Patrizia Canola e i respiri della natura

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PATRIZIA CANOLA

LA SUA ARTE PROIETTA NEGLI ORIZZONTI DELLLA NATURA PER TROVARE NUOVI RESPIRI

Il colore e la luce che creano suggestive rifrazioni nel dare forma e vita ai ritmi infiniti della natura con i suoi volti sempre diversi di stagione in stagione, irrompono con equilibrio e armonia nei dipinti lirici e avvolgenti di Patrizia Canola.

Patrizia Canola

Patrizia Canola

Pittrice affermata e di successo Patrizia Canola ha all’attivo numerose mostre in Italia e all’estero: citiamo tra le più recenti quella promossa da AMACI per la giornata del contemporaneo che l’ha vista esporre insieme ad Alba Gonzales presso gli spazi del Museo Pianeta Azzurro a Fregene (RM) lo scorso ottobre 2015 e la personale presso la Chiesa Monumentale di San Francesco a Gualdo Tadino (PG) a cura di Catia Monacelli.

La natura protagonista delle sue opere, tra silenziosi paesaggi invernali con neve e ghiacciai, distese di campi di grano e fiori dalla tinte accese, ruscelli, maestosi faggi e ancora cieli a perdita d’occhio di cui colpiscono i notturni dai riflessi argentati, apre ad una sorta di

Riflessi

Riflessi

compenetrazione visivo- emotiva riportando in superficie desideri lontani, sogni in cui sperare. Ecco che gli infiniti luoghi della natura dove si alternano giardini in fiore, alberi secolari, striature argentee che in una notte vellutata, intrecciano geometrici arabeschi, invitano a guardare oltre, ripensando alla finitezza dell’individuo per interrogarsi sul senso di questa vita di cui si percepiscono i limiti.

.Mete viste, sognate, desiderate svelano un paesaggio dalle sfumature nuove e dalle tonalità che ora unendosi ora scomponendosi, variano presentandosi a volte vivaci e decise, altre volte chiare e pastello.

Così nella natura, che è infinita, Patrizia Canola, artista raffinata e sensibile, ha scoperto una fonte di ispirazione privilegiata per accostarsi e rivelare le emozioni della vita. Emozioni che riaffiorano anche dopo

Luci d'autunno

Luci d’autunno

tempo posando lo sguardo negli spazi della natura dove la linea di confine tra la terra e il cielo sembra svanire a suggerire una possibile interazione tra l’orizzonte fisico e metafisico.

La Brianza è col tempo diventato il sito più frequentato per dare vita alle sue opere dove filtrano le atmosfere fatte di suoni, bisbigli e rumori di una natura ancora intatta che si lascia catturare nella bellezza delle sue sfumature di colori ora cangianti ora riflessi, per poi nascondersi lasciando un alone di mistero al calar della sera.

Gli scenari descritti da Patrizia Canola sono quelli di un paesaggio in divenire, filtrato nei suoi diversi volti e manifestazioni dalla forza rivelatrice della luce. Luce che forma e fonde il colore a svelare i

Incanto d'inverno

Incanto d’inverno

dettagli di questa natura solare e rasserenante che rimanda all’eterno ciclo dell’esistenza nel passare delle stagioni. La luce da lei catturata sia diurna, sia crepuscolare, avvolge ogni singolo particolare del paesaggio o veduta: ecco che un bosco, un campo di grano, un torrente d’acqua cristallina e poi le mimose, le peonie e l’uva bianca, si riempiono di questa essenza che traspare in ogni loro dettaglio creando il senso del movimento. Intense le incursioni di luci a scandire le variazioni cromatiche in Rifrazioni (2014) e Atmosfera d’inverno sul fiume Adda (2015) che esaltano l’effetto delle trasparenze legate alla magia dei riflessi. La luce nei dipinti della Canola crea trasparenze e spessori, riflettendosi nell’acqua e liberandosi nel cielo: una luce che ora sembra irrompere e palpitare fra i rami e le cime degli alberi come in Luci d’Autunno (2015), ora fermarsi su quelle proiezioni di orizzonti dove i  ghiacciai diventano specchi per cieli quasi marmorei e custodi di verità come in Incanto d’inverno (2015). Verità sul senso della vita inafferrabile, ma percepibile attraverso colori intensi e vivaci, delicati e avvolgenti nel loro restituire profumi ed energia ad alberi, fiori, fili d’erba, ninfee che raccontano della continuità, del passare dalla nascita alla morte, per poi rinascere. E’ la rinascita del respiro cosmico che abbraccia il finito e l’infinito tra la terra e il cielo parlando all’uomo del mistero della vita.

Silvana Lazzarino

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GIUDITTA ABATESCIANNI

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GIUDITTA ABATESCIANNI

è nata e vive a Bari.
Funzionario in pensione della pubblica amministrazione, si dedica con passione a tutto ciò che la mette in comunicazione con il sociale.
La tipologia della sua esperienza professionale e la curiosità l’hanno sempre spinta ad ascoltare empaticamente esperienze e testimonianze di storie vissute.
Da qui l’input a scrivere racconti e poesie, per viag-giare nell’universo dell’interiorità.
Frequenta corsi di scrittura creativa, recita nel teatro amatoriale, collabora gratuitamente con scuole primarie come autrice e regista teatrale, nutrendosi e arricchendosi dell’autentica genuinità del mondo infantile e adolescenziale.
Il racconto “La bambina dalle trecce viola” è inserito nell’antologia “Haiti chiama Bari”.
Ha pubblicato “U Maleverme”.
È coautrice delle antologie “Florilegio barese” , “SOS BANGLADESH”, “Il futuro in una biblioteca”, “BangladesHelp”, “Più istruzione, più sviluppo”, “BanglaNepaLove”, “La solidarietà della cultura” e “Drops from the world”, tutte a cura di Santa Vetturi.
È del 2015 la pubblicazione del libro “Pennellate baresi”.
Nel giro degli ultimi due anni ha vinto più di dieci premi letterari.

2 Agosto Museo DILA locandina OK

MARIA SCHIRALLI

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MARIA SCHIRALLI

nata a Trani nel 1950, vive a Bari fin da bambina.
Diplomata in Applicazioni tecniche, ha conseguito il titolo di infermiera professionale e assistente sanitaria visitatrice.
Da sempre amante della cultura e dell’arte, si è messa in gioco ella stessa scrivendo numerose filastrocche e qualche poesia.
Da tre anni segue il Corso di Scrittura creativa della Libera Università della terza Età “Eurolevante” avente come guida la professoressa Mariella Castoro.
Suoi testi sono pubblicati nelle antologie “Più istruzione, più sviluppo” e “BanglaNepaLove. La solidarietà della cultura” a cura di Santa Vetturi. Ha ricevuto numerose Menzioni d’Onore in concorsi nazionali per le sue poesie.

MARIA SCHIRALLI

DINA FERORELLI

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DINA FERORELLI,

nata a Bitetto (Ba), è laureata in Pedagogia e lavora come docente.
Ha pubblicato i volumi di poesia “Cerchi di luce” e “Mattino di girasoli”.
Alcuni suoi testi sono presenti in diverse antologie, tra cui quelle curate da Santa Vetturi.

La mia poesia nasce dall’idea che siamo al mondo e percorriamo insieme il nostro viaggio, per questo non possiamo ignorare le atroci sofferenze di altri uomini, nostri fratelli!
Abbiamo delle responsabilità: aiutarli a portare il loro pesante fardello di vita, offrire un sorriso,tendere la mano, far sbocciare una rosa di speranza.
Perché non si muoia più per fame o per guerre o per mano di menti folli e dispotiche, perché il dolore che c’è al mondo è troppo grande per lasciare che i nostri fratelli lo portino sulle spalle da soli!

DINA FERORELL

Ester Monachino “Damareta”

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ESTER MONACHINO

DAMARETA- SOSTA DI UNA REGINA AD AKRAI

Damareta di Ester Monachino è la proposizione narrativa di un momento della storia antica della Sicilia.

Gelone è diventato signore di Siracusa e la moglie Damareta lo raggiunge, portando con sé il loro bambino.
Il viaggio da Gela a Siracusa è lungo, pertanto viene fatta una sosta ad Akrai (Palazzolo Acreide), che diventa la dimensione spaziale in cui presente, passato e futuro fluiscono in un intreccio sapiente in cui analessi e prolessi rendono il lettore progressivamente consapevole conoscitore di ciò che è stato e di ciò che sarà.
Ma se il flash-back o analessi si propone a partire dal quarto capitolo senza alcun espediente narrativo, la prolessi è affidata alla profezia di Philya, sacerdotessa di Afrodite, nel cui tempio Darameta si reca in compagnia di Marsia, fratello della regina di Akrai, Olimpia che, insieme al marito. la sta ospitando.
Marsia nella mitologia classica è l’inventore del flauto a due canne, scorticato vivo da Apollo che osò sfidare; nella narrazione di Ester Monachino, mantiene ancora la sua indole di artista, infatti scrive e canta belle canzoni, ma è anche un grande viaggiatore, dotato di capacità profetiche e di grande saggezza.
Egli, comparso in sogno a Damareta, la notte prima di partire nell’atto di “ sciogliere nodi di enigmi, mentre intrecciava fiori” (pag.11) si concretizza e Damareta si chiede “per quale motivo quell’uomo sia venuto nei suoi sogni come un segno che non viene dal caso, come una pietra basilare.
Come una profezia. (pag.63).
Di fatto Marsia è un saggio, un filosofo che con il suo parlare rafforza e consolida la saggezza della regina che sublima l’amore sorgente verso di lui nell’amore universale perché anche lei ha imparato a vedere “le cose nascoste agli occhi di coloro che guardano senza vedere (pag.70) e sa che tutto è nel tutto” (pag.72), sa che l’uomo nella sua libertà può essere anche felice se vive “nell’armonia di sé non separato dall’armonia dell’universo” (pag.73).
Grazie a questa consapevolezza, conosciuta la profezia, verso la quale Marsia l’ha guidata anche materialmente, accompagnandola al tempio di Afrodite, vengono sciolti i nodi della sua treccia vitale e lei troverà da se stessa la forza del suo agire per favorire la pace e gestire con saggezza il potere dopo la morte del marito, nel rispetto in genere del popolo e in particolare della donna, “ una delle colonne in cui il cielo si regge” (pag.79) e dei bambini, allora vittime sacrificali per gli dei.
Insomma Ester Monachino fa del suo romanzo, pur narrando eventi antichi, un romanzo di denunzia delle condizioni storico-sociali del mondo attuale in una sorta di vichiano ricorso storico, per smania di potere e ricchezza di pochi si sacrificano i popoli, si commettono atti terroristici, crudeltà e prevaricazioni insensate, anche nei confronti dei bambini, ieri vittime sacrificali per gli dei, oggi strumentalizzati nelle guerre tribali oppure, a prescindere dagli eventi bellici, per gratificare inammissibili deviazioni e vizi; né meno forte è la denunzia nei confronti della condizione della donna, quanto mai necessaria di fronte all’aumentare dei casi di femminicidi perpetrati da uomini che considerano le proprie compagne solo strumenti di procreazione ed obbedienza e non consigliere ed amiche, quale Damareta fu per il suo sposo.
Lo stile dell’opera si caratterizza per una proposizione lirico-narrativa di eventi e pensieri.
Sia le sequenze descrittive quanto quelle dialogate presentano una prosa lirica, magica si potrebbe dire, adoperando lo stesso termine che usò Massimo Bontempelli nella sua rivista “900”o “ Stacittà”, dove, per l’appunto, proponeva un’arte che superasse ogni limitazione realistica e trasfigurasse in mito,in favola, in magia il dato reale; tale trasfigurazione però, nella prosa di Ester Monachino, non ha la funzione di eludere il reale, ma d’immergersi in esso, sino al punto che un lontano evento storico, nell’invenzione creativa della scrittrice-poetessa, diventa strumento di denunzia di molti mali dei nostri tempi.

Francesca Luzzio

monachino[1]