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Il Dispari 2016-06-06
Il Dispari 2016-06-06
Editoriale
Questa settimana diamo spazio a due immagini prive di testo, proponendovi la locandina del concorso letterario “Una poesia per Giulia”, la cui partecipazione è caldeggiata da Angela Maria Tiberi che vi ricordo essere stata la vincitrice della quarta edizione del nostro premio internazionale di poesia “Otto milioni”.
Il concorso letterario si avvale di numerosi ed importanti patrocini tra i quali le Ambasciate in Italia della Tunisia e della Francia.
Per chi vorrà saperne di più è disponibile il sito www.unapoesiapergiulia.it/
L’altra immagine rappresenta la copertina del libro di Mariolina Cannarella dal titolo ”Aneddoti di vita”, in cui la scrittrice ci narra episodi della sua infanzia vissuta in Libia dal 1948 al 1958.
Viste le capacità espressive di Mariolina Cannarela credo che avremo presto modo di presentarvi in maniera ampia le sue attività artistiche e culturali.
Ed ora sollazzatevi con:
I CIUCCI di Facebook
Per la serie Esopo news
Per chi come me ha frequentato le scuole italiane in epoca post bellica, quando l’analfabetismo era una prerogativa della maggioranza del popolo italiano, imparare la giusta collocazione delle desinenze era certamente un compito abbastanza arduo.
Tuttavia alla fine del primo ciclo di studi almeno la grammatica “elementare” diventava patrimonio cognitivo di tutti gli alunni non ritenuti CIUCCI irrecuperabili.
“A, E, I, O, U” era la prima filastrocca esposta a noi bambini per insegnarci a scrivere in italiano e comprendere le letture che ci venivano indicate.
Per molti decenni l’insegnamento della lingua italiana non è cambiato in maniera sostanziale se non per l’esponenziale grado di conoscenze lessicali proprie del popolo in tutte le sue componenti sociali.
Da quando, cioè, negli anni ’50 grandi percentuali di popolazione non avevano mai preso una penna in mano, erano abituate a esprimersi con gesti e in vernacolo, non sapevano leggere, e far di conti veniva considerata una qualifica di grande prestigio pubblico, si è giunti, verso la fine degli anni ’80, attraverso l’istituto della scuola dell’obbligo, alla quasi completa scolarizzazione di tutto il popolo italiano.
Oggi, alle scuole elementari, i così detti CIUCCI irrecuperabili non sono certamente più gli scolari appartenenti alla razza estinta di coloro che non conoscono l’uso delle desinenze!
Come ulteriore preambolo al giudizio di CIUCCI
che con questo articolo intendo assegnare ai moderni insulsi cervelletti che gestiscono imperi finanziari di levatura mondiale, c’è da dire che, nell’attuale epoca di enorme sviluppo informatico, finanche il più economico programma di scrittura è in grado di correggere madornali errori di ortografia come possono essere considerati quelli nei quali siano sbagliate le desinenze.
Poiché nella lingua italiana la desinenza è l’elemento finale variabile di una parola che, unito alla radice, ne distingue il genere (femminile e maschile) e il numero (singolare e plurale); e poiché una caratteristica fondamentale del predicato è che esso deve essere strettamente correlato al soggetto della frase attraverso rapporti logico-sintattici, che si traducono nella concordanza grammaticale, appunto, tra il soggetto e il predicato, “1 post deve essere approvate” non lo scrive a penna nemmeno un bambino di pochi anni!
Soggetto singolare maschile coniugato con un predicato plurale femminile: ahahaha!
In fb può accadere che l’impero imprenditoriale di livello mondiale non abbia pochi soldi per assumere persone dotate di conoscenza elementare della lingua italiana?
Pare proprio di sì!
In fb può accadere che l’impero imprenditoriale di livello mondiale non abbia soldi sufficienti per dotare i suoi dipendenti di programmi di scrittura a correzione automatica?
Pare proprio di sì!
Infine, c’è da dire che NON SOLO con le desinenze non vanno d’accordo i moderni insulsi cervelletti che gestiscono imperi finanziari di levatura mondiale, ma hanno difficoltà anche nel distinguere un accento da un apostrofo, e, volendo cambiare materia di studio, è possibile affermare che pure in aritmetica meritano il titolo di CIUCCI, così come lo sono coloro che non sanno contare fino ad 11 (http://www.ildispari24.it/it/facebook-non-sa-contare/).
La mia fortuna di umile scribacchino è quella di potere commettere errori madornali nelle news che pubblico senza che ciò faccia ridere i polli!
Bruno Mancini
PAOLA OCCHI INCANTA GINEVRA
AL SUO FIANCO DEBUTTA LA PICCOLA SOPRANO VERONICA COPPOLA
Espressività e stile nel modulare le sfumature e gli acuti della voce, eleganza e raffinatezza nel portamento unitamente alla naturalezza con cui sa gestire la scena, fanno di Paola una delle protagoniste più interessanti della scena lirica italiana.
La padronanza tecnica, il virtuosismo che fanno della sua voce un vero e proprio strumento con cui dona ad ogni concerto nuove emozioni, consentono alla soprano di Mirandola di entrare nei ritmi della musica sacra e profana intonando arie di opera e operetta con brani che spaziano dal barocco al contemporaneo.
Con alle spalle anni di studio e un’attività concertistica in diverse città italiane, fin dai suoi inizi Paola Occhi ha saputo entrare in sintonia con il pubblico, non solo per la sua bravura, ma per la naturalezza con cui, accompagnata dalla musica, la sua voce ora intensa ora più soave trasmette emozioni solcando le infinite linee della vita dove silenziose si nascondono attese e speranze, malinconie e addii.
Un percorso affascinante e intenso quello dell’attività concertistica della soprano Paola Occhi anche nel duo “Meravigliosamente Retrò”, cui si affianca l’insegnamento svolto presso la Scuola di Canto Lirico e Poesia in memoria di Lina Cavalieri di cui è direttrice.
La Scuola di Canto Lirico, in memoria di Lina Cavalieri, straordinaria cantante lirica vissuta tra fine Ottocento e prima metà del secolo scorso, nasce da un progetto voluto e portato avanti dalla stessa Paola Occhi, con il sostegno della Pro loco di San Possidonio e coadiuvata da una squadra di figure eccellenti tra cui Anna Di Trani ufficio stampa e fotografa.
La Scuola è unica nel suo genere affiancando alla lirica arti come la danza, la poesia, la musica, il teatro.
Forte del successo con l’inaugurazione della Scuola di Canto Lirico avvenuta lo scorso 31 gennaio 2016 (subito dopo la sua brillante esibizione programmata da DILA e dal Club Il Dragone nella Casa dei Popoli di Barano d’Ischia), Paola Occhi ha proseguito con diversi concerti sia in Emilia Romagna, sia nella Capitale dando spazio a brani di classica, opera e operetta tra sacro e profano. Grazie al suo impegno ed entusiasmo ha aperto due scuole di Canto in provincia di Caserta e dato inizio alla collaborazione con l’Accademia Musicale EUTERPE di Roma.
Il debuttoa Ginevra di Paola Occhi, lo scorso 16 aprile 2016 presso il Conservatorio Popolare “Maison duVieuxLignon”, insieme ai Cambristi, ha segnato l’inizio di un nuovo percorso in Europa dove portare i suoi concerti oltre i confini italiani.
A Ginevra accanto a Paola Occhi ha debuttato nel canto lirico la piccola Soprano Veronica Coppola di gran talento e desiderosa di apprendere ogni dettaglio delle tecniche e i segreti di questa arte così raffinata e poetica.
A soli 10 anni Veronica Coppola, allieva di Paola Occhi mostra già di avere una voce impostata ai ritmi e alle arie del canto, e questo perché la sua insegnante ha visto in lei una dote innata per procedere su questa strada della lirica, impegnativa, ma ricca di soddisfazioni.
A dominare la scena tra classica, opera e operetta sono state le arie di W.A. Mozart, G Paisiello, mentre per l’apertura del concerto Veronica Coppola, insieme alla sua insegnante, ha intonato due brani: “Un Moto di Gioia” di W.A .Mozart e “L’amore è una cosa meravigliosa”.
Proseguendo da sola Paola Occhi ha poi interpretato: Toujour l’Amour, Tace il Labbro.
Un ringraziamento speciale ai Cambristi Lemani per la loro ospitalità in particolare di Lydie Lane.
Anna Di Trani, ufficio stampa e fotografa ha curato gli abiti e l’organizzazione dei concerto.
Paola Occhi per la sua esperienza e professionalità, circa cinque mesi fa è stata nominata ambasciatrice della cultura in Emilia Romagna e Basilicata, per conto della DILA Associazione Culturale “Da Ischia L’Arte” di cui è presidente Bruno Mancini noto scrittore e poeta.
La DILA all’interno del suo programma prevede la diffusione capillare della cultura creando un canale di comunicazione tra le diverse arti a partire dalla poesia.
Silvana Lazzarino
Editoriale
Come abbiamo anticipato nell’editoriale pubblicato il 9 Maggio scrivendo “Tina Bruno ha deciso di volere iniziare a collaborare con la redazione di questa testata”, oggi pubblichiamo il suo primo articolo accompagnato da una breve sintesi della sua produzione in campo artistico e sociale. Nella convinzione che lei entrerà presto e con pieno diritto nel gruppo di autori da voi stimati, le rivolgiamo un caloroso “BENVENUTA!”
La crisi del mondo sociale
Per l’adulto accettare un bambino vuol dire entrare nel suo mondo
La crisi che sta coinvolgendo il mondo della scuola e di altre istituzioni sociali in quest’ultimo periodo è causata dai metodi errati di alcuni operatori che, pur avendo una base di cultura umanistica, non la praticano. Infatti, dove i valori umani sono esaltati, le riforme, la creatività, le arti e l’immaginazione bocciano il “Narcisismo” che perde il fascino dell’onnipotenza.
Alle soglie del “21° Secolo” non si può assistere, né tanto meno si possono accettare, scene di violenza sui bambini da parte di alcuni adulti: insegnanti, educatori, genitori, i quali, dimenticando la cultura dell’infanzia e i messaggi educativi che essa trasmette, condizionano il bambino e il suo apprendimento.
Il progresso di un popolo parte dal rispetto dei valori umani tipici dell’uomo che si distingue dagli animali proprio per qualità superiori, che a volte, però, disconosce.
Così facendo, si annullano secoli di storia e di sviluppo che hanno portato a una nuova concezione del bambino.
Dovere dell’adulto è di favorire al massimo la socializzazione dei bambini, con bambini e con adulti, per far sì che la violenza, essendo il frutto del disadattamento sociale, sia sconfitta.
A detta di molti teorici gli impulsi repressi da piccoli per paura, se non trovano sbocchi, da grandi si ritorcono contro i bambini.
Gli adulti devono usare l’amore e non la violenza quando un bambino sbaglia, fa i capricci o rifiuta qualcosa. Devono apprezzare il suo comportamento, tenendo sempre presente che si tratta di un essere senza storia e che attraverso le varie esperienze giocose, apprendibili, comunicative e relazionali sta imparando a costruirla.
Per l’adulto accettare un bambino vuol dire entrare nel suo mondo e accettare quella sua smania di crescere, esplorare, scoprire, provare che comincia nella culla e non si ferma mai; vuol dire accettare il suo insaziabile bisogno di capire; la meraviglia e lo stupore che prova di fronte alle piccole cose; i suoi perché e dargli la possibilità di farsi un’immagine positiva del mondo che lo circonda.
Vuol dire non forzare il suo fare e agire, dargli tempo, rispettare i suoi prodotti perché sono frutto del suo essere, vuol dire non alzare mai le mani per menare, ma capire il suo comportamento e discutere ordinatamente sulle sue richieste, senza estendere il proprio dominio per auto-realizzarsi. Vuol dire amarlo
Tina Bruno
Note biografiche
Tina Bruno ha cominciato, solo da qualche anno, a produrre scritti per pubblicazioni giornalistiche, dedicando le sue attenzioni ai bambini con i quali per tanti anni ha condiviso la sua vita.
Ha scritto due libri di poesie e favole per i bambini del nido, uno per quelli che frequentano la scuola dell’Infanzia e Primaria, cinque manuali di formazione per insegnanti ed educatori, cinque volumi di poesia per adulti, uno di novelle e racconti per adulti, e ha partecipato ad oltre centocinquanta antologie riportando primi, secondi, terzi e quinti premi, premi speciali, encomi solenni e diplomi d’onore. Dal MIUR è stata designata nel 2015 per tenere lezioni di favolistica presso quattro scuole facenti parte del progetto “LIBRIAMOCI”. Nel palmares di Tina Bruno c’è scritto che è risultata finalista nel concorso “Salvatore Quasimodo” (ed. Aletti) e in due edizioni del nostro Premio internazionale di poesia “Otto Milioni“ (ideato da Bruno Mancini con la Direzione Artistica di Roberta Panizza).
ANGHELOPOULOS ALLA PRO BIENNALE
Vittorio Sgarbi ha inaugurato lo scorso 8 maggio 2016 l’apertura della PRO BIENNALE a Venezia presso la Milano Art Gallery Pavilion, negli spazi dell’antico Palazzo Giustinian Faccanon, prima sede storica ufficiale del noto Gazzettino.
Ospite d’onore al vernissage della mostra organizzata dal manager della cultura Salvo Nugnes, Vittorio Sgarbi ha festeggiato il suo 64° compleanno attorniato da vip, amici, artisti e fans estimatori.
Tra le personalità e i nomi noti vanno citati Katia Ricciarelli, Francesco Alberoni, Alessandro Meluzzi, José Dalì, e Alviero Martini.
L’esposizione che resterà aperta fino al 30 maggio 2016 ad ingresso libero, ospita, come ogni anno artisti di spicco a livello internazionale tra cui A. T ANGHELOPOULOS la cui opera dai segni e dalle forme avvolgenti racconta dell’uomo nel suo essere costantemente sospeso tra la dimensione terrena e quella spirituale nascosta nei luoghi sottili e imprevedibili di un’esistenza che alterna incertezza e speranza.
Le immagini della sua pittura racchiudono le energie dell’universo ad abbracciare terra e cielo, materia e spirito, di cui l’uomo è protagonista fragile e impotente di fronte a questa esistenza spesso eticamente precaria, dove i legami umani e sociali sembrano sfumare per cedere il passo a chiusure e egoismi.
Aspetti questi evidenziati sulla tela da segni fitti e intricati che vengono via via sostituiti da colori accesi e dalla presenza dell’oro ad indicare una possibile speranza per una comunicazione prima inattesa poi probabile che rimette in gioco la condizione per l’uomo di ritrovare parti segrete di se stesso. Autore di dipinti di straordinario fascino per il loro aprire alla riflessione sugli eterni interrogativi dell’uomo nella sua costante ricerca di quel limite tra visibile e invisibile, Anghelopoulos per questa mostra presenta un lavoro ispirata al tema del “doppio”.
Si tratta di Vita Interiore – Inner Life (2015) ispirata al doppio “Ritratto dei Duchi di Urbino” di Piero della Francesca (1465-72) che si trova alla Galleria degli Uffizi di Firenze.
L’opera di Anghelopoulos che appartiene ad una serie di ritratti celebri del Rinascimento, riscopre sotto una nuova dimensione la coppia dei duchi d’Urbino volendo rappresentare il lato misterioso e oscuro dell’uomo.
I due coniugi Federico da Montefeltro e Battista Sforza raffigurati da Anghelopoulos mostrano l’altro lato del volto (profilo), quello destro lui, quello sinistro lei, dandosi la schiena.
Una posizione che indica distanza e consapevolezza dei propri ruoli da parte dei due coniugi. Svelando dopo oltre cinquecento anni l’altro profilo, eternamente nascosto, è come se i personaggi tornassero a riappropriarsi di una nuova vita nell’oggi, più autentici e padroni di se stessi.“Un appuntamento sempre molto atteso, quello della mostra Pro Biennale” come ha sottolineato l’organizzatore Salvo Nugnes a conferma della presenza anche per questa edizione di artisti italiani e stranieri di grande interesse nel panorama contemporaneo. Un evento importante per Anghelopoulos che ancora una volta con questa opera regala una visione interiore da cui far riaffiorare quelle zone nascoste del pensiero, dove si celano stralci di un vissuto che si vorrebbe tenere segreto per sempre.
Tra i vip presenti citiamola soprano Katia Ricciarelli che ad Ischia il 4 gennaio del 2011 ha incantato quanti erano presenti al suo concerto presso la Basilica di Santa Maria Maddalena a Casamicciola dove ha intonato tra le altre le arie “Ave Maria” di Gounod e “Panis Angelicus” di Franck.
Silvana Lazzarino
Marzia Carocci
Il taccuino rosso di Eleanor
Oggi la cronaca è piena di fatti orribili e, tra questi, non mancano le madri che fanno prostituire le proprie figlie o per povertà, o, peggio, per soddisfare vizi, assuefazioni divenute con il tempo malattie, come il bisogno della droga per continuare a vivere, se vita può considerarsi quella di una persona drogata, come la madre di Eleanor che, razionalmente e con lucidità, induce, anzi costringe la figlia alla prostituzione: “Con il passare del tempo, mamma iniziò a vezzeggiarmi, mi diceva di truccarmi, di esaltare il mio corpo… a volte mi regalava indumenti intimi che trovavo pacchiani… Poi compresi il suo comportamento… entrò un tipo… Mi sentii spogliare e frugare, la sensazione era di un disgusto che mai potrei descrivere con le parole… Staccai la mano da lui come se avessi preso una scarica elettrica e mi allontanai… Mamma mi guardò malissimo… Poi si alzò barcollante, prese le chiavi di casa… chiuse la porta alle sue spalle lasciandomi sola con il suo amico. ” (pagg. 16, 17). Siamo di fronte a un romanzo-denuncia che pone in primo piano il disfacimento della nostra società, né si sbaglia nel dire che è come un pugno nello stomaco che scuote dall’indifferenza e dal disinteresse, che induce a guardasi attorno e ad interrogarsi senza incanti e consolazioni. Marzia Carocci denuncia, punta il dito contro un contesto socio-economico ed etico-morale di cui sono vittime anche la madre e il padre, ma soprattutto denuncia la violenza contro le donne, la pedofilia, mali persistenti della nostra civiltà e che nel romanzo vengono proposti soprattutto attraverso la narrazione di vicende, stati d’animo, emozioni vissute da Eleanor, vittima della madre, a sua volta vittima e carnefice, che la immola, ancora bambina, al dio “Droga”. La violenza contro il sesso femminile è vecchia quanto l’umanità, considerato che la maggior parte dei popoli ha sempre avuto un’organizzazione patriarcale che ha posto le donne, a prescindere dalla loro età, in una condizione d’inferiorità e sottomissione e tanta è la letteratura che propone tale tema, basta ricordare, ad esempio, nell’Ottocento, la manzoniana Monaca di Monza, la piccola Cosette dei Miserabili di V. Hugo o ancora la pura Sonja, di Delitto e castigo di F.Dostoevstkij, o se vogliamo limitarci ai nostri tempi, l’opera di S. Landini, “Ferite a morte”, oppure quella di S. Agnello Hornby, “Il male che si deve raccontare”, o ancora i racconti di D. Maraini in ”L’amore rubato”, etc…
Orbene, “Il taccuino rosso di Eleanor”, a buon diritto, entra nell’alveo di tale letteratura che, come un fiume in piena, si spera possa in futuro contribuire ad eliminare pregiudizi e comportamenti violenti.
Marzia Carocci narra la storia di Eleonor con intensa partecipazione emotiva e ciò giustifica la posizione omodiegetica della narratrice, lo stile sciolto, scorrevole, incalzante nella proposizione di eventi, pensieri, sentimenti e il lessico pulito, che, nonostante la materia trattata, mantiene sempre la decenza, lasciando alla fantasia del lettore ogni esplicazione di comportamenti e parole che, pur nella sobrietà espressiva, la scrittrice lascia intendere
Francesca Luzzio
ll Dispari 2016-05-23
Editoriale
Parlando di poesia non si può prescindere dal prendere posizione su un argomento collaterale molto importante, anzi direi determinante, per la migliore divulgazione delle opere proposte.
Parlo della funzione comunicativa che ci si aspetta avvenga seguendo determinati parametri interpretativi. Per maggiore chiarezza dico che non tutti siamo d’accordo su quali debbano/possano essere gli artifizi linguisti e scenici più consoni alla presentazione in pubblico delle opere poetiche.
Chiarito che io sono decisamente convinto che nessuno meglio dell’autore, sia pure afono e sia pure balbuziente, possa “dare voce” ai suoi versi, esistono altre opinioni intese a privilegiare la professionalità recitativa e scenica del lettore.
Solo per inciso mi piace ricordare la magistrale serie di letture dei suoi versi che Giuseppe Ungaretti ebbe modo di proporre, tanti e tanti anni fa, quando la tv era ancora in bianco e nero e la sera mandava in onda programmi di acculturamento per analfabeti del tipo “Non è mai troppo tardi”. Quella fu per me una folgorazione, tanto era ammaliante, seducente, prepotente, la vis emotiva che ne derivava!
Comunque, riprendendo il discorso generale, esiste un’ulteriore divisione di massima tra coloro che optano per la seconda ipotesi (privilegiare la professionalità recitativa e scenica del lettore) ed essa suddivide la “recitazione” in due categorie, la prima delle quali tende a privilegiare una lettura priva di orpelli e di inflessioni teatrali (vedi il grande Benigni nello show sulla Divina Commedia), mentre la seconda vorrebbe che l’interprete dettasse, attraverso la sua professionalità, le intensità emotive, coinvolgendo il pubblico mediante quelli che inizialmente ho definito artifizi linguisti e scenici, quasi avvicinando l’interpretazione alle peculiarità delle interpretazioni melodrammatiche.
Per me che ho avuto il sommo privilegio di incontrarlo sulla strada dei nostri progetti, convincendolo a diventarne la VOX, Antonio Mencarini è il classico esempio di sintesi e di perfezione interpretativa.
Antonio riesce a bloccare l’attenzione di chi lo ascolta padroneggiando un timbro di voce “parlata” il quale, tutt’altro che anonimo, rende perfettamente l’anima nascosta dietro ogni verso, ma lo fa, ed è qui la grandezza di VOX, lasciando che siano le parole e non i gesti o le inflessioni a condurre l’ascoltatore nel mondo della lirica proposta.
Lui sa come entrare nei sentimenti svelati o nascosti dentro i versi, siano essi composti da parole semplici espresse in maniera naif, o siano elaborati in ermetismi apparentemente inestricabili.
Antonio Mencarini, è un ancien talento naturale, un giovane lettore in pubblico, un amante della poesia da sempre.
Bruno Mancini
Vi racconto l’impossibile
Per la serie Esopo news
Domenica 15 Maggio 2016, ho trascorso una bellissima giornata in compagnia di moglie, figlia e del suo compagno.
Ischia, anche con il cielo coperto e con zone ventose è una meraviglia da scoprire in continuazione.
Verso le 14 abbiamo preso posto in uno dei ristoranti-pizzeria più accorsati di Forio. Tanto per aggiungere qualche particolare, dico che si trova in pieno centro, ha un ottimo rapporto tra qualità, servizio e prezzi e noi siamo clienti abbastanza conosciuti.
Purtroppo la giornata uggiosa non permetteva di pranzare all’aperto e la direzione, visto il notevole afflusso di clienti, ha allestito una sala “provvisoria” in uno dei locali che di solito è utilizzato per la consumazione di gelati, bevande e panini.
Un ambiente rettangolare con tre tavoli allineati su due file. Sala piena di umani adulti più un cane ed un lattante.
A noi è stato assegnato il tavolo al centro della fila di sinistra entrando.
Abbiamo preso posto senza alternare le coppie. Rosalba ed io da una parte e Mirna e Chris dall’altra… vedi piantina.
Comprensibilmente, considerato il notevole numero di avventori, il servizio ha ritardato più del solito, tanto che abbiamo avuto modo di osservare i comportamenti degli altri clienti, pur se da prospettive diverse. Io verso il cane e Mirna verso il lattante.
Bene, anzi male perché ora racconterò l’impossibile.
La tizia n.1, quella nel mio angolo di visuale, grassa e piuttosto volgare, mangiava una pietanza con del sugo nel quale intingeva in continuazione enormi pezzi di pane: faceva cioè la così detta scarpetta. E va bene, passi pure il “piccolo” schifo .
A noi non erano ancora giunte le pietanze e la scena poteva non essere considerata particolarmente disgustosa, Però, qualche minuto dopo, mentre avevo appena iniziato a mangiare la pizza, mi accorgo che la tizia n. 1, sempre lei, dopo aver masticato una grossa scorza di pane imbrattata con il sugo ormai alla fine, l’ha tolta dalla bocca e l’ha posizionata accanto al muso del cane. Secondo grande schifo! Il cane l’ha leccata un paio di volte, l’ha annusata più volte e poi, disgustato non si sa da cosa, ha girato il muso in segno di nausea. Terzo grande schifo. Sapete cosa ha fatto la tizia n. 1 per completare il poker? L’impossibile: ha raccolto da terra la scorza di pane imbrattata nel sugo e che lei aveva masticato prima di offrire in pasto al cane che l’aveva leccata più volte prima di rifiutarla e l’ha messa, così sporca e schifosa, nel piatto in cui aveva mangiato.
Orrore massimo!
Eppure il massimo non era ancora raggiunto.
Stavo raccontando la vicenda a Mirna incredula, quando la vedo sbiancare, sbarrare gli occhi ed estraniarsi completamente dal mio racconto, bisbigliando “No… è impossibile… non ci credo…”. In effetti stava accadendo che la tizia n 2, più grassa e più volgare della n.1, aveva sdraiato il lattante sul tavolo e gli stava cambiando il pannolino sporco di pupù!
E quindi, a Francesco che ci invita a voler bene ai vicini più di quanto non facciamo nei confronti degli animali rispondo; “Viva i porci e le porche”!
Bruno Mancini
ANDREA VENTURA
RITRATTI SENZA TEMPO DI PERSONAGGI STORICI E DI SUCCESSO
Il fascino e il successo della società americana tra mondanità, spettacolo, politica non poteva sfuggire allo sguardo attento di ANDREA VENTURA, artista milanese, ma ben presto trapiantato a New York dove i suoi ritratti in poco tempo hanno catturato l’attenzione di critica e pubblico tanto da essere tra i più richiesti per le copertine delle più prestigiose riviste americane ed europee.
Tra i maggiori illustratori del mondo Andrea Ventura attraverso uno stile intenso con riferimenti alla pop art ha reso i protagonisti del cinema, della letteratura e della musica, ma anche della scienza e della politica, delle icone perfettamente calate nell’ordinario dando spazio alle loro espressioni. A ripercorrere questa carrellata di ritratti di protagonisti della scena internazionale che hanno lasciato un segno importante nella loro vita con pubblicazioni, scoperte, successi musicali e letterari, è la suggestiva mostra presso la Galleria TRICROMIA a Romain Via della Barchetta, 13, aperta fino al 28 maggio 2016.
Tra i protagonisti dei ritratti citiamo Eugenio Montale che, nella sua raccolta “Satura” (Mondadori, 1971), in data 22 ottobre 1967 fa riferimento ad Ischia, nel pieno del suo sviluppo turistico con autobus stracolmi di vacanzieri tedeschi, scrivendo:
“Spesso ti ricordavi (io poco) del signor Cap.
L’ho visto nel torpedone, a Ischia appena due volte.
E’ un avvocato di Klagenfurf, quello che manda gli auguri.
Doveva venirci a trovare…”;
e citiamo Woody Allen, regista e attore, che ha ricevuto il “Foreign Award”nel 2011 all’Ischia Film Festival. (nato con l’intento di conferire un riconoscimento artistico alle opere, ai registi, ai direttori della fotografia e agli scenografi che hanno valorizzato “location” italiane o straniere per invogliare nello spettatore il desiderio di conoscerne e visitarne le bellezze) realizzato dall’Associazione Culturale Art Movie e Music ed il cui ideatore e Direttore Artistico è l’ischitano Michelangelo Messina
La galleria Tricromia, specializzata nell’arte dell’illustrazione apre i suoi spazi a Andrea Ventura artista visivo tra i più̀ richiesti al mondo che nei suoi lavori mira a far emergere quella forza espressiva nei volti dei suoi soggetti grazie ad un tratto deciso e ad una scelta particolare di alcune tonalità̀ di grigio, verde e azzurri che accostati in modo diverso danno ai soggetti una particolare intensità nello sguardo e nella posa, spesso vigorosa e statuaria.
La mostra ANDREA VENTURA “NEW YORKER E DINTORNI” che si richiama nel titolo alla “casa” lavorativa per eccellenza, il New Yorker dove lo stesso artista è stato per diversi anni, realizzando importanti lavori, conduce il visitatore entro uno scenario dove si svelano storie di glorie e successi attraverso impegno e ricerca, speranza e coraggio, storie ordinarie eppure straordinarie vissute da uomini e donne divenuti famosi, unici per quanto raggiunto.
Da Eugenio Montale a Woody Allen, da Robert Darwin a Samuel Beckett, da Sigmund Freud a Carlo Levi, da Orhan Pamuk ad Elsa Morante, fino a Jean Luc Godard e David Bovie, essi sono rappresentati da Ventura come statue a mezzo busto, impassibili e calmi, attenti e acuti, talvolta superbi e vincenti negli sguardi che catturano per intensità e vivacità. Nel raffigurare i suoi protagonisti in una posa plastica Ventura li proietta come in una specie di gianicolo personale dove si evince un riferimento ai busti dei garibaldini visibili all’alba nelle passeggiate romane sul Gianicolo.L’esposizione presenta anche numerosi disegni e copertine delle più prestigiose riviste americane ed europee. Il ritratto di Hoellebecq, scrittore e saggista francese scelto per il manifesto della mostra è stato realizzato per Harper’s nel 2015.
Silvana Lazzarino
ANDREA VENTURA
“NEW YORKER E DINTORNI”
Galleria TRICROMIA
Via della Barchetta, 13 – 00186 Roma
orari dal martedì al venerdì 15.00 – 19.00
sabato 10.00 – 19.00
fino al 28 Maggio 2016
per informazioni tel 066896970 / 3397856006
Il Dispari 2016-05-16
Editoriale
Oggi, prima di dare parole all’argomento del quale ho in programma la trattazione, sento il bisogno di partire con una premessa, piuttosto articolata, atta a consentire l’autentica interpretazione del brano con il quale mi propongo d’illustrare, in maniera tanto succinta (molto) quanto poco accademica (spero) “Dalla sedia alla poltrona”, ovvero quello che in un precedente editoriale ho definito come “il pamphlet scritto da Nicola Pantalone”.
Inizio da “Pamphlet” riconducendone il significato alla sua origine latina, quando, un tizio tuttora sconosciuto e in un luogo molto vago situato tra l’attuale Francia e l’Italia, in un anno indefinito del XII secolo, scrisse la commedia latina medievale in versi dal titolo, anch’esso non perfettamente definito, di “Pamphilus seu de amore – o Pamphilus de amore”.
L’opera, d’impronta ovidiana, conobbe grande fortuna e diffusione in tutta l’Europa letteraria del XII secolo e divenne nota in Francia con il titolo popolare, appunto, di Pamphilet, oggi Pamphlet.
Ai dotti tra voi che, dopo aver letto il Pamphlet scritto da Nicola, mi contesteranno (con buone ragioni) le dissonanze stilistiche tra il latino “Pamphilus seu de amore – o Pamphilus de amore” e l’attuale “Dalla sedia alla poltrona” propongo ciò che Wikipedia scrive: “Dal punto di vista esteriore, il pamphlet è spesso un testo breve… (omissis). Siccome i pamphlet erano a basso prezzo e facili da produrre, furono spesso utilizzati per diffondere idee personali… (omissis). Tendenzialmente, l’autore del pamphlet presenta il proprio testo come uno sfogo estemporaneo, come una reazione viscerale di fronte a una situazione… (omissis)
Un altro tratto tipico è l’equiparazione della presa di parola a un atto di coraggio: l’autore è, nella generale acquiescenza e omologazione delle idee, l’unico individuo in grado di cogliere gli eventi nella piena luce della verità.”
“Ogni vita può diventare racconto quando si avverte l’esigenza di narrarla”, così inizia la prefazione scritta da Lina D’Onofrio per il “pamphlet di Nicola.
Allora, chiarito che “pamphlet” è il riconoscimento di una forza divulgativa nata mille anni fa, devo ancora precisare “perché” Nicola Pantalone compare in questa pagina. Ciò in quanto, se (in un’ipotesi molto probabile) qualcuno tra voi, conoscendo il rapporto amichevole che intercorre tra me e Nicola, fosse propenso a pensare che io intenda “magnificare” l’amico per le caratteristiche letterarie del suo libro, allora a lui/loro suggerisco un’interpretazione capovolta, tramite la quale, dalla lettura di questa nota risulta evidente che a Nicola, autore di “Dalla sedia alla poltrona”, è riservata la giusta gratificazione per essere un mecenate distributore di emozioni verso amici e conoscenti.
“Dalla sedia alla poltrona”, si presenta come l’autobiografia artistica di colui che da una sessantina d’anni canta e suona con il mare e il sole ischitano a passeggio tra dita e ugola.
Si presenta, ma in realtà non lo è poiché il testo viene meno ad alcuni dei requisiti canonici delle autobiografie: il narcisismo, l’autoreferenzialità, la voglia di stupire e, non ultimo, manca l’oblio in cui, nelle autobiografiche, vengono di solito adagiati i personaggi che nella storia reale abbiano svolto ruoli secondari.
Nicola, invece, non perde occasione per decantare le doti dei suoi amici del lungo viaggio musicale che l’ha portato ad esibirsi in centinaia di locali e alla presenza di spettatori internazionali.
A Mina, Pippo Baudo e ad altri personaggi super famosi del calibro di Bert Grund o di Mario Merola, tutti intervenuti con apprezzamenti positivi per la sua musica e per la sua simpatica umanità, non è stato riservato, nelle 70 pagine del volume, più spazio o più amabile considerazione di quello che Nicola ha dedicato a Franco Di Costanzo, Ugo Pirone, Rino Lange, Aurelio Buono, Mario Di Noto, Enrico Roja, Gino Pinto, Saverio Toma, Gianni De Luca, Pepito Casanoiva e tanti, tanti altri musicisti dei quali solo pochi lettori, forse, hanno ancora qualche sbiadito ricordo.
Far occupare alla musica il trono di regina –mai tiranna, ma mai contestata o contrastata- di un’esistenza vissuta a briglie sciolte è una felicità nascosta, comprensibile solo a coloro i quali abbiano il sangue blu delle passioni prive di secondi o terzi fini. La passione per l’Arte, sinonimo di Vita è pregio abbastanza raro. Nicola Pantalone ha saputo, scrivendo “Dalla sedia alla poltrona”, rendere onore alla sua e a quella dei suoi amici.
Bruno Mancini
Silvana Lazzarino
TRA I FINALISTI AL PREMIO INTERNAZIONALE A.U.P.I. di Milano
La Casa Editrice Otma Edizioni di Otmaro Maestrini, attiva da trent’anni e che organizza con successo importanti Premi letterari, dalla poesia alla narrativa toccando anche le arti pittoriche, in collaborazione con il Comune di Milano, quest’anno ha di nuovo indetto il PREMIO INTERNAZIONALE A.U.P.I. Albo Ufficiale Poeti Pittori Italiani.
Un premio prestigioso dedicato alla poesia (in lingua italiana e in vernacolo), al libro edito, al libro di narrativa inedito, e alla pittura, che ha visto la partecipazione di numerosi poeti e artisti non solo italiani, le cui opere sono state ritenute di alto livello sotto il profilo dello stile e dei contenuti.
La cerimonia di premiazione tenutasi a Milano presso il Circolo Alessandro Volta, introdotta da Otmaro Maestrinied, ha visto una giuria composta da nomi prestigiosi del panorama letterario quali: Lorenzo Croce, Lucia Ferrante, Cristina Flumiani, Ugo Perugini e Maria Teresa Piantanida. Elisabetta Viviani, nota subrette ed anche pittrice intensa ed espressiva, ne è stata la sorridente conduttrice.
Tra i poeti finalisti per la Sezione Poesia a tema libero cui è stato consegnato il Diploma con grande Medaglia Aurea è stata premiata, e tutta la redazione di questa testata si complimenta con lei, anche la nostra opinionista Silvana Lazzarino (finalista con menzione d’onore) per la poesia L’albatro che riportiamo qui di seguito.
Lo scorso anno nei due Premi della Otma Edizioni “Premio A.U.P.I” e Premio Internazionale “Città di Varallo” cui ha partecipato per la sezione libro edito, Silvana Lazzarino si era classificata al quarto posto assoluto rispettivamente con “Oltre le immagini Tra visione ed emozione” (Pagine srl 2014) e “Cosmogonia” (Edizioni Progetto Cultura 2013). Raccolte poetiche che si soffermano sui ritmi del pensiero. Attraversare l’esistenza tra visibile e invisibile partendo dai luoghi della natura: scrigno di possibili verità.
L’albatro
Un volo senza meta
libero, istintivo
ad ali spiegate
lungo le distese marine
incontaminate
nella solitudine di un cielo
plumbeo, grigio
che prepara alla tempesta.
Tempesta dei sogni
verso l’oscuramento del mondo.
Aniellantonio Mascolo e il padre dei Fauves
MATISSE IN MOSTRA A TORINO A PALAZZO CHIABLESE
L’opera dell’artista ischitano Aniellantonio Mascolo (1903-1979), che nella sua Ischia ha sempre trovato fonte di ispirazione, è stata accostata a quella di Matisse.
Sebbene abbia rinunciato al colore, ma non alla luce in contrasto con gli sfondi scuri, Mascolo si è richiamato al padre dei Fauves per l’uso di forme semplici e appiattite ancorate però ad un certo realismo con cui ha rappresentato i suoi soggetti legati al mondo dei contadini e dei pescatori.
L’energia del disegno, l’uso di un colore puro seppur disteso sulla tela in modo originale nel far emergere figure e oggetti attraverso rappresentazioni dove non esistono più profondità e chiaroscuri, diventano i punti di forza su cui si fonda il movimento dei Fauves nato agli inizi del Novecento di cui Henri Matisse è figura di spicco, originale per la sua potenza espressiva evidenziata dall’uso di una linea incisiva e dal colore avvolgente.
A Matisse che con la sua arte ha rivoluzionato la pittura del Novecento dando inizio ad un nuovo modo di riprodurre la realtà, distante dall’oggettività, è stata dedicata un’interessante esposizione a Torino presso Palazzo Chiablese. Matisse, e il suo tempo, promossa dal Comune di Torino– Assessorato alla Cultura, ha offerto un percorso a scoprire l’universo dell’artista capace, come pochi, di far vibrare il colore nei suoi rimandi espressivi imprimendo alla linea forza ed energia, eleganza e bellezza.
Le circa cinquanta opere di Matisse e quarantasette di artisti a lui contemporanei quali Picasso, Renoir, Bonnard, Modigliani, Miró, Derain, Braque, Marquet, Léger –tutte provenienti dal Centre Pompidou di Parigi- hanno descritto la poetica del grande “maestro dei colori”, le influenze nella produzione e l’esatto contesto delle amicizie e degli scambi artistici. Attraverso dieci sezioni è stata ricostruita la carriera del padre del Fauvismo: dai suoi esordi alla fine dell’Ottocento fino alla sua scomparsa negli anni Sessanta del Novecento; un viaggio alla scoperta del grande precursore delle avanguardie storiche e allo stesso tempo degli altri artisti che hanno animato Parigi nella prima metà del XX secolo.
Accanto alle sottili influenze, le fonti comuni d’ispirazione, è stato evidenziato anche una sorta di “spirito del tempo” che, come un filo rosso, ha unito Matisse agli altri artisti durante il modernismo degli anni Quaranta e Cinquanta.
Il tema della figura umana affrontato seguendo, come per le nature morte e gli ambienti interni una concezione antitradizionale, si sofferma sull’immagine femminile descritta con la sua purezza, sensualità, ed un sottile mistero.
Accanto ad Odalisca con pantaloni rossi (1921) sono state esposte le rappresentazioni dell’atelier: L’Atelier IX (1952-56) di Braquee Lo studio, (1955) di Picasso.
Partendo da figure appiattite e linee controllate, Matisse passa alla tecnica divisionista della separazione dei colori, guardando poi alla bidimensionalità e agli aspetti volumetrici di Cezanne per definire una propria ricerca nel costruire la sintesi della forma definita dal disegno e rivestita dal colore che diventa tessuto avvolgente con cui la figura è proiettata nel contesto rappresentativo.
Inoltre opere di Matisse quali Icaro (1947), Grande interno rosso (1948), Ragazza vestita di bianco, su fondo rosso (1946) sono state messe a confronto con i quadri di Braque Toeletta davanti alla finestra (1942), di LégerIl tempo libero–Omaggio a Louis David (1948-1949) edi Picasso Nudo con berretto turco (1955).
Silvana Lazzarino
Il Dispari 2016-05-09
Editoriale
L’editoriale di questa settimana, più di quanto non sia successo finora, vorrebbe disporre di numerose pagine per fomentare la vostra attenzione verso processi culturali quasi tutti disattesi, ingiustamente, dai “padroni del vapore”.
Con ciò volendo intendere gli organi d’informazione che sono pedisseque emanazioni di lobby editoriali.
1) Si è chiusa al Museo di Villa Arbusto, con successo di critica più che di pubblico, la mostra “C’era una volta…” promossa dal Centro per la Letteratura Estone per Bambini di Tallinn, dall’Associazione Italia Estonia di cui è Presidente Ülle Toode, dal Centro Studi sull’Estonia e il Baltico con il supporto di ELKK e la partecipazione dell’Ambasciata di Estonia e il patrocinio del Ministero della Cultura della Repubblica di Estonia.
2) Nicola Pantalone, Nik per tutti, ha stampato un pamphlet sulla sua storia artistica “Dalla sedia alla poltrona” in cui scrive, poco poco, dei suoi incontri con una certa Mina, con un certo Pippo Baudo e con altri personaggi super famosi del calibro di Bert Grund o di Mario Merola e, tanto per non lasciarsi andare alle nostalgie dei ricordi ha anche composto una nuova canzone “Il brivido più lungo”, vibrante di un’impercettibile ma decisa sensualità.
3) Jo Scaglione ha gratificato l’antologia “Otto milioni 2016” rilasciando licenza di pubblicazione per tre sue poesie edite nella raccolta ”A ritroso nel tempo“.
4) La cantante Rita Cuccaro ha deciso di presentare ad Ischia il suo nuovo CD, contenete canzoni scritte per lei da musicisti di tutta Italia, subito dopo l’inaugurazione della nuova scuola di canto e di musica che avvierà con la nostra ambasciatrice Paola Occhi che ne fungerà anche da Direttrice Artistica.
5) La scrittrice Tina Bruno, ha deciso di volere iniziare a collaborare con la redazione di questa testata.
6) Il critico d’arte Enzo Ruju è in contatto con Pasquale “Dragon” Di Costanzo per organizzare qualcosa di speciale in ambito artistico nell’isola d’Ischia.
7) Gli organi amministrativi dell’Associazione nazionale AICS hanno messo all’ordine del giorno della loro prossima convocazione assembleare il patrocinio ad un nostro progetto culturale.
8) Dall’ufficio preposto alla definizione del palinsesto del prossimo Bookcity ci è stata garantita la disponibilità di una loro sede per lo svolgimento di un nostro evento culturale attinente la quinta edizione del premio internazionale di poesia “Otto milioni”.
9) Ad EXPO in città abbiamo inoltrato domanda di partecipazione che, realisticamente, riteniamo verrà approvata così come è accaduto per l’omologa dello scorso anno.
10) La CCIAA di Milano ci ha invitati a presentare progetti sponsorizzabili da inserire nella bacheca dell’Ente.
11) Il gemellaggio tra Ischia e Torrenova sta riscuotendo l’interesse di molte altre località, tanto che è probabile addirittura l’avvio di una richiesta da parte di una CAPITALE europea.
12) Ecc.
Dall’inizio di Aprile abbiamo preparato un elenco di Artisti attingendo dall’antologia “Adotta una poesia”, in quanto essa fu edita con la sponsorizzazione di questa testata giornalistica e con la fattiva collaborazione di Gaetano Di Meglio. Di Nunzia Zambardi, Vito Iacono, Maria Bigazzi ed Elisa Barone abbiamo scritto nelle passare settimane; di Sacha Savastano scriviamo oggi, e restano in attesa le presentazioni di Virginia Murru, Michela Zanarella, Maria Calise, Antonio Mencarini, Alberto Liguoro, Nunzia Binetti, Luciano Somma, Antonio Guarracino, Liga Sarah Lapinska, Vera Roke, Katia Massaro.
Sacha Savastano
Nasce a Napoli nel 1984 e si trasferisce a Ischia fin dell’adolescenza.
Pur trovandosi catapultato in una realtà del tutto diversa, riesce quasi subito a tradurre le sue molte passioni artistiche e sociali in iniziative concrete, specialmente inerenti l’aggregazione giovanile (privilegiando l’allora neonato medium di Internet), figurando tra i fondatori di quell’embrionale agorà telematica che fu Ischianet.org, tra i primi esempi in Campania di Community Online.
Riesce anche ad assecondare la sua passione per la musica, divenendo apprezzato cantante di diversi gruppi rock locali di buon successo.
Al momento della scelta del corso di studio, è stato naturale dare seguito all’amore verso il comunicare, iscrivendosi e laureandosi con lode in “Scienze della Comunicazione” a Napoli. Nel frattempo, ha intrapreso la carriera giornalistica scrivendo per alcune free press locali e curando la rubrica culturale di alcuni siti Internet di divulgazione scientifica.
Ovviamente, l’approccio alla Poesia dell’Autore non poteva non risentire di interessi tanto variegati.
In alcune poesie di Sacha Savastano si può leggere finanche un tormento interiore manifestato nella sua più cruda essenza.
Lui, autore disinibito, non nasconde i propri dubbi, i propri dolori dietro parole edulcorate ed ovattate.
Getta sul piatto della poesia versi e parole che paiono illuminare l’ambiente in cui si pone ad agitare i suoi pensieri di una fredda luce al neon che nulla nasconde e tutto il proprio disagio interiore vuole esternare, come ad esorcizzare la potenza distruttiva della sofferenza e del male.
Savastano si muove controcorrente nel grande fiume della poesia contemporanea che il più delle volte vede i propri versi farsi voce unicamente per idilliache espressioni sentimentali o lamento straziato di cuori romanticamente infranti.
Anche quando si fa sognante, questo autore mantiene il senso pieno della realtà dell’esistere e del soffrire e ci fa partecipi di toccanti pur se implacabili stati interiori noti certo a molti e che poco hanno a che vedere col languido e quasi compiaciuto male d’amore.
Sacha Savastano è un autore che lascerà tracce evidenti di innovazione e di spregiudicatezza.
Bruno Mancini
EGOSUPEREGOALTEREGO
In questa società dominata sempre più dalla forza dell’immagine capace di comunicare, nell’immediato, fatti, azioni ed emozioni, si sta facendo strada il bisogno di apparire dando sempre più spazio al proprio ego che esprime la necessità dell’individuo di mostrarsi il più possibile.
In questa ricerca di visibilità attraverso le immagini, un ruolo importante lo svolgono i media che guardano al compiacimento dell’ego di ciascun soggetto nel suo mostrarsi e farsi notare.
Sul concetto di immagine legata al volto e al corpo che rappresentano la fisicità della persona si orienta la mostra EGO-SUPEREGO-ALTEREGO VOLTO E CORPO CONTEMPORANEO DELL’ARTE in corso al MACRO -Museo d’Arte Contemporanea di Roma- fino all’8 Maggio 2016. Curata da Claudio Crescentini, essa propone un’analisi del volto e del corpo attraverso diverse opere in cui l’artista si fa rappresentare e si auto-rappresenta.
Volti e corpi sono restituiti attraverso dipinti, fotografie, installazioni site specific, stencil di diversi artisti contemporanei su cui gioca il concetto di egocentrismo e di protagonismo.
Il percorso offre quindi un’analisi del volto e del corpo nell’arte contemporanea con particolare attenzione alle fotografie ed ai filmati in cui l’artista stesso è protagonista nel suo rappresentare e autorappresentarsi, divettando attore e spettatore insieme.
Accanto ad opere in cui l’artista si autorappresenta come quelle di Vito Acconci, Franco Angeli, Giorgio de Chirico, Stefano Di Stasio, Giosetta Fioroni, Bruce Nauman, ve ne sono altre in cui è lui stesso ad essere ripreso, “rappresentato”, da un altro artista, come nelle fotografie di Claudio Abate, Marco Delogu, Mimmo Iodice, Nino Migliori.
E poi vi sono opere di Ennio Calabria, Luigi Ontani, Luca Maria Patella, Sissi, Sten e Lex dove l’artista, pur non ritraendo se stesso, si ritrova in un altro personaggio da lui ripreso.
Sul gioco del rivedersi e del riprendere si indirizza il doppio focus dedicato ad Alberto Moravia e Achille Bonito Oliva.
I ritratti di Moravia realizzati da Renato Guttuso, Carlo Levi e Mario Schifano e quelli di Achille Bonito Oliva realizzati da Sandro Chia, Francesco Clemente e Mario Schifano diventano occasione per esplorare i modi con cui viene colto e restituito lo sguardo della persona, compresa la sua gestualità.
Nell’ambito dell’esposizione rientra la rassegna di film e video IO È UN ALTRO (auto) ritratti d’artista dalla collezione della Cineteca nazionale e del MACRO con proiezioni di film d’artista e video in cui gli artisti, fra gli anni Sessanta e Ottanta si sono soffermati sul tema del volto e del corpo umano con prospettive di autorappresentazione e presentazione di grande impatto tecnico e visivo.
Nel percorso anche il fenomeno del selfie che si è imposto rapidamente a livello mass-mediale, dando al volto e al corpo, nuovamente, un ruolo di primo piano nella società.
Tra gli artisti citati Mario Schifano, esponente della Pop Art italiana, è stato protagonista di diverse mostre in terra napoletana tra cui quella a Salerno presso la Galleria Il Catalogo nella primavera del 2015 e quella più recente a Nola “Ratio et obsessio” allestita presso il convento di Santo Spirito dove sono state esposte 50 sue opere rare.
Silvana Lazzarino
Cod 12: Marta Zemgune
L’estate, la terra del fuoco
L’autunno… L’eclisse del sole,
e poi la luna piena e rossa come sangue.
Dove sono le tracce, le schegge
dalle illuminazioni del sole?
Non c’é la soluzione in un’altra costa.
Il cielo…
Dove c’è il ballo dell’amore?
L’amore mio…
L’estate…
Come il desiderio del profumo
dei gelsomini.
La terra del fuoco e gli amanti innocenti,
inoltre, prigionieri dietro se stessi.
Il mio territorio predestinato.
Mentre raggiungerai di nuovo la costa,
mai lasciata.
Cod 22: Mario Di Nicola
Gennaio 1976
Lavo delicatamente i respiri.
Mescolo zucchero e ferro,
per riempire le mie vene.
Nel caldo focolaio della cucina,
addomestico fiamme di quercia.
Mio nonno dorme.
I suoi pantaloni verdi di velluto,
a ricordo del mezzadro.
Spinto.
Fuori nevica,
e le patate bruciate,
ombrano di scuro i denti.
Il gatto struscia alla gamba del tavolo,
mia nonna saggia,
prepara maglie per l’inverno.
Io,
guardo negli occhi una mosca.
E penso di essere l’unico a farlo.
Cod 2: Silvana Lazzarino
Il bacio
Con la velocità di un battito di ciglia,
con la forza dirompente di un uragano,
con la leggerezza nel posarsi di una farfalla sui petali di un fiore,
l’energia di un bacio sfiorato, deciso,
avvicina, unisce due corpi, due anime
emozionandole
lasciando dietro tutto il resto.
Mentre intorno una luce si disperde
a donare vitalità e incanto a questo attimo
che diventa eterno.