Come i cinesi volume primo – Il libro di Sonia capitolo 4

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Come i cinesi volume primo – Il libro di Sonia capitolo 4

Il libro di Sonia capitolo 4

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Bruno Mancini

COME I CINESI

volume primo

IL LIBRO DI SONIA
Cap. 4

-«Arrivo sotto il palazzo, sono già le cinque.
Busso al citofono, mi risponde la voce mielata della mamma di Gino.
Lui non è in casa.
“Vuoi salire sopra ad attenderlo?
Ti preparo un caffè.”
“No grazie.”
Lo avrei chiamato più tardi e poi meglio gustarsi lo strappa stomaco del bar di sotto tra il baccano delle tazzine e degli impiegati allegri per la fine della giornata di lavoro, piuttosto che fermarsi su un divano a fiori mentre la signora – quasi – suocera ti rimpinza di caffè pieno di zucchero addirittura più disgustoso delle sdolcinature sul figlioletto, e con varianti sugli evanescenti ricordi della giovinezza.
Gino lo trovo in casa alle 19,30.
La Madre è uscita.
Lui è intento a conficcarsi cotton flock nelle orecchie, il suo sport preferito, ed a guardare la TV.
È molto sorpreso di vedermi, non mi aspettava, dice, e poi aggiunge: “Neanche una telefonatina!”
È già, ho profanato il mondo-casa della diva!
L’ho visto senza neanche un dito di Venox nelle chiome, senza neanche un’oncia di profumo e per giunta in pantofole!
Che vergogna!
Lui che se non ha anche i padiglioni auricolari firmati non esce neppure sul pianerottolo!
Ma io non ho assolutamente tempo per richiamare alla memoria nozioni di psicologia su Narciso sorpreso in
mutande; gli lancio uno sguardo furente e chiudo la TV.
“Mi da fastidio parlarti mentre con l’occhio cerchi spasmodicamente di afferrare qualche immagine del 90° minuto, lascia perdere un momento la tua pulizia auricolare e stammi a sentire.”
Devo fare molta impressione perché getta i cotton flock nel cesso e ritorna senza neppure guardarsi allo specchio.
“Bevi un drink? Un caffè?”
“Lascia perdere anche quello sciroppo di glucosio che tua madre chiama caffè. Ne ho già presi cinque al bar di sotto aspettandoti.”
È proprio sconfortato, si rende conto che qualunque cosa dica lo riprenderò.
Si mette a sedere guardandomi di tanto in tanto, aspettando che io parli.
Io intanto respiro profondamente per cercare di calmare la furia che mi assale.
“Una sigaretta, ci vuole una sigaretta.”
Caccio il pacchetto dalla borsa, cerco i fiammiferi.
Gino più svelto me li porge dicendo piano:
“Ti fa male”.
Gli getto tutta la scatola addosso urlando come una forsennata:
“Mi fa più male quello che gli altri fanno della mia vita senza avvisarmi.”
Ora mi guarda con gli occhi sbarrati, non capendo un accidente di ciò che sto dicendo.
“È inutile che mi guardi con quella faccia da idiota.
Ma chi ti ha incaricato tutore straordinario della mia esistenza?
Chi ti permette di interferire nelle mie decisioni cambiando completamente le carte?
Ti ho mai chiesto di fare tutto questo?”
“Tu dici…”
Balbetta, incomincia a capire.
“Io dico chi cazzo ti ha chiesto di andare a casa mia a parlare?
Che credi di aver fatto, l’eroe?
Il figliol prodigo, il pentito, il reo confesso che va a riparare?
Vuoi la medaglia!
Stupido, e se non era tuo…”
“Se non è.” e abbozza un sorriso.
La mia risata è lo schiaffo.
“Se non era!!” insisto e poi molto seriamente:
“Sono andata ad abortire stamattina.
Non l’avrei fatto, ne avremmo parlato, in fondo te l’avevo detto da casa per telefono, e ti ho detto anche: ne parliamo con calma domani… ma tu, ti sei sentito in dovere di andare a casa mia a confermare la nostra dolce colpa.
Come avrai detto?
Signore ci vogliamo bene… siamo giovani… capisca ma noi ci sposeremo, sono proprio venuto per questo… tanto prima o poi, ho il mio lavoro; la casa è grande.
Non è così che dicono nei film?
Nei teleromanzi?
Lui-Lei una casetta e tanta felicità.
Ma possibile che non hai un po’ di…”
Basta è inutile continuare a sgolarmi, dicendo cose contro me stessa in fondo.
Lui non c’entra.
Sono io quella che ha sbagliato.
Non sono una attenuante i miei anni.
Tutto questo dovevo saperlo.
Lo sapevo.
Dovevo ricordarlo.
Dio come mi sento stanca!
Mi getto sul divano, c’è un caldo.
È lui a parlare:
“Tu mi avevi detto… mi avevi fatto capire… un figlio non si butta nella spazzatura… così!… era logico che l’avremmo tenuto.
E per tenerlo ci saremmo dovuti sposare.
Ho pensato di anticiparti, facendoti un favore, risparmiandoti un compito increscioso.
Per me era più facile.
Questo è ciò che ho pensato, che ho capito dalla tua telefonata.
In fondo stiamo insieme da anni e…”
“Anche se fossimo stati insieme da cento, mille anni, non ti saresti dovuto prendere licenza di agire senza dirmelo. Ma poi che azione!
Ma chi ti ha detto che ti volevo sposare?
Siamo stati insieme sì, e che hai capito?
Non hai capito un cazzo!
La mogliettina-bella-e-che aspetta a casa e pulisce il bebè, questo credevi, volessi dalla vita.
Pendere dalle tue labbra, aspettare la sera, che, da stanco, mi dessi un bacio sulla fronte e chiudessi la luce?
Ma tu sei pazzo.
Ma pure se così fosse!
Porco Giuda, ma vuoi aspettare, vuoi prima parlare, chiarire… e se non era vero?
Se era uno scherzo?
Se…”
“Non si fanno questi scherzi e poi erano due mesi… adesso?… sono un fesso perché dovevo fregarmene, dirti arrangiati, ma sono un uomo, so riconoscere le mie responsabilità, i miei doveri…”
Continua a parlare, ma non lo sento.
È silenzio.
Silenzio totale.
Ancora silenzio.
Silenzio.
Stesa sul divano la testa pesante che mi ronza per la stanchezza, per l’operazione, penso a tante cose, troppe cose; si accavallano le immagini, i pensieri, e non riesco più a seguirli quasi fossi febbricitante.
Non so, non ragiono, ma sicuramente c’è una cosa che voglio con certezza: lasciare questa stanza, dimenticare quest’uomo assurdo, queste parole assurde, questa situazione assurda.
Mi alzo.
Lentamente.
Mi aggiusto la camicetta nella gonna.
Mi rimetto la giacca.
Continua a parlare.
All’improvviso mi prende un senso di beatitudine, d’euforia, d’un tratto mi sento avvolta e ristorata da tutta la consapevolezza della felicità che mi procura la fine di tutto questo, come al risveglio da un lungo incubo guardo attorno e capisco la bellezza del momento…
LIBERA!
Sono L I B E R A!
Niente più ore passate nel silenzio di una macchina, sorrisi di circostanza e tanta rabbia dentro, le carezze, le parole che arrivano a gocce.
The end.
Al diavolo il divano, e poi la televisione che ogni sera inventava il nostro menù sempre uguale con contorno di caffè ipocalorico e whisky e sigarette made in Italy, al diavolo tu e i tuoi cotton flock… anzi all’inferno!
C’è la scatola che hai lasciata sul tavolo, con un gesto scattante la prendo
“Ora” dico finalmente calmissima e quasi radiosa “Ora con questi tutti nelle orecchie, cercando di raggiungere quella microscopica unità di materia grigia se pure te ne è rimasta, ficcati in testa che da stasera tra noi finisce qui.”
Ah l’aria come è bella e fresca ora!
Entro in quel caffè rumoroso che prima mi aveva stizzita, ed è musica.
“Un gettone e un pacchetto di Marlboro, prego”.
La cassiera mi fissa un attimo in più.
Forse perché mi si è disegnato in faccia quello strano sorriso luminoso che la felicità conferisce alle persone serene, sto per chiederglielo, ma no, non mi interessa, la pensi come vuole!
Raggiungo il telefono “Pronto, sono io, stasera esco con te” e aspetto».

-«Fu il nostro periodo più bello.
Vivevi quei sogni di libertà intensamente e senza dubbi di nessun genere, nella perfetta incoscienza di una bambina.
Ti riaffacciavi sul mondo e lo scoprivi, eri ebbra di felicità anche per le cose più semplici, ed io con te, ti sembravo grande e bello come non mai, e tu a me.
Eri sola con te stessa, ed eri felice con me.»

 

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Dedica – Introduzione

L’estate con la parrucca – Parte prima

Capitolo1°

Capitolo 2°

Capitolo 3°

L’estate con la parrucca – Parte seconda

Capitolo 1°

Capitolo 2°

Capitolo 3°

Capitolo 4°

Capitolo 5°

Capitolo 6°

Capitolo 7°

Capitolo 8°

Capitolo 9°

Capitolo 10°

Capitolo 11°

Capitolo 12°

Capitolo 13°

Capitolo 14°

Capitolo 15°

Capitolo 16°

Capitolo 17°

Capitolo 18°

Capitolo 19°

Capitolo 20°

Capitolo 21°

Capitolo 22°

Capitolo 23°

Capitolo 24°

Capitolo 25°

Il Libro di Sonia

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

P.S.

Come i cinesi volume primo – L’ESTATE CON LA PARRUCCA – IL LIBRO DI SONIA

Come i cinesi volume primo

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Come i cinesi volume primo 

seconda edizione

ID ydp88k

ISBN 9781471058912

Bruno Mancini
ISBN 9781471058912
Versione 4 |  ID ydp88k
Creato: 9 settembre 2022
Modificato: 9 settembre 2022
Libro, 142 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm)
Standard Bianco e nero, 60# Bianco
Libro a copertina morbida
Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

Titolo Come i cinesi – volume primo
Sottotitolo L’estate con la parrucca – Il libro di Sonia
Collaboratori Bruno Mancini
ISBN 9781471058912
Marchio editoriale Lulu.com
Edizione Nuova edizione
Seconda edizione
Licenza Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini
Anno del copyright 2022

Non è mio compito dare chiavi di lettura per un libro che, non avendo avuto lo scopo di essere accettato, né quello di essere riconducibile in una qualsiasi logica, resta e vuole restare disarticolato, contorto, intrigante. Tuttavia posso dire che in ciascuna storia, ho voluto sfumare i contorni tra “mitici emblemi” quali per esempio: “Essere ed esistere” nell’estate con la parrucca, “sentimenti e passioni” nel libro di Sonia. Anche altri labirinti, altre parrucche, altre grotte, altri libri, altre soluzioni, altri intrighi, altri dubbi, altri nodi, ne hanno continuamente turbato il percorso, ma tocca a voi svelarli. Un piccolo consiglio: leggete lentamente per evitare indigestioni! A dopo.

Come i cinesi – volume primo

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Racconti
L’estate con la parrucca

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