Per Aurora – volume quinto – La menopausa di mia sorella – CAPITOLO PRIMO

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Per Aurora – volume quinto – La menopausa di mia sorella – CAPITOLO PRIMO

LA MENOPAUSA DI MIA SORELLA

Conversazione fra un totano ed una pantegana

CAPITOLO 1

Il totano:- «Cara Pantegana vivo da tredici periodi in questo lembo di liquido abisso rilucente, ma mai prima avevo posato l’olfatto l’udito lo sguardo su neruleee rotondità foriere di simili fetidi squittii.
D’onde vieni, chi sei, perché dondoli poppe e deretano, scomposta e sguaiata, al limitar della mia terra marina?
Pria che tu risponda, sarebbe giusto che sia io a presentare le mie tavole anagrafiche, per dovere d’ospitalità e per sesso.
D’altro canto, nel giroscopico testo unico di civili atteggiamenti, anche il blasone e l’età vengono qualificati come caratteristiche da rispettare con tutte le stucchevoli forme d’ossequio che le situazioni richiedono.
Tuttavia, e solo in quanto le mie onorificenze non ricevono unanime riconoscimento al pari di quelle feudali, né godono di privilegi uguali a quelli riservati alle specie e sottospecie di politici, mi induco a posare la prima pietra della nostra conoscenza.
Cosa c’è?
Quid accidit?
Ho profferto parole insensate o… insensate sono le tue ignoranze?
Ripeto il concetto con termini d’uso plebeo ed esempi tratti dalle notizie del telegiornale, e vengo a chiederti se hai mai saputo di un vincitore del Premio Nobel che, in ragione di tale riconoscimento, abbia sistematicamente beneficiato di aerei personali o auto blu con chauffeur in livrea dai bottoni d’oro.
No, mai successo.
Eppure quel Nobel per la medicina… sì lui… ha salvato con la sua scoperta milioni di ammalati, e, forse, miliardi di futuri contaminati.
Il premio in denaro, la festa alla presenza del RE, il suo nome inciso nel libro d’oro della onorificenza, tante foto in giro per il mondo, sui giornali, per televisione… e basta.
Non farnetico dicendo che sia rimasto povero, eventualmente lo fosse stato, ma affermo che ogni successivo privilegio gli sarà stato intestato in virtù del suo lavoro e non come puro riconoscimento per un titolo certamente più prestigioso di tante patetiche onorificenze politiche e settarie.
Non mi dilungherò nel tediarti con la ricostruzione dei cavilli e delle sopraffazioni usate contro di me da masse d’incolti meridionali per giungere a farmi sprofondare in questo abisso, strumentalizzando una mia mai dimostrata mancanza di rispetto nei confronti della loro populistica deità artificiale di origine argentina – spesso ritratta in brache bianche, maglietta azzurra ed un pallone di cuoio appiccicato al piede sinistro – soprannominata El Tibe o El Cibe o qualcosa di simile.
Eppure avevo cantato i pastori dell’Ellade in guerra, i fieri naviganti fuggiti dalle troiane mura, l’inferno e il paradiso (il purgatorio mi venne meno bene), Lucia la santarella, il cinque maggio, il piccolo Lord, Cappuccetto rosso e Biancaneve.
Nessuna gratitudine sconfigge mai il danno di un’ultima minima offesa.
Il nostro apporto alla gioia, non effimera, di una emozione continuamente dettata finanche a distanza di secoli per mezzo solo di parole – a volte tradotte da un altro idioma -, e poi i nostri casti baci alla cultura, e poi l’essere o l’essere stati nei pensieri, sentimenti, amori per tutti e di nessuno, cioè tutta la linfa di me poeta, io poeta, travagliato pazzo visionario maledetto stramaledetto stramaledettissimo poeta, tutto ciò non ha retto lo scontro neppure con la stupida statica fotografia di una specie di mini guitto in mutande soprannominato El Sibe o El Bibe o qualcosa di simile.
Tu prova ad aprire il tuo sguardo oltre le comode finestre dei provincialotti inconsistenti particolari luccichii idealistici, e subito comprenderai quanto vero sia che, per ognuna di quelle inondanti apparizioni, il mio contributo poetico filosofico ne ha già, da tempo immemore, sancito la storica immortalità mediante la trasposizione artistica in epopee travagliate e sublimi.
La sorella di un mio conoscente, a dieci tempi dopo la nascita ha avuto le sue “cose” ed è diventata signorinella pallida, però nessuno ha scarnificato l’evento fino all’essenziale apogeo dell’univoco nucleo di recondite armonie bellamente stipate nell’intangibilità delle sue intime segrete sensibilità femminee.
Ciò mi consente di credere che: o non tutti gli eventi hanno per diritto di nascita uguale dignità storica, oppure è vero che anche ciascuna singola stronzata acquisisce una particolare indefessa dignità attraverso il contributo che il “caso” il “fato” il “culo” il “destino” la “sorte” appiccica, non sempre materialmente sul tempo di quelle loro non pavide apparizioni: vedremo casa accadrà… »

In un gioco senza senso, antico quanto me, nuotando, inventavo questo tipo di storie improbabili delle quali il più delle volte non avrei avuto memoria giunto a riva, e che in gran parte, pur trovandole originali e degne di attenzioni letterarie, non utilizzavo per i miei scritti.
Immaginavo?
Ero convinto che la pantegana, espulsa dalla sua comoda tana dimora della Torre di Guevara a seguito di lavori di ristrutturazione tesi, finalmente, a rendere fruibili agli umani i residui dell’antica struttura soggetta a centenarie asportazioni fraudolente, sguazzando senza arte né parte in una melma fluida di gran lunga meno appiccicosa del liquame presente nella sua familiare fognetta interrata, digiuna, ovviamente bagnata, frullata nel precipitato percorso dal cantiere allo scarico a mare, spelacchiata, con la testa dolente, sofferente di continue vertigini, la coda mozza, la pelle maculata per bozzi e piaghe, bitorzoli, tritorzoli, e di certo gonfia d’acqua salmastra penetratale nel ventre attraverso la bocca l’ano e gli altri orifizi, ascoltando il totano erudito, tacesse.
Dopo circa un’ora di variazioni, integrazioni, puntualizzazioni, precisazioni, riferite al tema principale della nuova elucubrazione natatoria avente per soggetti questi due elementi accomunati in una improbabile coppia di acquatici, mi trovai pochi metri dietro il promontorio denominato Punta Pisciazza, sotto il costone che delimita a sud-est la baia di Cartaromana.
Ero quasi giunto in vista della conca che da quel punto si apre senza percettibili soluzioni di discontinuità fino al Castello Aragonese.
L’escursione subacquea mi sembrava appena iniziata anche se avevo le dita bianchicce, spugnate, le mani mollicce, spugnate, i piedi insensibili strizzati nelle pinne tipo rondine extra-large, il naso tumefatto, spiaccicato contro il vetro indeformabile della maschera pinguino nero.
Ogni parte del mio corpo si era conformata in una condizione fisica differente, se non addirittura opposta rispetto allo stato in cui si trovava al momento dell’immersione.
Prima no, prima di scendere in acqua le mie dita, le mani, erano arse, grinzose per le lunghe ore al sole, le narici erano atrofizzate dall’afa, i piedi dolenti per gli impervi percorsi sugli scogli, e non avevo il respiro rumoroso affrettato scomposto ansante a seguito delle apnee lunghe minuti senza fine sfilacciati nell’agguato all’enorme murena che m’era apparsa – intravista – in una fessura di roccia frammista a cespugli di alghe -ondulanti – da cui era formato il fondo del promontorio di Punta della Pisciazza, in direzione della Grotta del Mago lasciata la Baia di Cartaromana.

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Dedica

La menopausa di mia sorella

Conversazione fra un totano ed una pantegana

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

Così fu

PARTE 1

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO SESTO

CAPITOLO SETTIMO

CAPITOLO OTTAVO

CAPITOLO NONO

CAPITOLO DECIMO

CAPITOLO UNDICESIMO

CAPITOLO DODICESIMO

CAPITOLO TREDICESIMO

PARTE 2

CAPITOLO 1

CAPITOLO 2

Poesia sporca

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Per Aurora volume quinto di Bruno Mancini

seconda edizione

Version 5 | ID r99qmg

ISBN 9781471068423

Bruno Mancini
ISBN 9781471068423
Versione 4 |  ID r99qmg
Creato: 31 ago 2022
Modificato: 31 ago 2022
Libro, 100 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm)
Standard Bianco e nero, 60# Bianco
Libro a copertina morbida
Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

Titolo Per Aurora volume quinto
Sottotitolo Alla ricerca di belle storie d’amore
Collaboratori Bruno Mancini
ISBN 9781471068423
Marchio editoriale Lulu.com
Edizione Nuova edizione
Seconda edizione
Licenza Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini
Anno del copyright 2022

E allora la bacia con violenza. Sulla bocca trattenendole la testa – come una bambola di pezza -, sul collo comprimendole le guance – come il morso per una cavalla-, sul seno acerbo – strappandole stoffe e bottoni.
“Lasciami bastardo. Vigliacco bastardo”.
E allora la getta per terra – come un sacco di roba vecchia -, le blocca le gambe – come un lottatore di judo -, le lega i polsi- come uno stupratore -.
“Lasciami bastardo. Vigliacco bastardo, Non farlo”.

Per Aurora volume quinto

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La menopausa di mia sorella

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Info: Bruno Mancini

Cell. 3914830355 tutti i giorni dalle 14 alle 23
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