Come i cinesi volume primo – Il libro di Sonia capitolo 1

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Come i cinesi volume primo – Il libro di Sonia capitolo 1

Il libro di Sonia capitolo 1

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Bruno Mancini

COME I CINESI

volume primo

IL LIBRO DI SONIA
Cap. 1

Così mentre -“Avidamente allargo la mia mano” – *
pongo uno specchio curvo, focalizzante l’infinito appiattito alle spalle, sostengo, per il tempo di una immagine, l’incredulità e lo stupore di un primo piano sghembo, distorto, ambiguo, sfocato e pieno di propaggini tentacolari attecchite fino ai lembi estremi del composto scenografico, e biascico in fissità di automa.

“Cercavano il miglio gli uccelli ed erano subito neve; ” -*

Tratteggiando l’orlo del baratro, le ginestre (fiore amato dalla mia donna) stratificavano “fotogrammetrate” nel lento percorso, sinuoso per coste scoscese, di un treno partito da una notte del nord ed ora ficcato finalmente, nell’alba già lucida, su mari e monti di borghi antichi siciliani.
Sonia ad un passo dai quaranta anni viveva fisicamente non oltre l’agitazione degli occhi su squarci di luci, e, solo a tratti in strette decise delle mani che sbiancavano il tenue rossore del primo sole di tarda primavera imprigionato dalle sue dita – lunghe e delicate -.
Sonia per altro immobile, sporgendo un taglio di viso in offerta al fruscio dell’aria violenta e quasi tagliente – arrotolata tra i capelli -, Sonia pensava:
“Chissà cosa farò da qui ad un mese, o cosa penserò in quel giorno di luglio, oppure in un qualsiasi altro giovedì 11 Settembre, 18 Settembre, nel Dicembre 198…
Oggi, so troppo bene quel che penso e quel che faccio e quel che so.
Che strano, oggi la primavera è forte, la terra si risveglia,
nascono tutti i fiori che mi piacciono tanto e muore tutto ciò che mi piaceva tanto.
Accetto di riconoscermi.
Accetto di riconoscermi perché mi sento sola come non mai, peggio, sola come sempre.
Accetto di riconoscere anche la mia solitudine.
Amore, affetto, comprensione, intese, solitudine, solitudine, solitudine, solitudine.
Chi avrebbe potuto prevedere che tutte le mie incertezze si riproponessero ai miei quasi quaranta anni.
Quasi quaranta, uguale zero.
Mi sento come un eroe dimenticato, un vecchio quadro polveroso, la piccola violetta al centro del diario.
I traguardi raggiunti, le paure superate, tutto daccapo. Essere, essere stata, aver voluto… non vale più.
Non c’è più niente in me, o meglio non ci sarà più niente, perché io non ho più niente da dargli, da chiedergli, nulla che assomigli a vorrei-se tu potessi-se ancora volessi-proviamo-ascoltami-ancora una volta.
Eppure mi sento come un accattone in una strada buia, in una sera d’inverno, perché percepisce la vita ma non l’ho.
Perché?
Sono lucidissima, so che sto pensando, volutamente pensando, non è un mio sfogo né un momento di depressione né una nuvola passeggera, è il temporale e il peggio è che non vedo più il sereno.
Decisamente grigio.
Mi sento più bambina di allora…
… il grande amore…
SESSO. SESSO.
L’ho accettato da lui solo perché pensavo fosse una cosa diversa.
Immensa e spirituale, il naturale epilogo di due persone
che si amano.
E noi non ci amiamo più, non ci amiamo più.
Facciamo l’amore – molto meglio di allora -, ma solo quello, tutto il resto è niente.
Mi sembra di aver vissuto fino ad ora in una dimensione diversa e sono piombata all’improvviso, o quasi, sulla terra.
Tutto quello che è stato non importa più”.

Gino smise di leggere, le giunse accanto, pose una mano sulle dita infreddolite, e, con l’altra, calmò lo svolazzo dei capelli poggiandoli accanto al viso.
Io c’ero.
Restavo seduto, nello stesso scompartimento dal quale Gino si era alzato, fingendo il più assoluto disinteresse per i loro movimenti, così come non avevo fatto intendere di percepire l’inquietudine che l’aveva sommersa, e la voglia d’ignoto in cui si era immerso, fusi nell’istante in cui il nostro imprevisto incontro, pur senza una regia, si materializzò in necessità ineluttabile di un lungo percorso comune.
Tu-Sonia, Gino-io: binomi esistenziali a scelta negli ampi confini del normale-anormale, semplice-contorto, intuitivo-logico, sereno-passionale, sempre-perché, tempo addietro scissi dai nuovi rapporti di coppie; amicizie conflittuali dimenticate per un lungo reciproco silenzio; per caso di nuovo faccia a faccia.
Sonia-Gino, tu-io: talee.
Accarezzare attraverso uno sguardo le forme di Sonia e sentirle fremere al pensiero che scelgo te a simbolo, e curare i particolari di una seduzione tanto subdola nella gestualità quanto attesa, sfacciata nei contenuti perché voluta tale e pure agghiacciante, appiccicosa, paralizzante, e percepire, nel folle autocontrollo del camaleonte che attende, il brivido appagante di un do-re-mi-fa sempre più acuto nell’inno alla catarsi, esasperava, di contro, il malessere invadente per non averti lasciata a Gino per sempre, ed aver impedito quindi che, tu, potessi sopportare e gestire anche il vostro lento declino.
Neppure la tenerezza dei gesti che Gino compiva inghiottiva la mia determinazione di creare per Sonia l’esplosione degli altari al perbenismo accondiscendente che le avevano impedito di fare il punto, e, quindi, di localizzare le loro rispettive posizioni, misurandone, con le distanze, la distanza.
Volevo da lei che, decifrando la loro lontananza, le loro direzioni, risolvesse, di brutto, il dilemma con cui aveva inondato la nostra vita – tanto tempo fa – e volevo che – fra poco nei miei intendimenti -, assumesse un primo posto – forse unico – nella sua mente, il ricordo del lungo labirinto ove allora le era stata negata la definizione della sua stessa individualità.
Aver gestito la distinzione, i distinguo, con la tenacia di chi voglia comunque una soluzione, ma con la sprovvedutezza di chi non lascia un segno di passaggio a tutela di un eventuale ritorno, aveva, allora, stampata la serie di cunicoli in cui si era persa la sua identità e, con essa, la capacità critica di rifiutare lo scontro con un falso problema.
Alla prima coppia di ipotesi lasciata vagare, seguirono interminabili bivi, trivi, quadrivi comunque agganciati a nuove ipotesi che, se pur verificate, non sempre condussero a risposte definitive.
Se non posso o non voglio fare a meno di te.
Tutto qui l’inizio.
Questo il falso problema.
Se pesa più un metro, od un’ora.
Gino attese un suo sguardo, per dirle
-«Hai freddo, sediamoci».
Semplicemente, anonimo.
Doveva riportarla tra noi, per acquisire la naturalezza necessaria a dare forza alla voglia quasi ancestrale che aveva di riavvicinarsi a te.

Senza dubbio c’era stato molto buio dal giorno che uno dei due aveva deciso di smettere gli abiti del cercatore di pepite chino al minimo luccicare di un sasso, se si sentivano storditi al solo impatto con l’evidenza di aver effettuata la scelta al fine di evitare fantasie, fantasticherie, su pianeti diversi solo perché sprovvisti di collegamenti con i loro ricordi infantili.
L’avevo conosciuta, ritrovandoci dopo i giochi della prima gioventù, né bimba né donna, ballerina in un tempo di certezze esauste e di pregiudizi avvizziti, ma non ancora compiutamente il tempo della libertà di essere sé stessi comunque e sempre solo per sé stessi.
Fotografia senza le gote ritoccate durante la stampa, eppure anche senza la solitudine dell’autoscatto.
Mi aveva conosciuto volendo strapparmi sia la prepotenza di guidare maniera spericolata verso la soglia dell’auto distruzione, sia la superbia edonistica della solitudine, per, immaginava, cervellotiche… mistificazioni idealistiche.
Quasi fossi parte della millesima generazione di computer: specializzato nell’ideare bellezze poi da distruggere per fertilizzare il momento conclusivo della reazione, infine decisiva, alla scoperta di una possibile auto decomposizione.
Non siamo mai stati amici.
Che confusione, che tempo di marzo.

Gino ne raccolse un coccio, lo rese nitido, brillante, pulito, se ne impadronì e lo pose al centro della bacheca.
Continuando a renderlo simbolo, continuando a subirne il
fascino, continuando ad amarlo.
Il Tutto in un frammento di Sonia.
Sonia sola.
Sonia prigioniera del compromesso amore – libertà.
Forse una soluzione adatta e durevole, se non fosse giunta con un soffio di ritardo.
Ormai aveva già voluto sfidare i miei problemi.
Sonia frantumata e frantumata ancora, in cerca di un motivo, nella speranza di accantonarmi, di accecarmi con la dinamica di una esplosione in serie; mai vinta, mai vittoriosa, matta, prima ed ultima o forse ultima e prima o forse né prima né ultima.
Sonia in cornice, assurdo.
Una smania diventa un particolare, un vuoto diventa uno spazio.

Il treno aveva continuato senza soste a snocciolare le lunghe carrozze in una serie di curve e contro curve, come nel gioco di una biscia nelle erbe, tra le ginestre (fiore amato dalla mia donna) e i dirupi ed ora, fermo ad un passo dal baratro, in attesa immobile, sul vetro del finestrino semi aperto, le luci statiche dell’alba (ho sempre preferito i tramonti, caldi, impetuosi, ossessivi, finali) calate su coste di scogli e sabbie, di picchi e baie, di poche barche, di poche case, di poche strade, di fiori – ginestre -, consentono ai resti dell’insonnia della nostra notte di stampare forme nitide e senza ombre.
Fra poco il sole, fra poco le ombre.

Sapevi essere bella: capelli lunghi, seni a pieno petto, labbra… cosce lunghe fino ai segni dei glutei, – alzata, chinata, sdraiata – le natiche schizzate da disegni erotici. Dovevi essere veramente bella per rompere.
Gino aveva goduto la tua bellezza -come fece con Sonia-, Gino ne aveva piallato il coraggio – e tu con me -, Gino lo rese immobile – e noi lo fummo -, Gino ti vinse – e noi perdiamo -, Gino, Gino, sempre Gino, vuoto, inutile, testardo, subdolo, protagonista e regista.

Devo umiliarlo.
Devo distruggerlo.

Eccolo di fronte a te, vicino a Sonia, proporti ricordi, sfiorare intese antiche, mimare segreti, banalità suoni:
-«Ti ricordi quando…»
-«Quella volta però…»
-«Eri unica.»
-«E poi…»
-«… poi,»
-«… ma tu,»
-«Tu»
-«Tu»…

Tu Gino.
Sonia accanto a noi.

 

TESTO COMPLETO IN LETTURA LIBERA

Dedica – Introduzione

 

L’estate con la parrucca – Parte prima

Capitolo1°

Capitolo 2°

Capitolo 3°

L’estate con la parrucca – Parte seconda

Capitolo 1°

Capitolo 2°

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Capitolo 4°

Capitolo 5°

Capitolo 6°

Capitolo 7°

Capitolo 8°

Capitolo 9°

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Capitolo 11°

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Capitolo 17°

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Capitolo 19°

Capitolo 20°

Capitolo 21°

Capitolo 22°

Capitolo 23°

Capitolo 24°

Capitolo 25°

Il Libro di Sonia

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

P.S.

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ID ydp88k

ISBN 9781471058912

Bruno Mancini
ISBN 9781471058912
Versione 4 |  ID ydp88k
Creato: 9 settembre 2022
Modificato: 9 settembre 2022
Libro, 142 Pagine
Libro stampato: A5 (148 x 210 mm)
Standard Bianco e nero, 60# Bianco
Libro a copertina morbida
Lucido Copertina
Prezzo di vendita: EUR 14.00

Titolo Come i cinesi – volume primo
Sottotitolo L’estate con la parrucca – Il libro di Sonia
Collaboratori Bruno Mancini
ISBN 9781471058912
Marchio editoriale Lulu.com
Edizione Nuova edizione
Seconda edizione
Licenza Tutti i diritti riservati – Licenza di copyright standard
Titolare del copyright Bruno Mancini
Anno del copyright 2022

Non è mio compito dare chiavi di lettura per un libro che, non avendo avuto lo scopo di essere accettato, né quello di essere riconducibile in una qualsiasi logica, resta e vuole restare disarticolato, contorto, intrigante. Tuttavia posso dire che in ciascuna storia, ho voluto sfumare i contorni tra “mitici emblemi” quali per esempio: “Essere ed esistere” nell’estate con la parrucca, “sentimenti e passioni” nel libro di Sonia. Anche altri labirinti, altre parrucche, altre grotte, altri libri, altre soluzioni, altri intrighi, altri dubbi, altri nodi, ne hanno continuamente turbato il percorso, ma tocca a voi svelarli. Un piccolo consiglio: leggete lentamente per evitare indigestioni! A dopo.

Come i cinesi – volume primo

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Racconti
L’estate con la parrucca

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