ogni norma di civiltà ed alla stessa Costituzione italiana.

Perché così il diritto alla salute, tanto sbandierato in tempi di pandemia, viene calpestato. E non ci si trinceri sempre dietro la comoda scusa del Covid che ha allungato i tempi per giustificare disfunzioni che registravamo anche prima dell’emergenza sanitaria, Siamo sempre stati in emergenza…

E poi dobbiamo anche sopportare il vergognoso spettacolo di presidenti, sceriffi, (governatori), e direttori più o meno generali che si pavoneggiano in TV per i risultati ottenuti con, a loro dire, enormi sforzi ed impegni personali.

Se questi sono i risultati dovrebbero andarsene tutti a casa oggi stesso.

Il Dispari 20211013 – Redazione culturale DILA - ASL Vergogna  

Il Dispari 20211013 – Redazione culturale DILA – ASL Vergogna

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Il Dispari 20211011 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211011

Il Dispari 20211011 – Redazione culturale DILA

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Chiara Pavoni intervista Claudio Benenati

nuovo amico dei progetti DILA Made in Ischia

Chiara Pavoni, artista e regista, nonché Presidente delle Sedi operative DILA per la Nazione Francia e per la Regione Calabria, intervista il fotografo Claudio Benenati in esclusiva per IL DISPARI.

D:- «Come sei venuto in contatto con l’Associazione DILA e cosa rappresenta Ischia per te?”

R:- «Sono venuto a conoscenza Dell’Associazione DILA il giorno in cui, nello scorso mese di agosto, sono stato contattato per realizzare un servizio fotografico da utilizzare come copertina per il quotidiano IL DISPARI.
Di Ischia ho un caro ricordo fin da ragazzo, ossia da quando la visitai per la prima volta con la famiglia. Paesaggi magnifici immersi nella storia millenaria di un’isola incantevole.»

D:- «Perché hai iniziato a scattare?»

R:- «La passione per la fotografia l’ho sempre avuta fin da piccolo.
Fotografavo qualsiasi cosa: architetture, paesaggi, animali e dettagli.
Paradossalmente non scattavo alle persone, un po’ per timidezza, un po’ per evitare di far brutti incontri.
Tutto è cambiato quando alla fine di una mostra fotografica fatta insieme all’associazione di fotografia Atlante di Pinerolo (TO), di cui faccio parte, un membro si complimentò per gli scatti realizzati con un’amica che in quell’occasione si prestò come modella, spingendomi a continuare a scattare con le persone. Seguii il consiglio e da 2 anni e mezzo scatto con modelle professioniste o semplicemente persone che hanno il piacere di realizzare un servizio fotografico.»

D:- «Come programmi un shooting?»

R:- «Solitamente con la modella ragioniamo sul genere da trattare.
Di conseguenza chiedo alla persona almeno 3 abiti più o meno attinenti al servizio che realizzeremo e i possibili accessori che arricchiranno lo scatto.
Non chiedo mai roba troppo vistosa, preferisco scatti che puntino sulla semplicità ed eleganza.
In base al genere scelgo una o più location vicine in cui realizzare gli scatti.
In alcune occasioni, partecipano anche make-up artist che possono aiutare a rendere la modella più adatta allo scatto.
Qualche giorno dopo lo shooting, la modella ha tutte le foto che sono state realizzate.»

D:- «In che senso l’arte aiuta a pensare ed a mettere in comunicazione le persone?»

R:- L’arte ci sprona a essere creativi e tale pensiero, se condiviso con altri, ci aiuta a intrecciare rapporti sia professionali che di amicizia.
L’idea di far qualcosa di diverso dal solito nudo o intimo (dove per carità, una bella ragazza in queste circostanze non fa mai male agli occhi!) è uno stimolo a cercare di pensare a come potersi cimentare per raggiungere tale obiettivo.
Per esempio, l’anno in cui seguii il consiglio a iniziare a scattare con modelle, il tema scelto dall’associazione era: “Ama l’arte”.
La sera stessa già ci stavo pensando su e a un certo punto mi venne da dire: “Perché non rappresentare con una persona alcune forme d’arte come la recitazione, la pittura, la musica, la danza e l’arte circense?”. Tempo un mese, avevo già gli scatti che mi sarebbero stati utili per la mostra.»

D:- «Luoghi abbandonati e poesia: perché sono così evocativi?»

R:- «Penso che ogni luogo abbandonato, che sia un castello, resort, discoteca o altro ancora, abbia una sua storia e un proprio fascino.
A volte si cerca di creare una continuità con la storia del posto, tramite i propri scatti che possono essere, quindi, un segno del nostro passaggio e forse un contributo per i futuri fotografi.»

D:- «Arte e bellezza: raccontaci il tuo punto di vista.»

R:- “Credo che l’una non possa esistere senza l’altra.
Da che mondo è mondo, si è sempre cercati di giungere alla bellezza attraverso le varie forme dell’arte.
Per me l’eleganza dello scatto, la posa della modella e la sua espressione, che può evidenziare tutti i possibili stati d’animo, sono piccoli aspetti per il raggiungimento della bellezza, chiaramente soggettiva, quindi ci sarà sempre qualcuno che, secondo altri canoni di bellezza, criticherà il tuo scatto.»

D:- «Come immagini il tuo futuro d’artista?»

R:- «Possibilmente apprezzato finché sono ancora in vita!
A parte gli scherzi, spero in una maggiore partecipazione nel mondo dell’arte/spettacolo e di essere notato, perché no, da qualche VIP che voglia essere immortalato da me, tipo Pierfrancesco Favino o Alberto Angela, di quest’ultimo seguace fin da ragazzino.»

D:- «Ti ringraziamo per la cortese disponibilità di questa intervista e ti invitiamo, fin da ora, a partecipare con la tua arte fotografica ad un prossimo evento di moda, di poesia, di musica, di recitazione e di arti visive che, con la mia Direzione Artistica, l’Associazione “Da Ischia L’Arte DILA” ha intenzione di realizzare beneficiando del patrocinio di questo quotidiano IL DISPARI di Gaetano Di Meglio e con la collaborazione della Casa Editrice IL SEXTANTE di Mariapia Ciaghi e dell’Associazione algerina ADA di Dalila Boukhalfa.»

R:- «Certamente potrete contare sulla mia partecipazione. Grazie.»

Chiara Pavoni

Il Dispari 20211011 – Redazione culturale DILA

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DA ISCHIA L’ARTE – DILA (con Angela Maria Tiberi e Flora Rucco)

nella organizzazione della Mostra di Intercultura “L’eternità dell’Arte”

L’Assessore alla Cultura del Comune di Benevento, Rossella Del Prete, e la “Compagnia Balletto di Benevento” di Carmen Castiello hanno inaugurata, lunedì 9 agosto presso la “Sala delle Volte di Santa Caterina” di Palazzo Paolo V a Benevento, la Mostra di Intercultura “L’eternità dell’Arte”.

L’evento espositivo è stato organizzato dalla Compagnia Balletto di Benevento con l’Associazione “IBDART PEACE (Creatività in Arte e Pace) – Arts for Peace in the Mediterranean”, Antonella Rizzo, Angela Maria Tiberi (Presidente nazione Italia per conto dell’Associazione culturale “Da Ischia L’Arte – DILA“), Flora Rucco (Vice Presidente DILA Regione Lazio), Ghada Soliman, Roberto Ricci e Aya Soliman, con la compartecipazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Benevento e il patrocinio morale della Provincia di Benevento, di OEAEC Belgique TV, dell’OEAEC-Belgique (Organisation Euro-arab pour l’échange culturel) da Bruxelles, degli Ambassadors Network Of Quality and Excellance, dell’Associazione B.R.I.O e dell’APS Amici dei Musei e Dei Beni Culturali del Sannio.

Nel corso dell’inaugurazione, sono intervenuti l’Assessore alla Cultura e Istruzione del Comune di Benevento, Rossella Del Prete, e la Direttrice della “Compagnia Balletto di Benevento”, Carmen Castiello.

La Mostra “L’Eternità’ Dell’ARTE”, ad ingresso gratuito, è stata inserita nel tabloid della Compagnia “Balletto di Benevento” che il 9 agosto ha presentato al Teatro Romano l’evento “ETERNITÀ Dante e il Visibile danzare”, due giornate di esilarante spettacolo sulla Divina Commedia a Benevento, inserite nel Cartellone della rassegna “Benevento con Dante”.

Vi hanno partecipato i pittori Yaqeen Alshadhan, Halla AL Moussui, Liugi Ballarin, Melina Cesarano,Emanuela De Franceschi, Rossella De Stefano, Giusy Giustino, Brindusha Murariu, Patrizia Pansi, Angela Rucco, Flora Rucco (Vice Presidente DILA Regione Lazio), Giovenale Tresca, Paola Iotti, Kayo Sato, Olivera Jonovic; il fotografo Galal ElMissary; i poeti Nino Nemo, Flora Rucco, Marco Fattibene, Assem Megahed.

Al lusinghiero successo di critica e di pubblico, Il DISPARI aggiunge i vivi complimenti di questa Redazione.

Il Dispari 20211011 – Redazione culturale DILA

Il Dispari 20211011 – Redazione culturale DILA

DILA

NUSIV

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Opera da tre soldi

Opera da tre soldi

di BERTOLT BRECHT

Titolo originale Die Dreigroschenoper

Collaboratori: E. Hauptmann, K. Wall Traduzione di Emilio Castellani

Giulio Einaudi Editore – Torino

PERSONAGGI

Macheath

detto Mackie Messer

Gionata Geremia Peachum

proprietario della ditta « L’Amico del Mendicante »

Celia Peachum

sua moglie

Polly Peachum

sua figlia

Brown

capo della polizia di Londra

Lucy

sua figlia

Jenny delle Spelonche

Smith

Il reverendo Kimball

Filch

Un cantastorie

Mattia

Giacobbe

Roberto
Ede componenti della banda di Macheath

Jimmy

Walter

Prostitute

Guardie

Prologo

La veridica storia di Machie Messer

Fiera annuale nel quartiere di Soho.

I mendicanti mendicano, i ladri rubano, le puttane puttaneggiano. Un cantastorie canta una delle sue storie.

Quanti denti ha il pescecane

e a ciascun li fa veder,

e Macheath, lui ci ha il coltello

ma chi mai lo può saper?

Sbrana un uomo il pescecane

ed il sangue si vedrà.

Mackie ha un guanto sulla mano,

nessun segno resterà.

Sul Tamigi verde e fondo

molti a un tratto cascan giù.

Non è peste né colera,

è Macheath che va su e giù.

In un bel mattino azzurro

giace un morto sullo Strand

e qualcuno svolta in fretta.

Ha per nome: Mackie Messer.

E Schmul Maier un dì sparisce

e tanti altri ricchi al par.

Mackie ha in tasca i lor denari,

nessun può testimoniar.

Jenny Towler l’han trovata

un coltel ficcato in cuor.

Mackie Messer va a passeggio,

non gl’importa di saper.

E Alfons Glite il vetturale

che un bel giorno si eclissò?

Chi ne sa più di tant’altri?

Mackie Messer certo no.

E l’incendio dove un vecchio

con sei piccoli perì.

Nella folla c’è anche Mackie,

che è per caso giunto lì.

E la giovin vedovella

il cui nome ognun sa

dir agguantata appena sveglia

Mackie, come andò a finir?

Dal crocchio delle prostitute si ode una risata; una se ne distacca e si allontana rapida attraversando tutta la piazza.

Jenny delle Spelonche Quello era Mackie Messer!

ATTO PRIMO

I.

Per ovviare al sempre crescente inasprimento degli umani, il commerciante Peachum aveva aperto un negozio, nel quale i miserrimi tra i miseri potevano procurarsi un aspetto capace di smuovere i cuori più incalliti.

Il guardaroba da mendicanti di Gionata Geremia Peachum.

CORALE MATTUTINO DI PEACHUM.

Su, svegliati, marcia canaglia:

la vita del vizio ti aspetta.

Dimostra il peccato ch’hai in corpo.

Iddio, tu lo sai, non ha fretta.

Tradisci il fratello, tu Giuda!

E vendi la moglie, tu verme!

Dio vede, nessuno s’illuda,

il giorno dell’ira verrà.

Peachum (al pubblico) Bisogna che succeda qualcosa di nuovo. Il lavoro che faccio è troppo difficile, perché il mio lavoro consiste nell’eccitare la compassione umana. Vi sono alcune cose — poche! — capaci di commuovere l’uomo, alcune poche, ma il male è che, se le usate di frequente, perdono il loro effetto. Perché gli uomini hanno la tremenda facoltà di rendersi di punto in bian­co insensibili a proprio piacimento. Così per esempio avviene che un uomo, che veda un altro uomo fermo all’angolo di una strada con un moncherino al braccio, la prima volta resti così turbato da dargli senz’altro dieci penny; ma la seconda volta gli dà soltanto cinque penny, e se lo vede una terza volta, lo consegna tran­quillamente alla polizia. Lo stesso accade con le risorse di ordine morale. (Un grande cartello con la scritta « 1l dare è più felice del prendere » cala dall’alto sulla sce­na). A che servono le più belle, le più infocate massime, dipinte su allettantissimi cartelli, se vanno così presto fuori d’uso? Nella Bibbia vi sono quattro o cinque massime capaci di toccare il cuore; ma, quando se n’è cavata tutta l’efficacia, si è subito alla fame. Guardate per esempio questa: «Date, e vi sarà dato»: son tre settimane che è appesa qui, ed è già logora. Appunto, bisogna sempre offrire qualcosa di nuovo, bisogna con­tinuare a spremerlo dalla Bibbia; ma quanto potrà ancora durare?

Bussano alla porta; Peachum apre; entra un giovinotto di nome Filch.

Filch Peachum & C?

Peachum Peachum.

Filch È lei il proprietario della ditta « L’Amico del Mendicante »? Mi han detto di venire da lei. Che belle massime! Ce n’è un capitale! Dica un po’, ne ha una bi­blioteca, di questa roba? Davvero, qualcosa di speciale, Noi – già, a gente come noi non passerebbe neanche per la testa, e poi, senza istruzione, l’impresa come potrebbe prosperare?

Peachum Il suo nome?

Filch Vede, signor Peachum, fin dalla gioventù sono sempre stato sfortunato. Mia madre era un’ubriacona, mio padre giocava. Fin dai primi anni abbandonato ame stesso, senza la mano amorosa di una madre, sono scivolato sempre più in basso nel fango della metropoli. Non ho conosciuto cure paterne, non la benefica dolcezza di un focolare. E così mi vede…

Peachum E così la vedo…

Filch (confuso) … sfornito di mezzi e abbandonato ai miei istinti.

Peachum Come un rottame in alto mare, eccetera. Dica un po’, rottame, in quale distretto recita la sua filastrocca?

Filch Come, signor Peachum?

Peachum Voglio dire, tiene pubblicamente questa conferenza?

Filch Già, ecco, signor Peachum, ieri ci fu un piccolo in­cidente in Highland Street. Me ne stavo, tranquillo e mesto, fermo all’angolo della via, col cappello in mano, senza sospettare di nulla…

Peachum (sfoglia un taccuino) Highland Street. Già già, precisamente. Tu sei quel birbaccione beccato ieri da Honey e da Sam. Molestavi sfacciatamente i passanti nel decimo distretto. Ci siamo limitati a un carico di botte, perché si poteva supporre che non conoscessi le norme del buon vivere. Se però ti ci fai pescare un’altra volta, useremo il segaccio. Capito?

Filch Sì, sì, signor Peachum. Ma allora, mi dica, cosa devo fare? Quei due signori, dopo avermi ridotto ad un livido solo, m’han dato l’indirizzo del suo negozio. Se mi togliessi la giacca, le sembrerebbe di vedere un baccalà.

Peachum Caro mio, finché non sembrerai un pesce-pas­sera, dovrò giudicare che i miei uomini siano stati di una negligenza scandalosa. Guarda un po’! Arriva fre­sco fresco ‘sto torso di cavolo, e crede che gli basti al­lungar la zampa per averci la sua bistecca bell’e servita. Che cosa diresti, se uno volesse pescare nel tuo stagno le trote più buone?

Filch Ecco, signor Peachum, veramente… io non ho uno stagno.

Peachum Insomma, la licenza viene concessa solo ai pro­fessionisti. (Mostra con sussiego una pianta della città) Londra è divisa in quattordici distretti. Chiunque abbia intenzione di esercitare in uno di essi l’arte del mendi­cante, deve avere una licenza della ditta Gionata Gere­mia Peachum & C. Già, se no, potrebbero mettercisi tutti – tutti, con la storia di essere in preda ai loro istinti…

Filch Signor Peachum, ormai pochi scellini mi separano dalla completa rovina. Bisogna provvedere in qualche modo, con due scellini in tasca…

Peachum Venti scellini.

Filch Signor Peachum! (Indica piangendo un cartello con la scritta: « Non chiudere il tuo orecchio all’appello del misero»).

Peachum indica la tenda di un armadio, dove sta scritto: «Date e vi sarà dato! »

Filch Dieci scellini.

Peachum E il cinquanta per cento su ogni liquidazione settimanale. Con fornitura del corredo, settanta per cento.

Filch Scusi, e il corredo in che consiste?

Peachum Questo lo decide la ditta.

Filch In quale distretto potrei essere ammesso?

Peachum Dal 2 al 104 di Baker Street. Anzi, lì la tariffa è inferiore: solo il cinquanta per cento con fornitura del corredo.

Filch D’accordo. (Paga).

Peachum Il nome?

Filch Carlo Filch.

Peachum Bene. (Grida) Signora Peachum!

(Entra la Signora Peachum).

Questo è Filch. Numero trecentoquattordici. Distretto Baker Street. Faccio io l’iscrizione nel registro. Naturalmente, vorrà incominciare il lavoro subito, prima della festa per l’incoronazione: è la sola oc­casione che si possa cogliere in tutta una vita umana per rimediare qualcosetta. (Scosta la tenda di un armadio: appaiono cinque manichini di cera).

Filch Che cosa sono?

Peachum I cinque prototipi della miseria, che hanno la facoltà di commuovere il cuore umano. La vista di questi tipi provoca nell’uomo quello stato d’animo innaturale nel quale egli è disposto a sborsare denaro.

Corredo A: Vittima del progresso dei traffici. L’allegro sciancato, sempre di buon umore (lo rifà), sempre spensierato; l’effetto è accresciuto da un moncherino.

Corredo B: Vittima dell’arte bellica. L’insopportabile uomo dalla tremarella: infastidisce i passanti, fa leva sul ribrezzo (lo rifà); l’effetto è mitigato dalle decorazioni al valore.

Corredo C: Vittima dell’espansione industriale. L’infe­licissimo cieco, ovverossia l’alta scuola dell’accattonaggio.

(Lo rifà, camminando vacillante verso Filch. Nel momento in cui urta contro Filch, questi dà un grido di spavento. Peachum s’interrompe subito, lo squadra sba­lordito e di colpo prorompe)

Ha compassione! Mai e poi mai diventerai un mendicante! Compassione, può averla tutt’al più un passante!

Beh! vediamo il corre­do D! Celia, hai ancora bevuto! E adesso non ci vedi a un palmo dal naso! Il numero centotrentasei si è lamen­tato del suo vestiario. Quante volte devo ripeterti che un gentiluomo non può mettersi addosso degli abiti ler­ci! Il centotrentasei ha pagato un vestiario nuovo di zecca. Le macchie, quelle sì ci vogliono, per destar com­passione, e dovevi farle stirandoci dentro della cera di candele. Sempre senza testa! Devo pensar io a tutto! (A Filch) Svestiti, e indossa questo, ma bada di tenerlo in ordine!

Filch E la mia roba?

Peachum Appartiene alla ditta.

Corredo E: giovanotto che ha visto tempi migliori, oppure nato sotto ben diversi auspici.

Filch Ah, dunque vuol adoperarla ancora! E perché al­lora non posso fare io stesso quello che ha visto tempi migliori?

Peachum Perché, ragazzo mio, se mostri la tua vera mi­seria, nessuno ci crederà. Se hai mal di pancia e lo dici, ottieni un effetto nauseabondo. Del resto, tu non devi far domande: devi solo indossare questi vestiti.

Filch Non sono un po’ sudici? (Peachum lo fulmina con un’occhiata). Scusi, la prego, scusi.

Signora Peachum Beh, piccolo, sbrigati un pochino, non vorrai mica che stia qui a reggerti i pantaloni fino a Natale.

Filch (improvvisamente aggressivo) Ma gli stivali non li tolgo! In nessun caso. Piuttosto non ne faccio nulla. Sono l’unico regalo della mia povera madre, e mai e poi mai, fossi anche all’ultima rovina…

Signora Peachum Meno storie, so benissimo che hai i piedi sporchi.

Filch E dove devo lavarmeli, i piedi? In pieno inverno!

La Signora Peachum lo conduce dietro un paravento, poi si sposta a sinistra e stira un po’ di cera dentro un abito.

Peachum Dov’è tua figlia?

Signora Peachum Polly? Di sopra.

Peachum Di’, ieri è venuto ancora quel tale? Quello che viene sempre quando io non ci sono!

Signora Peachum Non essere così diffidente, Gionata; è un gentleman distintissimo il signor Capitano, e ha molta simpatia per la nostra Polly.

Peachum Ah.

Signora Peachum E se ho solo un briciolo di sale in zucca, anche Polly lo trova molto di suo gusto.

Peachum Celia! Stai sprecando tua figlia, come se io fos­si milionario! Sposarla, adesso! Che cosa credi? Nean­che una settimana tirerebbe avanti il negozio, se questi sporcaccioni di clienti avessero soltanto le nostre gambe da vedere! Uno sposo! Ci terrebbe subito in pugno! Così, guarda! Credi che tua figlia, a letto, sappia tener la bocca chiusa meglio di te?

Signora Peachum Bel concetto hai di tua figlia!

Peachum Il peggiore. Il peggiore possibile. Nient’altro che un cumulo di sensualità.

Signora Peachum Non l’ha certo ereditata da te.

Peachum Sposarsi! Mia figlia deve essere per me quello che è il pane per l’affamato (sfoglia) … lo dice anche la Bibbia, non so più dove. Sposarsi! Dopo tutto, è una tale porcheria. Le farò passar di testa quest’idea.

Signora Peachum Gionata, sei semplicemente ignorante.

Peachum Ignorante! Come si chiama costui?

Signora Peachum Lo chiamano tutti così: il Capitano.

Peachum Ah, dunque non gli avete neppur chiesto il nome? Interessante!

Signora Peachum Non saremo poi così zotiche chiedergli anche il certificato di nascita, dal momento che è stato tanto gentile da invitarci tutt’e due a fare quattro salti all’Albergo della Seppia.

Peachum Dove?

Signora Peachum A fare quattro salti all’Albergo della Seppia.

Peachum Capitano? All’Albergo della Seppia? Toh, toh, toh…

Signora Peachum Tutte le volte che tocca me o mia fi­glia, adopera sempre i guanti glacé!

Peachum I guanti glacé?

Signora Peachum Sì, e del resto lui porta sempre i guan­ti: guanti bianchi glacé.

Peachum Guanti bianchi, e bastone con l’impugnatura d’avorio, e ghette alle scarpe, e scarpe di coppale, e l’aria di dominatore, e una cicatrice…

Signora Peachum Sul collo. Ma tu come lo conosci?

Filch (sguscia fuori dal paravento) Signor Peachum, vor­rei pregarla di assegnarmi anche un tipo: io sono sem­pre per le cose fatte con metodo; non mi vanno i discor­si a casaccio.

Signora Peachum Sì, un metodo, ha ragione.

Peachum Va bene, farà l’idiota. Torna stasera alle sei e sarai istruito a dovere. Gira!

Filch Grazie, signor Peachum, mille grazie. (Via).

Peachum Cinquanta per cento!… E ora ti dirò chi è quel signore coi guanti: è Mackie Messer! (Corre su per la scala verso la camera da letto di Polly).

Signora Peachum Signore Iddio! Mackie Messer! Ge­sù! Gesù mio, tienici la tua santa mano sul capo!… Polly! Dov’è Polly?

Peachum ridiscende lentamente la scala.

Peachum Polly? Polly non è rientrata a casa. Il letto è intatto.

Signora Peachum Allora è andata a cena col mercante di lane. Puoi esserne certo, Gionata.

Peachum Voglia Iddio che sia davvero il mercante di lane!

Peachum e sua moglie si portano davanti al sipario e cantano Luce dorata. L’organetto viene illuminato. Dall’alto scendono tir lampade appese ad una pertica. Sui cartelloni la scritta:

CANZONE DELLA LUNA SOPRA SOHO.

1.

Peachum

Invece di

starsene a casa e rimanere a letto

se ne vanno a zonzo

come se al ritorno li aspettasse un buon pranzo.

Signora Peachum

Questa è la luna sopra Soho,

questo è il maledetto « Senti battere il mio cuore questo »

è il « Dove te n’andrai, là verrò anch’io, Johnny »

se l’amore tien duro e se cresce la luna.

2.

Peachum

Invece di

far qualcosa con un po’ di buon senso

se la spassano

e naturalmente poi finiscono in malora.

A Due

Dov’è la loro luna sopra Soho?

Dov’è il maledetto « Senti battere il mio cuore »

e il « Dove te n’andrai, là verrò anch’io, Johnny »

se l’amore è già finito, e tu resti nei guai?

II.

Nel cuore del quartiere di Soho il bandito Machie Messer festeggia le sue nozze con Polly Peachum, figlia del re dei mendicanti.

Stalla vuota.

Mattia (detto Mattia della Zecca, illumina la stalla, tenen­do una pistola in mano) Ohé, mani in alto, se c’è qualcuno qui dentro!

Macheath entra, fa un giro lungo il proscenio.

Macheath Beh, c’è qualcuno?

Mattia Nessuno! Possiamo festeggiare qui le nostre noz­ze in tutta tranquillità.

Polly (entra in abito nuziale) Ma questa è una stalla!

Macheath Aspetta, Polly, siediti un momento sulla man­giatoia. (Rivolto al pubblico) In questa stalla vengono oggi celebrate le mie nozze con la signorina Polly Peachum, che per amore ha seguito me, allo scopo di divi­dere meco, d’ora in poi, la mia vita.

Mattia Molti a Londra diranno che non avevi mai ri­schiato tanto. Far scappare di casa l’unica figlia del si­gnor Peachum!

Macheath Chi è il signor Peachum?

Mattia Lui certo ti dirà di essere l’uomo più povero di Londra.

Polly Mac, non vorrai per caso festeggiare qui le nostre nozze? Questa è una volgarissima stalla. Come puoi pen­sare di far venire qui il signor parroco? Per di più non è neanche nostra. Davvero, Mac, non dobbiamo incomin­ciare la nostra nuova vita comportandoci come dei la­dri: proprio oggi, il più bel giorno della nostra vita!

Macheath Amor mio, tutto avverrà come tu lo desideri. Nessun sasso farà inciampare il tuo piedino. Tra poco porteranno anche l’arredamento.

Mattia Ecco, arrivano i mobili.

Si sentono arrivare grossi carri; entra una mezza dozzina di per­sone, trasportando tappeti, mobili, stoviglie, ecc. coi quali tra­sformano la stalla in un locale di esagerata eleganza 1¬ *.

Macheath Robaccia.

I sopravvenuti depongono i doni a sinistra, si rallegrano con la sposa, riferiscono allo sposo 2.

Giacobbe (detto Giacobbe Ditauncino) Auguri di ogni bene! Al 14 di Ginger Street c’era gente al primo piano. Abbiam dovuto fare un po’ di fuoco per snidarli.

Roberto (detto Roberto Sega) Auguri di ogni bene. Sul­lo Strand c’è andata di mezzo una guardia.

Macheath Dilettanti.

Ede S’è fatto quel che si poteva, ma tre uomini nel West End non siamo riusciti a salvarli. Auguri di ogni bene.

Macheath Dilettanti. Pasticcioni.

Jimmy Un signore anzianotto s’è buscato qualche cosa. Però niente di serio, credo. Auguri di ogni bene.

Macheath La mia direttiva era: evitare spargimenti di sangue! Mi vien male solo a pensarci. Non sarete mai uomini d’affari! Cannibali, non gente d’affari!

Walter (detto Walter Salicepiangente) Auguri di ogni bene. Il cembalo, bella signora, ancora mezz’ora fa ap­parteneva alla duchessa di Somersetshire.

Polly Ma che mobili sono?

Macheath Ti piacciono questi mobili, Polly?

Polly (piange) Quanta gente che soffre per questi quattro mobili.

Macheath E che mobili! Robaccia! Se ti arrabbi hai tutte le ragioni. Un cembalo di legno di rosa e un sofà rinascimento: imperdonabile! E una tavola? Non c’è neanche una tavola?

Walter Una tavola?

Posano alcune assi sopra le mangiatoie.

Polly Ah, Mac! Come sono infelice! Speriamo almeno che non venga il signor parroco.

Mattia Certo che verrà. Gli abbiamo insegnato la strada con molta precisione.

Walter (porta avanti la tavola) Ecco la tavola!

Macheath (vedendo Polly piangere) Guardate come piange mia moglie! Dove sono le altre sedie? Un cem­balo e niente sedie! Sempre senza testa. Almeno quando festeggio le mie nozze: credete che succeda tutti i gior­ni? Zitto tu, Salicepiangente! Succede tutti i giorni, di­co, che vi affidi qualche incarico? Ed ecco mia moglie subito infelice per colpa vostra.

Ede Cara Polly…

Macheath (con un ceffone gli fa volare il cappello dalla testa)1 «Cara Polly! » Merdoso che non sei altro, ri­petilo ancora e ti caccio la testa in fondo alle budella! S’è mai sentito qualcosa di simile? « Cara Polly! » Ci sei stato a letto assieme, di’?

Polly Ma, Mac!

Ede Te lo giuro…

Walter Gentile signora, se per caso mancasse qualche pezzo al corredo, si può sempre…

Macheath Un cembalo di legno di rosa e niente sedie. (Ride) Che ne dici, sposina?

Polly Non è poi tanto insopportabile.

Macheath Due sedie e un sofà, e gli sposi si siedono sul pavimento!

Polly Già, non ci sarebbe male!

Macheath (aspro) Segare le gambe del cembalo! Presto! Presto!

Quattro Uomini (segano le gambe cantando) Bill Lawgen e Mary Syer mercoledì si son sposati. E quand’erano davanti all’assessore lui non sapeva dov’era il velo della sposa e non sapeva lei come lui si chiamava. Evviva!

Walter Ecco, gentile signora, è finito che ne è venuta fuori anche una panca!

Macheath Adesso potrei pregare i signori di cavarsi di dosso i loro cenci luridi e di vestirsi in maniera decente? In fin dei conti, non è un matrimonio qualunque. E, Polly, posso pregare te di occuparti della cesta della pap­patoria?

Polly È il pranzo di nozze? Tutta roba rubata, Mac?

Macheath Si capisce, si capisce.

Polly E se bussano alla porta e lo sceriffo entra, vorrei proprio sapere, che cosa faresti?

Macheath Allora ti mostrerò quello che fa tuo marito in tal caso.

Mattia Per oggi è escluso. Tutte le guardie a cavallo so­no a Daventry, possiamo esserne sicuri. Venerdì scorte­ranno la regina a Londra per l’incoronazione.

Polly Due coltelli e quattordici forchette! Un coltello per sedia.

Macheath Che fallimento! Avete lavorato come princi­pianti, non come gente esperta! Non avete proprio nes­suna idea degli stili? Dovreste pure saper distinguere il Chippendale dal Louis Quatorze.

La banda ricompare, i suoi componenti vestono eleganti abiti da sera: purtroppo il loro successivo comportamento è tutt’altro che in carattere con questa eleganza.

Walter Ci siamo preoccupati di portare roba del massi­mo pregio. Guarda un po’ che legno! Assolutamente di prim’ordine.

Mattia Ssst! Ssst! Permetta, capitano…

Macheath Polly, vieni qui.

La coppia assume un atteggiamento di circostanza.

Mattia Permetta, capitano, che nel più bel giorno della sua vita, nel pieno fiorire della sua carriera, volevo dire, a questa svolta decisiva, noi le porgiamo i più cordiali e più calorosi auguri di felicità eccetera eccetera. Dio mio, che nausea questo tono affettato. Insomma, per ta­gliar corto (stringe la matto a Mac) su la testa, vecchia carcassa!

Macheath Grazie, Mattia, molto simpatico da parte tua.

Mattia (stringendo la mano a Polly, dopo aver abbracciato commosso Mac) Questa sì è la voce del cuore! Beh, dunque, sempre su con la testa, vecchio gorilla, voglio dire (ghignando) è proprio la testa che non devi lasciar cascare.

Risa fragorose dei convitati. A un tratto Mac, con un fulmineo gesto, stende a terra Mattia.

Macheath Tieni la lingua a posto. Le tue porcherie ri­servale per quella baldracca della tua Kitty.

Polly Mac, non essere così volgare.

Mattia Però dovrei protestare, perché hai dato della baldracca… (Si rialza a fatica).

Macheath Ah, devi protestare?

Mattia E del resto, di fronte a lei non c’è mai caso che mi esca di bocca una porcheria. Ho troppa considera­zione di Kitty. Forse uno della tua risma certe cose non le capisce. E sei proprio tu che vieni a parlarmi di por­cherie! Credi che Lucy non mi abbia detto quello che le hai detto? Io, in confronto, sono un guanto glacé.

Mac lo guarda in faccia.

Giacobbe Andiamo, andiamo, non guastiamo lo sposa­lizio.

Li separano.

Macheath Bello sposalizio, eh, Polly? Canaglie di que­sta fatta hai da vederti intorno, la sera del tuo matrimo­nio. Di’ la verità, non ti saresti aspettata che gli amici di tuo marito lo mortificassero a questo punto! C’è sempre qualcosa da imparare.

Polly Molto carino.

Roberto Ah no, da’ retta! Nessuno ti ha mortificato. Ciascuno potrà pure avere la sua opinione! La sua Kitty vale altrettanto quanto qualunque altra. Beh, adesso, vecchia Zecca, tira fuori il tuo dono di nozze!

Tutti Su, presto, presto!

Mattia (offeso) Ecco.

Polly Oh, un dono di nozze. Lei è molto gentile, caro signor Mattia della Zecca. Guarda, Mac, che bella ca­micia da notte.

Mattia Anche questa magari è una porcheria, eh, Capi­tano?

Macheath Via, via. Non avevo intenzione di offenderti in questo giorno solenne.

Walter E di questo, che ne dite? Chippendale! (Scopre un gigantesco orologio a pendolo Chippendale).

Macheath Quatorze.

Polly Meraviglioso. Che bellezza! Non trovo parola per ringraziarvi delle vostre straordinarie cortesie. Peccato che non abbiamo una casa per tutte queste belle cose, non è vero, Mac?

Macheath Consideralo come un inizio. Ogni inizio è dif­ficile. Grazie mille anche a te, Walter. Beh, adesso sgom­brate questa roba. Si mangia!

Giacobbe (mentre gli altri apparecchiano) Io natural­mente non ho portato niente. (Con calore a Polly) Creda, gentile signora, ne sono molto addolorato.

Polly Caro signor Giacobbe Ditauncino, non è il caso di parlarne.

Giacobbe Gli altri portano regali a più non posso, e io sto qui come un tonto: capisce che situazione? Ma a me va sempre così. Potrei raccontargliene, io, di situazioni! Roba che uno non ci si raccapezza più. Pensi, ho incontrato Jenny delle Spelonche: ehi, le dico, vecchia troia. (Vede tutt’a un tratto Mac ritto dietro di sé, ammutolisce, cambia posto).

Macheath (conduce Polly al suo posto) In un giorno come questo, Polly, non mangerai mai più così bene. Prego!

Tutti siedono a tavola. 4

Ede (accennando al servizio) Bei piatti, Hotel Savoy.

Giacobbe Le uova alla maionese sono di Selfridge. Ci doveva essere anche un mastello di pasticcio di fegato d’oca, ma Jimmy si sentiva un buco da turare, e per la strada se l’è fatto fuori.

Walter Ti pare la maniera, questa, di parlare tra gente per bene?

Jimmy Ede, non ingozzarti così di uova: è un giorno solenne!

Macheath Non c’è nessuno che canti qualche cosa? Qualcosa di dilettevole?

Mattia (scoppiando in una risata che lo fa strangugliare) Dilettevole? Questa sì che è una bella parola! (Sotto un’occhiata fulminante di Mac si risiede imbarazzato).

Macheath (con un manrovescio fa cadere il piatto di mano a uno) Io non avrei ancora voluto che si cominciasse a mangiare. Sarei stato più contento se non vi foste get­tati subito a riempirvi le trippe; mi avrebbe fatto pia­cere che prima ci fosse stato qualcosa di adatto alla cir­costanza. In un giorno come questo si fa sempre qualche cosa del genere.

Giacobbe Per esempio?

Macheath Devo proprio pensare io a tutto? Non pre­tendo mica che mi rappresentiate un’opera. Ma qualco­sa, qualcosa che non sia soltanto intripparvi e dir por­cherie… avreste pur potuto pensarci. Sì, sì, in un gior­no come questo, uno vede che conto può fare dei suoi amici.

Polly Eccellente questo salmone, Mac.

Ede Sì, credo bene che buono così non le sia mai capi­tato di mangiarlo. Da Mackie Messer lo si mangia tutti i giorni. Può dire di essere cascata nel miele. L’ho sem­pre detto, io: Mac è il partito adatto per una ragazza che abbia il senso della grandezza. L’ho detto anche ieri a Lucy.

Polly Lucy? Chi è Lucy, Mac?

Giacobbe (imbarazzato) Lucy? Ah… sa, non deve prenderla tanto sul serio.

Mattia si alza in piedi e si sbraccia a gesticolare dietro Polly per far zittire Giacobbe.

Polly (che lo vede) Ha bisogno di qualcosa? Il sale, forse…? Che cosa voleva dire, signor Giacobbe?

Giacobbe Oh, niente, proprio niente. Davvero, quello che proprio volevo era non dir niente. Mi mangiassi ‘sta maledetta lingua!

Macheath Che cos’hai in mano, Giacobbe?

Giacobbe Un coltello, Capitano.

Macheath E che cos’hai nel piatto?

Giacobbe Una trota, Capitano.

Macheath Ah, e mangi la trota col coltello, nevvero? Giacobbe, è inaudito! Polly, hai mai visto qualcosa del genere? Mangiare il pesce col coltello! Chi si comporta così non è altro che un maiale: mi hai capito, Giacobbe? Impara a vivere. Cara Polly, dovrai vederne di tutti i colori prima di riuscire a cavar qualcosa da questo bran­co di porci. Delicatezza: vi rendete conto, voi, che cosa significa?

Walter Significa delicazzitudine.

Polly Vergogna, signor Walter!

Macheath Dunque, non volete cantare una canzone, qualcosetta da allietare la serata. Deve proprio essere una sera triste, uguale a tutte le altre, una maledetta sera schifosa come sempre! C’è almeno qualcuno alla porta? Anche a questo devo provvedere io? Anche in un gior no come questo devo piantarmi io di sentinella, perché voi possiate starvene dentro e rimpinzarvi a mie spese?

Walter (ingrugnato) Che cosa significa « a mie spese »?

Jimmy Smettila, Walteruccio! Vado io alla porta. E chi volete che venga! (Esce).

Giacobbe \Sarebbe mica male se proprio la sera del pranzo di nozze tutti gli ospiti cascassero in trappola!

Jimmy (entra di corsa) Olà, Capitano, polenta!

Walter Brown-la-Tigre!

Mattia Non dir fesserie, è il reverendo Kimball.

Entra Kimball.

Tutti (vociferando) Buonasera, reverendo Kimball!

Kimball Oh, finalmente vi ho trovati. È un posticino piccolo, ma almeno posiamo i piedi sul nostro.

Macheath Sì, è del duca di Devonshire.

Polly Buongiorno, reverendo. Ah, reverendo, come sono felice che lei, nel più bel giorno della nostra vita…

Macheath Beh, adesso fuori un coro in onore del reverendo Kimball.

Mattia Che ne direste di Bill Lawgen e Mary Syer?

Giacobbe Ma sì, penso che Bill Lawgen potrebbe andare.

Kimball Forza, ragazzi, una cantatina!

Mattia Cominciamo, signori.

Tre uomini si alzano e cantano, esitanti, fiacchi, impacciati.

CANTO NUZIALE DEI POVERI.

Bill Lawgen e Mary Syer

mercoledì si son sposati.

Salute e figli maschi!

E quand’erano davanti all’assessore

lui non sapeva dov’era il velo della sposa

e non sapeva lei come lui si chiamava.

Evviva!

Sa lei quale mestiere fa sua moglie? No!

E la smetterà con cotesta vitaccia? No!

Salute e figli maschi!

Billy Lawgen mi diceva tempo fa:

A me, di lei, me ne basta un pezzetto.

Maiale.

Evviva!

Macheath Tutto qui? Meschino!

Mattia (strangugliandosi di nuovo) Meschino, proprio la parola giusta, signori miei, meschino.

Macheath Zitto, tu!

Mattia Ma sì, volevo dire, nessuno slancio, nessun fuo­co eccetera eccetera.

Polly Signori, se nessuno di voi vuol farci sentire nien­te, allora canterò io una cosetta: imiterò una ragazza che ho veduta una volta in una taverna d’infimo rango a Soho. Faceva la sguattera e, dovete sapere, tutti gli avventori la prendevano in giro; e allora lei gli rivolgeva la parola e diceva certe cose, che sentirete quando ve le canterò. Ecco, mettiamo che questo sia il piccolo banco dietro il quale essa stava da mattina a sera (dovete figurarvelo orribilmente sudicio); che questo sia il secchio e questo il cencio col quale rigovernava i bicchieri. Do­ve voi state seduti, stavano seduti i clienti che la prende­vano in giro. Anche voi potete ridere, perché sia pro­prio uguale; ma se non volete, fa lo stesso. (Comincia a fingere di rigovernare i bicchieri e a borbottare tra sé) Adesso per esempio uno di voi (facendo segno a Walter) dice: « Beh, quando viene la tua nave, Jenny? »

Walter Beh, quando viene la tua nave, Jenny?

Polly E un altro, lei per esempio, dice: «Di’ un po’, Jenny, sposa del pirata, continui a sciacquare i bicchieri? »

Mattia Di’ un po’, Jenny, sposa del pirata, continui a sciacquare i bicchieri?

Polly Ecco, e adesso incomincio io.

Luce dorata. L’organetto viene illuminato. Dall’alto scendono tre lampade appese a una pertica. Sui cartelloni la scritta:

JENNY DEI PIRATI.

1.

Lor signori vedono: oggi sciacquo i bicchieri;

e per tutti rifaccio il letto.

E se mi danno un penny io ringrazio fra i denti

e son piena di cenci in un albergo di cenci

e loro non sanno chi sono.

Ma una certa sera si udrà un vociare giù dal porto

e: che sono queste grida? si dirà.

E io sorriderò in mezzo ai miei bicchieri

e diranno: perché ride? perché?

E una nave a otto vele

e cinquanta cannoni

alla fonda starà.

2.

Mi dicono: va’, piccola, risciacqua i tuoi bicchieri

e qualcuno mi allunga un penny.

E il penny viene preso e qualche letto vien rifatto

(ma nessuno potrà più dormirci quella notte)

e ancora di me non sanno niente.

Perché quella sera ci sarà un parapiglia giù al porto

e: che cos’è questo subbuglio? si dirà.

E io sorriderò dietro la mia finestra

e diranno: perché ride così?

E la nave a otto vele

dai cinquanta cannoni

spara sulla città!

3.

Oh, allora smetterete di ridere, signori,

perché tutto intorno a voi cadrà,

la città sarà spianata, le muraglie crolleranno,

solo un infimo alberguccio sarà immune da ogni danno

e diranno: ma li, chi ci sta?

E tutta quella notte ci sarà un vociare lì d’intorno

e: perché l’albergo è salvo? si dirà.

E al mattino mi vedranno sulla soglia

e diranno: guarda, c’era lei!

E la nave a otto vele

e cinquanta cannoni

il pavese alzerà.

4.

E a mezzogiorno in cento discenderanno a riva,

li vedrete avanzare nell’ombra,

e prenderanno tutti, una porta dopo l’altra

e li incateneranno e me li porteranno

e diranno: chi dobbiamo ammazzare?

E a metà di quel giorno sarà silenzio al porto

quando chiedono: chi muore, adesso?

E allora la mia voce dirà: tutti!

E: opplà! ad ogni testa che va giù.

E la nave a otto vele

e cinquanta cannoni

con me salperà.

Mattia Carino, eh? Divertente! Come te la snocciola bene, la signora!

Macheath Carino! Che cosa significa? Macché carino, idiota! È arte, non carino. Brava, Polly, sei stata straor­dinaria. Ma quest’accolta di porci – scusi, reverendo -non meritava davvero tanta fatica. (Sottovoce a Polly) Del resto, non mi va che tu dia così spettacolo. Un’al­tra volta fanne a meno, per favore. (Risate scoppiano attorno alla tavola. La banda si diverte alle spalle del prete). Che cos’ha in mano, reverendo?

Giacobbe Due coltelli, Capitano.

Macheath Che cos’ha nel piatto, reverendo?

Kimball Mah, salmone, credo.

Macheath Ah, e mangia il salmone col coltello, nevvero?

Giacobbe Avete mai visto una cosa simile? Mangia il pe­sce col coltello… Chi si comporta così, non è altro che un…

Macheath Maiale. Capito, Giacobbe? Impara a vivere.

Jimmy (entrando di corsa) Olà, Capitano, polenta. Lo sceriffo in persona.

Walter Brown! Brown-la-Tigre!

Macheath Sì, Brown-la-Tigre, proprio così. Proprio que­sto Brown-la-Tigre, lo sceriffo capo di Londra, la co­lonna di Old Bailey, proprio lui farà ora il suo ingresso nel miserabile stambugio del capitano Macheath. Impa­rate a vivere!

I banditi sgattaiolano via.

Giacobbe Stavolta è la forca!

Entra Brown.

Macheath Olà, Jackie!

Brown Olà, Mac! Non ho molto tempo, devo andarmene subito. Dovevi essere per forza in una stalla non tua! Un nuovo scasso, dunque!

Macheath Ma, Jackie, è così comoda… Mi fa piacere che sii venuto a festeggiare le nozze del tuo vecchio Mac. Ti voglio presentare subito mia moglie, nata Peachum. Polly, questo è Brown-la-Tigre; eh, vecchio, che ne dici? (Gli batte sulla spalla) E questi, Jackie, sono i miei amici: devi già averli visti tutti una volta.

Brown (imbarazzato) Ma io sono qui in privato, Mac.

Macheath Anche loro. (Li chiama. Essi vengono, tenen­do le mani in alto). Ohé, Giacobbe!

Brown Questo qui è Giacobbe Ditauncino, un gran birbaccione.

Macheath Ohé, Jimmy! Ohé, Roberto! Ohé, Walter!

Brown Beh, per oggi chiudiamo un occhio.

Macheath E tu, Ede, e tu Mattia!

Brown State comodi, signori, prego!

Tutti Grazie, signore.

Brown Sono lieto di far la conoscenza della graziosa spo­sa del mio vecchio amico Mac.

Polly Non c’è di che, signore!

Macheath Siediti, vecchia carcassa, e buttati al whisky a tutto spiano! — Polly, amici miei! Vedete oggi in mez­zo a voi un uomo che dall’imperscrutabile giudizio re­gale è stato posto assai in alto sopra i suoi simili, e che, ciò nonostante, mi è rimasto amico attraverso tutte le tempeste e le peripezie eccetera eccetera. Voi sapete di chi parlo, e anche tu lo sai, Brown. Ah, ricordi, Jackie, i tempi in cui io e te eravamo arruolati nell’armata del­l’India? Su, Jackie, cantiamo la Canzone dei cannoni! (Si siedono entrambi sul tavolo).

Luce dorata. L’organetto viene illuminato. Dall’alto scendono tre lampade appese a una pertica. Sui cartelloni la scritta:

CANZONE DEI CANNONI.

Con noi c’era John e poi venne anche Jim

e Georgie che sergente diventò.

Ma per l’armata che importano i nomi?

Presto, avanti, in direzione nord!

Marcian legioni,

tuonan cannoni

dal Capo a Couch Behar.

Se cominciava a piovere

e allora s’incontrava

un’altra razza nuova

fosse bruna o bianchiccia

non c’era che da farne un pentolone di ciccia.

2.

Per Johnny il whisky era troppo caldo,

per Jimmy la tenda sempre gelata.

Georgie li prese sottobraccio: « Volete,

disse, che vada in malora l’armata? »

Marcian legioni,

tuonan cannoni

dal Capo a Couch Behar.

Se cominciava a piovere

e allora s’incontrava

un’altra razza nuova

fosse bruna o bianchiccia

non c’era che da farne un pentolone di ciccia.

3.

John è caduto e Jimmy è morto,

di Georgie nessuna notizia.

Ma c’è abbondanza di sangue rosso:

si sta reclutando la nuova milizia!

Seduti, battono i piedi a ritmo di marcia.

Marcian legioni,

tuonan cannoni

dal Capo a Couch Behar.

Se cominciava a piovere

e allora s’incontrava

un’altra razza nuova

fosse bruna o bianchiccia

non c’era che da farne un pentolone di ciccia.

Macheath Sebbene la vita coi suoi flutti tempestosi ci ab­bia spinti — noi, i vecchi amici di gioventù! – in di­rezioni del tutto opposte, sebbene i nostri interessi pro­fessionali siano affatto diversi, e anzi, alcuni potrebbero dire, esattamente contrastanti, la nostra amicizia ha so­pravvissuto a tutto. Imparate a vivere! Castore e Pol­luce, Ettore e Andromaca eccetera eccetera. Raramente è avvenuto che io, semplice bandito di strada, insomma, voi sapete cosa voglio dire, abbia fatto un colpettino, senza assegnare a lui, al mio amico, una parte del rica­vato, una parte considerevole, Brown! a titolo di pre­sente e di pegno della mia indefettibile amicizia; e rara­mente è avvenuto, togliti il coltello di bocca, Giacobbe, che lui, l’onnipossente capo della polizia, abbia disposto una retata senza prima far giungere a me, al suo amico di gioventù, un piccolo avvertimento. Sì, insomma, que­sto e altro, infine siamo su una base di reciprocità. Im­parate a vivere. (Prende Brown a braccetto) Beh, vec­chio Jackie, mi fa piacere che tu sia venuto, è stata dav­vero una prova d’amicizia. (Pausa: Brown sta osservan­do con aria accorata un tappeto). Vero Sciraz.

Brown Della Compagnia Tappeti Persiani.

Macheath Sì, ci serviamo sempre lì. Sai, Jackie, avevo proprio bisogno che venissi oggi; spero non sia troppo spiacevole per te, nella tua situazione.

Brown Mac, sai bene che a te non posso mai dire di no. Ora devo andarmene, ho un sacco di pensieri; se succe­desse anche la minima cosa per l’incoronazione della re­gina…

Macheath Senti un po’, Jackie: mio suocero, sai, è un maledetto vecchiaccio. Se cercasse di combinarmi qual­che tiro, c’è qualcosa contro di me a Scotland Yard?

Brown A Scotland Yard non c’è assolutamente nulla con­tro di te.

Macheath Com’è logico.

Brown Ci ho già pensato io. Buonanotte.

Macheath Volete alzarvi o no?

Brown (a Polly) I miei omaggi. (Se ne va accompagnato da Mac).

Giacobbe (che frattanto, insieme a Mattia e Walter, ha con­ferito con Polly) Confesso che non sono stato molto tranquillo, poco fa, quando ho sentito che veniva Brown-la-Tigre.

Mattia Capisce, signora, noi abbiamo relazioni con le più alte autorità.

Walter Già, Mac ha sempre qualche pedina in mano che noi non supponiamo neppure. Ma anche noi abbiamo la nostra piccola pedina. Signori, sono le nove e mezzo.

Mattia E adesso viene il più bello.

Tutti si dirigono verso il fondo a sinistra, dietro il tappeto, che nasconde qualche cosa. Entra Mac.

Macheath Beh, che c’è?

Mattia Ancora una piccola sorpresa, Capitano.

Cantano dietro il tappeto la canzone di Bill Lawgen, con molto sentimento e a voce attenuata. Ma, giunti a « si chiamava », Mattia tira giù con violenza il tappeto e tutti continuano a cantare a squarciagola, picchiando sul letto posto dietro di loro.

Macheath Grazie, camerati, grazie.

Walter Beh, adesso ce la battiamo quatti quatti.

Tutti se ne vanno.

Macheath E ora il sentimento deve avere la sua parte. Altrimenti l’uomo diventa una bestia di professione. Sie­di, Polly! Vedi la luna su Soho?

Musica.

Polly La vedo, caro. Senti il mio cuore battere, amato?

Macheath Lo sento, amata.

Polly Dove tu andrai, anch’io voglio andare.

Macheath Dove tu resti, anch’io resterò.

A Due

E anche senza carte al municipio

e anche senza fiori sull’altare

e anche se non so dov’hai trovato il velo

e non hai fiori d’arancio sul capo —

il piatto dove mangi il tuo pane

tu non guardarlo più, buttalo via.

L’amore dura o non dura

senza ragione, ora qui, ora là.

III.

Per Peachum, che conosce la crudeltà del mondo,la perdita della figlia equivale a totale rovina.

Il guardaroba di Peachum.

A destra Peachum e moglie. Sulla porta è Polly, con mantello e cappello, una borsa da viaggio in mano.

Signora Peachum Sposata? Prima la si copre da tutte le parti di vestiti e cappelli e guanti e ombrellini, e quando t’è costata tanto quanto ci vorrebbe per allestire una nave, paf, eccola che ti casca nella merda come una pera marcia. Ma ti sei proprio sposata?

Luce dorata. L’organetto viene illuminato. Dall’alto scendono tre himpade appese a una pertica. Sui cartelloni la scritta:

CON UNA CANZONCINA POLLY INFORMA I GENITORI DELLE SUE NOZZE COL BANDITO MACHEATH.

1.

Un tempo pensavo, quand’ero innocente

(e lo sono stata, proprio come te):

da me pure un giorno forse verrà un uomo,

e allora ho da sapere il fatto mio.

Uno che abbia soldi

e sia ben educato

e che, festa o no, abbia il collo di bucato

e che sappia come si parla a una signora.

E a quello gli dico un bel no.

Un po’ di contegno, mia cara,

e serbare le distanze.

D’accordo, si, notte con luna in cielo,

d’accordo che la barca prenda il largo,

ma non dare altre speranze.

Quello che conta è non lasciarsi andare,

dimostrarsi fredde e dure.

Tante cose potrebbero avvenire ma, ahimè, la mia bocca dice: No.

2.

Il primo che venne fu un tale del Kent:

aveva tutto quel che occorre a un uomo.

Un altro era padrone di tre navi

e un terzo era pazzo di me.

Ed avevano soldi

ed erano educati

e, festa o no, puliti e profumati

e sapevano come si parla a una signora.

E a tutti io dissi un bel no.

Un po’ di contegno, mia cara,

e serbare le distanze.

D’accordo, sì, notte con luna in cielo,

d’accordo, la barchetta prese il largo.

Ma non diedi altre speranze.

Quello che conta è non lasciarsi andare,

dimostrarsi fredde e dure.

Tante cose potevano avvenire

ma ogni volta la mia bocca disse: No.

3.

Finché un bel giorno, un bel giorno turchino

venne uno che non mi pregò:

entrò nella mia stanza, attaccò il cappello al chiodo

e io non seppi più quel che facevo.

Lui non aveva soldi,

era maleducato

e al dì di festa sempre mal lavato

e non sapeva come si parla a una signora,

ma a lui non risposi di no.

Non fui contegnosa, mia cara,

e non serbai le distanze.

Ahimè, ahimè, notte con luna in cielo!

Ahimè, barchetta che non prese il largo!

Ahi, perdute speranze!

Non mi rimase che lasciarmi andare

e fredda e dura non potei restare.

Tante cose dovettero avvenire

poiché la mia bocca più non disse: No.

Peachum Insomma, eccola qui ridotta a una zoccola da furfanti. Bella roba! Bella davvero!

Signora Peachum Dal momento che eri immorale al punto di volerti sposare, dovevi proprio scegliere un la­dro di cavalli, un grassatore di strada? La pagherai cara, la pagherai! Avrei dovuto prevederlo. Fin da bambina si è sempre data delle arie, che neanche la regina d’In­ghilterra.

Peachum Dunque, si è proprio sposata!

Signora Peachum Sì, ieri sera alle cinque.

Peachum Un delinquente notorio. A pensarci, ha dato prova di un gran coraggio, quell’uomo. Se do via mia figlia, che è l’ultima risorsa della mia vecchiaia, mi va in rovina la casa e non c’è più nemmeno un cane che mi si serbi fedele. Neanche il nero delle unghie mi sentirei di dar via; avrei l’impressione di condannarmi a morire di fame. Sì, se riusciremo tutti e tre a passare l’inverno con un ceppo di legno, forse potremo ancora vedere l’anno venturo. Forse.

Signora Peachum Oh Dio, cosa dici? Questa è la ricom­pensa, Gionata. Mi par d’impazzire. Tutto mi gira den­tro alla testa. Non posso più reggermi. Oh! (Sviene) Un cordiale Médoc.

Peachum Guarda un po’ che cosa succede a tua madre per causa tua. Presto! Ah, così, una zoccola da delin­quenti: bella roba, bella davvero. Interessante come la povera donna se l’è presa a cuore. {Polly ritorna con una bottiglia di cordiale Médoc). Questa è l’unica consola­zione che sia rimasta alla tua povera mamma.

Polly Gliene puoi dare due bicchieri. È mia madre, e sopporta bene la dose doppia, quando non si sente in sé. E il miglior mezzo per rimetterla in piedi. (Durante tutta la scena il suo aspetto denota grande letizia).

Signora Peachum (rinviene) Oh, guarda com’è falsa quella sua aria di interessamento e di preoccupazione!

Entrano cinque uomini5.

Mendicante Devo fare le più vive rimostranze che que­sto è un porcaio e che mi avete dato un manico di scopa e non un moncherino, e io non sbatto via i miei soldi per roba simile.

Peachum Ma che cosa pretendi? È un moncherino buo­no come tutti gli altri, solo che non lo tieni pulito.

Mendicante Già, e allora perché non riesco a guadagna­re come tutti gli altri? No, faccia a meno di pigliarmi in giro. (Butta via il moncherino) Se è per avere di questa porcheria, tanto ne ho a tagliarmi la gamba buona.

Peachum Ma insomma, che cosa volete? Cosa posso far­ci, se il cuore della gente è duro come un macigno? Non posso poi farvi cinque moncherini! In cinque minuti io so trasformare un uomo in un rottame così miserabile, che anche i cani, se lo vedessero, si metterebbero a piangere. Che ci posso fare io, se gli uomini non piangono? Eccoti un altro moncherino, se quello non ti va. Ma abbi cura della roba!

Mendicante Così andiamo bene.

Peachum (prova a un altro una protesi) La pelle è catti­va, Celia, e la gomma è indecente. (Al terzo) Il bernoccolo ti sta scomparendo; e per di più è l’ultimo che hai! Adesso possiamo ricominciare da capo.

(Esamina il quarto) Una tigna naturale è diversa da una tigna artificiale, si capisce!

(Al quinto) Oh, hai buon aspetto! Hai mangiato ancora, eh? Stavolta bisogna dare un esempio.

Mendicante Signor Peachum, le assicuro, non ho mangiato niente di diverso dal solito: è un grasso non naturale, non ci posso far niente.

Peachum Neanch’io. Sei licenziato. (Si rivolge di nuovo al secondo mendicante) Tra «commuovere» e «dare ai nervi» naturalmente c’è differenza, mio caro. Sì, ho bisogno d’artisti. Soltanto gli artisti, oggi, sanno smuo­vere il cuore. Se lavoraste come si deve, il pubblico dovrebbe battervi le mani! Mai un’idea! Capisci che a que­sto modo non posso più rinnovarti il contratto.

I mendicanti escono.

Polly Guardalo un po’, per favore! È bello, forse? No; ma ha di che vivere. Mi assicura un’esistenza. È uno scas-sinatore di prim’ordine, e un grassatore esperto e lungi­mirante. Conosco esattamente l’entità attuale dei suoi risparmi; potrei dirtene la cifra precisa. Ancora qualche iniziativa fortunata, e potremo ritirarci a vivere in una casetta in campagna, né più né meno come il signor Shakespeare, che nostro padre apprezza tanto.

Peachum Insomma, è molto semplice. Ti sei sposata. Che cosa si fa quando si è sposati? Sempre senza testa! Ci si divide, no? È tanto difficile arrivarci?

Polly Non so che cosa vuoi dire.

Signora Peachum Divorzio.

Polly Ma se lo amo! Come posso pensare al divorzio?

Signora Peachum Ma di’, non hai neanche un po’ di pu­dore?

Polly Mamma, se tu hai mai amato…

Signora Peachum Amato! Accidenti a tutti i libri che hai letto, ti hanno scombussolato la testa. Ma Polly, tutti fanno così!

Polly Ebbene, allora io sono un’eccezione.

Signora Peachum E io ti bastonerò il sedere, cara la mia eccezione.

Polly Già, è quello che fanno tutte le madri, ma non ser­ve. Perché l’amore è più forte delle bastonate sul sedere.

Signora Peachum Polly, non colmare la misura.

Polly Non permetto che mi si rubi il mio amore.

Signora Peachum Se dici ancora una parola, prendi uno schiaffo.

Polly Ma l’amore è la cosa più grande che ci sia al mondo.

Signora Peachum Del resto, sai quante donne ha, quel birbante! Se lo impiccassero, almeno una dozzina di male femmine si presenterebbero come sue vedove, e magari ciascuna con un marmocchio in braccio. Ah, Gionata!

Peachum Impiccarlo? Come diavolo t’è venuto in mente, è una buona idea. Esci un momento, Polly. (Polly esce). Perfetto. Quaranta sterline di guadagno.

Signora Peachum Ho capito. Denunziarlo allo sceriffo.

Peachum Naturale. E per di più ce lo impiccano gratis… Due piccioni ad una fava. Soltanto bisogna sapere dov’è rintanato.

Signora Peachum Te lo dico io di sicuro, mio caro: sta nascosto tra le sue puttane.

Peachum Ma loro non ce lo daranno.

Signora Peachum Per questo lascia fare a me. Il denaro regge il mondo. Vado subito a Turnbridge e parlo alle ragazze. Basta che l’amico, nello spazio di due ore da questo momento, s’incontri con una di loro, ed è bell’e spacciato.

Polly (che ha ascoltato dietro la porta) Cara mamma, puoi risparmiarti la strada. Prima d’incontrarsi con una di quelle signore, Mac andrebbe lui stesso alla prigione di Old Bailey. Ma anche se andasse a Old Bailey, lo sce-riffo gli offrirebbe un cocktail, fumerebbero un sigaro assieme e discorrerebbero di una certa azienda in questa strada, dove non tutto va secondo la legge. Perché, caro papà, proprio questo sceriffo si è molto rallegrato del mio matrimonio.

Peachum Come si chiama lo sceriffo?

Polly Brown, si chiama. Ma tu lo conoscerai solo come Brown-la-Tigre. Perché tutti quelli che hanno ragione di temerlo lo chiamano Brown-la-Tigre. Invece mio marito, guarda un po’, lo chiama Jackie. Perché per lui è semplicemente il suo caro Jackie. Sono amici di gioventù.

Peachum Ah, così, sono amici. Lo sceriffo e il capo dei furfanti, già, sono loro i due soli amici in tutta la città.

Polly (poetica) Tutte le volte che bevevano un cocktail assieme, si accarezzavano l’uno all’altro le guance e di cevano: « Se ne ordini un altro tu, ne ordinerò un altro anch’io». E ogni volta che uno dei due usciva, l’altro aveva le lacrime agli occhi e diceva: «Dove tu vai, an­ch’io voglio andare ». Contro Mac a Scotland Yard non c’è assolutamente nulla.

Peachum Bene, bene. Ma il signor Macheath, uomo certamente già più volte ammogliato, tra martedì sera e giovedì ha attirato mia figlia Polly Peachum fuori dalla casa paterna col pretesto di sposarla. Prima che la set­timana sia terminata, per questo motivo egli finirà sulla forca, come si merita. « Signor Macheath, un tempo lei aveva guanti bianchi glacé, un bastone con l’impugna­tura d’avorio e una cicatrice sul collo, e frequentava l’Al­bergo della Seppia. Non le è rimasta che la cicatrice, la quale, tra tutti i suoi segni di riconoscimento, è senza dubbio quello di minor valore, non frequenta più altri luoghi che le gabbie, e probabilmente fra poco neanche più quelle… »

Signora Peachum Ah, Gionata, non ce la farai, si tratta di Mackie Messer: il più grande furfante di Londra, a quanto dicono. Si prende tutto quel che vuole.

Peachum Chi è Mackie Messer?! Preparati, andiamo dal­lo sceriffo di Londra. E tu vai a Turnbridge.

Signora Peachum Dalle sue puttane.

Peachum Sì: la ribalderia del mondo è troppo grande, e bisogna consumarsi le scarpe a forza di girare perché non te le rubino dai piedi.

Polly Io, papà, sarò molto lieta di poter stringere ancora la mano al signor Brown.

Tutti e tre avanzano verso il proscenio, illuminato di luce dorata, e cantano il primo finale. Sui cartelloni sta scritto:

PRIMO FINALE DA TRE SOLDI.

DELL’INCERTEZZA DEGLI UMANI RAPPORTI.

Polly

Chiedo troppo? Dite voi.

Una volta in questa vita

darmi a un uomo per amore.

Chiedo troppo? Non lo so.

Peachum (con la Bibbia in mano)

Su questa terra l’uomo ha ben diritto

di vivere felice e non da cane,

di godere la sua parte di gioia,

di non mangiare ciottoli, ma pane.

Chiunque è vivo ha ben questo diritto.

Ma, ahimè, finora non s’è mai veduto

che il buon diritto sia riconosciuto.

Chi non vivrebbe ligio all’onestà?

Ma all’atto pratico – non va, non va!

Signora Peachum

Oh, vorrei volerti bene,

con letizia ti darei

tutti i beni che la vita

anche a te donare può.

Peachum

Essere buono! Chi non lo vorrebbe?

Ai poveri — ma si — fare buon viso…

Fossimo tutti buoni, si vedrebbe

la terra trasformarsi in paradiso.

Essere buono, e chi non lo vorrebbe?

Ma, ahimè, questa è la sorte di noi vivi:

i mezzi scarsi e gli uomini cattivi.

Chiediamo, si, pace e fraternità,

ma all’atto pratico – non va, non va!

Polly e Signora Peachum

Purtroppo è saggia la sua voce:

il mondo è misero e feroce.

Peachum

Lo so ch’è saggia la mia voce,

che il mondo è misero e feroce.

Il paradiso in terra, che ideale!

Ma all’atto pratico tutto va male!

Tutto va male, non c’è verso.

Hai un fratellino affezionato,

ma se la carne a due non basta

ti piglia a calci nella faccia

e il vostro affetto è bell’e andato.

E hai una moglie affezionata

ma se il tuo amore non le basta

ti piglia a calci nella faccia

e la passione è già scordata.

E hai un figliolo affezionato

ma se da vecchio chiedi un pane;»

ti piglia a calci nella faccia

e tutto quel ch’è stato è stato.

Polly e Signora Peachum

Sì, questa è la disdetta,

questa è la cosa infetta.

I mondo è misero e feroce,

ahi com’è saggia la sua voce!

Peachum

Lo so ch’è saggia la mia voce,

che il mondo è misero e feroce.

Saremmo buoni – e non malvagi

ma all’atto pratico facciamo stragi!

A Tre

Non c’è diversa soluzione

e allora è chiusa ogni questione!

Peachum

Il mondo è misero e feroce:

lo so, ben saggia è la mia voce!

A Tre

E questa è la disdetta,

questa è la cosa infetta.

E non c’è altra soluzione,

e allora è chiusa la questione!

ATTO SECONDO

I.

Giovedì pomeriggio: Machie Messer prende com­miato da sua moglie. Egli intende sventare la mi­naccia del suocero fuggendo sulla palude di High-

La stalla.

Polly (entra) Mac! Mac, non spaventarti.

Macheath (sdraiato sul letto) Beh, cosa c’è? Che faccia hai, Polly?

Polly Sono stata da Brown e c’è stato anche mio padre, e si sono messi d’accordo per prenderti: mio padre ha minacciato non so che di terribile, e Brown dapprima ha tenuto per te, poi ha mollato, e adesso anche lui è del parere che ti convenga sparire per un po’ dalla circolazione. Mac, devi far fagotto, subito.

Macheath Macché far fagotto, sciocchezze. Vieni qui, Polly. Adesso ho voglia di far con te tutt’altro che un fagotto.

Polly No, adesso non si può. Sono tanto impressionata Non han parlato che di forca.

Macheath Polly, non mi piace quando hai le paturnie. Contro di me a Scotland Yard non c’è nulla.

Polly Sì, ieri forse non c’era nulla, ma oggi tutt’a un tratto c’è molto, moltissimo. Guarda, ho portato l’atto di accusa; chissà se riesco ancora a raccapezzarmici, è un elenco che non finisce mai; ecco: hai accoppato due mercanti hai commesso più di trenta scassi, ventitré grassazioni incendi, omicidi premeditati, falsificazioni, spergiuri tutto questo in un anno e mezzo. Sei un uomo spaventevole. E a Winchester hai sedotto due sorelle minorenni.

Macheath Mi avevan detto di aver più di vent’anni. E Brown, che cosa diceva? (Si alza lentamente e cammina fischiettando verso destra, lungo il proscenio).

Polly Mi è corso dietro ancora sul pianerottolo e mi ha detto che ora non poteva più far niente per te. Oh, Mac. (gli si getta al collo).

Macheath Ebbene, se devo andarmene, devi prender tu la direzione dell’impresa.

Polly Non parlare di affari adesso. Mac, non posso sen­tire questi discorsi, bacia ancora una volta la tua povera Polly e giurale che mai, mai…

Macheath (la interrompe brusco e la conduce al tavolo co­stringendola a sedere su di una sedia) Ecco i libri ma-stri. Stammi bene a sentire. Questo è l’elenco del perso­nale. (Legge) Dunque, qui c’è Giacobbe Ditauncino, un anno e mezzo di lavoro nell’impresa; vediamo un po’ cos’ha portato. Uno, due, tre, quattro, cinque orologi d’oro, non è molto, ma lavoro ben fatto. Non sedermi sulle ginocchia, adesso non mi va. Questo è Walter Sa-licepiangente, una canaglia infida. Manda a male i colpi perché vuol fare di sua testa. Dilazione di tre settimane, poi via. Nient’altro che segnalarlo a Brown.

Polly (singhiozzando) Nient’altro che segnalarlo a Brown.

Macheath Jimmy secondo, un briccone svergognato; redditizio, ma svergognato. Ruba il lenzuolo sotto il se­dere alle dame della migliore società. Dargli un anticipo.

Polly Dargli un anticipo.

Macheath Roberto Sega, piccolo trafficante da dozzina, senza un’ombra di genialità; non andrà alla forca, ma non lascerà nulla.

Polly Non lascerà nulla.

Macheath Quanto al resto, continuerai a fare esattamen­te come finora: sveglia alle sette, ti lavi, ogni tanto fai il bagno, eccetera.

Polly Hai ragione, dovrò stringere i denti e occuparmi dell’impresa. Quello che è tuo è anche mio, non è vero, Mackie? E delle tue camere, Mac, cosa ne faccio? Non è meglio dare la disdetta? È un peccato continuare a pa­gar l’affitto!

Macheath No, ne ho ancora bisogno.

Polly Ma perché? È una spesa inutile.

Macheath Hai l’aria di credere che non debba più ritor­nare.

Polly Ma come? Potrai affittarne delle altre, dopo6! Mac… Mac, non ne posso più. Sto sempre a guardare la tua bocca mentre parli, e non sento quel che dici. Mi ri­marrai fedele, Mac?

Macheath Si capisce che ti rimarrò fedele; ti ripagherò della stessa tua moneta. Credi forse che non ti ami? Sol­tanto vedo più lontano di te.

Polly Te ne sono grata. Tu ti prendi cura di me, e gli altri ti stanno alle calcagna come mastini…

All’udire la parola « mastini », Mac s’irrigidisce; poi si alza, va verso destra, butta lontano la giacca, si lava le mani.

Macheath (in fretta) Gli utili netti li manderai d’ora in poi alla Banca Jack Poole, a Manchester. In confidenza: è ancora questione di settimane, e poi trasferisco tutto nel ramo bancario. È più sicuro e insieme più redditizio. In due settimane al massimo tutto il nostro denaro devo essere tolto dall’impresa, poi vai da Brown e consegni: l’elenco della banda alla polizia. In quattro settimane al massimo tutta questa schiuma dell’umanità deve scomparire nelle carceri Old Bailey.

Polly Ma Mac! Come puoi guardarli negli occhi, una volta che li hai traditi e si può dire che penzolino giùàdalla forca? Come fai a stringergli ancora la mano?

Macheath A chi? A Roberto Sega, a Mattia della Zecca, a Giacobbe Ditauncino? A cotesti scampaforche?

(Entra la banda).

Signori, sono lieto di vedervi.

Polly Buongiorno, signori. Mattia Capitano, ho avuto l’elenco dei festeggiamenti per l’incoronazione. Posso dire che ci aspettano giornate di lavoro intensissimo. Tra mezz’ora arriverà l’arcivescovo di Canterbury.

Macheath Quando?

Mattia Alle cinque e trenta. Dobbiamo andarcene su­bito, Capitano.

Macheath Sì, dovete andarvene subito.

Roberto Come, dovete? E lei no?

Macheath Eh, io no: io ho da fare un viaggetto.

Roberto Dio buono! Guai in vista?

Mattia Giusto al momento che c’è l’incoronazione! Sen­za di lei, sarà come una minestra senza cucchiaio.

Macheath Silenzio! Di conseguenza, affido per breve tempo la direzione dell’impresa a mia moglie. Polly! (La spinge avanti e si ritira verso il fondo, osservandola di là).

Polly Ragazzi, sono certa che il nostro Capitano può partire in tutta tranquillità. Ci arrangeremo noi. Faremo scintille, eh, ragazzi?

Mattia Non tocca a me di parlare. Però non so se una donna in un momento come questo… Non che io abbia niente contro di lei, gentile signora.

Macheath (dal fondo) Che cos’hai da dire, Polly?

Polly Razza di mascalzone, cominciamo bene. (Strilla) Voglio ben credere che non hai niente contro di me, al­trimenti questi amici già da un pezzo avrebbero pensato ti tirarti giù i pantaloni e a sculacciarti a dovere. Non è così, signori?

Breve pausa, poi tutti applaudono come indemoniati.

Giacobbe Sì, ha della stoffa, credilo!

Walter Bene! La nostra Capitana sa trovare la parola giusta! Viva Polly!

Macheath Quel che mi fa andare in bestia è di non poter esserci per l’incoronazione. Un affare d’oro come quello! Di giorno tutte le case vuote, e la sera tutta la haute com­pletamente sbronza. A proposito, Mattia, tu bevi troppo. Anche la settimana scorsa hai lasciato credere che l’in-cendio dell’ospedale infantile di Greenwich fosse opera tua. Se succede un’altra volta qualcosa del genere, sei licenziato. Chi ha messo il fuoco all’ospedale infantile?

Mattia Oh bella! Io.

Macheath (agli altri) Chi è stato a mettere il fuoco?

Gli Altri Lei, signor Macheath.

Macheath Chi, dunque?

Mattia (imbronciato) Lei, signor Macheath. A questo modo è chiaro che nessuno di noi riuscirà a farsi uno posizione.

Macheath (facendo il gesto di stringere un cappio) Oh, potrai farti una posizione molto alta, se ti metti in testa di far concorrenza a me. S’è mai sentito che un professore

di Oxford lasci rilevare i suoi errori da un qualunque assistente? È lui che deve rilevarli.

Roberto Gentile signora, prenda lei il comando in assenza del suo sposo. Ogni giovedì rapporto.

Polly Ogni giovedì, ragazzi.

La combriccola esce.

Macheath Ed ora addio, cuor mio, tienti in forma e non dimenticare di farti il trucco ogni giorno, tale quale come se io ci fossi. È molto importante, Polly.

Polly E tu, Mac, promettimi che non guarderai più in faccia nessuna donna, e poi parti subito. Credilo, la tua piccola Polly non te lo domanda per gelosia, ma perché è molto importante, Mac.

Macheath Ma Polly, perché dovrei preoccuparmi di quei secchi sfondati? Lo sai che amo te sola. Appena farà notte, prenderò il mio morello da una qualunque scu­deria, e prima che tu veda dalla finestra la luna nel cielo, sarò di là dalla palude di Highgate.

Polly Ah, Mac, non strapparmi il cuore dal petto. Ri­mani con me, e siamo felici insieme!

Macheath Io stesso devo strapparmi il cuore dal petto, perché devo partire, e nessuno può sapere quando ritornerò.

Polly È durato così poco, Mac!

Macheath Perché, è già finito?

Polly Sai, ieri ho fatto un sogno. Ho sognato di guardare dalla finestra, e di sentire una risata nella strada, e men­tre mi sporgevo a guardare ho visto la nostra luna, e la luna era sottile sottile, come una monetina logora. Non dimenticarmi, Mac, nelle città dove andrai.

Macheath Certamente non ti dimenticherò, Polly. Baciami, Polly.

Polly Addio, Mac.

Macheath Addio, Polly. (Uscendo, canta).

L’amore dura o non dura

senza ragione, ora qui ora là.

Polly (sola) E non tornerà più.

Era pur dolce

ma ora è passato,

strappati il cuore

amor, dimmi addio!

Non vale a nulla il pianto

– Maria Vergine, ascoltami tu!

se anche mia madre sapeva

che andava a finire così.

Le campane incominciano a suonare.

Ecco che la regina entra in città:

per l’incoronazione siamo qua!

Intermezzo.

La signora Peachum e Jenny delle Spelonche escono davanti al sipario calato.

Signora Peachum Dunque, se uno dei prossimi giorni vedete Mackie Messer, correte dal poliziotto più vicino e avvertitelo: riceverete dieci scellini di premio.

Jenny Ma come potremo vederlo, se i poliziotti gli stan­no alle calcagna? Se cominciano a dargli la caccia, non verrà certo a passare il tempo con noi.

Signora Peachum Jenny, te lo dico io, anche se ha tutta Londra alle calcagna, Macheath non è uno da rinunciare per questo alle sue abitudini! (Canta)

ballata della schiavitù sessuale.

1.

Guardatelo: si atteggia a satanasso,

a ammazzasette dal coltello rosso,

a rovinafamiglie, a puttaniere

e dalle donne poi si fa fregare.

Lo voglia o no, non sfugge alla sua sorte:

la schiavitù sessuale è la più forte.

Dice: « Non riconosco né vangeli né codici ».

Il mondo è suo dominio incontrastato.

Dice: « Chi vede donna è già spacciato

e intorno a me non ne voglio vedere ».

Parli pur finché vuole, ci ricasca:

è appena scesa notte, e già cavalca.

2.

Tanti ne han visti tanti finir male,

inseguendo sottane andare in trappola;

giuran di ravvedersi, ma è una zoccola,

in conclusione, a fargli il funerale.

Anche i più dritti hanno la stessa sorte:

la schiavitù sessuale è la più forte.

Uno s’appiglia a Cristo; l’altro migliora i codici.

Il primo crede al papa; l’altro a Nietzsche.

A mezzodì fa voto: «Non mangerò più sedani».

Si astrae nell’ideale al pomeriggio.

La sera dice: « Ho il paradiso in tasca ».

Ma non è ancora notte, e già cavalca.

II.

Non era ancora spenta l’eco delle campane dell’in­coronazione, e già Macheath si trovava fra le pro­stitute di Turnbridge! Le prostitute lo tradiscono. È giovedì sera

Lupanare a Turnbridge.

Un pomeriggio come un altro: le prostitute, per lo più in camicia, stirano biancheria, giocano a dama, si lavano: idillio borghese ‘. Giacobbe Ditauncino legge il giornale, senza che nessuno si curi di lui. Sta seduto tra i piedi degli altri.

Giacobbe Oggi non viene.

Una Prostituta Davvero?

Giacobbe Credo che non verrà più affatto.

Prostituta Sarebbe un peccato.

Giacobbe Davvero? Mi sbaglio di grosso, o è già fuori della cinta. Stavolta non c’era che da tagliar la corda!

Entra Macheath, appende il cappello a un chiodo, si siede sul divano dietro il tavolo.

Macheath Il caffè!

Vixen (ripete stupefatta) Il caffè?!

Giacobbe (atterrito) Ma come, non sei a Highgate?

Macheath Oggi è il mio giorno, giovedì. Non posso mica lasciarmi distrarre dalle mie consuetudini per simili baz­zecole. (Getta l’atto d’accusa sul pavimento) Oltre tutto, piove.

Jenny (legge l’atto d’accusa) In nome del re contro il ca­pitano Macheath viene elevata accusa di triplice…

Giacobbe (glielo toglie di mano) Riguarda anche me?

Macheath Si capisce, tutto il personale.

Jenny (all’altra prostituta) Di’, questo è l’atto d’accusa. (Pausa). Mac, dammi un po’ la tua mano.

Mac tende la mano.

Dolly Sì, Jenny, leggigli la mano, tu ci capisci a puntino. (Regge una lampada a petrolio).

Macheath Grossa eredità?

Jenny No, niente grossa eredità!

Betty Perché fai quella faccia, Jenny? Vien la pelle d’oca a guardarti!

Macheath Prossimo lungo viaggio?

Jenny No, niente lunghi viaggi!

Vixen Che cosa vedi?

Macheath Mi raccomando, di’ solo il buono, non il cattivo!

Jenny Oh, oh, vedo un luogo stretto e buio e poco amo­re. E poi vedo una T, vuol dire tradimento di una donna. Poi vedo…

Macheath Piano. Mi piacerebbe sapere qualcosa di più preciso, per esempio riguardo al luogo stretto e buio e al tradimento; il nome della donna che mi tradisce, per esempio!

Jenny Vedo solo che comincia per J.

Macheath Allora è sbagliato. Comincia per P.

Jenny Mac, quando soneranno le campane di Westminster per l’incoronazione, sarai in un brutto guaio!

Macheath Spiegati meglio!

(Giacobbe ride sgangheratamente).

Cosa c’è? (Corre vicino a Giacobbe, legge con lui) Sbagliatissimo, erano soltanto tre!

Giacobbe (ride) Appunto!

Macheath Bella, questa biancheria.

Prostituta Dalla culla alla tomba, la biancheria innan zitutto!

Vecchia Prostituta Io non uso mai biancheria di seta I clienti hanno subito l’impressione che si sia malate.

Jenny scivola di soppiatto verso la porta.

Seconda Prostituta (a Jenny) Dove vai, Jenny?

Jenny Lo vedrete. (Esce).

Molly Ma anche la tela casalinga respinge.

Vecchia Prostituta Io ho degli ottimi successi con la tela casalinga.

Vixen Sì, i clienti si sentono subito come a casa loro,

Macheath (a Betty) Hai sempre il passafino nero?

Betty Sempre il passafino nero.

Macheath Che biancheria hai?

Seconda Prostituta Io? Non ci penso neppure. Non posso portarmi nessuno in camera, mia zia è ninfomane, e nei portoni faccio a meno della biancheria, si capisce.

Giacobbe ride.

Macheath Hai finito?

Giacobbe No, sono al punto dove parla delle violenze carnali.

Macheath (siede nuovamente sul divano) Ma dov’è Jenny? Mie belle signore, già molto tempo prima che la mia stella sorgesse sopra questa città…

Vixen Già molto tempo prima che la mia stella sorgesse sopra questa città…

Macheath … vivevo in miserrime condizioni con una di voi, belle signore. E anche se oggi sono Mackie Messer, nella prospera fortuna non dimenticherò mai chi mi fu accanto nei giorni oscuri, e meno di ogni altra Jenny, che di tutte le ragazze fu per me la più cara. Attenzione!

Mentre Mac canta, Jenny appare davanti alla finestra di destra, e la cenno alla guardia Smith. La Signora Peachum si unisce a lei; i tre stanno immobili sotto il fanale e guardano la casa.

BALLATA DEL MACRÒ.

1.

Macheath

C’è stato un tempo – molto tempo fa –

che vivevamo insieme, lei e io.

Lei metteva la trippa, io il cervello,

io proteggevo lei, lei mi nutriva.

Può andar diverso, anche così va.

E ad ogni pretendente mi alzavo dal cuscino

e mi appartavo a bere un bicchierino

e quando lui scuciva gli dicevo:

« Vuol ripetere? Faccia pure, io bevo! »

così vivemmo insieme in quel bordello

per sei mesi: un tempo tanto bello!

Sulla porta appare Jenny; dietro di lei, Smith.

2.

Jenny

In quei sei mesi – molto tempo fa –

lui mi sbatteva senza complimenti

e se non c’eran soldi, giù botte, e la camicia

filava dritta al monte di pietà.

Eh, la camicia, una ne può far senza.:

Ma qualche volta anch’io mi rivoltavo,

« cosa ti credi poi? » gli domandavo

e allora mi allungava certe sberle

che per guarirle ci voleva il medico.

A Due

In quel bordello passammo sei mesi:

vi dico io, furono bene spesi.

3.

A due (insieme e a vicenda)

Ah sì, quel tempo ormai lontano sta8,

Lui Però non era tanto triste com’è adesso.

Lei Solo di giorno dormivamo assieme

Lui Per lasciar lei di notte in libertà.

(Di notte è l’uso, ma di giorno fa lo stesso!)

Lei Ma tu ogni tanto mi mettevi gravida.

Lui E allora si cambiava: io sotto, lei di sopra

Lei Per non correre il rischio di soffocare il bimbo

Lui Anche se il suo destino era nel limbo.

Sei mesi trascorremmo nel bordello:

ora è finito, ahimè, quel tempo bello.

Danza. Mac prende il bastone. Jenny gli porge il cappello, egli continua a ballare. In quel momento Smith gli pone una mani» sulla spalla.

Smith Beh, ora possiamo andarcene!

Macheath C’è sempre una sola uscita in questo maledetto buco?

Smith fa per ammanettare Mac, che gli da uno spintone nel petto. Smith indietreggia vacillando. Mac spicca un balzo verso la fine­stra. Davanti alla finestra sta la Signora Peachum con dei poli­ziotti.

Macheath (rassegnato, cortesissimo) Buongiorno, si­gnora.

Signora Peachum Caro signor Macheath! Lo dice sem­pre mio marito: i più grandi eroi della storia hanno in­ciampato su questa piccola soglia.

Macheath Posso chiederle come sta il suo consorte?

Signora Peachum Meglio, grazie. Purtroppo ora lei do­vrà accomiatarsi da queste vezzose donzelle! Olà, guar­die, conducete il signore nella sua nuova dimora.

(Mac viene condotto via. La signora “Peachum si affaccia alla finestra)

Belle signore, se volete fargli visita, potete sem­pre trovarlo in casa; d’ora in poi il signore alloggia nel carcere di Old Bailey. Lo sapevo che era qui a gironzare tra le sue puttane. Per il conto provvedo io. A ben rive­derci, signore mie. (Via).

Jenny Di’, Giacobbe, è successo qualcosa!

Giacobbe (che ha continuato a leggere senz’accorgersi di nulla) Dov’è Mac?

Jenny Ci sono state le guardie!

Giacobbe Santo cielo, e io che continuavo a leggere, a leggere, a leggere… Che distratto, che distratto! (Via).

III.

Tradito dalle prostitute, Macheath viene liberato dal carcere grazie all’amore di un’altra donna.

Prigione di Old Bailey. Una gabbia.

Entra Brown.

Brown Voglia il cielo che i miei uomini non riescano ad acchiapparlo; buon Dio, come sarei contento se ora ga­loppasse di là dalla palude di Highgate e pensasse al suo Jackie. Ma è così leggero… come tutti i grandi uomini, del resto. Se adesso lo porteranno qui, e lui mi guarderà col suo fedele sguardo di amico, come potrò resistere? Grazie a Dio, almeno c’è la luna; se ora sta attraversando la palude, almeno non smarrirà la strada. (Rumore die­tro la scena). Che c’è? Oh, Dio, ecco che lo portano qui.

Macheath (legato con grosse funi, scortato da sei guardie, entra con piglio spavaldo) Beh, illustri reggimoccoli, grazie a Dio eccoci di nuovo nella nostra vecchia villa. (Scorge Brown, che fugge nel più lontano angolo della cella).

Brown (dopo una lunga pausa, vacillando sotto lo sguardo terribile dell’antico amico) Oh, Mac, non sono stato io… ho fatto tutto quello che… Mac, non guardarmi co­sì… non posso resistere… Il tuo silenzio è una tortura. (A una guardia, ruggendo) Non tirarlo così per la corda, figlio d’un cane… Dimmi qualcosa, Mac. Di’ qualcosa al tuo vecchio Jackie… Concedigli una parola nelle tenebre dei… (Appoggia il capo alla parete e piange) Neppure di una parola ha voluto farmi grazia. (Via).

Macheath Quel povero Brown! L’incarnazione dei rimorsi di coscienza. E un tipo simile vuol fare il gran capo della polizia. Sono contento di non avergli fatto una sce­nata. A tutta prima ci avevo pensato, ma poi ho riflettu­to a tempo che un cupo sguardo condannatore gli avrebbe prodotto una ben più forte impressione. E l’ho im­broccata. L’ho guardato, e lui s’è messo a piangere a di­rotto. È un giochetto che ho imparato leggendo la Bib­bia.

(Entra Smith con le manette).

Ohé, signor gendar­me, mi porta proprio le più pesanti? Col suo permesso, vorrei chiederne di più comode. (Estrae di tasca il libret­to degli assegni).

Smith Caro Capitano, può averne di qualunque prezzo. Dipende soltanto dal tipo che preferisce. Da una ghinea fino a dieci.

Macheath E quanto costa non metterne affatto?

Smith Cinquanta.

Macheath (riempiendo un assegno) Il brutto è che ades­so verrà a galla tutta la faccenda di Lucy. Se Brown sa quello che io, dietro le sue spalle fraterne, ho fatto con sua figlia, diventa una tigre.

Smith Eh già, come uno si mette, si trova.

Macheath Quella sgualdrina sta già aspettando fuori, ci giurerei. Avrò da passare dei bei giorni fino all’esecuzione.

Dite un po’ voi, signori: è vita, questa?

Io non ci trovo più nessun sapore.

Fin da piccino m’han fatto paura

dicendo: vive bene chi sta bene!

Luce dorata. L’organetto viene illuminato. Dall’alto scendono tee lampade appese a una pertica. Sui cartelloni la scritta:

BALLATA DELLA VITA PIACEVOLE9

1.

D’esempi edificanti ne ho un subisso:

gente che per un libro salta i pasti

e vive in mezzo ai topi e ai muri guasti.

Con questo cibo chi si riempie il gozzo?

Che bel gusto, la vita dell’asceta!

Se mi credete, è tutta una fandonia:

da Londra a Babilonia non un passero

resisterebbe un giorno a questa dieta.

La libertà? D’accordo! Ma tenetelo a mente:

il sol chi ha la borsa piena vive piacevolmente.

2.

Quegli spericolati avventurieri

sempre disposti a risicar la pelle,

smaniosi di aggricciare le budelle

ai borghesi coi loro fieri accenti:

guardali a sera come son ridicoli

quando s’infilan tra le fredde coltri

con fredde mogli, e van sognando applausi

alla loro idiozia fra trenta secoli!

Che sugo han queste smanie? Direi: meno che niente!

Sol chi ha la borsa piena vive piacevolmente.

3.

Anch’io, ve lo confesso, a volte aspiro

alla parte del grande solitario,

ma una volta imboccato quel binario

chi cambia più? No, grazie, mi ritiro.

Miseria e nobiltà d’animo danno

saggezza e fama, ma le sconti care:

vai a testa alta, ma devi ingoiare

troppe amarezze, troppo disinganno.

Facci una croce sopra! La morale è evidente:

sol chi ha la borsa piena vive piacevolmente.

Entra Lucy.

Lucy Ah, pezzo di vigliacco! Ma di’, di’, come hai il co­raggio di guardarmi ancora in faccia, dopo tutto quello che c’è stato tra noi?

Macheath Lucy, ma sei proprio senza cuore? Non sai che hai tuo marito davanti agli occhi?

Lucy Mio marito! Mostro! Credi che non sappia niente della signorina Peachum! Ti caverei gli occhi con le unghie!

Macheath Lucy, seriamente, non sarai così pazza da essere gelosa di Polly?

Lucy Ma non l’hai sposata forse, brutto porco?

Macheath Sposata! Questa è bella! Frequento casa sua, le parlo, ogni tanto magari le do una specie di bacio, e adesso quella scema puttanella va intorno a blaterare che io l’ho sposata. Cara Lucy, sono pronto a far di tutto per darti soddisfazione; e se credi di poterla trovare in un matrimonio con me, benissimo. Che cosa può dire di più un gentiluomo? Non può dir nulla di più.

Lucy Oh, Mac, io voglio soltanto diventare una donna onesta.

Macheath Se credi di poterlo diventare grazie a un ma­trimonio con me, benissimo. Che cosa può dire di più un gentiluomo? Non può dir nulla di più.

Entra Polly.

Polly Dov’è mio marito? Oh, Mac, eccoti qui. Non vol­tare il viso, non devi aver vergogna di me. Sono pur tua moglie.

Lucy Ah, razza di canagliaccia!

Polly Oh, Mackie, in carcere! Perché non sei fuggito oltre la palude di Highgate? Mi avevi detto che non sa­resti più andato da quelle donne. Io sapevo quel che ti avrebbero fatto; ma non ti ho detto nulla, perché avevo lede in te. Mac, ti rimarrò vicina fino alla morte… Non una parola, Mac? Non uno sguardo? Oh, Mac, pensa a quello che soffre la tua Polly a vederti così!

Lucy Ah, brutta sgualdrina!

Polly Che cosa significa, Mac? Chi è costei? Dille alme­no chi sono io. Dille, ti prego, che sono tua moglie. Non sono forse tua moglie? Guardami, non sono forse tua moglie?

Lucy Mascalzone ipocrita, di’ un po’, hai due mogli, eh, mostro?

Polly Parla, Mac: non sono tua moglie? Non ho dato tutto per te? Sono arrivata innocente allo stato coniu­gale, lo sai anche tu. Poi mi hai affidato la combriccola, e io ho fatto tutto come eravamo rimasti d’accordo, e devo anche ordinare a Giacobbe che…

Macheath Se riusciste a tener ferme le vostre lingue per due minuti, tutto sarebbe spiegato.

Lucy No, non voglio tener la lingua ferma, non posso sopportarlo. Un essere di sangue e di carne non può sop­portare una cosa simile.

Polly Mia cara, è naturale che la moglie…

Lucy La moglie!!

Polly …che la moglie abbia una certa naturale prece­denza. Purtroppo, mia cara, almeno nelle forme esterio­ri. Poverino, rischia di ammattire con tutti questi fastidi.

Lucy Fastidi! Non c’è male! Cosa sei venuta a cercare qui, stronzetta che sei? Dunque, è tutta qui la tua gran conquista! Tutta qui la famosa bellezza di Soho!

Luce dorata. L’organetto viene illuminato. Dall’alto scendono tre lampade appese a una pertica. Sui cartelloni la scritta:

DUETTO DELLA GELOSIA.

1.

Lucy

Vieni fuori, bellezza di Soho!

Fammi vedere le tue belle gambe!

Voglio vedere un po’

se come te non ce n’è nessun’altra.

Che razza d’impressione gli hai fatta, a mio marito!

Polly

Ah davvero, davvero?

Lucy

Già, mi vien proprio da ridere.

Polly

Ma come, ma come?

Lucy

Eh, sarebbe divertente!

Polly

Tanto, tanto divertente?

Lucy

Se Mac ti degna di uno sguardo!

Polly

Se mi degna di uno sguardo?

Lucy

Ah, ah, ah! Chi vuoi che vada:

con un tipo come te?

A due

Quanto a questo, la vedremo!

Già, davvero la vedremo!

Mackie ed io, una vita da colombi!

Vuol bene solo a me, non me lo fo rubare!

Bisogna che lo dica,

così non può finire

per la prima cagnetta che s’affaccia.

Figurarsi!

2.

Polly

Ah, mi chiamano la bella di Soho

e dicono che ho delle belle gambe.

Lucy

Quelle, dici?

Polly

C’è chi vuol vedere un po’

e come me ce n’è una sola, dicono.

Lucy

Merdosa!

Polly

Merdosa te!

Che razza d’impressione avrai fatta a mio marito!

Lucy

Ah davvero, davvero?

Polly

Già, c’è proprio da ridere!

Lucy

Ma proprio, ma proprio?

Polly

Eh, sarebbe divertente!

Lucy

Ah davvero, divertente?

Polly

Se qualcuno non ti degna di uno sguardo!

Lucy

Se qualcuno non mi degna di uno sguardo?

Polly (al pubblico)

Dite un po’ voi: chi volete che vada

con un tipo come quella?

Lucy

Quanto a questo, la vedremo.

Polly

Già, davvero la vedremo.

A due

Mackie ed io, una vita da colombi!

Vuol bene solo a me, non me lo fo rubare!

Bisogna che lo dica,

così non può finire

per la prima cagnetta che s’affaccia.

Figurarsi!

Macheath Dunque, cara Lucy, calmati, vuoi? Non è altro che uno stratagemma di Polly. Non le parrebbe vero di separarmi da te, e, una volta che m’avessero impiccato, le piacerebbe di andare attorno proclamandosi mia vedova. In verità, Polly, non è questo il momento.

Polly Hai il coraggio di ripudiarmi?

Macheath E tu hai il coraggio di volermi dare a intendere che siamo sposati? Polly, perché vuoi infierire sulla mia disgrazia? (Scuote il capo con aria di rimprovero) Polly, Polly!

Lucy In realtà, signorina Peachum, lei si compromette da sé. A parte tutto, è mostruoso da parte sua mettere in agitazione un uomo che si trova a questi passi!

Polly Mi pare che dovrebbe essere lei, egregia signorina, ad imparare le più elementari regole della decenza, che prescrivono di mantenere un po’ più di riserbo verso un uomo in presenza di sua moglie.

Macheath Seriamente, Polly, questo significa spingere lo scherzo troppo oltre.

Lucy E se lei, gentilissima, ha voglia di fare uno scan­dalo qui in carcere, mi vedrò costretta a chiamare un guardiano perché le mostri dov’è la porta. Spiacentissima, cara signorina.

Polly Signora! Signora! Signora! Permetta che le dica ancora questo: cara signorina, coteste arie che lei si dà, le stanno assai male. Il mio dovere m’impone di restare accanto a mio marito.

Lucy E tu, cosa dici? cosa dici? E non vuole andarsene! La cacciamo via, e lei non vuole andarsene! Devo par­lare ancora più chiaro?

Polly Ohé! Brutto rospo, adesso tieni ferma la linguac­cia, se no ti allungo un pugno sul muso, egregia signo­rina!

Lucy Te ne vai sì o no, rompiscatole? Con te bisogna parlar chiaro. Le belle maniere tu non le capisci.

Polly Le tue belle maniere! Comprometto soltanto la mia dignità. Ho troppa stima di me stessa… davvero. (Singhiozza forte).

Lucy Ma guarda un po’ la mia pancia, sgualdrina! Credi che sia stata l’acqua fresca a ridurmi così? Non ti si apro­no ancora gli occhi, di’?

Polly Ah, sei incinta, dunque? E hai ancora il coraggio di fare la gran dama! Chi è stato a farlo salire in camera, vorrei sapere?

Macheath Polly!

Polly (piangendo) Questo è davvero troppo, Mac. Que­sto non doveva succedere. Non so neanche più che cosa mi resta da fare.

Entra la Signora Peachum.

Signora Peachum Lo sapevo. È qui dal suo ganzo. Brut­ta sudiciona, vieni qui subito. Quando lo manderanno sulla forca, vacci anche tu, eh! Costringere una donna onorata come tua madre a venire in carcere a tirarti fuo­ri. E non basta una, ce ne ha due intorno, questo Nerone!

Polly Lasciami qui, mamma, ti prego; tu non sai…

Signora Peachum A casa, e subito.

Lucy Sente? Deve dirglielo sua madre, come ci si ha da comportare!

Signora Peachum Marsch!

Polly Subito. Solo devo… devo dirgli ancora qualche cosa… davvero… È molto importante, sai.

Signora Peachum (le dà uno schiaffo) Toh, anche questo è importante. Marsch!

Polly Oh, Mac! (Sua madre la trascina via).

Macheath Lucy, sei stata magnifica. Naturalmente, ave­vo compassione di lei. Perciò non ho potuto trattarla come si meritava. Per un momento hai pensato che ci fosse qualcosa di vero in quello che lei diceva: ho ragione o no?

Lucy Sì, l’ho pensato, amor mio.

Macheath Se ci fosse stato qualcosa, sua madre non mi avrebbe messo in questa situazione. Hai sentito come si è espressa sul mio conto? Una madre tratta così tutt’al più un seduttore, non il proprio genero.

Lucy Come sono felice se tu mi parli col cuore. Ti amo tanto, che preferirei quasi vederti appeso alla forca, piut­tosto che tra le braccia di un’altra donna. Non è strano?

Macheath Lucy, vorrei poterti essere debitore della mia vita.

Lucy Com’è bello sentirtelo dire, ripetilo ancora.

Macheath Lucy, vorrei poterti essere debitore della mia vita.

Lucy Devo fuggire con te, tesoro?

Macheath Capisci, se fuggiamo insieme sarà più difficile nasconderci; invece, appena avranno smesso di cercar­mi, ti manderò subito a chiamare: e per espresso, stanne certa!

Lucy Come posso aiutarti?

Macheath Portami il cappello e il bastone! (Lucy ritor­na col cappello e il bastone e li getta nella cella di Mac). Lucy, il frutto del nostro amore, che tu porti nelle vi­scere, ci avvincerà per sempre l’uno all’altra!

Lucy se ne va.

Smith (appare, entra nella gabbia e dice a Mac) Mi renda il bastone.

Dopo una breve caccia che Smith conduce con una sedia e una spatola facendo girare Mac in tondo, Mac balza fuori dall’infer­riata. Le guardie lo rincorrono.

Brown (dall’interno) Olà, Mac!… Mac, per favore, ri­spondi, è Jackie che ti chiama. Mac, per favore, sii buo­no, rispondimi, non posso più resistere. (Entra) Mackie! Cos’è successo? Oh, ha tagliato la corda. Dio sia lodato!

(Si siede sul tavolaccio).

Entra Peachum.

Peachum (a Smith) Mi chiamo Peachum. Vengo ad in­cassare le quaranta sterline di taglia per la cattura del bandito Macheath. (Appare davanti alla gabbia) Olà, c’è il signor Macheath, qui? (Brown tace). Ah, benis­simo! Ah, l’altro signore se n’è andato a spasso? Vengo qui per trovare un brigante e chi trovo? Il signor Brown! Trovo Brown-la-Tigre e non trovo il suo amico Macheath.

Brown (gemendo) Oh, signor Peachum, non è colpa mia.

Peachum Si capisce di no: vorrei vedere anche questa! Non sarà poi lei stesso a… per poi mettersi in una situa­zione come questa… Impossibile, Brown.

Brown Signor Peachum, sono sconvolto.

Peachum Lo credo bene. Deve essere in uno stato spaventevole.

Brown Sì, è questo sentimento d’impotenza che mi pa­ralizza. Questi birbaccioni fanno quel che vogliono. È tremendo, tremendo.

Peachum Non vorrebbe sdraiarsi un po’? Chiuda un momento gli occhi e faccia come se non fosse accaduto nulla. Pensi di essere su un bel prato verde con nuvo­lette bianche in cielo, e soprattutto scacci dalla testa tutti questi orrori. Quelli che son già accaduti, e quelli che hanno ancora da venire.

Brown (inquieto) Che cosa intende?

Peachum Sa che ha una cera magnifica? Io, al suo posto, sarei completamente a terra, m’infilerei a letto e berrei del tè caldo. E mi preoccuperei in special modo che qual­cuno mi tenesse la mano sulla fronte.

Brown Per tutti i diavoli, se quel briccone se l’è squa­gliata io non ci ho colpa. La polizia non ci può far nulla.

Peachum Davvero? La polizia non ci può far nulla? Non crede che rivedremo qui il signor Macheath? (Brown fa spallucce). Allora veramente lei avrà da patire un torto gravissimo. Adesso, si capisce, tutti ricominceranno a dire che la polizia non avrebbe dovuto lasciarselo scap­pare. Già, lo splendido corteo dell’incoronazione… lo vedo e non lo vedo.

Brown Che significa?

Peachum Mi permetto di ricordarle un precedente sto­rico, che sebbene a suo tempo, millequattrocento anni prima di Cristo, abbia sollevato grande scalpore, oggi è sconosciuto ai più. Quando mori il re Ramsete Secondo d’Egitto, il capo della polizia di Ninive, oggi Cairo, si rese colpevole di non so quali piccolezze nei riguardi degl’infimi strati della popolazione locale. Già quella vol­ta il fatto ebbe conseguenze spaventevoli. Secondo quanto si legge nei libri di storia, il corteo per l’incoronazione della nuova regina, Semiramide, si tramutò « in una serie di catastrofi per la troppo viva partecipazione degl’infimi strati della popolazione ». Gli storici inorridiscono di raccapriccio per il terribile castigo riservato da Semiramide al capo della polizia. Ho solo un vago ricordo, ma so che si trattava di serpenti ch’essa nutriva col proprio seno.

Brown Davvero?

Peachum Il Signore sia con lei, Brown. (Esce).

Brown Ormai non resta che ricorrere al pugno d’acciaio. Sergenti, a rapporto! Allarme!

Sipario. Luce dorata. Macheath e Jenny delle Spelonche escono davanti al sipario e cantano il Secondo finale da tre soldi.

SECONDO FINALE DA TRE SOLDI

1.

Mac

Voi che alla retta vita ci esortate

e ad evitare il fango del peccato,

prima di tutto fateci mangiare

e poi parlate pure a perdifiato.

Voi che alla vostra ciccia tenete e al nostro onore,

date ascolto, sappiatelo, è così:

solo saziato l’uomo può farsi migliore!

Pochi discorsi, il punto è tutto qui.

Della gran forma di pane, una fetta

anche ai reietti e ai poverelli spetta.

Voce dietro la scena

Ahimè, di cosa vive l’uomo?

Mac Solo assaltando

gli uomini, torturando, depredando, sbranando.

Nel mondo l’uomo è vivo solo a un patto:

se può scordar che a guisa d’uomo è fatto.

Coro

Signori, fate a meno d’imposture:

l’uomo vive d’infamie e di brutture!

2.

Jenny delle Spelonche

Voi che dite alle donne quando possono

alzar le gonne e stralunare gli occhi,

prima di tutto fateci mangiare,

poi, se volete, potrete parlare.

Voi che godete a spese del nostro disonore,

date ascolto, sappiatelo, è così:

solo saziato l’uomo può farsi migliore.

Pochi discorsi, il punto è tutto qui.

Della gran forma di pane, una fetta

anche ai reietti e ai poverelli spetta.

Voce dietro la scena

Ahimè, di cosa vive l’uomo?

Jenny Solo assaltando

gli uomini, torturando, depredando, sbranando.

Nel mondo l’uomo è vivo a un patto:

se può scordar che a guisa d’uomo è fatto.

Coro

Signori, fate a meno d’imposture:

l’uomo vive d’infamie e di brutture!

ATTO TERZO

I.

Nella stessa notte Peachum si prepara a dar batta­glia. Con una dimostrazione dei miserabili egli pro­getta di turbare il corteo dell’incoronazione.

Il guardaroba di Peachum.

I mendicanti dipingono cartelli con scritte come: « Ho dato il mio occhio al Re » ecc.

Peachum Signori, nelle nostre undici filiali da Drury La­ne a Turnbridge millequattrocentotrentadue signori la­vorano, come voi, a preparare cartelli per presenziare all’incoronazione della nostra regina.

Signora Peachum Avanti, avanti! Chi non ha voglia di lavorare, non può fare il mendicante. Tu vuoi essere cieco e non sei neanche capace di far bene una R? Que­sto cartello dev’essere scritto con una scrittura infan­tile: è un vecchio che lo porta!

Rullo di tamburi.

Un Mendicante Ecco: sta montando la guardia dell’in­coronazione! Il più bel giorno del servizio militare! E non si figurano nemmeno che proprio oggi avranno da fare con noi.

Filch (entra con tono ufficiale) Signor Peachum, stanno arrivando una dozzina di pollastre notturne. Asserisco­no di dover ricevere del denaro.

Entrano le prostitute.

Jenny Mia cara signora…

Signora Peachum Che aria avete! Sembrate appena ca­scate giù dal trespolo. Volete i soldi per il vostro Macheath, eh? Ebbene, non avrete niente, capito? Niente.

Jenny Come possiamo capirlo, signora?

Signora Peachum Venirmi a fare irruzione in casa a tarda notte! Entrare in una casa per bene alle tre del mattino! Facevate meglio a riposarvi del vostro mestie­re. Avete una faccia da latte vomitato.

Jenny Come, signora, dunque non possiamo ricevere l’o­norario che ci spetta contrattualmente per aver assicu­rato il signor Macheath alla giustizia?

Signora Peachum Proprio così: una merda riceverete e non il premio del tradimento.

Jenny E perché, gentile signora?

Signora Peachum Perché quel distintissimo signor Macheath è di nuovo disperso a tutti i venti. Per questo. E adesso sgombrate da questa casa onorata, care damigelle.

Jenny Beh, questo è proprio il colmo. Permetta che glielo dica: non tratti così con noi. Con noi, no.

Signora Peachum Filch, le signore desiderano essere condotte fuori.

Filch si dirige verso le signore. Jenny lo respinge.

Jenny Mi faccia la cortesia di chiudere quella sua bocca puzzolente, o potrebbe darsi che…

Entra Peachum.

Peachum Cos’è successo? Spero bene che non avrai dato neanche un soldo. Beh, come va, care signorine? È in gattabuia il signor Macheath, o no?

Jenny La smetta un po’ col suo signor Macheath. Lei, a quell’uomo, non è neanche degno di allacciargli le scar-pe. Stanotte ho dovuto mandar via un tale, tanto avevo inzuppato il cuscino di lacrime al pensiero di aver ven­duto a lei un gentiluomo come quello. Sì, care signore, e sapete cosa m’è capitato stamattina, neanche un’ora fa? Mi ero addormentata a furia di piangere, quando sento un fischio, e chi c’è nella strada? Proprio lui, l’uomo per il quale piangevo; e mi chiede di buttargli giù la chiave. Ha voluto dimenticare nelle mie braccia il torto che gli avevo fatto. In tutta Londra, signore mie, non c’è un gentiluomo più distinto. E se ora la nostra collega Suky Tawdry non è qui con noi, è perché lui, dopo aver la­sciato me, se n’è andato a consolare anche lei.

Peachum (meditabondo) Suky Tawdry…

Jenny Ecco, e ora dica un po’ se non è vero che non è neanche degno di allacciargli le scarpe, brutto spione!

Peachum Filch, presto, corri al commissariato qui vici­no, il signor Macheath si trova presso la signorina Suky Tawdry. (Filch esce). Ma care signore, perché questo litigio? Il denaro vi sarà pagato, è inteso. Cara Celia, faresti meglio ad andar di là a preparare il caffè per le signorine, invece di star qui a insolentire.

Signora Peachum (andandosene) Suky Tawdry!

Ce n’è uno che è a un passo dalla forca,

la calce han già comprata che lo deve calcinare,

ha la vita appesa ad un capello

e che cosa ha per la testa, quel tipo? Le ragazze.

Anche sotto la forca, è sempre pronto:

questa è la schiavitù sessuale.

È già venduto con la pelle e tutto,

lei stessa gli ha fatto vedere la paga di Giuda,

e perfino lui comincia ora a capire:

fra le gambe delle donne c’è la fossa preparata.

È inutile che pianga e si disperi.

Prima di notte, è già a letto con quella.

Peachum Avanti, avanti! Crepereste tutti quanti nelle cloache di Turnbridge, se io, nelle mie notti insonni, non avessi scoperto il mezzo di far nascere soldini dalla vo­stra povertà. Ma io ho scoperto che coloro che posseg­gono sulla terra, possono si provocare la miseria, ma non possono vederla. Perché sono dei deboli e degli imbecilli, esattamente come voi. Anche se hanno da ingozzarsi fino al termine dei loro giorni, anche se possono spalmare di burro il pavimento, tanto da ingrassare perfino le bri­ciole che cadono dalla tavola, non possono vedere con indifferenza un uomo che non si regga dalla fame, pur­ché beninteso quest’uomo stramazzi proprio davanti alle loro finestre.

Entra la Signora Peachum con un vassoio colmo di tazze di caffè.

Signora Peachum Domani potete passare in negozio a riscuotere il denaro: dopo l’incoronazione, però.

Jenny Signora Peachum, sono senza parole.

Peachum Adunata! Troviamoci fra un’ora davanti a Buckingham Palace. Marsch!

I mendicanti si dispongono in fila.

Filch (entra di corsa) Polenta! Non sono neanche arri­vato al commissariato. La polizia è già qui!

Peachum Nascondetevi! (Alla Signora Peachum) Riu­nisci l’orchestrina, presto. E quando mi senti dire « inof­fensivo », capito?, inoffensivo. . .

Signora Peachum Inoffensivo? Non ci capisco niente.

Peachum Si capisce che non capisci. Dunque, quando di­rò « inoffensivo »… (Colpi alla porta). Dio vi ringrazio, questa è la chiavettina… « inoffensivo », allora attaccate una musica qualsiasi. Via!

La Signora Peachum esce coi mendicanti. Questi, meno la ragazza col cartello « Vittima dell’arbitrio militare », si nascondono con tutti i loro attrezzi dietro il guardaroba a destra. Entra Brown con le guardie.

Brown Beh, adesso facciamo sul serio, signor amico del mendicante. Smith, le catene, subito. Oh, guarda che bei cartelli! (Alla ragazza) « Vittima dell’arbitrio militare »: saresti tu, per caso?

Peachum Buongiorno, Brown, buongiorno, ha dormito bene?

Brown Eh?

Peachum ‘Ngiorno, Brown.

Brown Dice a me? Conosce forse qualcuno di voi? Non credo di avere la fortuna di conoscerti.

Peachum Davvero no? ‘Ngiorno, Brown.

Brown Buttagli via il cappello dalla testa.

Smith esegue.

Peachum Vede, Brown, dal momento che per caso passa di qua, dico per caso, Brown, colgo l’occasione per pregarla di mettere una buona volta sotto catenaccio un certo Macheath.

Brown Costui è pazzo. Non ridere, Smith. Di’ un po’, Smith, com’è possibile che quel delinquente notorio cir­coli libero per Londra?

Peachum Perché è amico suo, Brown.

Brown Chi?

Peachum Mackie Messer. Io no, già. Io non sono un de­linquente. Sono un pover’uomo. Però lei non può trat­tarmi male. Brown, lei sta per passare il più brutto quar­to d’ora della sua esistenza. Vuole un caffè? (Alle prosti­tute) Ragazze, date un sorso al signor capo della polizia, ma che modi son questi? Viviamo pur tutti d’accordo! Ci atteniamo tutti alla legge! La legge è fatta esclusiva­mente per lo sfruttamento di coloro che non la capisco­no, o ai quali la brutale necessità non permette di rispet­tarla. E chi vuol cavare la sua briciolina da questo sfrut­tamento, deve attenersi strettamente alla legge.

Brown Dunque lei ritiene i nostri giudici corruttibili!

Peachum Al contrario, signor mio, al contrario! I nostri giudici sono assolutamente incorruttibili: nessuna som­ma è capace di corromperli fino al punto di farli giudi­care secondo diritto.

Secondo rullo di tamburi.

Si pongono in marcia le truppe per il servizio d’ordine! I miseri tra i miseri si porranno in marcia da qui a mez­z’ora.

Brown Sì, signor Peachum, perfettamente. Da qui a mez­z’ora i miseri tra i miseri si porranno in marcia per Old Bailey, verso la prigione, i quartieri d’inverno. (Alle guardie) Avanti, ragazzi, raccogliete tutti quelli che so­no qui. Raccogliete tutti i patrioti che trovate qui den­tro. (Ai mendicanti) Avevate mai sentito parlare di Brown-la-Tigre? Stanotte, Peachum, ho proprio trovato la soluzione e, posso dirlo, ho salvato un amico dal pe­ricolo di morte. Semplicissimo: dò fuoco al cimiciaio. E metto dentro tutti sotto accusa – già, sotto che accusa? Sotto accusa di accattonaggio. Se non sbaglio, lei mi ave­va accennato di volermi buttare addosso proprio oggi, a me e alla regina, tutti gli accattoni di Londra. E io, gli accattoni, li spedisco in gattabuia. Toh, impara.

Peachum Benissimo, ma… quali accattoni?

Brown Questi storpi qui. Smith, portiamoli via con noi, questi egregi patrioti.

Peachum Brown, lasci che la metta in guardia contro la precipitazione: meno male, Brown, che è venuto da me! Vede, Brown, questi due o tre poveracci li può arresta­re, si capisce, sono inoffensivi, inoffensivi…

La musica attacca, e suona a mo’ di preludio alcune battute della Canzone dell’inadeguatezza degli umani sforzi.

Brown Che è questo?

Peachum Musica. Suonano come possono, naturalmen­te. La Canzone dell’inadeguatezza degli umani sforzi. Non la conosce? Impari lei, adesso.

Luce dorata. L’organetto viene illuminato. Dall’alto scendono tre lampade appese a una pertica. Sui cartelloni la scritta:

CANZONE DELL’INADEGUATEZZA DEGLI UMANI SFORZI.

1.

Vuoi viver con la testa? Uomo, non esser sciocco!

Chi può campare d’una testa?

Al massimo un pidocchio.

Per stare a questo mondo

ci vuoi gente più furba di voialtri:

trucchi e imbrogli son tanti

che nessuno li sa.

2.

Prepara un bel progetto,

da grande luminare!

Poi pensa a un altro bel progetto

poi prova a farli andare!

Per stare a questo mondo

ci vuoi gente cattiva, cari miei,

Poco servono i bei

sentimenti, si sa.

3.

Rincorri la fortuna,

però non correr troppo!

Tu insegui la fortuna, e lei

vien dietro a piede zoppo.

Per stare a questo mondo

troppe pretese avete, gente mia.

Chi nutre sogni splendidi

nei muri cozzerà.

Peachum Il suo progetto, Brown, era geniale, ma irrea­lizzabile. Qui al massimo potrà arrestare un paio di ra­gazzi, che volevano manifestare la loro gioia per l’in­coronazione della loro regina e stavano preparando un ballo mascherato. Se dovessero venire i veri miserabili (qui non ce n’è neanche uno), ne vedrebbe a migliaia. Ecco il punto: lei ha dimenticato com’è spaventoso il numero dei poveri. Se si mettono davanti alla chiesa, non sarà certo una visione di festa: non è gente che ab­bia un bell’aspetto. Sa che cos’è il lupus, Brown? E se ci fossero centoventi lupus? La nostra graziosa regina ha un debole per i cani lupi, ma non per i lupus. E una fila di mutilati davanti al portale della chiesa. Meglio evitarlo, Brown. Probabilmente, dirà lei, la polizia avrà ragione di noialtri poveretti. Ma lei stesso non ci crede. Però, che impressione farebbe se, al momento dell’in­coronazione, si dovessero prendere a scudisciate seicen­to poveri storpi? Oh, una brutta impressione. Una im­pressione ripugnante. Roba da star male. Brown, mi sento mancare al solo pensarci. Una seggiolina, di gra­zia.

Brown (a Smith) Costui ci minaccia, Smith, ci sta ricattando. Non abbiamo nessun appiglio contro costui, nem­meno per motivi di ordine pubblico. Cose mai viste.

Peachum Ma adesso si vedono. Voglio dirle una cosa: con la regina d’Inghilterra può comportarsi come cre­de. Ma se pesterà i piedi al più povero degli abitanti di Londra, caro signor Brown, l’avrà finita di fare brau-brau.

Brown E va bene: arrestiamo Mackie Messer, arrestia­molo! È una parola. Per arrestare un uomo, bisogna sapere dov’è.

Peachum Se mi dice questo, non posso contraddirla. Per­ciò io le farò sapere dov’è l’uomo; e vedremo un po’ se esiste ancora la creanza. Jenny, dove si trattiene il signor Macheath?

Jenny Presso Suky Tawdry, Oxford Street 21.

Brown Smith, andate subito da Suky Tawdry al 21 di Oxford Street, arrestate Macheath e portatelo a Old Bailey. Io intanto andrò a mettermi la tenuta di gala. Per un giorno come questo ci vuole la tenuta di gala.

Peachum Brown, se alle sei non è impiccato…

Brown Ah, Mac, è andata male. (Esce con le guardie).

Peachum (gli grida dietro) Allora, ha imparato qualcosa, Brown?

Terzo rullo di tamburi.

Terzo rullo di tamburi. Contrordine per il piano di marcia. Nuova destinazione: carcere di Old Bailey. Marsch.

(I mendicanti escono. Peachum canta)

Non è punto buono l’uomo:

ha bisogno di legnate.

Se gli hai dato sodo in capo

forse il meglio gli vien fuori.

Per stare a questo mondo

certo l’uomo non è abbastanza buono.

Qualche legnata in testa

male non gli farà.

Sipario. Davanti al sipario appare Jenny con un organetto e canta la

CANZONE DEL RE SALOMONE.

1.

Era un gran savio, re Salomone,

ma poco gli servi.

Capiva tutto, tutto sapeva

e « Il mondo è solo vanità »

non fece che ripetere.

Che grande saggio fu Salomone!

Ma presto a tutti fu ben chiaro

che la saggezza costa caro:

riduce troppa gente a mal partito,

sicché beato chi non ce l’ha!

2.

La gran bellezza di Cleopatra

ben poco le servi.

Abbindolò due imperatori

ma poi nel vizio s imputtanì

e si ridusse in cenere.

L’assomigliavano a Babilonia!

Ma presto a tutti fu ben chiaro

che la bellezza costa caro:

riduce troppa gente a mal partito,

sicché beato chi non ce l’ha!

3.

E l’eroismo a Giulio Cesare

ben poco gli servì.

Pareva un dio sopra l’altare

ed un bel giorno ucciso fu

e cadde nella polvere.

«Tu quoque, Bruto! » Che conclusione!

E presto a tutti fu ben chiaro

che l’eroismo costa caro:

anche i duci riduce a mal partito,

sicché beato chi non ce l’ha!

4.

E Brecht smanioso di sapere

tutti lo cantavate!

Ma lui, testardo, chiedeva perché

il ricco vuoi tutto avere per sé

ed ora va in esilio.

Che ficcanaso, che curiosone!

E presto tutti han visto chiaro

che certe smanie costan caro:

riducono la gente a mal partito,

sicché beato chi non ne ha!

5.

Ed ecco qui messer Macheath

a un passo dal capestro!

Finché si seppe limitare

e rubò quel che era da rubare

nessuno riuscì a batterlo.

Ma un giorno al cuore si abbandonò!

E finalmente a tutti è chiaro

che la passione costa caro:

riduce anche i banditi a mal partito,

sicché beato chi non ce l’ha!

II.

Lotta per la proprietà10 .

Camera di fanciulla a Old Bailey.

Smith Signorina, la signora Polly Macheath vorrebbe parlarle.

Lucy La signora Macheath? Falla entrare.

Entra Polly.

Polly Buongiorno, signora. I miei rispetti, signora.

Lucy Prego, desidera?

Polly Mi riconosce?

Lucy Certo che la conosco.

Polly Vengo a pregarla di scusarmi per la mia condotta di ieri.

Lucy Molto interessante.

Polly Davvero, non ho nessuna scusa per la mia condotta di ieri… se non la mia sventura.

Lucy Già, già.

Polly Gentile signora, deve scusarmi. Ieri ero molto ir­ritata per la condotta del signor Macheath. Realmen­te, non avrebbe dovuto metterci tutt’e due in una si­tuazione simile, nevvero? Può anche dirglielo, se lo vede.

Lucy Io… io… non lo vedo.

Polly Sì che lo vede.

Lucy No, non lo vedo.

Polly Scusi.

Lucy Egli ha molta simpatia per lei.

Polly Oh no, ama soltanto lei, lo so di sicuro.

Lucy Molto gentile.

Polly Ma un uomo, signora, ha sempre paura di una don­na che l’ama troppo. E naturalmente ne viene di conse­guenza che poi trascuri quella donna e la eviti. Fin dalla prima occhiata ho inteso che verso di lei egli aveva degli obblighi che io certamente non avrei previsti.

Lucy Lo pensa proprio sinceramente?

Polly Certo, sicuro, sincerissimamente, gentile signora. La prego.

Lucy Cara signorina Polly, gli abbiamo voluto troppo bene tutt’e due.

Polly Forse. (Pausa). E adesso, signora, voglio spiegarle com’è andata. Dieci giorni fa ho visto il signor Macheath per la prima volta all’Albergo della Seppia. C’era anche mia madre. Cinque giorni più tardi, ossia pressappoco ieri l’altro, ci siamo sposati. Ieri ho saputo che la poli­zia lo sta cercando per vari delitti. E oggi, non so più che cosa accadrà. Dunque, signora, soltanto dodici giorni fa non mi sarei figurata che potevo perdermi con un uomo.

Pausa.

Lucy La capisco, signorina Peachum.

Polly Signora Macheath.

Lucy Signora Macheath.

Polly Del resto, nelle ultime ore ho pensato molto a quell’uomo. Non è una cosa tanto semplice. Vede, si­gnorina, per il contegno ch’egli ha tenuto ieri nei suoi riguardi devo invidiarla sinceramente. Quando, costretta da mia madre, ho dovuto abbandonarlo, non ha mostrato neppure un’ombra di rimpianto. Forse è senza cuore, forse ha una pietra in petto al posto del cuore. Che ne pensa, Lucy?

Lucy Sì, cara signorina; però non so se tutta la colpa sia da ascrivere al signor Macheath. Lei avrebbe dovuto ri­manere a casa sua, cara signorina.

Polly Signora Macheath.

Lucy Signora Macheath.

Polly Sì, è vero, o almeno avrei dovuto dar retta al mio papà, e impostare tutta la faccenda su basi commerciali.

Lucy Certo.

Polly (piange) Ma lui è tutto quel che possiedo.

Lucy Mia cara, è una sfortuna che può capitare alla più intelligente delle donne. Ma dato che è ufficialmente sua moglie, questo dovrebbe tranquillizzarla. Poveretta, com’è abbattuta; non posso più reggere a vederla. Vuole prendere qualcosina?

Polly Come?

Lucy Mangiare qualcosa!

Polly Oh, sì, grazie, mangiare qualcosa. (Lucy esce. Tra sé) Che carogna!

Lucy (torna con caffè e pasticcini) Ecco, questo basterà.

Polly Troppo disturbo, signora. (Pausa. Mangiano). Bel­lo questo suo ritratto che ha qui. Quando l’ha portato?

Lucy Come, portato?

Polly (candida) Voglio dire, quand’è che gliel’ha porta­to su in camera

Lucy Non l’ha mai portato.

Polly Gliel’ha dato qui in camera direttamente?

Lucy Qui in camera non è mai venuto.

Polly Ah, capisco. Del resto non ci sarebbe niente di strano, nevvero? Le vie del destino sono talmente intricate!

Lucy Ma la smetta un po’ con tutte queste scempiaggini. È venuta qui solo per curiosare?

Polly Lei sa dov’è, non è vero?

Lucy Io? Come, non lo sa lei?

Polly Adesso mi dica subito dov’è.

Lucy Non ne ho la minima idea.

Polly Ah, dunque non sa dov’è. Parola d’onore?

Lucy No, non lo so. Toh, non lo sa neanche lei?

Polly No, questo è l’incredibile. (Polly ride, Lucy pian­ge). È uccel di bosco, e ha obblighi verso due donne.

Lucy Non posso più sopportarlo. Ah, Polly, è terribile.

Polly (allegra) Sono tanto contenta di aver trovato, in fondo a questa tragedia, un’amica come te. Almeno que­sto. Vuoi mangiare qualcosa, ancora qualche pasta?

Lucy Qualche pasta! Oh, Polly, non trattarmi così gen­tilmente. Davvero, non lo merito. Oh, Polly, gli uomini non sono degni di tanto.

Polly D’accordo, gli uomini non sono degni, ma allora che cosa dobbiamo fare?

Lucy No, lascia, sparecchio io. Polly, mi giudicherai mol­to male?

Polly Perché?

Lucy Non è vergine.

Polly Chi?

Lucy Questo qui! (Indica il proprio grembo) E tutto a causa di quel delinquente.

Polly (ride) Ah, questa è grandiosa! Un manicotto! Oh, sei proprio una canaglia! Di’… lo vuoi, il tuo Mackie? Te lo regalo. Se lo trovi, tientelo pure! (Si odono voci e passi nell’androne). Che c’è?

Lucy (alla finestra) Mackie! Lo hanno ripreso.

Polly (stramazza a terra) Stavolta è finita.

Entra la Signora Peachum.

Signora Peachum Oh, Polly, finalmente ti trovo. Cam­biati, stanno per giustiziare tuo marito. Ti ho portato l’abito da vedova. (Polly si sveste e indossa l’abito da vedova). Sarai bellissima vestita da vedova. Beh, e adesso sii anche un po’ più allegra.

III.

Venerdì mattina, ore 5. Machie Messer, che ancora una volta è andato a prostitute, dalle prostitute an­cora una volta è stato tradito. La sua morte è ormai certa.

Cella della morte.

Si odono sonare le campane di Westminster. Le guardie portano Macheath incatenato in carcere.

Smith Portatelo qui dentro. Le campane di Westmin­ster stanno già sonando per la prima volta. Si metta a posto come si deve, non si dia quell’aria da funerale; io non c’entro, nelle sue faccende. Forse è che si vergo­gna. (Alle guardie) Preparate tutto, voi: quando le cam­pane soneranno per la terza volta, e cioè alle sei, dovrà già essere impiccato.

Una Guardia Già da un quarto d’ora tutte le strade di Newgate sono affollate: non si riesce più a passare. Ci sono tutti i ceti della popolazione.

Smith Strano, lo sapevano già?

Guardia Se continua così, tra un quarto d’ora lo saprà tutta Londra. E tutti quelli che altrimenti sarebbero an­dati al corteo dell’incoronazione, verranno qui. E il coc­chio della regina passerà per le strade vuote.

Smith Appunto, dobbiamo fare a gran velocità. Se alle sei avremo finito, alle sette la gente farà in tempo ad essere al corteo. Cominciate subito.

Macheath Ohé, Smith, che ora è?

Smith (uscendo) Non ha gli occhi? Le cinque e quattro minuti.

Macheath Le cinque e quattro minuti.

Nel momento in cui Smith chiude la porta della cella dall’esterno, arriva Brown.

Brown (a Smith, volgendo la schiena alla cella) È dentro?

Smith Vuole vederlo?

Brown No, no, no, per carità, fai tutto tu. (Via).

Macheath (d’un tratto, in un rapido sussurro irresistibile) Dunque, Smith, non voglio dirle niente, nessun tenta­tivo di corruzione, non abbia paura. So tutto. Se si la­sciasse corrompere, dovrebbe almeno partire per l’este­ro. Sì, sarebbe indispensabile. Per questo le occorrereb­be abbastanza denaro da provvedere a se stesso per tutta la vita. Mille sterline, sì? Non dica nulla. Tra ven­ti minuti le dirò se potrà avere queste mille sterline oggi stesso a mezzogiorno. Niente sentimentalismi. Esca e ri­fletta attentamente. La vita è breve e il denaro scarseg­gia. E non sono affatto sicuro di poterlo mettere insie­me. Ma lasci entrare qui dentro chi vorrà entrare.

Smith (lentamente) Sciocchezze, signor Macheath. (Esce).

Macheath (a bassa voce, rapidissimamente)

Ascoltate la voce che chiede pietà.

Macheath non è sotto una siepe in fiore,

non sotto i faggi, no, ma in una fossa!

Qui l’ha trascinato la furia del destino.

Dio voglia non sian queste sue parole le ultime!

Profondissime mura ora lo chiudono.

Non domandate, amici, dove sia?

Quando sarà morto, berrete alla memoria.

Ma fin che è vivo, stategli vicino.

Volete che la sua pena sia eterna? 11.

Mattia e Giacobbe compaiono nel corridoio; vogliono entrare da Macheath. Smith rivolge loro la parola.

Smith Beh, giovanotto, che faccia hai? Sembri un’aringa sbuzzata.

Mattia Da quando il Capitano è scappato, devo ingra­vidare tutte le nostre donne, perché possano tirare in ballo l’irresponsabilità! Bisognerebbe essere nati stal­loni per farcela a un lavoro come questo. Ho da parlare al Capitano.

Entrano ambedue da Macheath.

Macheath Le cinque e venticinque. Ve la siete presa comoda.

Giacobbe Eh, in fin dei conti dovevamo…12.

Macheath In fin dei conti, in fin dei conti, lo sai che va­do alla forca? Ma non ho proprio il tempo di mangiarmi il fegato con voi. Le cinque e ventotto. Presto: quanto potete ritirare subito dai vostri depositi personali?

Mattia Dai nostri…? Alle cinque di mattina?

Giacobbe Siamo davvero a questi passi?

Macheath Quattrocento sterline, sarebbe possibile?

Giacobbe Già, e noi? È tutto quel che c’è.

Macheath Siete voi che andate alla forca, o io?

Mattia (aspro) Siamo stati noi ad andare a letto con Suky Tawdry invece di squagliarcela? Siamo stati noi da Suky Tawdry, o tu?

Macheath Piantala. Tra poco sarò in tutt’altro letto che da quella baldracca. Le cinque e mezzo.

Giacobbe Beh, dobbiamo provare, Mattia.

Smith Il signor Brown manda a chiedere che cosa desi­dera per l’ul… per pasto.

Macheath Lasciatemi in pace. (A Mattia) Insomma, sei d’accordo o no? (A Smith) Asparagi.

Mattia Non ti permetto di farmi la voce grossa.

Macheath Ma io non faccio affatto la voce grossa. È solo perché… Dunque, Mattia, vuoi lasciarmi impiccare?

Mattia Naturale che non ti lascerò impiccare. Chi dice questo? Ma è proprio tutto. Quattrocento sterline è pro­prio tutto quel che c’è. Questo almeno potrò dirlo, no?

Macheath Le cinque e trentotto.

Giacobbe Su, allora sbrighiamoci, Mattia, altrimenti non combiniamo più niente.

Mattia Purché riusciamo a passare, c’è una tal folla. ‘Ste canaglie.

Macheath Se non sarete qui fra cinque o sei minuti, al­lora non mi vedrete più. (Grida) Non mi vedrete più…

Smith Sono già andati. Beh, come va la faccenda? (Fa il gesto di contar denari).

Macheath Quattrocento. (Smith se ne va facendo spal­lucce. Mac gli grida dietro) Devo parlare a Brown.

Smith (torna con le guardie) Avete il sapone?

Una Guardia Sì, ma non quello buono.

Smith Dieci minuti vi bastano, no?, per montare la baracca.

Guardia Ma la botola non funziona bene.

Smith Muoviamoci! Le campane hanno già sonato la seconda volta.

Guardia Che schifo!

Macheath (canta)

Venite a vedere come l’hanno conciato:

ora è proprio quel che si dice a terra.

Voi che considerate come unica

autorità i vostri sudici quattrini,

badate che non scenda nella fossa!

Correte, su, dalla regina, in molti,

e ditele qualcosa di lui, correte

come fanno i maiali, uno dopo l’altro.

Ormai ha i denti lunghi come zanne!

Volete che la sua pena sia eterna?

Smith Non posso lasciarla entrare. Ha solo il numero sedici. Non è ancora il suo turno.

Polly Macché numero sedici, cosa c’entra. Non faccia il burocrate. Sono sua moglie, devo parlargli.

Smith Cinque minuti, non di più.

Polly Macché cinque minuti! Stupidaggini. Cinque mi­nuti. Non si può dire così in quattro e quattr’otto. Non è mica così semplice. Ci dobbiamo dare l’ultimo addio. E questo vuol dire sempre dei lunghi discorsi tra ma­rito e moglie… Ma dov’è?

Smith Come, non lo vede?

Polly Ma sì, naturalmente. Grazie.

Macheath Polly!

Polly Sì, Mackie, sono io.

Macheath Ma sì, naturalmente!

Polly Come va? Sei molto a terra? È brutta, eh?

Macheath Già, e tu che farai adesso? Che ne sarà di te?

Polly Sai, gli affari vanno molto bene. Questo sarebbe il meno. Mackie, di’, sei molto nervoso?… Si può sapere che mestiere faceva tuo padre? Non mi hai mai raccon­tato molto di te. È incomprensibile. Però la tua salute è stata sempre buona.

Macheath Di’, Polly, puoi aiutarmi a uscire di qui?

Polly Sì, naturalmente.

Macheath Ci vuol denaro, beninteso. Ho detto al car­ceriere…

Polly (lentamente) Il denaro l’ho mandato a Southampton.

Macheath E qui non ne hai?

Polly No, non ne ho. Ma sai, Mackie, potrei per esempio chiedere a qualcuno… potrei forse anche parlare perso­nalmente alla regina… (Sviene) Oh, Mackie!

Smith (trascinando via Polly) Beh, ha messo insieme que­ste mille sterline?

Polly Tanti auguri, Mackie, su in gamba e non dimen­ticarmi! (Esce).

Smith e le guardie portano un tavolo con degli asparagi.

Smith Sono teneri gli asparagi?

Guardia Signorsì. (Via).

Brown (appare, si dirige a Smith) Smith, che cosa vuole da me? Buona idea di aspettarmi qui col tavolo. Adesso entriamo e glielo portiamo. così vedrà quali sono i no­stri sentimenti nei suoi riguardi.

(Entrano col tavolo nella cella. Smith se ne va. Pausa).

Olà, Mac. Eccoti gli asparagi. Non vuoi mangiare un pochino?

Macheath Non si disturbi, signor Brown, ci saranno al­tri a rendermi gli estremi onori13.

Brown Oh, Mackie!

Macheath Faccia i conti, per favore! E intanto voglia permettermi di mangiare un po’. È il mio ultimo pasto, tutto sommato.

Brown Buon appetito. Ah, Mac, tu mi trapassi come un ferro incandescente.

Macheath I conti, signore, per favore, i conti. Bando ai sentimentalismi.

Brown (sospirando, cava di tasca un libriccino) Li ho por­tati con me, Mac; sono i conti dell’ultimo semestre.

Macheath (tagliente) Ah, vedo: è venuto soltanto per ritirare le sue spettanze.

Brown Ma sai benissimo che non è così…

Macheath Prego, lei non deve rimetterci nulla. Che cosa le debbo? Però, di grazia, mi esponga un conto detta­gliato. La vita mi ha reso diffidente. Nessuno lo può ca­pire meglio di lei.

Brown Mac, se parli così, non riesco neanche a pensare.

Forti colpi di martello dietro la scena.

Smith (voce) Ecco, ora è tutto in ordine.

Macheath I conti, Brown.

Brown Ebbene – se proprio insisti – prima di tutto ci sono le taglie per le catture di assassini procacciate da te o dai tuoi soci. Dal governo hai avuto liquidate in tutto…

Macheath Per tre catture a quaranta sterline l’una, in tutto centoventi sterline, di cui a lei spetta il venticinque per cento, ossia trenta sterline. Di tale somma perciò le siamo debitori.

Brown Già… già… però, Mac, non so se proprio in que­sti ultimi minuti…

Macheath La prego, vuole smetterla di parlare a vanvera? Trenta sterline. E per l’affare di Dover otto sterline.

Brown Come, soltanto otto? Ma erano…

Macheath Mi crede o non mi crede? Dunque, a chiusura dei conti dell’ultimo semestre, le spettano trentotto ster­line.

Brown (scoppiando in pianto dirotto) Tutta la vita… ho sempre…

Insieme Prevenuto ogni tuo desiderio.

Macheath Tre anni in India – c’era John e c’era anche Jim – tre anni a Londra, e questo è il ringraziamento.

(Rifà il suo aspetto dopo impiccato).

Questi era Macheath, reo senza peccato.

Un falso amico gli tendea l’agguato.

Penzola giù da un laccio di una tesa

e sente al collo quanto il culo pesa.

Brown Mac, se la prendi così… chi attenta al mio onore, attenta a me stesso. (Furente, esce di corsa dalla gabbia).

Macheath Il tuo onore…

Brown Sì, il mio onore. Smith, cominciamo! Fate entrare il pubblico! (A Mac) Scusami, ti prego.

Smith (rapidamente, a Macheath) Adesso posso ancora farla fuggire, tra un minuto sarebbe troppo tardi. Ha rimediato il denaro?

Macheath Sì, se tornano i miei ragazzi.

Smith Non si vedono. Allora chiuso.

Viene ammesso il pubblico: Peachum, Signora Peachum, Polly, Lucy, le prostitute, il prete, Mattia e Giacobbe.

Jenny Non volevano lasciarci entrare. Ma io gli ho detto: « O vi togliete di lì, brutti musi di merda, o vi faccio vedere io chi è Jenny delle Spelonche! »

Peachum Io sono il suocero. Vogliate scusare, quale fra i presenti è il signor Macheath?

Macheath (si presenta) Macheath.

Peachum passa davanti alla gabbia, va a schierarsi a destra come tutti quelli che lo seguiranno.

Peachum Il destino ha voluto, signor Macheath, che ella fosse mio genero senza che io la conoscessi. Le circo­stanze nelle quali per la prima volta la vedo, sono molto tristi. Signor Macheath, un tempo lei aveva guanti bianchi glacé, un bastone con l’impugnatura d’avorio e una cicatrice sul collo, e frequentava l’Albergo della Seppia. Non le è rimasta che la cicatrice, la quale, tra tutti i suoi segni di riconoscimento, è senza dubbio quello di minor valore, non frequenta più altri luoghi che le gabbie, e probabilmente fra poco neanche più quelle.

Polly passa piangendo davanti alla gabbia, va a schierarsi a destra.

Macheath Come sei ben vestita.

Mattia e Giacobbe passano davanti alla gabbia, vanno a schie­rarsi a destra.

Mattia Non siamo riusciti a passare dalla gran ressa che c’era. Abbiamo corso tanto, che ho avuto paura che a Giacobbe gli pigliasse un accidente. Se non ci credi…

Macheath Che cosa dicono i miei uomini? Hanno dei buoni posti?

Mattia Vede, Capitano, ci abbiamo pensato, mi capisce. Vede, un’incoronazione non è roba di tutti i giorni. Gli uomini devono guadagnare, quando possono. Mandano i loro saluti.

Giacobbe Di tutto cuore!

Signora Peachum Signor Macheath, chi l’avrebbe detto una settimana fa, quando facevamo quattro salti all’Al­bergo della Seppia?

Macheath Già, quattro salti.

Signora Peachum Ma quaggiù il destino è senza pietà.

Brown (nel fondo, al prete) E pensare che con quest’uo­mo sono stato spalla a spalla sotto il fuoco, nell’Azer­baigian!

Jenny (si avvicina alla gabbia) In Drury Lane siamo tut­ti sconvolti. Nemmeno uno è andato all’incoronazione. Tutti vogliono vedere te. (Va a schierarsi a destra).

Macheath Vedere me.

Smith Beh! ci siamo. Sono le sei. (Lo fa uscire dalla gabbia).

Macheath Non dobbiamo far aspettare questa brava gen­te. Signore e signori. Ecco davanti a voi, in procinto di scomparire, il rappresentante di una categoria che va anch’essa scomparendo. Noi, piccoli artigiani borghesi, noi che lealmente affrontiamo, col piede di porco alla mano, le casse di nichel delle bottegucce, noi veniamo ingoiati dai grandi imprenditori, dietro i quali stanno le banche. Che cos’è un grimaldello di fronte a un titolo azionario? Che cos’è l’effrazione di una banca di fronte alla fondazione di una banca? Che cos’è l’omicidio di fronte al lavoro impiegatizio? Miei concittadini, io mi accomiato da voi. Vi ringrazio di essere venuti. Alcuni . tra voi mi sono stati molti vicini. Che Jenny mi abbia tradito, è cosa che mi stupisce assai. Prova evidente che il mondo rimane uguale a se stesso. Il concorso di alcune circostanze sfortunate ha fatto sì ch’io soccombessi. Bene, soccomberò.

Luce dorata. L’organetto viene illuminato. Dall’alto scendono tre lampade appese a una pertica. Sui cartelloni la scritta:

BALLATA NELLA QUALE MACHEATH CHIEDE PERDONO A TUTTI.

Fratelli umani che in vita restate,

non lasciate indurire i vostri cuori.

Non masticate un riso scimunito

quando saremo issati sulla forca.

Non infierite, anche se siam caduti

non usate dei giudici l’asprezza.

Gente non siamo di spiriti miti!

Rinunciate alla vostra leggerezza.

Che il nostro esempio possa ammaestrarvi,

ma voi chiedete a Dio pietà per me.

La pioggia ci ha lavati e rilavati

qui nelle carni che abbiamo ingrassato,

e gli occhi troppo aperti e ancor più avidi

i corvi ce li strappano dal capo.

Troppo in superbia noi siamo saliti

e la superbia quassù ci ha innalzati,

dove gli uccelli ingordi ora ci beccano

come palle di sterco sulla strada.

Che il nostro caso vi serva di monito!

Ma voi chiedete a Dio pietà per me.

Alla ragazza che scopre il petto

per attirare i merli in caldo,

al ganzo che le strizza l’occhio

sperando di spillarle i soldi,

alle puttane, ai protettori,

ai tagliaborse, ai randagi, ai furfanti,

alla canaglia dei bassifondi

chiedo perdono a tutti quanti.

Ma non lo chiedo a quei cani fottuti

di sbirri che m’han nutrito a rifiuti

sera e mattina, e tanto

m’hanno fatto penare.

Potrei insultarli come meritano,

ma quest’oggi mi sento buono,

non voglio cercarmi più triboli

e anche a loro chiedo perdono.

Dategli giù sul grugno

martelli di ferro sodo.

Niente rancori, ad ogni modo:

chiedo perdono a tutti quanti.

Smith Prego, signor Macheath.

Signora Peachum Polly e Lucy, state vicine al vostro uomo nella sua ultima ora.

Macheath Signore mie, malgrado tutto quel che c’è stato…

Smith (lo conduce via) Andiamo!

MARCIA AL SUPPLIZIO.

Tutti escono da porte a sinistra. Queste porte sono aperte negli schermi di proiezione. Poi tutti rientrano dall’altro lato della scena, reggendo delle torce a vento. Quando Macheath è issato sulla forca, parla

Peachum

Stimatissimo pubblico, siamo giunti al momento

che il signor Macheath dev’essere impiccato:

non se l’è mai cavata a buon mercato

un uomo in tutta la cristianità.

Ma perché non vi passi per il capo

che sia nostra la colpa del suo male,

il signor Macheath non sarà più impiccato

e abbiamo immaginato un diverso finale.

Così almeno in un’opera avverrà

che il diritto dia luogo alla pietà.

E il nostro buon volere a dimostrare

ecco un messo reale che a cavallo compare.

TERZO FINALE DA TRE SOLDI.

Sui cartelloni la scritta: « Apparizione del messo reale a cavallo ».

Coro

Chi mai viene!

Un messo reale a cavallo!

In sella a un destriero appare Brown quale messaggero a cavallo.

Brown Per volere della regina, il Capitano Macheath vie­ne immediatamente rimesso in libertà. (Giubilo generale). Gli viene in pari tempo conferita dignità nobi­liare (giubilo) e il castello di Marmarel e la rendita di un vistoso patrimonio fino al termine dei suoi dì. Agli sposi novelli per mio tramite giunga il regale augurio d’ogni bene.

Macheath Graziato, graziato! Lo sapevo, quanto più oscura è l’ora, più vicino è il soccorso.

Polly Graziato, Mackie, mio caro, ti han graziato. Sono felice.

Signora Peachum E così infine abbiamo l’happy end. Così piacevole sarebbe per noi la vita, se arrivassero sempre i reali messaggeri.

Peachum Perciò restate tutti dove siete, e cantate il co­rale dei miseri tra i miseri, la cui dura esistenza fu oggi rappresentata. La realtà purtroppo è assai diversa, si sa. I messi a cavallo giungono assai di rado, se i calpestati osano recalcitrare. E perciò non vi accanite troppo sul peccato.

Tutti (cantano accompagnati dall’organo, mentre sfilano sul davanti della scena)

Non vi accanite sul peccato: in breve

da sé nel proprio gelo sarà estinto.

Meditate la tenebra e l’inverno

di questa valle percossa dal pianto.

NOTE ALL’ « OPERA DA TRE SOLDI »

La lettura dei drammi.

Non c’è ragione di modificare per l’Opera da tre soldi l’epi­grafe scritta da John Gay per la sua Beggar’s Opera: « Nos haec novimus esse nihil ». Circa la sua edizione per la stampa: essa in sostanza non è altro che la copia per il suggeritore di un’opera esclusivamente consegnata al teatro, e si rivolge perciò piuttosto al tecnico che all’amatore. Al quale proposito si può osservare come una quanto più larga possibile trasformazione degli spettatori e dei lettori in tecnici sia un obiettivo da per­seguirsi attivamente – e sia già anche avviata.

L’Opera da tre soldi mette in questione le concezioni bor­ghesi non solo come contenuto, in quanto cioè le rappresenta, ma anche per il modo nel quale le rappresenta. È una specie di referendum su quello che lo spettatore desidera che il teatro gli mostri della vita. Ma poiché egli vede contemporaneamente anche alcune cose che non desidera vedere, poiché cioè vede non solo realizzati ma anche criticati i suoi desideri (vede se stesso non come soggetto ma come oggetto), egli è in grado, in via di massima, di assegnare al teatro una nuova funzione. Poi­ché però il teatro stesso oppone resistenza a un mutamento del­le sue funzioni, è bene che lo spettatore possa leggere quei drammi che non perseguono soltanto lo scopo di essere rappresentati in teatro, ma anche quello di trasformare il teatro: è bene che li legga per diffidenza verso il teatro. Oggi c’è una pre­minenza assoluta del teatro sulla letteratura drammatica. Questa preminenza dell’apparato teatrale è la preminenza dei mezzi di produzione. A un suo rinnovamento per altri scopi l’apparato teatrale si oppone trasformando immediatamente il dramma col quale s’incontra, così che questo non costituisca più in alcun modo un corpo estraneo rispetto ad esso – salvo nei punti in cui si annulla da sé. La necessità di bene interpretare la nuova irte drammatica – più importante per il teatro e meno per l’arte drammatica – viene svigorita dal fatto che il teatro può tutto rappresentare: esso « inteatra » tutto. Naturalmente tale premi­nenza ha le sue basi nell’economia.

Titoli e cartelli.

I cartelli sui quali vengono proiettati i titoli delle scene sono un primitivo avvio alla « letterarizzazione del teatro »: a que­sta letterarizzazione, come pure a quella di tutte le questioni di pubblico interesse, è da dare il massimo impulso.

Letterarizzazione significa sostituire al « figurato » il « for­mulato»: essa dà al teatro la possibilità di stabilire una con nessione con altri istituti dediti all’attività spirituale; ma rimane un fatto unilaterale finché anche il pubblico non partecipi ad essa e, attraverso ad essa, riesca a porsi « al di sopra » della vicenda.

L’uso dei titoli può essere criticato dalla drammatica tradi­zionale col sostenere che lo scrittore teatrale deve concentrare nell’azione tutto quel che ha da dire, e che la poesia ha da esprimere tutto da se stessa. Tali argomenti corrispondono a quel l’atteggiamento dello spettatore, nel quale non è lui che pensa alla cosa, ma è la cosa che lo fa pensare. Ma questa tendenza a subordinare tutto a un’idea, la mania di costringere lo spet­tatore a una dinamica a senso obbligato, nella quale non gli sia concesso di guardare verso destra e verso sinistra, verso l’alto e verso il basso, deve essere respinta dal punto di vista della nuova drammatica. Anche nell’arte drammatica bisogna introdurre l’uso della nota in calce e del rinvio per raffronto.

Si deve esercitare lo spettatore a una visione complessa; e, in verità, quasi più importante del pensare « nella corrente » è il pensare « al di sopra della corrente ». Inoltre i cartelli esigo no e condizionano un nuovo stile da parte dell’attore. Questo stile è lo stile epico. Una volta letti i titoli proiettati sui cartelli, lo spettatore assume l’atteggiamento dell’osservatore che fuma. Con tale atteggiamento egli ottiene senz’altro, per forza, un’e­secuzione migliore e più elevata: voler « ammaliare » un uomo che fuma, e che perciò è sufficientemente affaccendato con se stesso, è impresa disperata. Ben presto si otterrebbe, così, un teatro pieno di tecnici, allo stesso modo che ne sono piene le sale sportive; e gli attori non potrebbero più osare di propone a un simile pubblico quei miserabili quattro soldi di mimici» che oggi raffazzonano in poche prove tirate via senza il minimo criterio. Non riuscirebbero più a spacciare una merce di così grossolana fattura, così malamente lavorata! Ma l’attore dovrebbe cercare altre vie per dar rilievo a quegli incidenti che, già preannunciati dai titoli, hanno perciò scontato in anticipo unni bruta efficacia sensazionale.

Purtroppo, però, c’è da temere che titoli e permesso di fu­mare non bastino del tutto a portare il pubblico ad un più fecondo commercio col teatro.

I personaggi principali.

Il carattere di Gionata Peachum non può essere compen-diato nella generica designazione di « strozzino». Egli non fa nessun conto del denaro. A lui, che dubita di tutto ciò che può destare una speranza, anche il denaro appare come mezzo di difesa assolutamente inadeguato. È senza dubbio un briccone, un briccone nel senso del vecchio teatro. Il suo delitto consiste nell’idea che si fa del mondo. Quest’idea, nella sua mo­struosità, è degna di esser posta accanto ai misfatti di qualun­que altro grande delinquente; eppure egli, nel considerare la miseria una merce, non fa che seguire l’« andazzo dei tempi ». Per fare un esempio pratico: quando Peachum nella prima scena si fa dare dei soldi da Filch, egli non li rinchiuderà in una cassetta, ma se li metterà semplicemente nella tasca dei pantaloni: né questo né altro denaro potrebbe salvarlo. È indizio di scrupolosità, dimostrazione di una totale assenza di speranza in lui, il fatto di non gettarlo via addirittura: egli non può gettar via assolutamente nulla. Non penserebbe altrimenti di fronte a un milione di scellini. Secondo il suo concetto, tutto è insufficiente, sia il suo denaro (e tutto il denaro del mondo) come la sua testa (e tutte le teste del mondo). Questa è anche la ragione per la quale egli non lavora, ma va su e giù per il negozio col cap-pello in testa e le mani in tasca, intento solo a controllare che nulla vada perduto. Nessun essere che abbia davvero paura può lavorare. Non è meschinità da parte sua il legare la Bibbia al leggio con una catena per paura che gliela rubino. Non prende mai in considerazione suo genero se non quando lo ha portato alla forca: nessun valore personale di alcuna specie potrebbe mai spingerlo ad un contegno diverso di fronte all’uomo che gli porta via la figlia. Gli altri delitti di Mackie Messer hanno in­teresse per lui solo in quanto gli offrono appiglio per spacciarlo. Quanto a sua figlia, essa è per lui come la Bibbia: null’altro che una risorsa. L’effetto di tutto ciò non è tanto repel­lente quanto sconvolgente, quando si pensi qual grado di disperazione bisogna aver raggiunto, per ritenere di tutte le cose del mondo solo quella piccolissima parte che può essere in grado di salvare un uomo dalla rovina.

L’attrice che interpreta la parte di Polly Peachum farà bene a studiare la sopra esposta caratteristica del signor Peachum: è sua figlia.

Il bandito Macheath deve essere presentato dall’attore che lo impersona come un fenomeno borghese. La predilezione del­la borghesia per i banditi si spiega con l’erroneo concetto: un bandito non può essere un borghese. Questo errore discende in linea retta dall’altro: un borghese non può essere un ban­dito. Non c’è dunque nessuna differenza? Si: un bandito tal­volta non è un vile. Il concetto di « pacifico », inseparabile dal borghese che va a teatro, viene ristabilito dall’avversione del­l’uomo d’affari Macheath per lo spargimento del sangue, qua­lora la buona condotta degli affari non lo renda indispensabile. La limitazione al minimo, la razionalizzazione dello spargimen­to del sangue è un principio commerciale: nei casi di estrema necessità Macheath dà prova di eccellenti qualità di schermi­dore. Egli sa di che cosa è debitore alla sua celebrità: un certo romanticismo, qualora si abbia cura di farne correre la fama, giova a cotesta razionalizzazione. Egli pone la più stretta atten­zione a che tutte le azioni audaci – o almeno atte a destar ti­more – dei suoi satelliti vengano ascritte a lui stesso, e, come un professore universitario, non tollera che i suoi assistenti pongano la loro firma sotto un lavoro. Con le donne il suo suc­cesso non è tanto quello del bell’uomo, quanto dell’uomo che ha una buona posizione. Disegni originali inglesi di commento alla Beggar’s Opera lo ritraggono come un uomo sulla quaran­tina, tarchiato ma vigoroso, dalla testa simile ad un ravanello, già alquanto calvo, non senza dignità. È un uomo posato, affat­to privo di humour; la sua solidità si manifesta nel fatto ch’egli indirizza le sue mire affaristiche, ancor più che verso le grassa­zioni a danno di estranei, verso lo sfruttamento dei suoi sotto­posti. Coi tutori dell’ordine pubblico è in buoni rapporti, anche se ciò gli causa delle spese, e questo non soltanto per motivi di sicurezza personale: il suo senso pratico gli fa intendere l’in­tima unione esistente fra la sua sicurezza e la sicurezza di quella società. Un’iniziativa contro l’ordine pubblico, simile a quella che Peachum minaccia alla polizia, sveglierebbe in Macheath il più profondo ribrezzo. I suoi rapporti con le signore di Turnbridge hanno senza dubbio bisogno, secondo il suo stesso punto di vista, di venire scusati, ma a scusarli è sufficiente lo speciale carattere della sua attività. Di questi rapporti puramente d’affari egli si è valso occasionalmente a scopo ricreativo, al che lo autorizza in una certa misura la sua qualità di scapolo; ma, per ciò che riguarda questo aspetto intimo, egli apprezza le visite che, metodicamente e con pedante puntualità, compie in un ri­trovo di Turnbridge, soprattutto in quanto sono abitudini, e ap­punto il coltivare e moltiplicare le abitudini rappresenta pres-sappoco la meta principale della sua esistenza borghese.

Tuttavia, in nessun caso l’interprete di Macheath dovrà ba­sarsi sulle sue visite in una casa di tolleranza per la caratterizzazione del personaggio. Si tratta di uno dei non rari, ma pur sempre inspiegabili casi di satanismo borghese.

Per soddisfare le sue esigenze sessuali Macheath naturalmente preferisce le occasioni che gli permettono di conseguire contemporaneamente alcuni vantaggi di natura casalinga; sce­glie perciò donne che non siano del tutto sprovviste di mezzi. Nel matrimonio egli scorge una garanzia per la sua attività. Per quanto ne faccia poco conto, la sua professione rende inevitabili delle temporanee assenze dalla capitale, e i suoi sottoposti sono assai poco degni di fiducia. Quando guarda all’avvenire, egli non si vede per nulla penzolare da una forca, bensì seduto a pescare presso un tranquillo stagno di sua proprietà.

Brown, il capo della polizia, è una figura molto moderna. Egli cela in sé due personalità: come uomo privato è ben diverso quello che è come funzionario. Ed egli vive, non a mal­grado di quest’incongruenza, ma proprio grazie a quest’incongruenza. E grazie a questa sua incongruenza vive con lui la societàtutta. Come uomo privato non si presterebbe mai a quello che, come funzionario, reputa suo dovere. Come uomo privato non potrebbe (né dovrebbe) torcere un capello a una mosca… Il suo amore per Macheath è dunque assolutamente puro; i benefici economici che gliene risultano non possono rendere quell’amore sospetto: la vita, si sa, insudicia ogni cosa…

Cenni per gli attori.

Per essere messo a contatto con la materia del dramma, lo spettatore non dev’essere avviato sul cammino dell’immedesimazione; tra lui e l’attore, al contrario, deve verificarsi un dialogo: più l’attore saprà mantenersi su una linea di estraneità e di distacco, più egli potrà rivolgersi con immediatezza allo spet­tatore. A questo scopo l’attore deve raccontare allo spettatore, circa il personaggio ch’egli interpreta, più di quanto non stia nella sua « parte ». Senza dubbio egli deve assumere quel com­portamento che rende la vicenda accessibile; deve anche però saper mettere in rilievo i possibili rapporti con altre vicende oltre quelle dell’intreccio, non deve cioè limitarsi a servire quest’ultimo. Polly, per esempio, in una scena d’amore con Macheath, non è solo la donna amata da Macheath, ma anche la figlia di Peachum e non solo la figlia, ma sempre, anche, l’im­piegata di suo padre. Nei suoi rapporti con lo spettatore deve risultare una sua critica ai banali concetti che lo spettatore si fa circa le spose dei briganti, le figlie dei commercianti, ecc.

1 Gli attori dovranno evitare di rappresentare questi ban­diti come una masnada di quei loschi individui dai fazzoletti rossi al collo, che frequentano i bassifondi e coi quali nessun uomo per bene acconsentirebbe a bere un bicchier di vino. Essi sono, beninteso, degli uomini posati, alcuni con tendenza alla pinguedine, e tutti, senza eccezione, perfettamente socievoli fuori dell’attività professionale (p. 26).

Gli attori possono qui far intendere l’utilità delle virtù borghesi e l’intimo rapporto esistente fra soavità dell’animo e marioleria (p. 26).

3 Si dovrà mostrare qui la brutale energia di cui un uomo deve far uso per creare una situazione nella quale sia possibile mantenere un contegno virile (quello di uno sposo) (p. 27).

4 Occorre dar rilievo alla messa in mostra della sposa, della sua carnalità, nel momento in cui viene definitivamente riser­vata. Infatti, proprio nell’istante in cui l’offerta ha da cessare, la domanda deve esser spinta ancora una volta fino al culmine. La sposa è obietto dei generali appetiti, e lo sposo « vince la corsa ». Si tratta quindi di un avvenimento tipicamente teatrale. Dar rilievo anche al fatto che la sposa mangia pochissimo. È molto frequente vedere le più dolci creature rimpinzarsi di pol­li e pesci interi; ma non mai le spose (p. 30).

5 Nel ritrarre cose del genere, p. es., dell’impresa Peachum, gli attori non devono preoccuparsi troppo dell’usuale svolgi­mento dell’azione. In altre parole devono riprodurre non un ambiente ma un dato di fatto. L’interprete di uno di questi mendicanti, nello scegliersi una gamba di legno confacente e impressionante (ne prova una, la scarta, ne prova un’altra e si ridecide per la prima), deve far capire la sua intenzione che proprio a causa di questa scenetta il pubblico si proponga di tornare un’altra volta a teatro proprio nel momento in cui essa si svolge; e nulla impedisce che il teatro allora la annunci sui cartelloni dello sfondo! (p. 44).

6 È assolutamente desiderabile che lo spettatore si faccia della signorina Polly Peachum un concetto di virtuosa e gentile fanciulla. Se nella seconda scena essa ha dimostrato il ca­rattere completamente disinteressato del suo amore, ora biso­gna che dia prova di quel talento pratico senza di cui quell’a­more non sarebbe che mediocre leggerezza (p. 52).

7 Queste signore godono dell’indisturbato possesso dei loro mezzi di produzione. Appunto perciò esse non devono dare l’impressione di essere libere. A loro la democrazia non concede quella libertà che invece riconosce a tutti coloro che dei loro mezzi di produzione possono essere privati (p. 57).

8 Gli interpreti di Macheath, che non provano nessuna difficoltà nel recitare una scena d’agonia, generalmente esitano a cantare questa terza strofa. Se alla sessualità venisse data una formulazione tragica, essi, ne siamo certi, non la respingereb­bero. Ma nella nostra epoca la sessualità rientra indiscutibil­mente nel dominio del comico: infatti la vita sessuale è in contraddizione con la vita sociale, e questa contraddizione è comica, in quanto può essere risolta storicamente, cioè con l’instaurazione di un altro ordine sociale. L’attore deve dunque dare a questa ballata un’intonazione comica. La rappresentazione della vita sessuale sulla scena è molto importante, se non altro perché comporta sempre la proposta di un materialismo primitivo. Il carattere artificioso e transitorio di tutte le soprastrutture sociali diviene evidente (p. 60).

9 Questa ballata, come molte altre ballate dell’Opera da tre soldi, contiene alcuni versi di François Villon nella traduzione di K. L. Ammer. L’attore farà bene a leggersi la traduzione di Ammer, per rendersi conto di quali differenze esistano tra una ballata da cantare e una ballata da leggere (p. 63).

10 Questa scena è un inciso per quelle interpreti di Polly che posseggono il dono della comicità (p. 84).

11 Girando in tondo nella gabbia l’attore che impersona Macheath potrà ripetere tutte le andature che aveva finora assunte davanti al pubblico. Lo sfrontato passo del seduttore, quello depresso dell’uomo braccato, dell’arrogante, dello spe­rimentato, ecc. In questa breve passeggiata egli può mostrare ancora una volta tutti gli atteggiamenti di Macheath durante i pochi giorni trascorsi (p. 89).

12L’attore del teatro epico non dovrà, p. es., a questo punto permettere che un’esagerata preoccupazione di dar rilievo alla paura di morire di Macheath. così da farne il pezzo di maggior effetto di tutto l’atto, lo induca a sbiadire la susseguente raffi­gurazione della sincera amicizia. (La sincera amicizia è tale, in realtà, solo quando è limitata. La vittoria morale dei due più sinceri amici di Macheath non viene punto sminuita dalla cro­nologicamente successiva sconfitta morale dei due signori, al­lorché essi non si affrettano abbastanza quando si tratta di for­nire i loro mezzi di sussistenza per la salvezza dell’amico) (p. 90).

13 Forse l’attore troverà modo di mettere in evidenza quanto segue: Macheath ha la giustissima sensazione che la sua caduta sia conseguenza di un tremendo errore giudiziario. In realtà, se i banditi cadessero vittime della giustizia in maggior numero di quanto non accade, la giustizia perderebbe completamente il suo aspetto! (p. 92).

Del cantare le canzoni.

L’attore, quando canta, compie un mutamento di funzioni. Nulla di più fastidioso dell’attore che faccia finta di non ren­dersi conto d’aver già abbandonato il terreno del discorso cor­rente e di aver cominciato a cantare. I tre piani – discorso cor­rente, discorso elevato e canto – devono sempre essere distinti l’uno dall’altro: in nessun caso il discorso elevato può signi­ficare un’intensificazione del discorso corrente, e il canto un’in­tensificazione di quello elevato. In nessun caso dunque il canto deve soccorrere quando la piena del sentimento faccia mancare le parole. L’attore non deve soltanto cantare, deve anche mo­strare uno che canta. Non deve sforzarsi troppo di dar risalto al contenuto sentimentale della canzone (è lecito offrire ad altri un cibo che abbiamo già mangiato?), ma indica gesti che sono, per così dire, gli usi e costumi del corpo. A questo intento, nello studio delle canzoni, egli si varrà preferibilmente non delle pa­role del testo, bensì di locuzioni profane d’uso comune che e-sprimano suppergiù lo stesso, ma nell’impertinente linguaggio Quotidiano. Per quanto riguarda la melodia, egli non la seguirà ciecamente: esiste un modo di « parlare contro la musica », che può ottenere grandi effetti, resi possibili da una sobrietà ostinata, indipendente e incorruttibile dalla musica e dal ritmo. Se poi sfocia nella melodia, allora dev’essere un avvenimento: per accentuarlo, l’attore potrà palesare chiaramente il godimento che la melodia gli procura. È bene per l’attore che durante la mia esibizione i componenti l’orchestra siano visibili, è bene pure che gli sia permesso di compiere visibilmente dei prepara­tivi (come p. es. il porre una sedia accanto alla parete, truccarsi ecc). Specialmente nelle canzoni importa che « chi indica sia indicato ».

Perché Macheath viene arrestato due volte e non una?

Se considerata dall’angolo visuale della scuola pseudoclassica tedesca, la prima scena del carcere è un inutile allunga­mento; secondo noi è invece un esempio di forma epica primi-tiva. Essa è un allungamento se, seguendo il concetto drammatico puramente dinamico che assegna la preminenza all’idea, si fa desiderare allo spettatore una meta sempre più precisa (nel nostro caso la morte dell’eroe), si crea, per così dire, una sempre più forte domanda per l’offerta e, per consentire un’intensa partecipazione sentimentale dello spettatore – i senti­menti si arrischiano solo su un terreno assolutamente sicuro, non ammettono possibili delusioni! – si applica un «va sans dire » in linea retta. La drammatica epica, d’impostazione materialistica, scarsamente interessata agli investimenti spirituali dello spettatore, non conosce alcuna meta, ma solamente un fine, e conosce un altro « va sans dire », che può correre non soltanto in linea retta, ma anche compiendo delle curve, e per­fino dei salti. La drammatica dinamica, d’indirizzo idealistico, che maneggia l’individuo, all’inizio del suo cammino (cioè ne­gli elisabettiani) fu più radicale, in tutti i punti decisivi, di quanto lo è duecent’anni più tardi nella scuola pseudoclassica tedesca, che ha cambiato la dinamica della rappresentazione nella dinamica del fatto da rappresentare e ne ha « classificato » l’individuo (gli attuali posteri dei posteri non sono neppur più individuabili: la dinamica della rappresentazione si è trasfor­mata da allora in un’empirica di effetti accumulati e sapientemente ordinati, e l’individuo, concepito in pieno disfacimento, viene costruito sempre dall’interno, ma ormai soltanto «a caratteri » – mentre almeno il romanzo tardo-borghese ha, o crede di avere, elaborato la psicologia che gli permette di analizzare l’individuo -, come se già da tempo l’individuo non fosse sem­plicemente caduto in pezzi). Ma quella grande drammatica era meno radicale nello scarto della materia. Nelle sue costruzioni essa non tralasciava le deviazioni dell’individuo dal suo corso rettilineo, traenti origine dalla «vita» (in essa giocano ancora i più svariati riferimenti dall’esterno all’interno, alle altre cir­costanze «che non si sono avverate»: la quantità di materia scavata è assai maggiore), ma bensì si serviva di queste devia­zioni come di una forza motrice della dinamica. Fino addentro all’individualità arriva quest’eccitazione, e lì viene superata. Tutto il peso di quella drammatica proviene dal riunire con­traddizioni. Né l’aspirazione ad un facile schema ideale deter­mina alcun preordinamento della materia. Lì dentro vive qual­cosa del materialismo baconiano: l’individuo stesso è di carne e d’ossa e fa resistenza allo schema. Ma dappertutto ove sia il materialismo, sorgono forme epiche di arte drammatica, e se­gnatamente e con maggior frequenza nel genere comico, sem­pre improntato in senso più materialistico, più « terra terra ». Oggi che l’esistenza umana deve essere concepita come « l’in­sieme di tutti i rapporti sociali », la forma epica è sola a poter esprimere quei processi che servono all’arte drammatica come sostanza di una vasta visione del mondo. Anche l’uomo, e pro­prio l’uomo carnale, può essere ormai soltanto capito attraverso ai processi nei quali si trova e che condizionano la sua esisten­za. La nuova forma drammatica deve proporsi come metodo di accogliere dentro di sé il « saggio ». Essa deve poter utilizzare ogni nesso in ogni direzione, abbisogna perciò di statica e ha in se stessa una tensione, che governa le sue singole parti e le « carica » reciprocamente. (Tale forma è perciò tutto l’opposto di un susseguirsi di scene sul tipo della rivista).

Perché il messo reale deve essere a cavallo?

L’Opera da tre soldi dà un quadro della società borghese (e non solo di « elementi della teppaglia »). Questa società bor­ghese ha prodotto, per conto suo, un ordine borghese del mon­do, ossia una ben precisa Weltanschauung, dalla quale non può in alcun modo prescindere. L’apparizione del messo reale a ca­vallo, là dove la borghesia vede ritratto il suo proprio mon­do, è assolutamente indispensabile. Quando il signor Peachum sfrutta finanziariamente la coscienza sporca della società, nutre preoccupazioni del medesimo ordine. Gli esperti di teatro sono pregati di riflettere perché nulla sia più sciocco del sopprimere il cavallo del messaggero – come hanno fatto quasi tutti i registi d’avanguardia dell’Opera da tre soldi. Nella rappresentazione di un assassinio legale, ad esempio, il giornalista che svela l’innocenza dell’assassinato dovrebbe senza dubbio fare il suo ingresso nell’aula del tribunale tirato da un cigno, perché si potesse considerare assolta la funzione del teatro nella società borghese. Chi non intende che sarebbe della più grande indelicatezza indurre il pubblico a ridere di se stesso, qualora si esponesse l’apparizione del messaggero a cavallo al rischio dell’ilarità? Senza l’apparizione di un messaggero in un modo o nell’altro a cavallo, la letteratura borghese scadrebbe a mere esposizioni di situazioni di fatto. Il messaggero a cavallo garan­tisce un godimento realmente senza macchia anche in situa­zioni che non si reggono in piedi, ed è perciò conditio sine qua non per una letteratura che ha per conditio sine qua non il non lanciar traccia di sé.

Non occorre dire che il finale del terzo atto deve essere ese­guito con la massima serietà e con assoluta dignità.

¬ I rinvii (1 ecc.) si riferiscono ai Cenni per gli attori (pp. 60-61).

 

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Alle Poste Italiane sono state chieste pubbliche ed inequivocabili scuse

Alle Poste Italiane sono state chieste pubbliche ed inequivocabili scuse

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Buongiorno Poste Italiane S.p.A.

con la pec Prot. PB-211009071 – Roma 19/10/2021 (che riproduco in allegato) a nome di Postepay mi avete comunicato la riattivazione della mia carta prepagata postepay n. 4023601015968557 scadenza 04/27 emessa come rinnovo della postepay n. 4023600925626386 scadenza 06/21 (entrambe a me intestate) bloccata, rendendomi impossibile l’accesso alla somma ivi depositata, in una data antecedente al 2 luglio 2021, senza preavviso, senza una comunicazione e senza una spiegazione.

Nella suddetta Vs. pec mi informate che “Solo recentemente la scrivente si è dotata di presidi che bloccano l’apertura di qualsiasi rapporto a sportello a soggetti falliti o in costanza di fallimento, segnalati dalla visura camerale: questo è il motivo perché non è stato possibile procedere al rinnovo della carta stessa.” evitando di darmi atto della grave arbitrarietà commessa con il blocco, ed automatica appropriazione, della somma depositata sulla suddetta postepay.

Infatti, altro è la, forse legittima, decisione aziendale di non voler intrattenere rapporti commerciali e/o finanziari con soggetti inscritti in particolari registri tipo CC.II.AA o Almanacco delle Giovani Marmotte, ed altro è bloccare, con automatica appropriazione, una somma depositata su una carta prepagata, rendendo impossibile l’accesso alla somma ivi depositata SENZA il benché minimo legittimo atto giudiziario che ne consenta l’attuazione.

Restano comunque prive di risposte le mie domande:

1) Chi è il gestore del “sistema” indicato da P.I. come responsabile del blocco della mia postepay?
2) Per quale motivo il blocco è intervenuto molti anni dopo l’attivazione della carta?
3) Cosa intende P.I. per blocco cautelare?
4) In che modo P.I. ha utilizzato i fondi bloccati?
5) Quali attività di riscontro P.I. ha attivato per ricevere conferma della correttezza del blocco, anche dopo le mie due segnalazioni?
6) P.I. ha effettuato qualche controllo per accertarsi che la somma bloccata non fosse riconducibile ad una pensione sociale addirittura non pignorabile?
7) In quale modo P.I. ha comunicato alla Autorità Giudiziaria l’avvenuto blocco e la relativa disponibilità della somma?
8) P.I. ha informato il Curatore dell’avvenuto blocco e della relativa disponibilità della somma?
9) In che modo è stata rispettata la privacy?
10) Sono giustificabili tali iniziative in relazione a fatti avvenuti oltre 34 anni fa?
11) Quale copertura di legittimità può riscontrarsi nell’appropriazione di somme di denaro affidate ad un’Azienda privata, come lo è Poste Italiane S.p.A., senza che essa disponga di alcun atto giudiziario che ne autorizzi il prelievo?
12) Manca qualcosa per accusare P.I. di appropriazione indebita?
13) Ecc.

In conclusione la Vostra Azienda ha effettuato una grave azione lesiva della mia reputazione nonché penalizzante il corretto utilizzo dei miei soldi, e, pertanto, Vi chiedo pubbliche ed inequivocabili scuse, a stretto giro di posta al fine di interrompere le ulteriori azioni, anche giudiziarie, che ho intenzione di avviare nei Vostri confronti.

Tanto Vi dovevo.
Distinti saluti
Bruno Mancini

P.S. Vi ringrazio per il gratuito consiglio (di recarmi presso la CC.II.AA. territorialmente competente per aggiornare la mia posizione) che, tuttavia, non metterò in atto ritenendolo dagli effetti inutili e praticamente superfluo in considerazione della mia età, della indubbia stima che ricevo ovunque con o senza modifiche iscrizioni CC.II.AA o Almanacco delle Giovani Marmotte, e della mia non più operante attività commerciale e/o industriale.

Ischia 21 ottobre 2021

Allegato pec Prot. PB-211009071

PB-211009071_MANCINI_BRUNO_firmato

Postepay

Mancini Bruno

DILAISCHIA@PEC.IT

Roma 19/10/2021

Prot. PB-211009071

OGGETTO: fallimento MANCINI BRUNO

Gentile Cliente,

in riferimento alla Sua segnalazione, Le comunichiamo che la carta è stata sbloccata a seguito della sentenza di revoca del fallimento.

Si rammenta che il blocco lamentato è imputabile al fallimento della omonima società.

Solo recentemente la scrivente si è dotata di presidi che bloccano l’apertura di qualsiasi rapporto a sportello a soggetti falliti o in costanza di fallimento, segnalati dalla visura camerale: questo è il motivo perché non è stato possibile procedere al rinnovo della carta stessa.

Pertanto, poiché il fallimento, nonostante la sentenza di revoca del fallimento da Lei presentata, è ancora segnalato dalla visura camerale storica, Le consigliamo di recarsi presso la CC.II.AA. territorialmente competente per aggiornare la Sua posizione.

L’occasione è gradita per porgere distinti saluti.

Gestione Reclami finanziari

Il Responsabile

firma illeggibile

Il giorno 21/10/2021 alle ore 01:07:58 (+0200) il messaggio
“Vs. pec Prot. PB-211009071” proveniente da “dilaischia@pec.it”
ed indirizzato a “protocollo.agcm@pec.agcm.it”
è stato consegnato nella casella di destinazione.
Identificativo messaggio: opec296.20211021010757.13357.537.1.66@pec.aruba.it

Ricevuta di avvenuta consegna
Il giorno 21/10/2021 alle ore 01:07:58 (+0200) il messaggio
“Vs. pec Prot. PB-211009071” proveniente da “dilaischia@pec.it”
ed indirizzato a “reclami.postepay@pec.posteitaliane.it”
è stato consegnato nella casella di destinazione.
Identificativo messaggio: opec296.20211021010757.13357.537.1.66@pec.aruba.it

Ricevuta di accettazione
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Il giorno 21/10/2021 alle ore 01:07:57 (+0200) il messaggio
“Vs. pec Prot. PB-211009071” proveniente da “dilaischia@pec.it”
ed indirizzato a:
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Il messaggio è stato accettato dal sistema ed inoltrato.

Atti precedenti della vicenda

Bloccata la Postepay per un fallimento risalente al 1987

Poste italiane blocca postepay

PEC POSTEPAY RICHIESTA RIMBORSO

Il Dispari 20210913 – Redazione culturale DILAPEC

POSTEPAY RICHIESTA RIMBORSO

Attenzione PT Poste Italiane blocca postepay con credito

Poste italiane PT – Raccomandata ricevuta ritorno

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Bonus Taxi

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Sarà disponibile fino al 31 dicembre il

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l’agevolazione che consente alle persone con difficoltà economiche o motorie di utilizzare taxi o auto a noleggio con conducente (NCC) con una copertura della metà dell’importo della corsa e fino a un massimo di 20 euro.

Per usufruire del bonus, come previsto dal decreto ministeriale, i cittadini con mobilità fisica ridotta, patologie accertate, reddito Isee inferiore a 28 mila euro, disoccupati o in cassa integrazione dovranno iscriversi online al servizio ed inserire i propri dati anagrafici.

Anche i tassisti, per applicare lo sconto, dovranno scaricare sul proprio cellulare.

 

 

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