NAUSICAA di Milena Petrarca

NAUSICAA

PERSONALE RIFLESSIONE DI MAURO MONTACCHIESI
*
Quinto Orazio Flacco autorizza poeti e pittori a tutto osare.
“Pictoribus atque poetis; quidlibet audendi semper fuit aequa potestas”.
Il Venosino sostiene che non si devono tarpare le ali né al genio lirico né alla vena pittorica.
(Orazio Ars poetica, v. 10)

Milena Petrarca è perfetta, eccelsa ipostasi di questo postulato oraziano, poiché fastosa demiurga di entrambe le Arti.
Un epifanico paradigma, di questo suo straordinario magistero, è fornito dalla sua “Nausicaa”, sia con un dipinto dai colori delicati ed equilibratamente distribuiti sia con una poesia epigrafica, ma densamente, vibrantemente eloquente.
Nausicaa è un nome che discende dal greco ‘Nausikaa’, che richiama alla memoria la figlia di Alcinoo, conosciuta da Ulisse nell’Odissea.
La Nausicaa del dipinto, nonostante la nudità, comunica una certa riservatezza, sentimentalismo, delicatezza, grazia, coinvolgente passione.
Altresì, la protagonista della tela, oltre a suggestione e spiritualità, promana sapiosessualità, ovvero seduzione fisica ed erotica, inscindibile dall’empatia cerebrale, dal particolare richiamo per la saggezza, per l’etica dell’altra persona.
Milena Petrarca traspone il dipinto in poesia.

“Nausicaa” è come una farfalla in volo”:
La resurrezione, la metamorfosi in divenire dell’Artista, le sue aspettative e il suo ardimento, ma addirittura la sua consapevolezza a proposito della caducità dei giorni fortunati.

“I suoi capelli sono Cascate di luce”:
I suoi capelli:
La sua capacità di rigenerarsi.

“Sono cascate”:
Interruzione dell’immobilismo, dinamismo in direzione di un destino permeato di ottimi risultati.
Un presentimento fausto, che postula il passaggio dalla preoccupazione e dalla monotonia, al desiderio di esistere e cimentarsi nelle diverse circostanze che l’esistenza propone.
Disponibilità alla volta di un futuro differente, incentivo a scuotersi e a dare un significato alla personale esistenza.

“Di luce”:
L’Artista sta conquistando eccezionali traguardi di coscienza e armonia.

“Nausicaa è una Fanciulla Eterea”:
L’etere, ovvero l’aura, il cielo, l’etra, la volta celeste.
E una gradazione di celeste, insieme alla luce dei capelli e a tratti d’incarnato, è armonicamente predominante sulla tela.
Aristotele presumeva che l’etere fosse eterno, inalterabile.
Appunto per l’eternità e la staticità dell’etere, il cosmo veniva contemplato come luogo d’invariabilità, in opposizione alla Terra, luogo di costante metamorfosi.
La fanciulla eterea, un subliminale anelito dell’Artista di eternità cosmica.
La fanciulla eterea, a occhi chiusi, fa immaginare, fa affiorare diverse sfaccettature intime dell’Artista, della sua personalità, che trascendono cospicuamente la conoscenza del corpo.
È l’hic et nunc dell’Artista, il suo esistenzialismo nell’attimo in cui l’opera è eseguita, è l’istantanea, o meglio il dipinto di un frammento della sua vita.

“Un Sogno”:
L’Artista cerca di difendersi dai messaggi che le arrivano dall’inconscio.
Un inconscio che talora grida dolore, stanchezza, necessità di una pausa, ma che si tende a ignorare, presi dall’entusiasmo di creare, di fare.

“Un Bocciolo di rosa”:
Bisogno di sentimenti, tenerezza, sincerità.

“Nausicaa si erge Dolcemente
E si affaccia
Alla vita
Come una farfalla in volo”:
È la crisalide, invero, che si affaccia alla vita.
La farfalla, in questo caso, è la fanciulla che diviene adulta.
La crisalide è il divenire ineluttabile, con i suoi cambiamenti.
Positivi? Negativi?
Faber est suae quisque fortunae:
Ciascuno è artefice della propria sorte.
Trito aforisma con cui Appio Claudio Cieco asseriva che per l’essere umano
sono più determinanti la decisione e l’agire, piuttosto che l’incidenza del fato.

L’estetica pittorica di quest’opera si dipana all’interno di struggenti campiture cromatiche, diversità emozionali e tonali perfezionate con naturale e autentica tensione dinamica, con eccezionale tecnica figurativa.
Il tratto di pennello è leggero, è soffice, come pure il rapporto luce – colore, che icasticamente riverbera sulle impressioni intercettate dall’osservatore.

La lirica, nella sua profondità concettuale, è sontuosamente coerente nella sua gioiosa, entusiastica espressività, nella sua squisitezza di sentimenti, nel suo euritmico, impareggiabile splendore.

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MILENA PETRARCA

L’estetica di Milena sembra assurgersi a interprete del «non reale». Milena reifica (non è un ossimoro) le proprie emozioni in autonome stesure di tratti, modellati, cromie, rendendo evanescente, fugando, qualsiasi tangenza con la realtà esistenziale. L’estetica di Milena si propone un target ben definito: il messaggio. Milena anela di comunicare significati e contenuti, derubricando al minimo qualsiasi iconografia canonica, fino a produrre pure combinazioni di elementi, intesi come quintessenza «suprema» delle sue visioni. Questo genere di estetica, in effetti, rende icastico un iter pingendi tramite il quale il Nous della Nostra “pantografa” la realtà esclusivamente in alcune sue minime peculiarità. Milena dipinge in maniera compiutamente aseistica rispetto ai modellati reali più invalsi, trovando figure e visioni totalmente inusitate e dissimili da quelle più tritamente liturgiche. Milena Petrarca è Pittrice dai cromosomi permeati di grandi delicatezza e raffinatezza. La sua Arte è totalizzante, poiché magicamente rapisce, senza ambagi, d’emblée. Milena riassume in sé una sublime ἀρετή (aretè), ovvero un peculiare magistero nell’esaltare i propri valori spirituali e morali, che si reificano nella sua Arte straordinaria. La Pittrice si esalta nel fondere, nel suo sui generis cachet, emozioni liquide e accese passioni, che si traducono in cromie vibranti, in fenomenali energie tonali che propagano prospettiva e luce. Con le sue opere Milena adima nei penetrali più imi e reconditi dell’esistenza, fino a esaltare la metafisica della spiritualità, in virtù dell’orfismo immanente nel conflato iconico – cromatico che la contraddistingue, fino a sprigionarne l’afflato, l’elata poiesi pittorica.

La Pittrice tende a destare, per poi centrifugare, trepidazioni immanenti nell’osservatore, radicalizzando ed esaltando il magico (talora onirico) charme dei colori, il loro orfismo, potente nel catalizzare catarsi, rito magico di purificazione, liberazione dell’anima, sia dell’Artista sia del fruitore d’opera. Milena ha grande talento nell’affrancare la propria fantasia, sentendosi pienamente emancipata dagli stereotipi accademici, segnatamente quelli iconici. Le direzioni estetiche verso originali sperimentazioni sono per lei infinite, eclettiche, con traguardi impensabili, quantitativamente e qualitativamente. L’arte di Milena afferma che può vibrare un’estetica delle cose che germina dalle cose stesse, che rifugge qualsiasi imitazione, identificandosi così in un sui generis paradigmi estetici, avant – lettre di un singolare universo. Apprezzabilissimi sono gli ambiti di sperimentazione di Milena, che talora pare librarsi dal piano delle immagini, fino a trasformare in esperienza estetica anche la più tangenziale gestualità, o la materia stessa. Questi ambiti di sperimentazione enunciano il concetto di “kháos” che è, comunque, un’osmosi inscindibile della realtà, una sua manifestazione, verosimilmente più irrefutabile di quanto prospetta l’umana razionalità. I dipinti di Milena introducono a una variegata, articolata asimmetria degli oggetti, del tangibile, del cosmo, le cui leggi, per quanto postula la fisica, sono logiche, ma il cui portato, per quanto postula la termodinamica dei processi irreversibili, si trova sempre in condizioni di defettibile bilico, di non equilibrio, di “kháos” totale. Il “kháos” totale (macrocosmo) si contrappone, manicheisticamente, al “kháos” individuale (microcosmo dell’Artista). L’Artista ha la forza e il coraggio di scendere (catabasi nel microcosmo) ad ima fUndamenta, fino ai penetrali più reconditi del proprio Labirinto e lì prendere visione di tutte le sue fate morgane e di portarle, poi, in superficie (anabasi nel macrocosmo), senza remore, senza inibizioni. È pura anagogia, pura elevazione spirituale! È deflegmazione da qualsiasi impurità, emancipazione da qualsiasi zavorra.Da tutto ciò il “kháos” estetico di Milena, che è estrosamente, aulicamente “poietico”, latore di una visione incontrovertibilmente non empirica, bensì metempirica, che va “oltre” l’umana sensibilità, a sublimazione del suo “lirico” afflato pittorico, a sublimazione delle onde gravitazionali, del loro divino, universale, numeroso concento. Milena sembra abiurare qualsiasi τέχνη canonica, fino a sviluppare una pittura sui generis. Soggettivamente prevale l’impressione che il dialogo tra i soggetti protagonisti sia, invero, sovrastato da un coartato monologo interiore dei singoli. Nelle sequenze il tempo sembra smarrirsi tra i suoi stessi, metafisici meandri. Il time-lapse sembra subire fibrillazioni spaziotemporali, un “back-and-forth” di emozioni e di ambienti. Nei cromatismi delle sue iconografie scorrono sincronicamente le ore, i giorni, gli anni, apparentemente in un unicum. Il cachet cromo-figurativo si presenta segnatamente estetizzante, pregno di stream di coscienza. Il tempo diventa un fluire trascendente, un’associazione d’idee e d’immagini. La dinamica emozionale dei personaggi viene fusa con l’esigenza plastica. L’ensemble è affascinante per il topos, per l’energia dei sentimenti, per l’icasticità del dialogo pittorico, per l’orfismo struggente che vibra, pulsa e sussulta in ogni singolo amplesso. L’Arte di Milena può essere definita “sublime”, un sublime che germina dal manicheismo sensibilità-ragione. Un conflato di dolore e gioia che scaturisce dal senso di umana caducità, dall’assoluto, dall’imponderabilità del tempo-spazio.

La tigre è un animale eccezionalmente ammaliante. La sua energia è contemporaneamente yin (femminile) e yang (maschile). La tigre è storicizzata come guida in un percorso iniziatico, capace di dirigere i “catecumeni” nella giungla, per concludere un ciclo vitale e iniziarne un altro. Ergo, la tigre è un animale in surplace tra due dimensioni. È pure ritenuta protettrice, capace di esorcizzare il male. Nella cultura buddista la tigre è ipostasi di fede e di ascesi spirituale. Il suo tallone di Achille, se tale veramente è, è il grandissimo amore materno che la pervade e caratterizza, a causa del quale sarebbe disposta a qualsiasi cosa, fino a immolare la propria vita. La tigre è emblema di potere, pathos, saggezza. È l’animale che insegna all’uomo ad affrontare la vita con ardore e temperamento, ponendolo in collegamento con energie sia fisiche sia istintuali. Incita a emancipare le emozioni dal labirinto interiore, a disinibire la sessualità e ad aumentare il potere di concentrazione. La tigre è un unicum con la forza, con la tenacia necessaria nelle ordalie più probanti. È stimolo per l’uomo a procedere nel proprio percorso spirituale. È emblema di personale palingenesi, clavis lectionis del giallo della sua livrea. La tigre è la luce della coscienza che trionfa sul buio interiore. Nell’oroscopo cinese la tigre (in quanto segno astrologico) è pregnante di un animo indomito e veemente, estuoso e ardente, magnetico e generoso. Il segno occidentale equivalente è l’Acquario, ovvero il segno di Milena. Una scelta casuale, la sua?
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Tratto dal libro edito “Napule è Napule” – Carta e penna Editore

Recensione libro “Napule è Napule…” di Mauro Montacchiesi

Napule è Napule… di Mauro Montacchiesi

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LA SIBILLA CUMANA

SIBILLA CUMANA

Facilis descensus Averno:
noctes atque dies patet atri ianua Ditis;
sed revocare gradum superasque evadere ad auras,
hoc opus, hic labor est.

Scendere agli Inferi è facile:
la porta di Dite è aperta notte e giorno;
ma risalire i gradini e tornare a vedere il cielo,
qui sta il difficile, qui la vera fatica.

Sono le parole che Publio Virgilio Marone
(Eneide VI, 126-129)
fa rivolgere dalla Sibilla Cumana a Enea.

Nell'”Eneide” virgiliana, Deifobe, la sibilla cumana, è una veggente, psicopompa (guida nell’aldilà) di Enea, al quale chiarisce gli arcani del regno.

BREVE COMMENTO SULL’ESTETICA DI MILENA PETRARCA

Milena Petrarca è l’esteta dell’equilibrio e della luminosità. La pittrice, per mezzo del suo talento, dona trepidazioni all’esistenza, oltre il tempo, laddove ieri e domani, tangibile e intangibile si fondono. I suoi capolavori seducono l’anima, veicolandola in una dimensione borderline, tra oggettività e fantasia, orfismo e lirismo. Milena è Maestra dalle accentuate emotività e autenticità nel produrre immagini incerte tra concretezza e meraviglia, in cui si ripete la figura della donna nelle sue variegate manifestazioni che ne affermano la delicatezza e la fermezza, la raffinatezza e l’audacia. Dai quadri di questo genio partenopeo, dalla straordinaria delicatezza, si arguisce in quale modo l’immagine della donna si esalti in icona di amore, nel significato più esteso del vocabolo: un amore che va considerato come passione che fonde e conforta, che instilla energia e fiducia, che sconfigge astio e conflitti, crudeltà e individualismi. Le sue immagini di donna, che di frequente condensano grazia e amore, sono saldate all’ambiente e ai toni della stagione dei fiori. Concezioni febbrili, dipinte in gradazioni che evolvono in conformità della condizione psicologica che le penetra. Ciononostante, a celebrare grazia, delicatezza e fantasia incise nella leggiadria femminile, è la luminosità, componente basilare, per mezzo della quale l’artista comincia ad avanzare nella sua opera, onde rendere le sinfonie della vita, laddove le trepidazioni si inseguono, adesso pure e fatate, adesso tristi e toccanti. Milena Petrarca, in tali raffigurazioni femminili, evidenzia il fervore davanti ai desideri nei quali confidare, ciononostante addirittura malinconia e amore e quell’angoscia per una percezione di un’ipotetica emarginazione sentimentale o sociale. Nella sua iconografia femminile, frequentemente avviluppata da una luminosità, adesso forte, adesso leggera, l’artista ha tratto afflato dalla tecnica raffinata e morbida della Scuola Veneta, che nacque in età repubblicana, determinando la cesura decisiva con la consuetudine bizantina. Il transitare a poco a poco da una tonalità all’altra, senza stacco, è la tecnica pittorica che Milena Petrarca utilizza, mirando a sfumare i margini delle forme e a delinearli minimamente decisi e articolati, a beneficio di una più ampia scioltezza dei margini stessi e dei lineamenti, producendo la reazione visuale della dissolvenza. Milena prosegue per mezzo di minute progressioni di luminosità e pigmenti che, fondendosi unitamente, plasmano il risultato dell’intimità intuitiva e forniscono agli occhi l’autentica idea degli spazi effettivi tra le entità iconiche. La luminosità e la transizione graduale delle tonalità, si manifestano come costituenti determinanti nelle sue tele, nelle quali la concretezza lambisce la fantasia, apparendo le forme come sollevate all’interno di una dimensione di trascendentale fascino. Milena Petrarca magistralmente gioca con la luce, unitamente ai suoi riverberi e alla reazione dei pigmenti, i quali si trasformano in effetto luce, indugiando parimenti su alcune disarmonie cromatiche. Per mezzo della luce, Milena Petrarca riesce a cogliere e “fotografare” istanti d’icastici bagliori soprannaturali.

LA SIBILLA CUMANA

SOGGETTIVE PERCEZIONI

SUBLIMINALI MESSAGGI DAL DIPINTO

La “Sibilla Cumana” è un dipinto emozionale, idoneo a suggestionare lo stato d’animo rendendolo cordiale e armonioso. La Sacerdotessa di Apollo punge la passione, comunica affetto, amicizia. È amore per il prossimo, emotività, gioventù, purezza. Riverbera di delicatezza, amabilità, eleganza, pace e affettuosità. La Deifobe di Milena Petrarca è icona dell’universo femminile. Allevia il pensiero dalle negatività, ha un poderoso vigore rasserenante. La Sibilla Cumana è dare e ricevere amore, è nitidezza dell’intelletto, è dolcissima, ma prorompente sensualità.

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Tratto dal libro edito “Napule è Napule” – Carta e penna Editore

Recensione libro “Napule è Napule…” di Mauro Montacchiesi

Napule è Napule… di Mauro Montacchiesi

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IL MIO CAFFE’ FRANCESE

Milena Petrarca, ovvero una pittrice che, nella produzione della sua Arte, risente tantissimo dei propri stati d’animo del momento. È un’Artista in senso assoluto, un coup-de-foudre istintivo, empatico, immediato per chi ama l’Estetica, cioè le cose belle. Milena Petrarca possiede l’estro di amalgamare, nel proprio cachet, impulsi definiti e passionali nei tratti che germogliano dai pigmenti forti, dalle gradazioni, dalle lucentezze. L’Artista riesce a carpire il significato dell’esistenza, rendendo immortali le manifestazioni più intense del cuore, con un sentimentalismo pittorico che incanta l’anima. Sia il titolo di quest’opera “IL MIO CAFFE’ FRANCESE”, sia la sua icono – cromatografia, non possono non richiamare all’effimera, ma straordinariamente grandiosa estetica filosofico – artistica dell’Impressionismo. Un sogno mai tramontato, il preludio all’Espressionismo, alle istintive, ma vere, pulsioni dell’Artista.

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SIBILLA CUMANA

Facilis descensus Averno:
noctes atque dies patet atri ianua Ditis;
sed revocare gradum superasque evadere ad auras,
hoc opus, hic labor est.

Scendere agli Inferi è facile:
la porta di Dite è aperta notte e giorno;
ma risalire i gradini e tornare a vedere il cielo,
qui sta il difficile, qui la vera fatica.

Sono le parole che Publio Virgilio Marone
(Eneide VI, 126-129)
fa rivolgere dalla Sibilla Cumana a Enea.
Nell'”Eneide” virgiliana, Deifobe, la sibilla cumana, è una veggente, psicopompa (guida nell’aldilà) di Enea, al quale chiarisce gli arcani del regno.

BREVE COMMENTO SULL’ESTETICA DI MILENA PETRARCA

Milena Petrarca è l’esteta dell’equilibrio e della luminosità. La pittrice, per mezzo del suo talento, dona trepidazioni all’esistenza, oltre il tempo, laddove ieri e domani, tangibile e intangibile si fondono. I suoi capolavori seducono l’anima, veicolandola in una dimensione borderline, tra oggettività e fantasia, orfismo e lirismo. Milena è Maestra dalle accentuate emotività e autenticità nel produrre immagini incerte tra concretezza e meraviglia, in cui si ripete la figura della donna nelle sue variegate manifestazioni che ne affermano la delicatezza e la fermezza, la raffinatezza e l’audacia. Dai quadri di questo genio partenopeo, dalla straordinaria delicatezza, si arguisce in quale modo l’immagine della donna si esalti in icona di amore, nel significato più esteso del vocabolo: un amore che va considerato come passione che fonde e conforta, che instilla energia e fiducia, che sconfigge astio e conflitti, crudeltà e individualismi. Le sue immagini di donna, che di frequente condensano grazia e amore, sono saldate all’ambiente e ai toni della stagione dei fiori. Concezioni febbrili, dipinte in gradazioni che evolvono in conformità della condizione psicologica che le penetra. Ciononostante, a celebrare grazia, delicatezza e fantasia incise nella leggiadria femminile, è la luminosità, componente basilare, per mezzo della quale l’artista comincia ad avanzare nella sua opera, onde rendere le sinfonie della vita, laddove le trepidazioni si inseguono, adesso pure e fatate, adesso tristi e toccanti. Milena Petrarca, in tali raffigurazioni femminili, evidenzia il fervore davanti ai desideri nei quali confidare, ciononostante addirittura malinconia e amore e quell’angoscia per una percezione di un’ipotetica emarginazione sentimentale o sociale. Nella sua iconografia femminile, frequentemente avviluppata da una luminosità, adesso forte, adesso leggera, l’artista ha tratto afflato dalla tecnica raffinata e morbida della Scuola Veneta, che nacque in età repubblicana, determinando la cesura decisiva con la consuetudine bizantina. Il transitare a poco a poco da una tonalità all’altra, senza stacco, è la tecnica pittorica che Milena Petrarca utilizza, mirando a sfumare i margini delle forme e a delinearli minimamente decisi e articolati, a beneficio di una più ampia scioltezza dei margini stessi e dei lineamenti, producendo la reazione visuale della dissolvenza. Milena prosegue per mezzo di minute progressioni di luminosità e pigmenti che, fondendosi unitamente, plasmano il risultato dell’intimità intuitiva e forniscono agli occhi l’autentica idea degli spazi effettivi tra le entità iconiche. La luminosità e la transizione graduale delle tonalità, si manifestano come costituenti determinanti nelle sue tele, nelle quali la concretezza lambisce la fantasia, apparendo le forme come sollevate all’interno di una dimensione di trascendentale fascino. Milena Petrarca magistralmente gioca con la luce, unitamente ai suoi riverberi e alla reazione dei pigmenti, i quali si trasformano in effetto luce, indugiando parimenti su alcune disarmonie cromatiche. Per mezzo della luce, Milena Petrarca riesce a cogliere e “fotografare” istanti d’icastici bagliori soprannaturali.

LA SIBILLA CUMANA
SOGGETTIVE PERCEZIONI
SUBLIMINALI MESSAGGI DAL DIPINTO

La “Sibilla Cumana” è un dipinto emozionale, idoneo a suggestionare lo stato d’animo rendendolo cordiale e armonioso. La Sacerdotessa di Apollo punge la passione, comunica affetto, amicizia. È amore per il prossimo, emotività, gioventù, purezza. Riverbera di delicatezza, amabilità, eleganza, pace e affettuosità. La Deifobe di Milena Petrarca è icona dell’universo femminile. Allevia il pensiero dalle negatività, ha un poderoso vigore rasserenante. La Sibilla Cumana è dare e ricevere amore, è nitidezza dell’intelletto, è dolcissima, ma prorompente sensualità.

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Tratto dal libro edito “Napule è Napule” – Carta e penna Editore

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poe19 Poesia finalista Premio Otto milioni

poesia19 Poesia finalista Premio Otto milioni 2022

Premio POESIA “Otto milioni” 2022

Poesie finaliste Premio Otto milioni 2022

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Milena Petrarca “Parole di fuoco” – Italia

Milena Petrarca

Parole di fuoco

Due brillanti nocciole
guardano lontano…
in quell’azzurro
di saette
papaveri rossi
sussurrano parole
di fuoco
onde dolci
frastagliate
di lingue di caldi
colori inondano
il tuo corpo
vestito di sogni
d’amore
e tu stai lì con il cuore
negli occhi aspettando
un domani migliore.

poe01 finalista Premio POESIA “Otto milioni” 2022

poe02 finalista Premio POESIA “Otto milioni” 2022

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poe19 finalista Premio POESIA “Otto milioni” 2022

poe20 finalista Premio POESIA “Otto milioni” 2022

Premio OTTO MILIONI 2022 regolamento poesia

Premi OTTO MILIONI 2022 dichiarazione

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