Agostino Lauro

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Agostino Lauro

Poesia “Da Ischia sempre poesia”  –

Alberto Liguoro presenta Agostino Lauro

Poesia ad Ischia con i progetti culturali MONDIMANCINI

Premio Internazionale di Poesia

Premio Internazionale di poesia "Otto milioni - 2013"

Premio Internazionale di Poesia “Otto milioni – 2013”

Otto milioni – 2013

Dedicato al Commendatore Agostino Lauro

La nostra isola

07

Commendatore Agostino Lauro

Indro Montanelli

Agostino Lauro…

il re degli aliscafi del golfo di Napoli

 

Premio internazionale di poesia “Otto milioni – 2013”, antologia “Ischia, sempre poesia” dedicato al Commendatore Agostino Lauro

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Da Ischia sempre poesia – 1.Agostino Lauro

 

Agostino Lauro

Alberto Liguoro presenta Agostino Lauro

 

Agostino Lauro

Alberto Liguoro presenta Agostino Lauro

Agostino Lauro

Agostino Lauro

 

Alberto Liguoro presenta Agostino Lauro

Agostino Lauro

Il commendatore Agostino Lauro

 Non si può leggere la biografia di Agostino Lauro senza pensare: ecco qualcuno che ha fatto qualcosa per il Paese, che ha avuto coraggio, ha osato mettere in gioco la propria tranquillità e quella che avrebbe potuto essere la comodità di una vita senza stress, senza pensieri, senza guardare quello che accade intorno, la sorte degli altri e le ingiustizie; la vita, invece l’ha affrontata, si è rimboccato le maniche, si è dato da fare, si è assunta la responsabilità di quello che faceva, senza addossare colpe al “sistema”, alla “politica, agli altri , insomma, come usa oggi; un uomo che non ha chiesto raccomandazioni, piaceri, spintarelle, ma ha costruito qualcosa con le proprie mani, i propri collaboratori, le giuste indicazioni, delle quali cero si avvaleva nell’operare, e quello che ha costruito era vivo, reale, pulito, come lui, una persona vera, reale, pulita. Non c’erano inchieste insabbiate, non c’erano “fondi europei” frodati, evasioni fiscali ed altri utili accorgimenti, come oggi è costume, nella ricchezza che creava per sé e per gli altri che mettevano in atto i suoi progetti.

 Alberto Liguoro presenta Agostino Lauro

Anni ‘30 – 1989

Parliamo di quando Agostino Lauro, nato ad Ischia nel 1917, aveva 13, 14 anni e già cercava la sua strada nel mondo del lavoro, di stringere i denti, dell’onestà, di non dover chiedere niente a nessuno, fino a doversi far carico dell’intera famiglia già a 19 anni dopo la morte di suo padre Salvatore, un nome che si ripeterà nel primogenito, come è tradizione tra gli uomini di mare,

Parliamo degli anni cardine della nostra Storia; l’altra generazione, quella della guerra, che si è presa sul groppone tutta la fatica, le incertezze e le difficoltà dell’Italia che cambiava, che attraversava momenti di gloria e di vergogna, di sangue, di lutti e di grandi rivincite, fino a giungere ai nostri giorni, dove, come sempre nella Storia, ci sono altre incertezze, altre difficoltà, altri lutti sì, ma anche altre opportunità. Ci sono altri uomini però. Sapranno rispondere alle sfide come fecero “quelli del commendatore Lauro”?

Non lo so; ho molti timori, ma prevale sempre in me la speranza, perché le cose e gli ideali che ci hanno lasciato quelli che ci hanno preceduto, non possono finire così, semplicemente come se avessimo assistito ad un film. Si accendono le luci. La gente se ne va.

La mia generazione è quella dell’immediato dopoguerra. Noi ci siamo sempre considerati fortunati rispetto a chi l’epoca di tante lotte e di tante infamie, come usualmente si dice “l’epoca della guerra” l’ha vissuta sulla propria pelle; quelli dopo di noi ancora più fortunati, ancora di più, ancora di più. Ma qui c’è da fare un’amara considerazione: abbiamo sotto gli occhi la prova, ahimé, che troppa fortuna non è automaticamente portatrice di grande serenità, grande fratellanza e bellezza interiore ed esteriore.

Chi si sveglia più alle 5 del mattino per caricarsi sulle spalle 4 chili di stoccafisso, 20 chili di pane e un litro d’olio, da portare su una nave per preparare la colazione per i corrieri e i caricatori, o non si arrende di fronte a motori malandati, ma usa la testa e gli attrezzi per aggiustarli, come Antonietta Lauro racconta di suo fratello Agostino?

Ma perché parlare del commendatore Agostino Lauro?

I suoi meriti non derivano certo da qui; forse semplicemente perché noi siamo quelli della “Lauro”, delle traversate Ischia – Napoli o Pozzuoli e viceversa, quelli che “non volevamo sapere niente”, ci prendevamo i benefici del suo operato, senza i rischi e le competenze, il fiuto, le scelte delle iniziative e degli uomini, senza neanche conoscerlo; e in questo senso io, personalmente, lo sento molto vicino a me, alla mia gioventù, alle mie speranze, alla fronte imperlata di sudore, mentre salivamo e scendevamo dai traghetti (o “vaporetti” come si diceva nei favolosi anni ’60) con la 600, che già vedevamo in fondo al mare, sulle due tavole di legno rocambolescamente piazzate “più a destra dotto’… a destra… a destra!” ecco, ecco, quasi ci siamo “aspettate… aspettate!” una raddrizzata alla tavola mentre mezza ruota è già fuori, e sei a bordo o sul molo; vicino a noi, ai nostri guizzi d’amore, alle serate ischitane.

Mi sorbisco, allora, d’un sol fiato la figura del commendatore tratteggiata da sua sorella Antonietta.

Nessuno – mi viene spontaneo e naturale osservare – potrà mai più parlare con tanta semplicità e schiettezza, con tanta verità e tanto amore di un uomo che ha lasciato un segno di laboriosità, di capacità, di testardaggine, di benessere, di ottimismo per il futuro, ma soprattutto ha avuto un gran cuore, ha visto le cose con immediatezza ed istinto, senza circonvoluzioni mentali, opportunismo, calcolo.

A questo punto qualsiasi altra cosa varrebbe meno, inutile nascondercelo, allora che cosa si può fare?

Solo qualcosa di “magico”, ci vorrebbe una magia, quante volte si dice “’nce vulesse nu miracolo!”?

Ed ecco un’idea, un’intuizione… una felice intuizione? Speriamo. Mi getto anch’io nella mischia, sulla falsariga di don Agostino.

Prima parlavo di un film. Ecco una vita può essere un film (e mi meraviglio che ancora i vari Sorrentino, Tornatore ecc. non ci abbiano pensato). Mi viene in mente un film “The Prestige”; chi sa perché. Forse perché quello che mi colpisce, trovandomi davanti a questo “personaggio”, è che vedo bene come la definizione sintetica che di lui si può dare, o almeno quella che sento d’impulso, è che egli era, appunto, una persona di prestigio.

Ora, come, in quel film, c’era un triangolo: la PROMESSA, la SVOLTA, il PRESTIGIO, attraverso il quale, forse, l’occhio di Dio permetteva alla magia di realizzarsi, qui ci vedo un quadrato, o forse un quadrante, la bussola, nord, sud, est, ovest, i punti cardinali che il commendatore ha sempre tenuto d’occhio nella sua navigazione nella vita: l’AVVENTURA, la TERRA, il MARE, la STORIA.

Questi quattro punti cardinali io li scorgo in tutta la sua vita.

Parliamoci chiaro: Agostino Lauro è nato ad Ischia, ma poteva nascere in qualsiasi altro posto al Mondo; che fosse di Ischia è bello, e da essa ha ricevuto certo tanto, e ha tanto dato ad essa e all’Italia, così come sarebbe stato se fosse nato a Londra, ad Amsterdam o a Düsseldorf, in un contesto dove, in giro per il Mondo, si è più pronti a prendere che a dare.

 L’AVVENTURA è nei primi anni di battaglia, quando seguiva suo padre nella navigazione per il Golfo, a bordo di una piccola motobarca, qualsiasi fosse il tempo e le buriane, quando aspettava come la prendeva suo padre per le pallonate contro le vetrate della Chiesa di S. Maria di Portosalvo (e la prendeva sempre bene), o correva di prima mattina per lo sport, per allenarsi, prima del lavoro; quando, più tardi, con un traghetto acquistato in America e destinato alla tratta Isole – Terraferma nel Golfo di Napoli, attraversa l’Oceano Atlantico; ancora quando intuisce il potenziale degli aliscafi e poi dei catamarani, e non esita ad “imbarcarsi”; oggi vediamo i frutti nell’efficiente e irrinunziabile “Alilauro”; infine quando va personalmente (e fatalmente) a vedere con i propri occhi la nascita dell’ultimo traghetto della flotta, a Genova ai primi di gennaio dell’89.

 La TERRA è nei fatti.

Se non avesse piantato ben saldi i piedi nella terra, non sarebbe uscito sempre a testa alta, vincente o perdente, nei match che l’hanno poi portato al successo. La Terra è in quel suo pensare alla colazione dei passeggeri a bordo, lavoratori o turisti, in quel suo fare le consegne in bicicletta ai destinatari dei trasporti dalla terraferma; quel suo pensare ad approvvigionare l’Isola portando generi alimentari da sud a nord lungo la costa, da Palinuro a Gaeta, quel suo “inginocchiarsi a baciare la terra” giunto a Las Palmas, nelle Gran Canarie, dopo il grave pericolo corso attraversando l’Oceano, e nel pensare ai bambini poveri, in quel momento, ad offrire a tutti loro un bel pranzo caldo “dall’antipasto al dolce” servito da sua sorella e le amiche.

 Il MARE è tutta la sua vita. Quel mare che NON HA MAI SFIDATO, da buon navigante. Fa molto pensare questo, al giorno d’oggi, di fronte al dilagare di “marinai della Domenica” che mettono continuamente a rischio se stessi e gli altri, sbruffonando in giro. Quel mare che ha sempre accarezzato, assecondato, anche nei momenti di burrasca. Il mare dell’aiuto a suo padre, come corriere, e poi da solo; il mare della pesca fin quando ha potuto reggere all’avanzare dei tempi, alle grandi compagnie della pesca d’altura (ma non è la stessa cosa). E poi ancora non si arrese. Il suo destino era il mare, quindi ancora mare, con i trasporti turistici, che nel frattempo si andavano affermando, e qui poi ebbe la sua definitiva consacrazione, come uomo della flotta passeggeri e merci. Il mare, che, alla sua morte, alla conclusione terrena della sua storia, gli tributò tutti gli onori, col grande saluto di tutte le sirene delle navi nel porto, quando arrivò il feretro a bordo della “mitica” (per chi è un frequentatore, come me) Angelina Lauro; quel feretro che fu poi portato a spalla dai suoi marinai, tra la folla, le Autorità, la messa di requiem di Verdi, spontaneamente dedicata dalla banda musicale di Serrara Fontana.

 Ed infine la STORIA, intesa come segno, come indirizzo, monito per i posteri:

nessun compromesso, nessun favoritismo. C’è storia nelle “invenzioni”: chi va su e giù per il Golfo deve poter mangiare a bordo; chi deve lavorare sott’acqua come palombaro, ha bisogno di una imbarcazione di appoggio attrezzata, ed ecco la “S. Maria del Rifugio” che dà in gestione ad un altro uomo di mare, con numerosa prole, e alla fine gliela vende al prezzo che l’acquirente poteva permettersi, ricevendone grande riconoscenza; si modificano le motonavi, aprendo un portellone a poppa che permetta agevolmente di imbarcare le auto e i camion; si dà il via alla navigazione rapida; quella storia che è nelle parole di Indro Montanelli, all’atto della sua morte “E’ morto il re degli aliscafi del golfo di Napoli”; che è nell’Istituto Agostino Lauro avente lo scopo di promuovere la scienza e la cultura, incentivare gli studi e la promozione di eventi, seminari, convegni, mostre, concedere sovvenzioni e borse di studio nelle attività dirette alla promozione e crescita del territorio.

 A questo punto, certo non ho detto tutto, ma molto sì, e andare oltre stonerebbe con l’impronta che si vuol lasciare, con quello che lo stesso commendatore approverebbe, per dare un’idea, ma non esagerare, non perdersi in inutili panegirici; solo la bussola; ecco “NON PERDERE la BUSSOLA”, questo potrebbe essere, idealmente, il suo messaggio ai nostri tempi. Allora come concludo?

Ci devo pensare. Un attimo di pazienza.

Che strana associazione di idee!

Mo’ vi parlo, non di Ischia, ma di Milano, dove io abito.

C’è una misteriosa signora nella Metropolitana, sempre presente nella stazione Lodi della linea 3, io la chiamo “la signora della metropolitana”; molto anziana, slanciata, povera ma ben vestita, elegante quasi, pettinatura accurata, si vede che occulta una bellezza giovanile; non fa nulla, non chiede nulla, non parla con nessuno, sta solo “llà”, guarda, osserva, ma tene ‘nu sguardo!

Tutto quello che lei è, è nei suoi occhi. Una volta mi sono soffermato a guardarla con intensità; un po’ imbarazzante magari, ma tanto non si poteva equivocare, e ho capito: LA LUCE.

C’era, e c’è ancora, una luce propria, balenante, in quegli occhi, in quello sguardo.

Ecco, se io, che di vista non lo conoscevo affatto (magari l’avrò visto andando su e giù dai traghetti per il Golfo, ma come saperlo?), dovessi immaginarmi oggi, Agostino Lauro, per quello che sento, che ho letto e sentito dire di lui, lo vedrei in quella “luce”, quella luce nei suoi occhi.

 La LUCE che forse rimane, forse si tramanda, forse la reincarnazione, la sintesi di tutto.

Alberto Liguoro presenta Agostino Lauro

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