NA05 – Liga Sarah Lapinska – Fiaba bianca

NA05 – Liga Sarah Lapinska – Fiaba bianca

NA05 Liga Sarah Lapinska – Fiaba bianca pdf

Fiaba bianca

Siamo nati per creare questo mondo più felice.
La star di David è stata a lungo vestita con il vestito di Sarah.

La radio è permesso ascoltarla, ma a lei non piace sentire le intonazioni di lei stessa o di quelli che lei conosce bene.

Bravi, coloro che protestano contro le vivisezioni dei topi bianchi.

È, in nome della scienza, per i chimici identificare i medici più efficaci.

Noi, umani, non siano più protetti.

Troppo curiosi guardano che cosa vediamo morendo o in vertigini.

Nirvane?
Dei?
I nostri cari?

Sarah riceve persino le lettere nel campo in cui è stata imprigionata.

Da più di un anno il suo telefono era bloccato.
Con le pause.

Troppo curiosi vogliono sapere a chi Sarah avrebbe chiamato e scritto per primo.
Come si sentiva leggera nei pini di Rumbula.

Il terreno è in fessure e le cortecce degli alberi piangono silenziose, ma non c’è da ridicolizzare le vittime.

Kaddish.

L’amore di Sarah è stato portato in un campo in cui i visitatori non sono ammessi.
Nessuno le impedisce di accarezzare il muro quasi bianco.

Gabriel, il suo amico, entra nella baracca.

Ha sempre vissuto con uno slogan sulle labbra: “Tutto ciò che cambia sta cambiando in meglio” e ha Sarah, che lo starà sempre aspettando, quindi deve sopravvivere.

Inoltre morire insieme a tutti.

Forse Gabriel fu trascurato nella sua vita e, come uomo vero, ha picchiato qualche gran signore, ma lui non è un terrorista o un assassino.

Il campo è più o meno lo stesso come nelle storie dei sopravvissuti dell’Olocausto.

Qualcuno piange o prega i suoi Dei.
-Perché piangi, ragazzo? Mi chiamo Gabriel. Domani, definitivamente, impareremo a conoscerci.
“Hava Nagila, Nagila Hava”, canta Gabriel.
Non una canzone di lutto.

Gabriel è convocato per un interrogatorio il mattino seguente.

Gabriel sa chiaramente che l’invito è un equivoco che è probabile si chiarisca nell’ufficio il giorno stesso.

Dalle chiare pareti nessuno è stato in grado di lavare le macchie di sangue.

Il sarto dice che ha le volpi e persino la pelliccia di leopardo, le pelle di cervo e di maiale.

Si può regalare un paio di pelli di cervo all’interrogante.

Dopo una settimana, il sarto viene sparato e il suo laboratorio in quanto nascondiglio dei partigiani, viene confiscato.

Gli atleti con fruste nelle mani stanno alle spalle delle vittime.

L’investigatore non rivela a Gabriel la causa dell’arresto.

Gabriel ha gli occhi grandi, il naso d’aquila e la bocca di linee graziose.

Con molto piacere gli atleti, spogliandolo, frustano Gabriel e poi uno dai loro con il suo stivale pesante colpisce la faccia di Gabriel.

Solo nella baracca, Gabriel sente l’accusa d’essere un complice ostile di un killer politico, poiché ebreo.

In realtà, sua madre è ebrea, ma il padre russo.

Chi ha inventato quel killer politico?

Certo, costruttori dei campi e dei sistemi di ghetto e di torture.

Gabriel parla con Roberts, il ragazzo che ha pianto prima.

Ha la tubercolosi e teme di essere sparato subito se gli atleti sapranno della sua malattia.

Usa un trucco per mascherare la sua pelle pallidissima.

Gabriel sorride con le labbra sanguinanti e dice che Robert si riprenderà definitivamente.

Qualcuno è riuscito a far visitare il campo al personale della Croce Rossa con giornalisti coraggiosi, provenienti da un altro paese, perché l’esistenza dei campi di sterminio in questo paese è negata.

I prigionieri ricevano i vestiti nuovi.
Nella baracca si sposta un palmo nell’angolo, mentre sulla parete viene appesa la riproduzione di “Guernica”

Nella sera blu attraverso la finestra, il 4 aprile, una farfallina bianca vola direttamente da Gabriel.

Temendo che si brucerà sulla fiamma, Gabriel insieme con un altro prigioniero, Laimonis, salvano l’anima bianca.

Le ali piccole vibrano nella braccia di Gabriel come il cuore.

Poi la farfallina bianca vola via nella notte scura.

Alla fine di aprile, tutti i prigionieri furono rilasciati e, forse dopo dieci anni, sarebbero stati risarciti, non a causa delle ossa che erano già aumentate, ma perché erano detenuti senza prove sufficienti.

Profumano i gelsomini già.
Gabriel si precipitò da Sarah con un cappellino bianco.

Sarah era una di quelle che non solo desideravano, ma scrisse e scrisse per liberare Gabriel e gli altri.

Uno dei vicini di Sarah, Sergey, mostra a Gabriel la tomba di Sarah, morta il 4 aprile.
Probabilmente, per un attacco drl suo cuore agitato.

Un giorno prima, sorridente, ha dato il suo dipinto appena finito “White Waterfall Music” a un suo vecchio amico impiegato, con la speranza che egli pensasse a quelli che cantano nei campi della morte.

Liga Sarah Lapinska

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NA04 – Alessandro Corsi – La ballata del mare incantato

NA04 – Alessandro Corsi – La ballata del mare incantato

NA04 Alessandro Corsi – La ballata del mare incantato pdf

La ballata del mare incantato

“Almeno a volte non conta la destinazione, ma soltanto il cammino” filosofeggiò Marcello, atteggiandosi a persona che avesse scorrazzato in lungo ed in largo per l’intero pianeta.

In realtà non si era mai allontanato più di tanto dalla sua città natale, per un massimo di due o tre giorni.

Abitava nel vasto appartamento in cui erano nati lui e suo padre.

Da quando i suoi genitori erano morti e si era ritrovato solo al mondo aveva gradatamente liberato tutte le stanze, tranne la cucina ed il bagno, dei mobili che non gli erano indispensabili.

Li aveva sostituiti con delle capaci scaffalature, alte fino al soffitto.

Ve ne erano persino nel corridoio, lungo una dozzina di metri.

Vi aveva raccolto in bell’ordine la sua biblioteca, dopo avere comprato uno ad uno i libri che la formavano.

Ogni acquisto era stato fatto con un amore che non era mai stato capace di provare per un altro essere umano.

“È da quando ero un ragazzino che li colleziono” sorrise l’uomo, pensando con un certo disagio ai propri capelli radi e grigi.

Per distrarsi tornò con la mente al suo costante frequentare bancarelle, negozi di libri usati e librerie, spinto dal suo morboso desiderio di titoli interessanti.

Non c’era momento della giornata libero da impegni lavorativi, o da quelle incombenze quotidiane strettamente necessarie alla mera sopravvivenza, che non lo vedesse intento a leggere o a procurarsi dei nuovi volumi.

Immerso nelle pagine di quanto amava svisceratamente dimenticava l’intero universo e persino se stesso, in perenne partenza per viaggi più avventurosi ed affascinanti di quelli di Ulisse.

“Domani sarà l’ultimo giorno in cui lavorerò” si disse Marcello, pensando all’agognata pensione che gli avrebbe consentito di dedicare ai libri quelle ore quotidiane che non lo avrebbero più visto impegnato a procurarsi il necessario per vivere.

Avrebbe potuto dedicarsi completamente alla sua collezione: a quanto, con il trascorrere degli anni, era diventato sempre più la sola ragione della sua esistenza.

“Sono il mio mare incantato” sorrise l’uomo, immaginando inesistenti vele gonfie del vento della fantasia “I miei viaggi non conoscono confini, o limitazioni di tempo o di luogo”.

Si era sempre compiaciuto, pure se unicamente con se stesso, nel pensare che in qualsiasi momento poteva partire per ogni dove ed ogni quando con una libertà così assoluta, totale, da dargli un senso di onnipotenza.

Non aveva mai sentito la mancanza di una figura femminile, al suo fianco: si sentiva del tutto compiuto in se stesso, appagato.

Specialmente quando poteva stringere un libro fra le mani.

“Perché avere dei figli?” si domandò per l’ennesima volta, non capendo come si potesse desiderarne “Perché mettere al mondo degli individui che sarebbero ancora vivi, quando sarò soltanto concime?”

Lucidamente consapevole dell’inevitabile trapasso, destino d’ogni essere vivente, aveva disposto che alla sua morte la sua raccolta di libri fosse donata alla principale biblioteca pubblica cittadina.

Aveva imposto la condizione che rimanesse indivisa: e che i volumi che la costituivano non uscissero mai, per nessuno motivo, dall’edificio che li avrebbe accolti.

Chi avesse voluto leggerli, od anche soltanto consultarli, avrebbe dovuto farlo esclusivamente nello stesso luogo che li ospitava.

Marcello si mise a gironzolare per le stanze della sua abitazione, con gli occhi umidi d’amore e di commozione.

Rammentava dove e quando aveva comprato ogni singolo volume, ricordando pure l’emozione suscitata in lui prima di tutto per averlo trovato: e poi per averlo acquistato.

Leggerlo era stata un’esaltante avventura.

“E tutte queste emozioni, tutte queste memorie, andranno perse con la mia morte” si rammaricò, domandandosi, al contempo, se quel suo sentire non fosse altro che una futile emozione.

Magari con qualcosa di morboso.

Scacciò dalla mente ogni considerazione con un controllatissimo gesto di stizza, lasciando fluire soltanto il proprio totalizzante ed egoistico amore per i libri.

Con un sorriso, talmente cinico che avrebbe messo a disagio chiunque lo avesse visto, tolse da un ripiano un romanzo che da tempo voleva rileggere.

Carezzandolo come se fosse il volto di un’amante con la quale si apprestava a fare l’amore si diresse verso la sua poltrona.

Era da lì che partiva per i suoi viaggi nel mare incantato della carta stampata.
E non aveva bisogno di altro.

Alessandro Corsi

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NA03 – Adriana Iftimie Ceroli – Simbolicamente Ischia

NA03 – Adriana Iftimie Ceroli – Simbolicamente Ischia

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Simbolicamente l’isola

È un eccellente simbolo del centro spirituale primordiale.

Ci si arriva soltanto volando o sull’acqua.

Omero parlava della Siria primitiva la cui radice è la stessa di Surya, il nome ascritto del sole, ed era un isola centrale o polare del mondo.

Può essere identificata con Tula iperborea o la Thula greca, etimologicamente ritrovata dagli aborigeni dell’Atlantide.

Thula si scopre anche nei miti indiani, cambogiani: è l’isola bianca dei felici.
Secondo i musulmani, il paradiso terrestre si trova in un’isola di nome Ceilon e Zeus è originario dall’isola sacra Minas, la patria dei misteri.

Un’isola centrale dal punto di vista religioso è citata nella Ricerca del Santo Graal.

Lì sarebbe situato un tempio nel bacino quadrato del lago Anavalapta.

Si dice che questo posto faccia guarire le malattie del corpo e della mente.

I celti hanno sempre rappresentato l’altro mondo e le meravigliose rive al di là delle navi irlandesi sotto forma di isole situate al ovest o al nord del mondo.

Le divinità irlandesi delle tribù della dea Diana sono arrivate sulla terra portando alcuni talismani magici e le quattro isole del Nord del mondo, mentre l’Irlanda, con la sua provincia centrale, Meath (colei di mezzo) è anch’essa un’isola divina.

Sembra che la Gran Bretagna fosse l’isola per eccellenza, secondo i racconti di Cesare e i testi irlandesi.

Pare che li vi andassero i druidi per cesellare e completare le conoscenze sulla sacra scienza e per rafforzare la dottrina ortodossa.

La psicanalisi moderna ha sottolineato, specialmente, un lato essenziale dell’isola: il fatto che essa evoca un rifugio.

La ricerca dell’isola da scoprire, o sconosciuta, o ricca di sorprese, è una delle tematiche fondamentali della letteratura, dei sogni e desideri.

Gigi Sabani soffriva della psicosi dell’isola.

Non vi andava mai perché non si sentiva al sicuro.
Gli mancava la terra ferma.
Gli dava il senso della claustrofobia.

Adriana Iftimie Ceroli

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NA02 – Adriana Iftimie Ceroli -Simbolicamente il fulmine

NA02 – Adriana Iftimie Ceroli -Simbolicamente il fulmine

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Simbolicamente il fulmine

È la scintilla della vita e delle energie fertili.
La potenza di questo fuoco celeste è enorme, potendo essere benefattrice o distruttiva.

Gli ebrei lo interpretavano come la luce nella storia della genesi.

Quando Dio si faceva vedere, reggeva nelle mani i fulmini e li mandava contro i nemici (dal profeta Daniele 10,6).

Questo tema è stato portato anche nelle tradizioni babilonesi.

Anche per i greci Zeus era il dio del tuono e del fulmine.

Sul piano spirituale, esso fa nascere una luce dentro, forzando la persona a chiudere gli occhi e a rassegnarsi a quella forza imposta.

Nonostante questo è anche un’energia che da equilibrio.

Fra le tribù africane il fulmine rivela un attributo del Dio supremo uraniano.

Secondo un mito dei pigmei, esso sarebbe il fallo divino che compare nella ierogamia primordiale cielo-terra, che ricorda anche la mitologia indo-europea in cui il fulmine è l’arma del dio Indra.

Per i pigmei, esso punisce l’adulterio.

Universalmente parlando, è collegato alla pioggia, come seme del cielo, insieme mostrando la dualità acqua-fuoco che potrebbe scatenare disastri di grandi e grave conseguenze.

La correlazione tra il fulmine e la fecondità compare di frequente nel pensiero orientale, evocata da un’esplicita frase taoista: “Come il fulmine, forte e invincibile, spaccando le nuvole per creare la pioggia, così debba liberare esso anche il latte dal seno di questa donna incinta, aiutandola a partorire subito”

Adriana Iftimie Ceroli

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